Mons.
Maggiolini: “Inopportuno” concedere ai musulmani luoghi di culto in spazi
della comunità cristiana
“Concedere locali o spazi
riservati al culto cristiano, o destinati alle attività pastorali, come
luoghi di culto o di propaganda per i musulmani contraddice alle esigenze
della testimonianza, perché verrebbe facilmente equivocato non come gesto di
cristiana bontà, ma come segno evidente che le religioni sono tutte uguali;
se non addirittura come rinuncia dei cristiani alla loro identità religiosa”.
E’ quanto scrive mons. Alessandro Maggiolini, vescovo di Como, in un
articolo che verrà pubblicato sul prossimo numero de “Il settimanale della
diocesi di Como”, in uscita il 17 dicembre. Fermo restando – spiega il
vescovo intervenendo sulle polemiche sorte in questi giorni in seguito alla
decisione dei Padri somaschi di Como di trasformare in moschea la palestra del
loro istituto, accogliendo così 200 musulmani sfrattati dai loro luoghi di
culto – il “doveroso riconoscimento”, da parte della comunità
cristiana, della libertà religiosa, “tutt’altra cosa è favorire o
agevolare una dottrina o una pratica religiosa differente da quella cristiana”.
Iniziative come quella citata, secondo il presule, “appaiono perciò del
tutto inopportune”, perché corrono il rischio di “annacquare l'identità
cristiana nel caos del relativismo e del sincretismo religioso”. Per
Maggiolini, insomma, “siamo di fronte a un problema pastorale molto serio,
che esige la piena sintonizzazione su una linea disciplinare comune.
Iniziative estemporanee o fuori dal coro, pur animate da lodevoli intenzioni,
possono indurre confusione e disorientamento nel popolo di Dio”. Sul
versante della società civile, invece, in nome del principio dei “sussidiarietà”
lo Stato laico “deve farsi garante del diritto di ogni cittadino a
professare la propria religione, in forma non solo privata ma anche pubblica,
non solo individuale ma anche associata. Almeno quando le forme religiose non
cedono alla violenza e rispettano la libertà di tutti nel bene comune”. “La
dottrina più comune del principio di sussidiarietà – precisa però
Maggiolini - non ritiene legittima l'erogazione di denaro pubblico per
l'edificazione di luoghi di culto, salvo il caso di una comprovata rilevanza
dell'edificio stesso per il bene comune, come accade ad esempio per la
compresenza di importanti beni culturali”.