MATRIMONI «MISTI» -  Testo applicativo 2000
     Tappe di un fruttuoso cammino

 


Conferenza Episcopale Italiana
Chiesa Evangelica Valdese
(Unione delle Chiese Valdesi e Metodiste in Italia)

Testo comune
per un indirizzo pastorale
dei matrimoni
tra Cattolici e Valdesi o Metodisti

TESTO APPLICATIVO

Premessa

La Conferenza Episcopale Italiana e il Sinodo Valdese-Metodista, ravvisando la necessità di "rendere operativo" il "Testo comune per un indirizzo pastorale dei matrimoni tra cattolici e valdesi o metodisti", hanno nominato le rispettive commissioni al fine di giungere ad un "Testo applicativo" approvato dalle due parti.
La commissione della Conferenza Episcopale Italiana è stata così composta: Alberto Ablondi, Giuseppe Chiaretti, Francesco Coccopalmerio, Silvano Maggiani, Mario Polastro, Claudio Giuliodori (passato dopo alcune riunioni ad altro incarico e non sostituito).
La commissione del Sinodo Valdese-Metodista è stata formata da: Maria Sbaffi Girardet, Maria Bonafede, Franco Giampiccoli, Giulio Maisano, Paolo Ricca, Alberto Taccia.

Nella loro prima riunione le due commissioni hanno cooptato Myriam e Gianni Marcheselli, coppia interconfessionale di Milano.
In uno spirito di vera fraternità, ma anche di chiarezza e di franchezza, si sono svolte le 15 riunioni congiunte di lavoro tra il 29 ottobre 1997 (prima seduta) e il 10 gennaio 2000 (ultima seduta).
Il risultato di questo cammino impegnativo, che ha coinvolto profondamente i membri delle due commissioni, è il "Testo applicativo" formato da una introduzione e da 8 capitoli, per un totale di 52 paragrafi.

Introduzione

1. (Il Testo comune) - Nel cammino ecumenico in Italia assume un grande valore il "Testo comune per un indirizzo pastorale dei matrimoni tra cattolici e valdesi o metodisti" sottoscritto dalle due chiese il 16 giugno 1997. Il documento affronta la questione dei matrimoni misti interconfessionali(1), che nel passato è stata causa non solo di forti contrasti tra le due chiese, ma anche motivo di sofferenza per le famiglie coinvolte.
Il Testo comune sottolinea che "i matrimoni misti possono oggi esser visti nel loro aspetto positivo per l’apporto che possono dare al movimento ecumenico, specialmente quando ambedue i coniugi sono fedeli alla vocazione cristiana nella loro chiesa" (3.1; cfr. 1.9; 2.5). Questa visione, più serena e positiva, ha condotto al superamento di molti pregiudizi e tensioni, così che il Testo comune ha potuto cogliere tutti gli aspetti positivi insiti nelle discipline delle due chiese, senza peraltro sottacere gli elementi di differenziazione.
Sia la Chiesa cattolica(2) sia la Chiesa evangelica valdese (Unione delle chiese valdesi e metodiste)(3) – di seguito indicata come Chiesa valdese - stabiliscono norme per la celebrazione di un matrimonio misto interconfessionale(4).
Il Testo comune ha inteso affrontare il problema sotto tutti gli aspetti, offrendo una soluzione accettabile per le due chiese senza contravvenire allo spirito dei rispettivi ordinamenti matrimoniali, i quali peraltro, dal 1970, sono stati oggetto di notevoli modificazioni e di rilevanti accentuazioni nel senso dell’apertura ecumenica.

2. (Un documento applicativo) - Il Testo comune prevede un documento applicativo che permetta di rendere operative le indicazioni pastorali contenute nel testo stesso (Testo comune, Conclusione).
Il presente documento offre le necessarie indicazioni applicative in relazione ai problemi che di volta in volta si pongono in un matrimonio misto interconfessionale, tenendo conto degli aspetti teologici ed ecclesiologici, chiariti nel Testo comune, e approfondendo in particolare gli aspetti liturgici, disciplinari e pastorali. E ciò anche in riferimento alle fasi che precedono e a quelle che seguono la celebrazione del matrimonio stesso.
Le indicazioni applicative del presente documento si fondano sul riconoscimento della parità di diritti e doveri tra gli sposi, sul sostegno che le chiese offriranno loro, e in particolare sul rispetto della libertà dei futuri sposi. Tale libertà, riguardante la scelta del modo della celebrazione, la comunità in cui battezzare i figli e l’impostazione della loro educazione religiosa, si esprimerà in decisioni comuni che le chiese accoglieranno senza opporre ostacoli al loro adempimento.

