La maratona islamica
dell'imam
Wajdi Hamzah Al Ghazzawi è cominciata tre anni fa con partenza dalla
Mecca. «Ho visitato i più celebri imam di tutto il mondo e ho illustrato
loro la mia proposta. Alcuni li ho trovati entusiasti. E questi sono i
risultati: tremila imam di 62 nazioni visitano ogni settimana il mio sito
web in arabo. Con la versione inglese conto di raddoppiare».
|
|
L'ha
chiamato Al-Minbar il nuovo sito, parola che in arabo vuol dire pulpito di
moschea. È il pulpito dal quale ogni venerdì a mezzogiorno, in tutto il
mondo, gli imam pronunciano la khutbah, il discorso che orienta la vita e
la mente di un miliardo di musulmani. Al Ghazzawi ne ha raccolti a
migliaia di questi discorsi del venerdì, li ha fatti vagliare da otto
teologi di prim'ordine, sauditi come lui, e ora man mano li mette in rete:
«Come modelli di giusta predicazione. Per tutti gli imam che hanno
necessità di elevare la qualità e la profondità dei loro
discorsi».
Ma non solo gli imam. Grazie ad Al Ghazzawi e ai suoi
dottori del Corano, chiunque può oggi penetrare in questo mondo sino a
ieri sconosciuto o precluso. Anche se infedele. Da una moschea all'altra
in un viaggio virtuale: da Gerusalemme a Medina fino all'inviolabile
Mecca. Con a portata di mouse, e per la prima volta svelato, il top della
predicazione musulmana secondo i canoni del wahhabismo saudita, la
corrente superortodossa, il cui controllo sulle moschee di tutto il mondo
è sempre più pressante.
I mistici non s'illudano. La khutbah del
venerdì non è mai rarefatta e spirituale. Le moschee sono luogo politico
per eccellenza. Da lì sono partite tutte le rivoluzioni. È lì che si
proclama lo jihad, la guerra santa. Nel mondo arabo, quasi sempre chi
pronuncia la khutbah è autorizzato dallo Stato. E il suo testo è vidimato.
Dalla Mecca, un sito come Al-Minbar non può nascere e vivere senza
l'imprinting della monarchia dell'Arabia Saudita.
E allora non
sorprende che Al-Minbar abbia una sezione speciale sulla Palestina. Con
raccolti i discorsi modello sul tema. Tutti graniticamente concordi
nell'elevare a dogma l'odio contro gli ebrei, nell'esaltare il «martirio»
dei terroristi suicidi, nello sconfessare qualsiasi accordo negoziale, nel
predicare come unica soluzione finale la cancellazione
di Israele.
Gli
ebrei
In alcune khutbah,
Israele e gli ebrei non sono nemmeno chiamati per nome. Sono «l'entità
criminale», sono «la nazione di porci e scimmie». L'odio e l' inimicizia
nei loro confronti sono predicati con la forza di un imperativo teologico
«a gloria di Allah». Sono «malvagi e traditori da sempre» e meritano solo
guerra. Ma non una guerra qualsiasi, come vorrebbero «i nazionalisti che
combattono per la terra, gli oliveti, gli aranci e i cocomeri». «Il divino
comando è per una guerra religiosa, combattuta per null'altro se non per i
principi dell'islam».
Di ogni khutbah, Al-Minbar dà il nome
dell'imam che l'ha pronunciata. E del luogo. Le più autorevoli sono quelle
delle tre città sacre, nell'ordine La Mecca, Medina e Gerusalemme, e delle
moschee prime per antichità: della Kaaba alla Mecca e di Al Aqsa a
Gerusalemme, sopra la città vecchia. Il sacro primato di questi luoghi è
richiamato di continuo ed è esso stesso un messaggio politico. Lo Stato
d'Israele è definito inaccettabile per principio: ricade in quella terra
sacra «che ha uno statuto speciale tra le terre musulmane e che oggi
comprende la Palestina, la Siria, il Libano, la Giordania, e parti
dell'Arabia Saudita e dell'Iraq».
Il falso antisemita intitolato
"Protocolli dei savi di Sion", dato per autentico, viene citato a prova
del disegno ebraico d'impadronirsi del mondo. In combutta con la
massoneria, ma più ancora «con le benedizioni dei cristiani e
dell'Occidente», nonché delle Nazioni Unite e di quei «musulmani solo di
nome, ciechi» che confidano nei processi di pace israelo-palestinesi senza
vedere che essi sono «soltanto una variante del piano sionista di dominio
universale». Tutto congiura contro le nazioni islamiche, sotto ogni cielo:
«le repubbliche musulmane dell'ex Unione Sovietica possedevano le armi
nucleari, ma l'Occidente gliele ha strappate per darle ai cristiani
ortodossi russi».
Tutta la lode va invece ai «martiri» musulmani,
ovvero ai terroristi suicidi, mai però designati così. Sono loro i
«benedetti», mentre «veri terroristi» sono definiti gli ebrei. Il loro
martirio «è il miglior sentiero per il paradiso». Là ciascuno di essi,
«come dice il Profeta, avrà settantadue fanciulle e potrà intercedere per
settanta suoi famigliari che altrimenti sarebbero destinati
all'inferno».
L'Occidente
Questo nell'aldilà. Perché su questa terra c'è già l'inferno degli
infedeli. Le loro conferenze internazionali per il controllo
demografico sono «propagazione di licenziosità, sodomia, matrimonio di gay
e lesbiche». Tutto per distruggere «la vera minaccia che li atterrisce: la
crescita di popolazione dei paesi musulmani, l'islamizzazione del
mondo».
