Occidente debole, musulmani muti davanti
a islamismo e terrorismo
di Samir Khalil Samir, sj, su AsiaNews 19
aprile 2007
C’è un legame evidente fra l’islamismo e il
terrorismo. La testimonianza di Tawfik Hamid, ex membro di Al Qaeda. Le scuse
dell’occidente (e della Chiesa) rafforzano la violenza islamica. Ritornare al
papa di Regensburg. Quarto e ultimo articolo di una serie.
Le comunità occidentali e quelle musulmane
tendono a sminuire, se non a nascondere il forte legame fra islamismo e
terrorismo. Lo dimostrano le tiepide condanne contro le uccisioni di cristiani
in Turchia, Indonesia, Pakistan e l’indifferenza e il silenzio verso i
massacri fra sunniti e sciiti in Iraq. Invece è essenziale capire il legame
intrinseco tra islamismo e terrorismo. L’islamismo, questa interpretazione
letteralista del Corano e della Sunna, si arroga il diritto di penetrare in
tutti i particolari della vita del credente e di decidere di tutti i suoi
comportamenti. In tal modo esso riesce con facilità a trasformare il credente
in un docile strumento nelle mani di chi ha l’autorità religiosa. Da qui al
terrorismo, per distruggere “musulmani ipocriti” e “miscredenti ebrei e
cristiani” il passo è breve.
La testimonianza di un ex-terrorista
Vorrei riportare qui l’esperienza di uno di
questi terroristi, un medico egiziano che ha finalmente abbandonato la strada
del terrore e si sta rifacendo una vita nuova in Occidente. Ha preso lo
pseudonimo di Tawfik Hamid. Egli scrive:
“Sono stato un membro della Jemaah Islamiya,
un gruppo guidato dal comandante-in-seconda di Al Qaeda, Ayman al-Zawahiri.
Per questo conosco per esperienza diretta il modo in cui l’insegnamento
disumano dell’ideologia islamista può trasformare una mente giovane bonaria in
un terrorista. Senza un affronto delle radici ideologiche dell’Islam radicale,
sarà impossibile combatterlo. Vi sono molte piccole radici di questo
islamismo, ma la più sostanziale h un solo nome: il Salafismo, l’Islam
salafita, una versione violenta, ultra-conservatrice della religione”.
Con molta chiarezza Tawfik Hamid afferma a
ragione che la radice del terrorismo è il salafismo. Siccome i salafiti
intendono applicare letteralmente la shariah, che include violenza, essi
accettano la violenza.
“Nel mondo islamico – continua Tawfik Hamid -
ci troviamo di fronte alla mancanza totale di un’interpretazione dell’Islam
che sia approvata e teologicamente rigorosa, tale sfidare in modo chiaro gli
abusi interpretativi della shariah”.
Quanto ai movimenti liberali, compreso il
sufismo, essi non offrono la base teologica per ridurre a zero la violenza
contenuta nella shariah.
Atteggiamento ambiguo e debole di molti
occidentali
D’altra parte, gli intellettuali occidentali
che lottano per i diritti umani non osano criticare la shariah e tutto ciò che
in essa vi è di disumano. Essi cercano invece di trovare scuse socio-politiche
per giustificarla. Spesso questi intellettuali si limitano a fare la loro
autocritica e hanno paura di criticare gli islamisti. Questo atteggiamento
remissivo rafforza la posizione islamista. Per esempio, nell’affare delle
vignette danesi su Maometto, le dimostrazioni violente sono cominciate vari
mesi dopo, quando il quotidiano aveva già presentato le scuse ai musulmani:
solo allora tutto il mondo musulmano si è sentito giustificato nel protestare
con violenza. Le scuse (anche quelle della Chiesa) sono percepite dagli
islamisti come un marchio di debolezza.
Mi viene in mente un fatto. Alla fine degli
anni ‘80, l’allora arcivescovo di Palermo, il cardinale Salvatore Pappalardo
(morto il 6 dicembre 2006) decise di offrire ai musulmani (in maggioranza
tunisini) la chiesa cinquecentesca di San Paolino dei Giardinieri, allora
inutilizzata per il culto. Tutta la stampa cattolica elogiò questo gesto,
segno di fraternità. E senz’altro lo era. Ma il giorno dopo la stampa tunisina
ed egiziana titolava a caratteri cubitali: “Vittoria della mezzaluna sulla
croce. Un cardinale deve cedere una chiesa ai musulmani”. Poi il comune ha
restaurato la chiesa prima di consegnarla al governo tunisino che la gestisce
secondo un accordo concluso nel 1990. Sul frontespizio della chiesa antica, i
musulmani hanno nascosto (o eliminato?) due sculture trinitarie con pezzi di
marmo bianco.
Il gesto del cardinale è certo spiritualmente
bello, ma errato dal punto di vista psicologico e politico: non fa altro che
rinforzare l’integralismo degli islamisti, anche se la comunità musulmana
tunisina non è islamista.
Conclusione
Oggigiorno, ovunque in Italia e nel mondo ci
sono incontri interreligiosi, in particolare tra cristiani e musulmani.
Dobbiamo ringraziare Dio e le persone di buona volontà per questo fatto. Ma
non basta la buona volontà nel dialogo. Mi sembra che si debba fare di più, e
cioè metterci d’accordo, musulmani e cristiani autentici - e magari anche chi
non crede - per esigere che tutti denuncino, in modo non ambiguo, tutto ciò
che è violenza nelle nostre comunità religiose, in particolare, la violenza
esercitata in nome di Dio e della religione. Come è stato ribadito più volte
dagli ultimi papi, in particolare da
Benedetto XVI nel suo ormai famoso
discorso di Regensburg del 12 settembre 2006, tale uso della violenza è un
pretesa intollerabile, che danneggia l’immagine di Dio – e naturalmente la
religione.
Più in particolare, finché i musulmani
cosiddetti “moderati” non denunceranno i propri confratelli, pubblicamente,
nelle moschee e sui mass-media, finché non scenderanno in strada quando ci
sono atti di violenza in nome di Dio, non potranno essere chiamati “moderati”.
Tawfik Hamid parla addirittura di “terroristi passivi” per indicare tutti
quelli che tacciono di fronte agli atti terroristi.
Questo silenzio “assordante” dei musulmani
“moderati” e – peggio ancora – l’atteggiamento degli intellettuali occidentali
che implicitamente tollerano, o addirittura giustificano, l’islamismo
semplicemente con la libertà di pensiero e altri argomenti
politically-correct, mettono in pericolo la vita di tanti musulmani che
lottano in tutto il mondo per un Islam autenticamente pacifico. Sono questi i
veri musulmani, che tutti dobbiamo difendere e sostenere, non gli islamisti.
C’è infine una contraddizione interna alla
civiltà occidentale. Da una parte ci si presenta come difensori della libertà,
della democrazia, della convivenza internazionale, ecc.; dall’altra, appena si
parla di altre culture, e in particolare dell’islam, si applicano altre norme
in nome del rispetto delle culture e della multiculturalità, questo ultimo
dogma delle società laiche! Ma la cultura non è un valore assoluto,
paragonabile alla democrazia, alla libertà, all’uguaglianza tra sessi e razze.
La cultura va anche criticata, come va criticata la religione, o la laicità.
È ora
che tutti quelli che vogliono una civiltà davvero conviviale si uniscano per
difenderla, e se necessario (come lo è in questo momento) per combattere chi,
in nome di Dio e della religione, combatte la civiltà e la convivenza. E fra
questi – è inutile nascondersi – vi è l’islamismo, fonte del terrorismo.