3. (Destinatari) - Il documento è indirizzato alle comunità locali, in particolare ai parroci e ai pastori, responsabili delle comunità stesse, perché sappiano accompagnare, con rispetto e chiarezza, le scelte dei futuri coniugi; è rivolto altresì alle coppie stesse, perché siano agevolate nel cammino verso il matrimonio e nella vita coniugale e familiare, nella consapevolezza dei loro diritti e doveri.

I – I PRELIMINARI

4. (Normative diverse) - Le differenze e le divergenze tra la concezione cattolica e quella evangelica del matrimonio implicano, di conseguenza, una differenziazione delle disposizioni applicative che derivano dal Testo comune – parte seconda.

5. (Conoscenza, comprensione, applicazione) - Nella celebrazione di un matrimonio misto interconfessionale, che avvenga sia in una chiesa cattolica sia in una chiesa valdese o metodista, tali norme devono essere rese note agli sposi, comprese nel loro significato autentico e applicate correttamente nelle forme stabilite per tale caso, al fine di raggiungere l’obiettivo comune di assicurare per entrambe le chiese pieno riconoscimento del matrimonio così celebrato.

6. (La normativa cattolica) - Per quanto concerne la Chiesa cattolica tali norme sono contenute nel codice di diritto canonico e riprese, per quel che attiene all’Italia, nel decreto generale della Conferenza Episcopale Italiana (C.E.I). E’ necessario chiarire il significato di tale normativa e precisare i termini di applicazione degli impegni assunti dalla parte cattolica, formulandoli in modo da non ledere la libertà e la coscienza della parte evangelica.

7. (La licenza) - Il codice di diritto canonico stabilisce che "il matrimonio tra due persone battezzate (di cui una sola cattolica)... non può essere celebrato senza espressa licenza da parte della competente autorità" (can. 1124).
Il requisito della licenza non deriva dal fatto che il matrimonio misto interconfessionale sia considerato in se stesso negativo, ma deriva dalla particolare difficoltà insita in tale matrimonio. L’autorità cattolica sente pertanto l’obbligo di esaminare il caso al fine di accertare che esistano i presupposti per una valida e fruttuosa celebrazione del matrimonio. Con la concessione della licenza l’autorità cattolica dichiara che tali presupposti esistono ed esprime il proprio assenso alla celebrazione del matrimonio stesso.
E’ chiaro che tale assenso è dato alla parte cattolica e non riguarda, se non indirettamente, la parte evangelica, che non è soggetta alla giurisdizione della Chiesa cattolica (cfr. can. 11). E tanto meno riguarda il ministro evangelico, al quale è riconosciuta piena autonomia nell’esercizio della sua funzione, qualora il matrimonio sia celebrato in chiesa evangelica.

8. (Dichiarazioni e promesse) - Il can. 1125, n. 1 stabilisce: "La parte cattolica si dichiari pronta ad allontanare i pericoli di abbandonare la fede e prometta sinceramente di fare quanto è in suo potere perché tutti i figli siano battezzati ed educati nella Chiesa cattolica".

