L'indignazione a corrente
alternata
Una
interessante e puntuale riflessione di Magdi Allam dal Corriere della Sera di
lunedì 20 febbraio 2006
Ora che facciamo? Chiederemo scusa al presidente nigeriano Olusegun
Obasanjo perché le vignette su Maometto hanno provocato la collera
dei musulmani sfociando nel massacro di 16 cristiani e la distruzione
di 11 chiese? O forse quei cristiani e quelle chiese non meritano lo
stesso riguardo riservato alla trentina di musulmani finora uccisi nel
mondo, da forze dell’ordine musulmane, per impedire loro di compiere
ulteriori atti di vandalismo e di terrorismo?
D’altro canto chi di noi sa che negli ultimi cinque anni circa
seimila cristiani sono stati trucidati nel nord della Nigeria dove è
in vigore la sharia e Bin Laden è un eroe? Ammettiamolo: l'Occidente
si scandalizza solo quando viene messo, a torto o a ragione, nei panni
del carnefice e solo quando le vittime, reali o presunte, sono dei
musulmani. A questo punto il cardinale Bertone dopo aver auspicato che
Calderoli sia condannato ai lavori forzati in Cirenaica, potrebbe
completare il processo salvifico dell’Occidente raccomandando a
tutti i cristiani almeno un mese di penitenza e di esercizi
spirituali.
I governi dei Paesi musulmani hanno sbagliato attribuendo prima
alla Danimarca, poi all’Unione Europea, quindi all’Occidente,
infine all’insieme della cristianità la responsabilità casomai
soggettiva dei singoli vignettisti danesi. Ma i governi occidentali
hanno commesso un errore speculare rifiutandosi di individuare, e
possibilmente sanzionare, le responsabilità soggettive di chi ha
istigato all’odio, ha condannato a morte mettendo cospicue taglie
sulla testa dei vignettisti, ha dato l’ordine di assaltare,
incendiare, saccheggiare ambasciate e chiese. All’opposto l’Occidente
ha maturato il convincimento che l’ondata di violenza sia una
reazione automatica e giustificata da parte di un blocco monolitico
chiamato arbitrariamente «Islam». Di fronte al quale per paura,
viltà e collusione ideologica si genuflette e chiede perdono,
assumendosi la responsabilità degli atti di violenza e di terrorismo
commessi dagli altri contro i beni e le vite occidentali e cristiane.
In questo contesto l’Italia primeggia nell’offesa, non all’Islam,
ma alla propria credibilità come Stato sovrano e alla nostra dignità
come cittadini liberi. Questa classe politica, governo e opposizione,
sta sbagliando tutto genuflettendosi davanti a Gheddafi. Un folle
tiranno che prima ha aizzato i libici ad aggredire gli italiani, poi
ha ordinato di sparare su una folla trattata come carne da macello,
infine ha proclamato un giorno di lutto nazionale e assegnato un posto
certo in Paradiso agli undici morti elevandoli al rango di
«martiri». Ma ci rendiamo conto che ci siamo affrettati e affannati
a chiedere scusa a Gheddafi per un attentato terroristico al nostro
consolato a Bengasi di cui lui è l’unico vero responsabile?
In questo contesto le vignette su Maometto considerate blasfeme, e
la provocazione di un ministro italiano certamente irresponsabile,
risultano solo strumentali a una deliberata e annosa strategia di
Gheddafi incentrata sul ricatto e il condizionamento dell’Italia. In
questa tragica e umiliante vicenda Berlusconi si è fatto dettare la
linea da Pisanu, che a sua volta si è fatto dettare la linea da
Gheddafi. Mi spiace ma io non ci sto: mi va bene che Calderoli venga
licenziato, ma non per ordine di Gheddafi.
Rendiamoci conto che da questa crisi l’Italia potrebbe uscire
come un Paese a sovranità limitata. Solo che a limitarla non è una
superpotenza occidentale con cui condividiamo la stessa civiltà,
bensì un piccolo Stato del Terzo mondo sottomesso a una dittatura
illiberale. E pensare che è stata proprio l’Italia, insieme all’allora
presidente della Commissione europea Prodi, a prodigarsi per
accreditare una verginità politica a un tiranno costretto dall’Onu
a una lunga quarantena per la responsabilità diretta, da lui ammessa
versando milioni di dollari di indennizzo, nella strage dei passeggeri
degli aerei della Pan Am nel 1988 e dell’Uta nel 1989. Ebbene credo
che sia arrivato il momento di assumere seriamente una strategia
energetica che ci affranchi dalla schiavitù del petrolio e del gas,
di cui proprio dalla Libia attingiamo un terzo del nostro fabbisogno.
E liberiamoci dal pregiudizio che appiattisce i musulmani alla sola
sfera religiosa. Non esiste l’homo islamicus. Il ministro degli
Esteri Fini non si illuda di risolvere la crisi recandosi in visita
alla moschea di Roma. Solo una minoranza di musulmani frequenta le
moschee. I gestori delle moschee non sono delle autorità religiose,
non rappresentano i musulmani. A maggior ragione in Italia dove il
vuoto legislativo e il «volemose bene» hanno acconsentito a imam
autoeletti e a sedicenti «comunità islamiche» di controllare la
gran parte delle moschee. Dopo esserci spezzata la schiena a furia di
scusarci per le vignette considerate blasfeme, come ci comporteremo
quando alla prossima tornata l’Italia verrà accusata di offendere l’Islam
perché, ad esempio, discrimina le scuole coraniche o il marito
poligamo?