ISLAM E LAICITÀ «Dietro il velo c'è una strategia»
Giorgio Paolucci su "Avvenire del 23 gennaio 2004
Un progetto di legge che sta provocando divisioni e polemiche
sia nella comunità dei fedeli sia nella società e nei partiti e che rilancia il dibattito sull’integrazione e sul rispetto
delle diversità. Gli altri nodi:
alimentazione separata, richiesta di medici di sesso femminile
per visitare le pazienti e di piscine riservate alle donne,
rifiuto della «mixité» nelle ore di ginnastica
Chi si oppone alla legge sul
velo ha, nonostante tutto, la vista corta. Non capisce che si
sta giocando una partita cruciale per il futuro della Francia,
una questione altamente simbolica che avrà ricadute sull'intera
Europa. Samir Khalil, gesuita, docente all'università Saint
Joseph di Beirut e al Pontificio Istituto Orientale di Roma, è
uno dei più quotati islamologi a livello internazionale.
Promuove il provvedimento che tra pochi giorni verrà discusso
all'Assemblée Nationale e boccia quanti, in nome della libertà
religiosa, lo contestano: sono miopi.
Il governo francese vuole vietare il velo a scuola perché
sarebbe segno di "ostentazione religiosa". Ma con che
criterio si può stabilire se un simbolo viene semplicemente
"esibito" o semplicemente portato? Il problema sono le
dimensioni del simbolo, l'intenzione di chi lo espone o che
altro?
Un governo non guarda alle intenzioni, il provvedimento vuole
introdurre regole chiare per porre fine alle dispute che
periodicamente riesplodono in qualche scuola e che sono state
fin qui affidate alla discrezionalità dei presidi. Per ciò che
riguarda le dimensioni, i piccoli simboli sono ovviamente
ammessi; è l'ostentazione che viene criticata. Non
dimentichiamo che la commissione Stasi nominata da Chirac ha
lavorato per quasi sei mesi, ha tenuto 140 audizioni per
centinaia di ore con persone rappresentative della società
civile e delle istituzioni. Ed è arrivata a questa
determinazione per fronteggiare in maniera efficace quella che
gran parte dell'opinione pubblica avverte come una diversità
"oppositiva", come un modo di vivere l'islam che è
alternativo a quella laicità che i francesi sentono come un
patrimonio consolidato e irrinunciabile. Il velo è la punta di
iceberg di un progetto radicale che rifiuta l'integrazione e
che, di fronte alla crisi dell'Europa laica e anche di quella
cristiana, rilancia l'islam come alternativa globale, religiosa
e politica. Dietro il velo ci sono altri problemi che la società
francese stenta a governare.
Quali?
Faccio solo qualche esempio. Nelle scuole, negli ospedali e
nelle carceri i musulmani rifiutano la carne di maiale e
chiedono cibo halal, preparato nel rispetto delle prescrizioni
islamiche. Per rispettare la loro diversità si preparano due
tipi di menù, ma sempre più spesso accade che quando ci sono
problemi finanziari, visto che i non musulmani possono mangiare
di tutto, si finisce per preparare solo il menù
"islamico" e per eliminare completamente la carne di
maiale. Le sembrerà una sciocchezza, ma in questo modo, per
rispettare i presunti diritti di una minoranza, si modificano le
abitudini alimentari della maggioranza. Negli ospedali aumentano
le pazienti musulmane che vogliono essere visitate solo da
medici di sesso femminile e questo ha già creato problemi
legati alla disponibilità di personale, specie in certi reparti
come ginecologia e ostetricia. Si arriva al punto che, se il
medico è un uomo, è il marito a spiegare al dottore i sintomi
della moglie (che non deve essere toccata da maschi) e talvolta
pretende che la ricetta o l'esame vengano prescritti in base
alle sue descrizioni. Oppure i mariti vogliono entrare nello
studio del medico e "sorvegliano" certe visite. E
ancora: in nome della separazione dei sessi prescritta dalla
tradizione (Sunna) ma non dal Corano si concede l'esonero delle
ragazze dalle lezioni di ginnastica se nella scuola non ci sono
due locali distinti. Si chiedono fasce orarie riservate alle
donne nelle piscine pubbliche e già tre municipalità (tra le
quali quella di Lille) hanno accettato la richiesta. Dietro a
tutto questo c'è la pretesa di modellare la società secondo
principi islamici, anche sfruttando il multi-culturalismo come un
cavallo di Troia che consente una penetrazione in stile "politically
correct".