Su tale norma sono opportune le seguenti osservazioni:

a) Per quanto riguarda la dichiarazione della parte cattolica di essere pronta ad allontanare i pericoli di abbandonare la fede, si precisa che tali pericoli non derivano dalla fede della parte evangelica, la quale anzi può conocorrere ad edificare la fede del coniuge cattolico, e viceversa, ma derivano dal rischio di indebolire la propria identità ecclesiale o addirittura di cadere nell’indifferentismo o nel relativismo religioso, trascurando, o abbandonando, la frequentazione della propria chiesa.
E’ bene precisare che tale rischio può essere corso anche dalla parte evangelica. E’ dunque impegno di entrambi i coniugi di vigilare al fine di vivere in modo autentico e coerente la propria fede in reciproco confronto e sostegno.

b) In riferimento inoltre alla promessa di fare quanto è possibile perché tutti i figli siano battezzati ed educati nella Chiesa cattolica, si precisa che tale promessa vuole esprimere l’impegno di fedeltà della parte cattolica di vivere e testimoniare compiutamente la propria fede anche verso i figli, tenendo conto che uguale diritto-dovere ha la parte evangelica relativamente alla propria vocazione così come è condivisa nella sua chiesa di appartenenza.
Tale situazione, anziché essere fonte di conflitti, dovrebbe condurre a operare, di comune accordo, quelle scelte che concretamente si riveleranno più adatte al consolidamento della comunione della coppia e al bene della prole in ordine alla vita spirituale.

c) "Se nonostante tutti gli sforzi i figli non vengono battezzati né educati nella Chiesa cattolica, il genitore cattolico non incorre nella censura comminata dal diritto canonico. Tuttavia non cessa per lui l’obbligo di condividere con i figli la fede cattolica. Tale esigenza rimane e può comportare, per esempio, che egli svolga una parte attiva nel contribuire all’atmosfera cristiana della famiglia; che faccia quanto è in suo potere con la parola e con l’esempio per aiutare gli altri membri della famiglia ad apprezzare i valori peculiari della tradizione cattolica; che coltivi tutte le disposizioni necessarie perché, ben istruito nella propria fede, sia capace di esporla e di discuterne con gli altri; che preghi con la sua famiglia per implorare la grazia dell’unità dei cristiani, come è nella volontà del Signore"(5).

Tali indicazioni hanno pari rilevanza per la parte evangelica nei confronti dei figli nel caso in cui vengano battezzati ed educati nella Chiesa cattolica.

9. (L’informazione alla parte evangelica) - Il parroco è tenuto a informare la parte evangelica delle dichiarazioni e delle promesse formulate dalla parte cattolica (cfr. can. 1125, n. 2) illustrandone la portata e il significato. La parte evangelica ne prende atto senza obbligo né di adesione, né di firma. Il parroco deve attestare tale presa d’atto.
La parte cattolica deve a sua volta essere consapevole dell’analogo impegno di fedeltà della parte evangelica.

10. (Fini e proprietà essenziali del matrimonio) - Il can. 1125, n. 3 recita: "entrambe le parti siano istruite sui fini e le proprietà essenziali del matrimonio, che non devono essere escluse da nessuno dei contraenti". Si tratta dei principi dell’unità della coppia, dell’indissolubilità del matrimonio e dell’apertura in ordine alla procreazione, che devono essere accettati da entrambe le parti contraenti.
A tal fine è necessario e sufficiente che la parte cattolica e la parte evangelica, in dialogo con le rispettive chiese, accettino ciò che esse affermano nel Testo comune (parte prima: ciò che come cristiani possiamo dire in comune sul matrimonio; e parte seconda i paragrafi 2.1, 2.2, 2.3 relativi al modo di comprendere le differenze e le divergenze su sacramentalità, indissolubilità e procreazione ed educazione dei figli).
La preparazione dei futuri sposi su tale materia potrà essere fatta al meglio in forma congiunta dai due ministri, cattolico ed evangelico, nello spirito e secondo i contenuti del Testo comune, accertando che vi sia negli sposi l’integrità e la libertà del consenso. In ogni caso il parroco, per la sola parte cattolica, procederà all’istruttoria matrimoniale limitandosi, per la parte evangelica, a ricevere il certificato di battesimo e a registrare i dati anagrafici, l’appartenenza ecclesiastica e la posizione matrimoniale. I dati relativi a quest’ultima risulteranno da un certificato contestuale (rilasciato dall’ufficiale dello stato civile), e, se necessario, da un’autocertificazione che non si limiti alla sola dichiarazione di stato libero.

11. (Forma di celebrazione dei matrimoni misti interconfessionali) – Il matrimonio misto interconfessionale può essere celebrato o in chiesa cattolica o in chiesa evangelica o di fronte all’ufficiale di stato civile.

