Nella
laicissima Francia, Nicolas Sarkozy rompe il tabù
Sandro Magister, su Espressonline 11 maggio 2006
In un libro, il candidato alla presidenza della repubblica
francese riconosce alla religione il suo spazio pubblico. E la Chiesa
prende nota, anche in Italia e a Roma
In Svezia, Germania, Francia, dunque nelle aree
d’Europa più secolarizzate, vi sarebbero i segni di
“un’inversione di tendenza con un crescente interesse al fatto
religioso”.
Questo scrive, a proposito della Svezia, il gesuita Ulf Jonsson, docente
di filosofia della religione all’Università di Uppsala, in un
articolo pubblicato sul numero del 6 maggio 2006 di “La Civiltà
Cattolica”, l’autorevole rivista dei gesuiti di Roma stampata con il
preventivo controllo delle autorità vaticane.
Nell’articolo, intitolato “Nuove prospettive per la religione in
Svezia?”, Jonsson documenta che “nonostante sia ancora molto basso
il numero dei partecipanti ai riti religiosi, nei media e
nell’opinione pubblica c’è una rinnovata attenzione alla religione,
in particolare a quella cristiana: cosa impensabile in passato, quando
la religione era relegata nel privato”.
Un esempio di questo rinnovato interesse al cristianesimo in Svezia è
il successo del sito di informazione on line “Katolsk Observatör”.
Si dichiara d’orientamento “tradizionale e vicino a Roma” e
pubblica notizie ed analisi di notevole qualità, con spazi anche in
inglese e in francese. Uno dei suoi collaboratori assidui è il vescovo
cattolico di Stoccolma, Anders Arborelius, appartenente all’ordine
carmelitano e autore di intense omelie.
Anche in Germania – e non solo nella cattolica Baviera, terra natale
di papa Joseph Ratzinger – vi sarebbero indizi di una rinascita
religiosa. Il giornale tedesco “Handesblatt” ha pubblicato a metà
aprile un’inchiesta proprio su questo. A giudizio del giornale, la
presenza sulla cattedra di Pietro di un papa tedesco dà un’importante
contributo a questa rinascita. Dopo il suo viaggio a Colonia
nell’agosto del 2005, Benedetto XVI tornerà in Germania, il prossimo
settembre, dal 9 al 14. Ai giovani incontrati a Colonia – scrive
“Handesblatt” – il papa “ha saputo parlare dell’amore in un
modo nuovo rispetto a quello usato in passato da molti pastori della
Chiesa cattolica tedesca”.
Ma l’indizio più eclatante di uno sguardo nuovo al fatto religioso
riguarda la Francia, ossia il più laicizzato dei paesi dell’Europa
cattolica. Ed è un libro dal titolo “La République, les religions,
l’espérance”, uscito nel 2004 e ora pubblicato anche in Italia, il
cui autore è Nicolas Sarkozy, il politico che molti pronosticano
vincitore alle elezioni presidenziali che si terranno in Francia nel
2007.
La presentazione del libro che appare sulla controcopertina sintetizza
così le ragioni della sua novità:
“Con questo libro, Nicolas Sarkozy affronta uno dei tabù della società
francese: il posto delle religioni nella République. Sarkozy vuole
inventare una laicità aperta e pacificata, in cui ciascuno possa vivere
la propria speranza e partecipare alla costruzione della società
democratica. Egli parla della fede, dei suoi incontri con personalità
spirituali che l’hanno marcato, delle convinzioni che vuole
trasmettere ai suoi figli. Il libro è un grande contributo alla
riflessione sui valori fondanti della République e sull’avvenire
della laicità in Francia”.
Il maggiore interesse del libro è naturalmente legato al suo autore,
probabile successore di presidenti laicissimi come François Mitterrand
e Jacques Chirac. Ma altri elementi vanno sottolineati.
La prima edizione del libro è uscita per i tipi delle Éditions du Cerf,
la più prestigiosa e famosa delle editrici cattoliche francesi.
Inoltre il libro è in forma di intervista. E a porre le domande a
Sarkozy sono un professore di filosofia, Thibaud Collin, e un religioso
dell’ordine di San Domenico, padre Philippe Verdin O.P.