Chi porta il velo dice che il Corano lo impone. È davvero un
obbligo o piuttosto una tendenza che si è diffusa negli ultimi
anni sull'onda del radicalismo rinascente?
C'è un solo versetto coranico che parla del velo, il numero 31
della sura della Luce, che invita le donne a usarlo per coprirsi
il petto. Gli islamisti hanno interpretato e sviluppato
estensivamente il testo usando anche alcuni detti del Profeta e
sostengono che ci sia un obbligo di origine divina che impone di
lasciare scoperti solo viso e mani. Viene attuata una
sacralizzazione dei testi, si ripropone l'annosa questione
legata all'interpretazione del Corano e della Sunna che i
fondamentalisti applicano in maniera meccanica e disancorata dal
contesto e dall'epoca in cui viene calata. Il Corano chiede di
proteggere il pudore della donna, e all'epoca in cui è stato
scritto questo significava portare il velo e vestirsi in un
certo modo, nella nostra epoca può tradursi in un'altra modalità
che pure salvaguarda il pudore femminile, certamente a rischio
in una società libertaria e molto aperta all'esibizione del
corpo come quella europea.
Peraltro la questione del velo agita anche le società
islamiche, non è solo un problema francese…
E infatti anche in questo caso sbaglia chi rappresenta il mondo
musulmano in maniera monolitica: il dibattito è acceso. La
Turchia, ad esempio, dai tempi di Ataturk vieta alle donne di
portare il velo negli uffici pubblici, lo stesso hanno fatto
Tunisia e Siria. Anche se in questi Paesi, come altrove, l'onda
lunga del radicalismo spinge per il ritorno a quella che viene
contrabbandata come la vera tradizione islamica e che in realtà
è diventato un simbolo per marcare una posizione alternativa
rispetto a chi governa. È un'onda lunga che da tempo fa sentire
i suoi effetti anche in Europa, e nella Francia in particolare:
non è un caso che fino agli anni '80 erano poche le donne che a
Parigi portavano il velo.
Non c'è il rischio che il provvedimento che sta per essere
varato provochi una radicalizzazione nella comunità musulmana,
una reazione a difesa dell'identità minacciata che potrebbe
trascinare anche chi non è così interessato alla questione del
velo? Non è uno strumento poco adeguato per combattere il
fondamentalismo?
Nei primi tempi ci potrebbe essere una certa radicalizzazione ma
i musulmani moderati o liberali, che sono la maggioranza, sanno
che non si vuole fare guerra all'islam ma arginarne le derive
radicali. E che i francesi hanno un'identità che non può
essere messa da parte in nome del rispetto di ogni forma di
diversità. Non dimentichiamo che la legge vale solo per le
scuole, altrove rimane libertà totale.
Alcuni temono conseguenze sulla libertà religiosa anche per
i cristiani di Francia…
Ribadisco che non viene negata alcuna libertà, piuttosto si
vuole porre un argine al tentativo di costruire, in nome del
comunitarismo islamico, pezzi di società estranei al contesto
che li ospita. I cristiani non hanno nulla da temere. È invece
inaccettabile che chi non si schiera contro la legge in
discussione venga bollato come anti-islamico. Come dire: chi non
è con noi, è contro di noi.
_______________________
[Fonte: "Avvenire" del 23 gennaio 2004]