12. (La "forma canonica" e la dispensa dalla "forma canonica") – Nel caso in cui il matrimonio misto interconfessionale sia celebrato nella chiesa cattolica, la validità di detta celebrazione è condizionata all’osservanza della "forma canonica" che consiste nella celebrazione del matrimonio alla presenza dell’Ordinario o del parroco del luogo o di un loro delegato e di due testimoni.
Nel caso in cui il matrimonio misto interconfessionale venga celebrato in chiesa evangelica o di fronte all’ufficiale di stato civile, la parte cattolica, oltre alla licenza (cfr. sopra, n. 7), dovrà anche ottenere la dispensa dalla "forma canonica". Tale dispensa ha la funzione di togliere l’obbligo della predetta osservanza per il caso particolare.
La concessione della dispensa (cfr. Testo comune, 2.5) ha come motivo valido la libera scelta degli sposi, che la parte cattolica comunicherà alle competenti autorità della propria chiesa.
La dispensa dalla forma canonica ha rilevanza unicamente nel rapporto tra il coniuge cattolico e la sua chiesa e in nessun modo può essere compresa come autorizzazione alla chiesa evangelica di procedere alla celebrazione di un matrimonio valido anche ai fini della Chiesa cattolica
.Per tutti gli adempimenti previsti per il caso in questione, la parte evangelica non è tenuta a recarsi presso la curia diocesana, essendo sufficiente che vi provvedano il parroco e il coniuge cattolico.

13. (Il luogo della celebrazione di un matrimonio misto interconfessionale) – Nel caso in cui le parti scelgano di celebrare il matrimonio nella chiesa cattolica, tale celebrazione avverrà ordinariamente nella parrocchia in cui la parte cattolica è inserita, a norma del can. 1115
Nel caso in cui venga scelta la chiesa evangelica o il municipio, la parte cattolica dovrà indicarne il luogo nella domanda di dispensa dalla "forma canonica" al fine di dar modo al proprio Ordinario diocesano di interpellare l’Ordinario del luogo in cui avverrà la celebrazione (cfr. can. 1127, n. 2).

14. (Trasmissione alle chiese della dichiarazione di avvenuto matrimonio) - Il Testo comune (2.5) stabilisce che il coniuge cattolico e quello evangelico avranno cura che il loro matrimonio, celebrato fuori dalla loro chiesa di appartenenza, venga poi registrato presso la propria comunità, ove ciò sia richiesto e in conformità alla disciplina di quest’ultima.

15. (Casi particolari) - Il decreto generale sul matrimonio canonico della C.E.I. tratta, ai cap. V (36-47), VI, VII e VIII, una serie di situazioni particolari, alcune delle quali possono riguardare un matrimonio misto interconfessionale. In tali casi la miglior soluzione per il bene della coppia, ed eventualmente della prole, dovrà essere ricercata avendo consultato il ministro della chiesa evangelica di competenza al fine di rispettare le disposizioni delle chiese e la coscienza dei coniugi.

16. (Nuove formulazioni) - Il can. 1126 del codice di diritto canonico attribuisce alle Conferenze Episcopali una certa libertà nel definire i modi in cui le dichiarazioni e le promesse della parte cattolica possono essere formulate al fine di ottenere la licenza. Nell’ambito di tale concessione si propone una formulazione in positivo di alcune espressioni che, senza modificarne il significato, possono più facilmente essere comprese e ricevute nell’ambito di una fraternità ecumenica.
Ad es. in riferimento e in sostituzione alla modulistica in uso presso le curie diocesane per quanto concerne i matrimoni misti interconfessionali:

a) La formula della dichiarazione potrebbe essere così concepita: "Dichiaro di impegnarmi a mantenere e approfondire la mia fede e riconosco al contempo la fede cristiana del mio coniuge evangelico"; oppure: "Dichiaro di impegnarmi a mantenere la mia fede cattolica come il mio coniuge si impegna a mantenere la sua fede evangelica, edificandoci reciprocamente ed evitando ogni forma di compromesso o di indifferentismo".

b) La formula della promessa potrebbe essere: "Prometto di (o mi impegno a) fare quanto sarà in mio potere perché tutti i figli siano battezzati ed educati nella fede cattolica, tenendo conto che il mio coniuge ha lo stesso diritto-dovere di fedeltà nei confronti della propria vocazione così come è vissuta nella sua chiesa di appartenenza. Cercherò pertanto di concordare con il mio coniuge quelle scelte che si riveleranno più adeguate per il mantenimento e l’approfondimento della nostra comunione e per il bene della vita spirituale dei nostri figli".

