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25.7.2003 - È in corso a Rocca di Papa l’incontro
mondiale delle coppie interconfessionali Due Chiese in una casa
Professionista, quarantenne, sposato, due
figlie, cattolico. L'identikit di Stefano Marcheselli non è però completo se
non si aggiunge che è il figlio primogenito di Miriam, valdese, e Gianni,
cattolico.
L'essere cresciuto in una famiglia interconfessionale ne ha condizionato la
vita: «Quando i miei genitori si sono sposati, le coppie miste erano mal
considerate dalle rispettive comunità di appartenenza - racconta Stefano - il
Concilio muoveva i primi passi e, soprattutto in Italia, le Chiese non avevano
esperienza ecumenica. Oggi, le difficoltà sono ancora tante, ma la situazione
è nettamente migliorata».
Nonostante gli ostacoli, Miriam e Gianni decidono di educare i figli
cristianamente, dando loro la possibilità di conoscere dall'interno le due
comunità: «I miei genitori hanno scelto il cosiddetto "doppio
binario". Il Battesimo fu celebrato in Chiesa cattolica, ma la nostra
educazione religiosa si è svolta partecipando sia al catechismo in parrocchia,
sia alla scuola domenicale valdese. A casa, poi, essi chiarivano i dubbi e ci
evitavano inutili confusioni».
Stefano ricorda quegli anni con emozione e sorridendo ne sottolinea anche la
fatica: «Dovevamo fare tutto "in doppio". Il rischio era la
saturazione, perché eravamo bambini e il cammino intrapreso era molto
impegnativo. D'altro canto, però, era bello avere amici nelle due comunità,
condividere momenti di festa tanto diversi sebbene sempre vissuti nel nome
dell'unico Cristo. Inoltre - aggiunge - io ho sempre amato profondamente la mia
famiglia, che ha saputo mantenersi unita anche in momenti di grande dolore, come
quando morì di leucemia Davide, il fratello più piccolo».
Anche la prima Comunione fu celebrata nella parrocchia cattolica, la comunità
in cui Stefano e la sorella Emanuela erano stati battezzati: «Per la Cresima il
discorso fu diverso. È stata la nostra scelta adulta: io ho infatti deciso di
aderire alla Chiesa cattolica, ma mi sento profondamente riconoscente verso la
comunità valdese per quanto mi ha dato. Ancora oggi, ne sono definito
"simpatizzante". Emanuela ha invece - prosegue - scelto la Chiesa
valdese. Ma anche per lei, la Chiesa cattolica rimarrà sempre parte del suo
essere cristiana».
Marcheselli precisa, dopo una pausa: «Non so come spiegarlo, ma, per noi, la
Chiesa valdese è la chiesa della mamma, quella cattolica è la Chiesa del papà,
e questo è molto importante» Stefano si è poi sposato con Elisabetta,
cattolica: «Certo, non faccio parte di una coppia interconfessionale, ma sento
forte dentro di me la ricchezza che ho ricevuto dai miei genitori. Così non ho
potuto non condividere questa sensibilità ecumenica con mia moglie, che l'ha
accolta con grande apertura e generosità, tanto che alla celebrazione del
nostro matrimonio, in Chiesa cattolica, è intervenuta una pastora valdese.
Così
cerchiamo, ora, insieme, di educare all'amore per i diversi modi di vivere la
fede anche le nostre figlie: al loro Battesimo pertanto la presenza della
comunità valdese è stata vivace e intensa». Per Stefano Marcheselli l'essere
cresciuto in un contesto interconfessionale è quindi un grande dono di Dio: «L'importante
è non volere nascondere la realtà delle divisioni, che provocano sofferenza.
Ma è altrettanto fondamentale saper apprezzare la ricchezza delle diversità:
io questo l'ho imparato vivendo, giorno dopo giorno, all'interno della mia
bellissima famiglia».
Donatella Saroglia
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[Fonte: Avvenire del 25 luglio 2003]
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