Un anno dopo Ratisbona, 138 musulmani
scrivono una nuova lettera al papa
Sandro
Magister, su www.chiesa 12 ottobre 2007
[Testo integrale della
lettera in formato .pdf]
Propongono come terreno d'intesa tra musulmani e cristiani i due "più grandi
comandamenti" dell'amore di Dio e del prossimo. Predicati sia nel Corano che
nei Vangeli. Come reagirà la Chiesa di Roma?
Un anno fa, un mese dopo la
memorabile lezione di
Benedetto XVI a Ratisbona, 38 personalità musulmane scrissero al papa
una
lettera aperta nella quale in parte concordavano e in parte dissentivano con
le posizioni da lui sostenute.
I 38 appartenevano a varie nazioni e a differenti correnti di pensiero. Nel
mondo islamico era la prima volta che personalità così diverse parlavano con
una sola voce, ed esponevano al capo della più importante Chiesa cristiana i
principi dell'islam, con l'intento di arrivare a una "mutua comprensione".
Nei mesi successivi altre firme si aggiunsero a quelle iniziali e i 38
divennero 100. Ora, un anno dopo, i 100 sono diventati 138 e hanno resa
pubblica una seconda lettera, in coincidenza con la fine del Ramadan.
Rispetto alla prima, la seconda lettera ha allargato la rosa di destinatari.
Oltre che a papa Benedetto XVI, essa è indirizzata anche al patriarca
ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I, al patriarca di Mosca Alessio II e
ai capi di altre 18 Chiese d'oriente; all'arcivescovo anglicano di
Canterbury Rowan Williams; ai leader delle federazioni mondiali delle Chiese
luterane, riformate, metodiste e battiste; al segretario generale del
Consiglio Mondiale delle Chiese, Samuel Kobia, e in generale "ai leader
delle Chiese cristiane".
Quanto al contenuto, la prima lettera sosteneva posizioni molto nette a
favore della libertà di professare la fede "senza costrizioni".
Rivendicava la razionalità dell'islam pur tenendo ferma l'assoluta
trascendenza di Dio.
Ribadiva con decisione i limiti posti dalla dottrina islamica al ricorso
alla guerra e all'uso della violenza. condannando i "sogni utopistici nei
quali il fine giustifica i mezzi".
E concludeva auspicando un rapporto tra islam e cristianesimo fondato
sull'amore di Dio e del prossimo, i "due grandi comandamenti" richiamati da
Gesù nel Vangelo di Marco 12, 29-31.
La seconda lettera parte proprio dalla conclusione della prima, e la
sviluppa. I comandamenti dell'amore di Dio e del prossimo – presenti sia nel
Corano che nella Bibbia – sono la "parola comune" che offre all'incontro tra
islam e cristianesimo "la più solida base teologica possibile".
Il testo della lettera è stato discusso e messo a punto lo scorso settembre
in un incontro tenuto in Giordania presso il Reale Istituto al-Bayt per il
Pensiero Islamico, patrocinato da re Abdullah II.
È convinzione dei promotori che, prima di questa lettera, "mai dei musulmani
hanno offerto alla cristianità una proposta di consenso così forte".
Aref Ali Nayed – teologo libico che ha firmato sia la prima che la seconda
lettera ed è autore ben noto ai lettori di www.chiesa – ha sottolineato
l'adesione di musulmani di tutte le tendenze, sunniti, sciiti, ibadi,
ismailiti, jaafari:
"invece che entrare in polemica, i firmatari hanno adottato, seguendo la
migliore tradizione dell'islam, una posizione di rispetto delle Scritture
cristiane. E hanno fatto appello ai cristiani perché siano non meno ma più
fedeli ad esse".
I 138 firmatari sono di 43 nazioni. Alcuni di essi vivono in Europa e negli
Stati Uniti ma la maggior parte vivono in paesi musulmani: dalla Giordania
all'Arabia Saudita, dall'Egitto al Marocco, dagli Emirati allo Yemen; ma
anche in Iran, in Iraq, in Turchia, in Pakistan, in Palestina.
Per l'Italia c'è la firma di Yahya Sergio Yahe Pallavicini, vicepresidente
del CO.RE.IS, Comunità Religiosa Islamica, che ha curato anche la traduzione
italiana ufficiale della lettera.
Alcuni dei firmatari della lettera – tra i quali Aref Ali Nayed che è stato
docente, a Roma, al Pontificio Istituto di Studi Arabi e d'Islamistica –
hanno in più occasioni incontrato dei dirigenti della curia vaticana.
I primi contatti risalgono a un anno fa. Un primo segnale pubblico di
apprezzamento da parte della Chiesa di Roma è però venuto solo dopo la
pubblicazione di questa seconda lettera.