 

II – GLI ASPETTI CIVILISTICI

17. (Gli effetti civili) - La Repubblica Italiana riconosce gli effetti civili ai matrimoni contratti secondo le norme del diritto canonico cattolico(6) e ai matrimoni celebrati secondo le norme dell’ordinamento valdese(7), a condizione che siano state fatte le pubblicazioni nella casa comunale e che l’atto di matrimonio sia trascritto nei registri dello stato civile.

18. (Procedura per la celebrazione secondo le norme del CDC) - Da parte cattolica è il parroco che, dopo aver espletato l’istruttoria matrimoniale, indirizza all’ufficiale dello stato civile nel comune nel quale uno dei contraenti ha la residenza la richiesta delle pubblicazioni civili. L’ufficiale dello stato civile, a sua volta, invia al parroco il certificato di eseguite pubblicazioni civili. Il parroco allora procede alla celebrazione del matrimonio, dà lettura agli sposi degli articoli 143, 144 e 147 del codice civile e trasmette uno degli originali dell’atto per la trascrizione.

19. (Procedura per la celebrazione secondo le norme dell’ordinamento valdese) - Da parte valdese sono gli sposi stessi che richiedono le pubblicazioni civili dichiarando di voler celebrare il matrimonio secondo le norme dell’ordinamento valdese. L’ufficiale dello stato civile dà lettura agli sposi degli articoli 143, 144 e 147 del codice civile. Eseguite le pubblicazioni, l’ufficiale dello stato civile rilascia agli sposi in doppia copia un "nulla osta" in base al quale è possibile procedere alla celebrazione del matrimonio. Avvenuta la stessa, il pastore trasmette all’ufficiale dello stato civile uno degli originali dell’atto e del "nulla osta" per la trascrizione.

20. (L’atto di matrimonio) - Nell’atto di matrimonio può essere dichiarata la scelta del regime di separazione dei beni (c.c. art. 162, 2° comma) e possono essere riconosciuti i figli naturali (c.c. art. 283).

III – LA PREPARAZIONE

21. (Rilevanza della preparazione) – Il Testo comune attribuisce una particolare importanza alla fase di preparazione di un matrimonio misto interconfessionale. Non stabilisce procedure rigide, ma lascia alle due parti ampi spazi di creatività in spirito di cordiale intesa e nel rispetto delle disposizioni disciplinari proprie di ciascuna comunità (Testo comune, 3.2).
Appare pertanto opportuno offrire alcuni suggerimenti per attuare un’adeguata preparazione.

22. (Il contenuto della preparazione) – Quanto ai contenuti, la preparazione dovrebbe consistere:

a) nella spiegazione del matrimonio relativamente alla dottrina e alla disciplina dell’una e dell’altra chiesa, nell’illustrazione degli elementi comuni e di quelli discordanti, avendo la Parola del Signore come riferimento di fondo e gli orientamenti del Testo comune come guida pratica;

b) nella conoscenza più ampia delle due chiese e nel modo in cui esse vivono concretamente la fede cristiana;

c) nella predisposizione di quanto riguarda la celebrazione, laddove sia stata concordata la partecipazione di rappresentanti dell’altra chiesa.

23. (Gli ambiti della preparazione) – Quanto agli ambiti:

a) occorre concordare con le coppie interconfessionali l’ambito cattolico o evangelico o comune della preparazione;

b) è opportuno in ogni caso che la preparazione preveda uno o più colloqui della coppia congiuntamente con i due ministri;

c) è inoltre auspicabile che, dove esiste un gruppo di coppie interconfessionali, i fidanzati vi partecipino per confrontarsi e far tesoro delle esperienze di tali coppie. E’ opportuna, ove esso manchi, la costituzione di un gruppo locale con l’attiva partecipazione dei ministri delle due chiese.

