MATRIMONI «MISTI» -  Tutto cominciò da Pinerolo
     Tappe di un fruttuoso cammino

 


Monsignor Pietro Giachetti, vescovo emerito di Pinerolo, grande protagonista del cammino ecumenico a partire dagli anni '70, incrocia il proprio ministero con le coppie miste e Pinerolo: «Il primo problema che dovetti affrontare fu proprio quello dei matrimoni interconfessionali - dice allargando le braccia - Il clima stava cambiando, soprattutto dopo la pubblicazione, l'8 dicembre 1970, del motu proprio di Papa Paolo VI, Matrimonia mixta. Di fatto, però, vigeva ancora il vecchio codice che chiedeva, al coniuge protestante, impegni scritti a favore della Chiesa cattolica».

La risposta della diocesi di Pinerolo alla nuova sensibilità arriva il 1° gennaio 1981, con il documento: Matrimoni interconfessionali: indicazioni pastorali. Grazie a esso, a questa diocesi viene riconosciuto un regime speciale, per cui un matrimonio misto, con la dispensa dell'Ordinario, poteva essere validamente celebrato come sacramento anche solo in sede civile. Intanto monsignor Giachetti diventa membro della Commissione Cei per l'ecumenismo: «Nel 1985 - ricorda - sotto la presidenza di monsignor Ablondi, per la prima volta incontrammo una delegazione valdese. Si decise di dar seguito al confronto e Maria Vingiani, fondatrice del Sae, propose di trattare dei matrimoni misti, data la loro grande rilevanza pastorale».

La proposta fu presentata alla presidenza della Cei, e dai valdesi al Sinodo. Il testo preparato nella diocesi di Pinerolo fu preso come punto di riferimento iniziale di tutto il lavoro. Il Testo comune per un indirizzo pastorale dei matrimoni tra Cattolici e Valdesi o Metodisti sarà firmato a Roma il 16 giugno 1997. Nel 2000 viene pubblicato il Testo applicativo, che contiene le indicazioni pastorali. «I valdesi - commenta Giachetti - hanno apprezzato la disponibilità dei cattolici. Inoltre tutti abbiamo capito che le coppie miste devono essere seguite dai loro sacerdoti e pastori. E le comunità devono essere accoglienti nei loro confronti».

Donatella Saroglia

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[Fonte: Avvenire del 25 luglio 2003]

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