Il 12 ottobre il cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del pontificio
consiglio per il dialogo tra le religioni, ha detto alla Radio Vaticana:
"Si tratta di un documento molto interessante e nuovo, poiché proviene sia
da musulmani sunniti sia da musulmani sciiti. È un documento non polemico,
con numerose citazioni dell’Antico e del Nuovo Testamento. [...] Rappresenta
un segnale molto incoraggiante, poiché dimostra che la buona volontà e il
dialogo sono capaci di vincere i pregiudizi. È un approccio spirituale al
dialogo interreligioso, che chiamerei il dialogo delle spiritualità. I
musulmani e i cristiani devono rispondere a una sola domanda: per te Dio
nella tua vita è veramente l’unico?".
Tra le posizioni espresse nella lettera e quelle di Benedetto XVI circa il
dialogo interreligioso vi è una sicura sintonia.
L'ultima volta in cui il papa ha toccato questo tema è stato lo scorso 5
ottobre.
Parlando ai membri della Commissione Teologica Internazionale, Benedetto XVI
ha indicato nella "legge naturale" e nei dieci comandamenti "il fondamento
di un'etica universale" valida per "tutte le coscienze degli uomini di buona
volontà, laici o anche appartenenti a religioni diverse".
E i dieci comandamenti si riassumono nei due "più grandi" dell'amore di Dio
e del prossimo: "la sottomissione a Dio, fonte e giudice di ogni bene, e
altresì il senso dell'altro come uguale a se stesso".
Sono gli stessi due comandamenti su cui si impernia la lettera al papa dei
138 musulmani.
E questa di seguito è la sintesi ufficiale, che riassume il contenuto della
lettera:
Una parola comune tra noi e voi
Nel nome di Dio, il Clemente, il Misericordioso
Insieme musulmani e cristiani formano ben oltre metà della popolazione
mondiale. Senza pace e giustizia tra queste due comunità religiose non può
esserci una pace significativa nel mondo. Il futuro del mondo dipende dalla
pace tra musulmani e cristiani.
La base per questa pace e comprensione esiste già. Fa parte dei principi
veramente fondamentali di entrambe le fedi: l’amore per l’unico Dio e
l’amore per il prossimo. Questi principi si trovano ribaditi più e più volte
nei testi sacri dell’islam e del cristianesimo. L’Unità di Dio, la necessità
di amarLo e la necessità di amare il prossimo sono così il terreno comune
tra islam e cristianesimo. Quelli che seguono sono solo alcuni esempi:
Sull’unità di Dio, Dio dice nel Sacro Corano: “Dì: Egli è Dio, l’Uno / Dio,
sufficiente a Sé stesso” (Al-Ikhlas, Sura della sincerità 112, 1-2).
Sulla necessità dell’amore di Dio, Dio dice nel Sacro Corano: “Così invoca
il Nome del tuo Signore e sii devoto a Lui con una devozione totale”
(Al-Muzzammil, Sura dell’avvolto nel manto 73, 8).
Sulla necessità dell’amore per il prossimo, il profeta Muhammad (su di lui
la pace e la benedizione divina) disse: “Nessuno di voi ha fede finché non
ama per il proprio prossimo ciò che ama per se stesso.”
Nel Nuovo Testamento, Gesù Cristo (su di lui la pace) disse: “Ascolta
Israele, il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno, e tu amerai il
Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la
tua mente, e con tutte le tue forze. Questo è il primo comandamento. E il
secondo è questo: Tu amerai il tuo prossimo come te stesso. Non c’è altro
comandamento più grande di questi.” (Marco 12, 29-31)
Nel Sacro Corano, Dio Altissimo ordina ai musulmani di trasmettere il
seguente richiamo ai cristiani (ed ebrei – le Genti del Libro):
“Dì: O Genti del Libro! Venite a una parola comune tra noi e voi: che non
adoriamo altri che Dio, e non associamo a Lui cosa alcuna, e che nessuno di
noi scelga altri signori accanto a Dio. E se essi non accettano dite loro:
Testimoniate che siamo coloro che si sono dati completamente a Lui” (Aal
‘Imran, Sura della famiglia di ‘Imran 3:64).
Le parole: “non associamo a Lui cosa alcuna” sono riferite all’unità di Dio
e le parole: “non adoriamo altri che Dio” sono riferite all’essere
completamente devoti a Dio. Quindi esse si riferiscono tutte al “primo e più
grande comandamento”. Secondo uno dei più antichi e più autorevoli
commentari del Sacro Corano, le parole “nessuno di noi scelga altri signori
accanto a Dio” significano che “nessuno di noi dovrebbe ubbidire ad altri
disobbedendo a ciò che Dio ha comandato”. Questo è riferito al secondo
comandamento perché giustizia e libertà di religione sono aspetti centrali
dell’amore per il prossimo.
Così, nell’obbedienza al Sacro Corano, come musulmani invitiamo i cristiani
ad incontrarsi con noi sulla base di ciò che ci è comune, che è anche quanto
vi è di più essenziale nella nostra fede e pratica: i due comandamenti di
amore.