24. (Libertà di scelta degli sposi)- Al fine di tutelare la libertà degli sposi di scegliere la forma della celebrazione che riterranno ad essi più consona, verranno illustrate agli stessi le tre possibilità in cui il matrimonio può essere celebrato: secondo la "forma canonica", secondo l’ordinamento valdese, davanti all’ufficiale dello stato civile.

25. (Informazione e formazione di base) – La preparazione ad un matrimonio misto interconfessionale non dovrebbe comunque essere solo quella immediata di una concreta coppia interconfessionale. Si auspica invece che, in accordo con il Testo comune (3.2 b), la trattazione del matrimonio misto interconfessionale sia introdotta nei normali corsi catechistici per giovani ed adulti. Ne consegue, per le due chiese, l’opportunità di un aggiornamento dei testi di catechesi e di formazione così che essi comprendano la tematica dei matrimoni misti interconfessionali.

IV – LA CELEBRAZIONE LITURGICA

26. (Adozione e adattamenti della liturgia della chiesa in cui è celebrato il matrimonio) - Le parti scelgono liberamente la chiesa nel cui ambito intendono sposarsi e il matrimonio viene celebrato secondo la liturgia di tale chiesa, con opportuni adattamenti concordati insieme ai ministri: scelta dei testi biblici, interventi per brevi dichiarazioni, intenzioni di preghiera, parti cantate, ecc., che tuttavia dovranno inserirsi in modo armonico nello schema liturgico.

27. (Rappresentanza e partecipazione dell’altra chiesa) - Se i futuri sposi lo chiedono, il ministro o un rappresentante dell’altra chiesa può partecipare attivamente alla celebrazione del matrimonio interconfessionale, rivolgendo un messaggio, o facendo una preghiera di intercessione, o tenendo la predicazione, ecc. A tal fine la liturgia può essere preparata insieme dai ministri e dai futuri sposi. Soltanto il ministro della chiesa in cui si celebra il matrimonio è autorizzato a ricevere il consenso e a dichiarare uniti gli sposi.

28. (Opportunità dei segni di accoglienza ecumenica) - Non è prevista una "liturgia ecumenica" del matrimonio misto interconfessionale concordata dalle due chiese.
In ogni caso la celebrazione liturgica di un matrimonio misto interconfessionale deve avere un carattere ecumenico in armonia con il Testo comune, tenendo conto del fatto che la coppia è mista, che gli intervenuti appartengono a chiese diverse, che tutti debbono essere messi a loro agio e debbono poter capire e partecipare. E’ importante, ad esempio, il saluto iniziale rivolto in modo esplicito anche ai membri dell’altra chiesa, nonché l’accoglienza e il posto che viene riservato al rappresentante dell’altra chiesa. Così pure è apprezzato il dono della Bibbia in una traduzione interconfessionale fatto insieme dalle due comunità con la firma dei rispettivi ministri.

29. (La liturgia della Parola nella celebrazione) - Il matrimonio misto interconfessionale, tanto nella chiesa cattolica quanto nella chiesa evangelica, viene celebrato con una liturgia basata sulla Parola del Signore (liturgia della Parola). Viene di norma esclusa la celebrazione dell’Eucarestia o della Cena del Signore, per non inserire un elemento di separazione in un atto tutto concentrato sull’unione degli sposi e per ricordare che la piena comunione tra le chiese non è ancora raggiunta.

30. (La formulazione del consenso) - Per la celebrazione del matrimonio lo scambio del consenso avviene nelle forme stabilite dalle chiese.
La liturgia della Chiesa cattolica non prevede nel rito del matrimonio, secondo l’attuale adattamento curato della Conferenza Episcopale Italiana, una formula particolare per il consenso in un matrimonio misto interconfessionale.
La liturgia della Chiesa valdese prevede, per lo scambio delle promesse, tre formule alternative al fine di rispettare le diverse situazioni personali, una delle quali riguarda i matrimoni misti interconfessionali(8).