E ancora. In apertura del libro, Sarkozy ha voluto riportare questo
brano tratto da “La democrazia in America” di Alexis de Tocqueville,
opera maestra del cattolicesimo liberale, pubblicata in Francia nel 1835
dopo un viaggio negli Stati Uniti:
“Vi sono delle persone in Francia che vedono nella République uno
stato permanente e tranquillo, un fine necessario verso il quale le idee
e i costumi conducono ogni giorno le società moderne, e che vorrebbero
sinceramente aiutare gli uomini a essere liberi. Quando però attaccano
le credenze religiose, essi seguono le loro passioni, non i loro
interessi. È il dispotismo che può fare a meno della fede, ma non la
libertà. La religione è molto più necessaria nella République da
essi preconizzata che nella monarchia che essi attaccano, e lo è nelle
repubbliche democratiche più che in tutte le altre”.
Pubblicato anche in Italia, il libro di Sarkozy ha incontrato
l’interesse degli intellettuali più attenti al rapporto tra Chiesa e
stato, tra religione e politica.
Questo interesse non è esclusivo dei cattolici. Vi sono in Italia
importanti intellettuali non cattolici che hanno una viva sensibilità
per la presenza della Chiesa nella società moderna e spesso si trovano
in sintonia con la visione di Benedetto XVI o del cardinale Camillo
Ruini.
Tra questi si possono ricordare Oriana Fallaci, celebre in tutto il
mondo per i suoi scritti sulla sfida islamica; Marcello Pera, filosofo
popperiano autore di libri assieme a Ratzinger; Giuliano Ferrara, ex
marxista e straussiano come altri neoconservatori americani, direttore
del quotidiano “il Foglio”; la femminista Eugenia Roccella;
l’ebreo Giorgio Israel; i musulmani Magdi Allam e Khaled Fouad Allam,
il primo vicedirettore del “Corriere della Sera” e il secondo
professore di islamologia all’università di Trieste ed eletto in
parlamento nella coalizione di centrosinistra.
A essi va aggiunto Carlo Cardia, professore di diritto ecclesiastico e
di filosofia del diritto all’Università di Roma Tre. Come esperto
dell’allora partito comunista e come consulente per il governo
italiano, Cardia preparò la revisione del concordato tra Italia e Santa
Sede del 1984 e la successiva regolazione del finanziamento alla Chiesa
italiana. Fa parte della commissiona paritetica italo-vaticana per
l’applicazione del Concordato.
Ed è proprio al laico Cardia che “Avvenire” – il giornale di
proprietà della conferenza episcopale italiana presieduta dal cardinale
Ruini – ha affidato il commento del libro di Sarkozy, in questo
editoriale pubblicato il 3 maggio 2006:
Anche la République ha bisogno di religione
di Carlo Cardia
L’evento sembra veramente notevole. Il ministro dell'interno francese,
aspirante all’Eliseo, Nicolas Sarkozy, offre ai lettori di un
libro-intervista ora uscito anche in Italia dal titolo “La Repubblica,
le religioni, la speranza” la più compiuta e severa revisione della
“laïcité” francese che sia mai stata azzardata sino ad oggi.
La riflessione proposta ha un ampio respiro storico e teorico, fino a
prospettare importanti cambiamenti normativi che mettono in discussione
un tabù della Repubblica francese, la legge del 1905 sulla separazione
tra stato e Chiesa.
La revisione ha sùbito il sapore della sincerità, quando Sarkozy
ricorda che in Francia “esiste una vecchia diffidenza ereditata dal
periodo delle grandi lotte laiche”, e quando invita i suoi
interlocutori a considerare criticamente “le generazioni precedenti”
che avevano “schernito, vilipeso, ridicolizzato i preti e i frati”.
L’autore aggiunge che il capovolgimento di immagine per la Chiesa in
Francia è dovuto al grande carisma di Giovanni Paolo II.
La revisione teorica proposta da Sarkozy è fatta di tanti tasselli. La
religione svolge un grande servizio per la società. Fornisce agli
uomini quella speranza spirituale sulla quale lo stato è muto. E
assolve alla funzione – alla quale lo stato è impreparato – di
difendere “i più deboli ed i più indifesi”: “Se la Chiesa non si
preoccupasse dei più poveri, chi potrebbe farlo? Rispettare la Chiesa
significa riconoscerle quella vocazione a difendere coloro che nessuno
difende, quella tradizione di apertura, di conforto, di fraternità”.