Numerosi discorsi del venerdì prendono di mira
l'allentamento dei costumi in casa islamica: le donne che non si coprono
come dovrebbero; che si mescolano in pubblico al sesso maschile; che
rinviano l'età del matrimonio; i giovani che tirano tardi la notte; le
famiglie che vanno in vacanza nelle nazioni infedeli; tutti che si
lasciano incantare dagli spettacoli televisivi via satellite. E poi le
gare sportive internazionali: diseducative perché «sradicano il naturale
odio dei musulmani contro i miscredenti». E poi le feste importate: il
pesce d'aprile «inventato in Spagna per prendersi beffe dei musulmani»,
san Valentino ovvero «il giorno dell'immoralità e della prostituzione», il
Natale che «condanna all'inferno chi vi partecipa»: vietati gli auguri,
vietati i doni, vietato tutto. Perché dietro c'è Satana. C'è
l'Occidente, «civiltà senz'anima a detta dei suoi stessi
intellettuali».
I Cristiani
E
il dialogo interreligioso è la più insidiosa delle tentazioni. Le khutbah
sono concordi nel condannarlo senza remissione. Perché sotto l'insegna
dell'«amicizia islamocristiana», spiegano, si cela la trappola «nella
quale cadono anche molti che si credono musulmani», dimentichi che «Allah
ha proibito al Profeta e ai credenti di invocare perdono per gli
infedeli, anche se fossero loro parenti».
Per questo ogni idolo
dev'essere distrutto. Bene hanno fatto i talibani d'Afghanistan a
bombardare i Budda. È comando di Allah. L'islam è la sola vera religione
ed è l'unica ad avere il diritto di cancellare le diverse da sé. Può
concedere che dentro le chiese i cristiani suoi sudditi tengano le loro
immagini: ma che nulla appaia all'esterno. E passi per le Piramidi
d'Egitto: «troppo grandi per essere distrutte, anche se un califfo ci
provò». Quanto alla Sfinge, s'è salvata «solo perché coperta dalle
sabbie».
I
falsi musulmani
Ma poi c'è
il nemico interno: i musulmani del partito sciita, andati al potere in
Iran con Khomeini ma numerosi (e perseguitati) anche in Iraq e nella
penisola arabica. Contro di loro le khutbah sono di una veemenza inaudita.
Gli sciiti «sono la creazione più malvagia che abbia messo piede sulla
terra». «Vivono da sempre in falsità e ipocrisia». «Si alleano con
miscredenti e politeisti per aggredire i musulmani». «I loro capi in Iran
comandano alcuni una cosa, altri la proibiscono, per confondere
tutti». «Sono persiani che hanno in odio e inimicizia gli arabi, fino
ad allearsi con gli ebrei contro di loro». «Il loro sistema dottrinale e
pratico è costruito per distruggere l'islam dalle radici». Conclusione: «È
giunta l'ora di strappare il falso velo della rivoluzione iraniana. Essi
hanno cambiato il Corano, hanno mentito contro il Profeta, hanno maledetto
i suoi compagni, la menzogna è parte della loro fede. È mai possibile che
siano musulmani? Se gli sciiti, nella loro storia, sono passati tra tante
disgrazie e umiliazioni, questa è la ricompensa delle loro
azioni».
E queste sono le khutbah modello. Le raccomandate dalla
Mecca. Pronunciate da imam di chiara fama. Quelle che in Occidente
sarebbero le omelie di un Karol Wojtyla o di un Carlo Maria
Martini.
Da
quali pulpiti
La Mecca, Medina e Gerusalemme sono nell’ordine le tre città sante
dell’islam. Nelle loro moschee i discorsi pronunciati ogni venerdì
prima della preghiera pubblica di mezzogiorno hanno grande peso. I
predicatori sono scelti con cura. E pronunciano i loro discorsi da un
pulpito in cima a una scala, collocato a fianco del mihrab, la nicchia che
indica la direzione della preghiera.
LA MECCA
È la città del profeta Maometto, che vi ha restaurato il vero culto al
vero Dio. Da tutto il mondo, i musulmani pregano rivolti a questa città.
E almeno una volta nella vita sono tenuti a compiervi un pellegrinaggio
sacro, tra il nono e il tredicesimo giorno dell’ultimo mese del loro
calendario lunare. Il pellegrinaggio culmina con la preghiera sul monte
Arafat e comprende sette giri a piedi attorno al santuario cubico della
Kaaba, al centro del cortile della Grande Moschea, nel luogo in cui
Abramo, secondo la tradizione, avrebbe elevato a Dio il primo altare.
MEDINA
Il suo nome significa Città del Profeta. Qui Maometto emigrò dalla
Mecca, perché rifiutato dai suoi concittadini, nel 622, la data che segna
l’inizio del conteggio musulmano degli anni. E qui egli diede
all’islam un’impronta marcatamente politica, organizzativa, legale. È
a Medina che Maometto combatté e sconfisse gli ebrei, con i quali si era
all’inizio alleato. Ed è da Medina che mosse alla riconquista della
Mecca, venendone finalmente accettato come profeta.
GERUSALEMME
Per i musulmani è da lì che Maometto salì al cielo: dalla roccia del
sacrificio di Abramo, sul monte che domina la città. Sullo stesso monte
sorge la moschea di Al Aqsa. Qui, secondo la tradizione musulmana, è
discesa la divina rivelazione del Corano e qui avverrà la risurrezione
finale. Nella prima fase della sua attività di profeta Maometto pregava e
faceva pregare rivolto a Gerusalemme. Anche l’osservanza del digiuno
l’aveva ripresa dalla tradizione ebraica del Kippur. Ma poi la estese a
un mese intero e la trasformò nella pratica del Ramadan.
__________
|