Addirittura, Sarkozy tesse l'elogio della vita contemplativa, perché
una società come quella odierna che è totalmente orientata verso
l'attività, la produzione, l'azione spasmodica, ha bisogno di “luoghi
adatti alla contemplazione e di uomini che guidino, con la loro vita e
la loro saggezza, i loro contemporanei sulle vie della pratica
contemplativa”.
Partendo da queste premesse, è naturale che per il ministro francese il
concetto di laicità debba essere profondamente rivisto.
La vecchia concezione deve evolversi perché “credere che lo stato
possa rimanere del tutto indifferente al fatto religioso è una
posizione continuamente contraddetta dalla realtà dei fatti”.
Si deve tornare ad una laicità attiva e non passiva, e si deve dire
apertamente che oggi “è più importante aprire luoghi di culto nelle
grandi aree urbane che inaugurare sale sportive, esse stesse utilissime.
Dobbiamo preoccuparci perché diventino gli ideali della gioventù che
cresce. Tutti questi giovani che non hanno ideali, ecco una sfida per
tutte le religioni”.
La revisione, quindi, è a tutto campo, e inizia dall'indifferentismo e
dall’ostracismo che ha costituito a lungo l’essenza della “laïcité”
francese.
Bisogna, quindi, saperne trarre le conseguenze pratiche. Nonostante, però,
il lettore sia preparato a novità importanti, lo stupore è egualmente
forte quando si leggono nel libro le proposte di modifica delle norme
del 1905.
Queste norme, dice Sarkozy, non sono “come scolpite nel marmo ed
impossibili da modificare”. E individua l'oggetto principale della
riforma in “una questione che non è congiunturale né episodica:
quella del finanziamento delle grandi religioni di Francia”.
Sì, la proposta strategica è proprio questa. La Francia deve
affrontare il tema del finanziamento delle Chiese: “Ammettiamo senza
ipocrisia che c’è una contraddizione tra la volontà di riconoscere
le religioni come un fattore positivo nella società, e il negare loro
completamente ogni forma di finanziamento pubblico”.
Il contrasto insuperabile, per Sarkozy, è quello secondo cui “si
giudica naturale che lo stato finanzi un campo di calcio, una
biblioteca, un teatro, un asilo; ma a partire dal momento in cui i
bisogni riguardano il culto lo stato non dovrebbe impegnare neppure un
centesimo”.
Se dal principio generale si passa all'applicazione concreta, non
diminuisce la meraviglia, perché il finanziamento proposto da Sarkozy
dovrebbe riguardare la costruzione di edifici di culto, le
“agevolazioni fiscali più consistenti per i fedeli, che partecipano
alle offerte per il mantenimento del clero”, e addirittura gli aiuti
finanziari per la formazione del clero, anche “mettendo a disposizione
insegnanti nelle materie non spirituali, prestando locali, firmando
convenzioni con i rappresentanti delle religioni per educare ministri di
culto francese”.
Un primo pensiero deve andare anche ai laicisti italiani. Chi glielo
dice che mentre essi combattono per abolire ogni sostegno alle Chiese in
Italia, ostentando ammirazione per il separatismo francese, proprio
dalla Francia si senta l'esigenza opposta di sostenere le religioni
perché fattori essenziali per la società?
Ma la riflessione da fare è assai più ampia. Anche nel paese dove
l'attaccamento al sistema separatista – molto ammorbidito nel tempo:
in Francia esiste una vasta rete di scuole private, finanziata dallo
stato – è quasi un punto d'onore della Repubblica, si constata lo
svuotamento ideale che si determina quando le religioni e le Chiese
vengono considerate come estranee, escluse dal Welfare, emarginate nella
sfera privatistica.
Sarkozy ha avvertito nei suoi anni di esperienza di governo che il
passivo di questa scelta è tutto a carico dello stato e della comunità
civile.
E sente il bisogno di dire ai suoi concittadini che quando lo stato
laico vuole deliberatamente escludere coloro che sostengono i più
poveri e indifesi, che possono alimentare le speranze dei giovani e dei
meno giovani, che coltivano una vita spirituale, alla fine si trova
impoverito e senz'anima.
Il valore della riflessione di Sarkozy sta tutta qui, e veramente non è
poco.
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