 

V - MATRIMONI MISTI INTERCONFESSIONALI IN FORMA CIVILE

31. (La celebrazione in sede o forma civile) – La celebrazione in sede o forma civile di un matrimonio misto interconfessionale consiste nell’espressione del consenso non di fronte a un ministro dell’una o dell’altra chiesa, bensì di fronte all’ufficiale dello stato civile.

32. (Il matrimonio in forma civile per la Chiesa cattolica) – Per la Chiesa cattolica, la suddetta celebrazione non è esclusa nell’ampia formulazione del can. 1127, n. 2, è implicita nella dizione "salvo … eventuali intese" del decreto generale sul matrimonio canonico al n. 50 ed era già prevista per la diocesi di Pinerolo dal 1970.
La possibilità della celebrazione in forma civile di un matrimonio misto interconfessionale tra una parte cattolica e una parte valdese o metodista è ora ammessa per tutte le diocesi italiane dal Testo comune (3.3 c).
La parte cattolica deve ottenere dall’Ordinario diocesano la prescritta dispensa, in modo che il matrimonio celebrato nella forma civile, in forza del battesimo, sia per essa valido e perciò stesso sacramento.
La parte cattolica viene esortata a prepararsi adeguatamente attraverso il sacramento della riconciliazione e la comunione eucaristica.

33. (Precisazione) - Per quanto attiene alla celebrazione del matrimonio davanti all’ufficiale dello stato civile è necessario precisare e quindi spiegare, specialmente ai fedeli cattolici, che questa forma di matrimonio non è matrimonio "civile" nel senso generalmente inteso dai cattolici, ma è un matrimonio "in forma civile".
Il matrimonio "civile", nel senso generalmente inteso dai cattolici, è quello contratto da due fedeli che non vogliono o non possono sposarsi "in chiesa" e quindi si sposano "in municipio", per cui questo matrimonio avviene in disaccordo con la loro chiesa che non lo ritiene valido.
Quando, invece, il matrimonio "in forma civile" avviene con il consenso della Chiesa cattolica, esso è valido ed è sacramento.

34. (Il matrimonio in sede civile per la Chiesa valdese) - Per la Chiesa valdese la celebrazione del matrimonio in sede civile non costituisce problema, per il fatto che essa non dà rilevanza ad una particolare forma certificativa del matrimonio: "I credenti sanno per fede che il loro matrimonio è contratto davanti a Dio qualunque sia la forma nuziale che essi decidono di seguire per darne pubblica certificazione" (Documento sinodale valdese sul matrimonio n. 15).

35. (Rilevanza del matrimonio in sede civile) - In ogni caso è bene che le chiese sottolineino la rilevanza della celebrazione del matrimonio misto interconfessionale di fronte all’ufficiale dello stato civile, in quanto anche tale atto esprime un impegno sociale e l’assunzione di responsabilità civili e morali.

36. (A seguito del matrimonio celebrato in sede civile) - Il Testo comune (3.3 c) si preoccupa che al compimento della celebrazione di un matrimonio misto interconfessionale in sede civile faccia seguito, senza rinnovare la dichiarazione del consenso, un momento di preghiera e di testimonianza che renda visibile la specificità cristiana del matrimonio insita nella fede degli sposi. A questo riguardo non si danno indicazioni definite; la scelta è lasciata alla decisione degli sposi, accompagnati dai rispettivi ministri o da altri rappresentanti delle comunità di appartenenza.
Ecco alcune indicazioni a titolo esemplificativo: incontro ecumenico con lettura della Parola di Dio, predicazione e benedizione degli sposi; culto familiare con lettura biblica e preghiera.
Nelle Chiese valdesi e metodiste al matrimonio celebrato in sede civile segue normalmente nella comunità un atto di benedizione, lo scambio delle promesse, una preghiera di intercessione e il dono della Bibbia, esclusa, comunque, la ripetizione del consenso.

37. (Comunicazione dell’avvenuta celebrazione del matrimonio alle rispettive chiese) - Gli sposi sono tenuti a fornire alle rispettive chiese una dichiarazione di avvenuta celebrazione del matrimonio in sede civile (estratto dell’atto di matrimonio), affinché esso possa essere annotato negli appositi registri delle loro comunità.

VI – IL BATTESIMO DEI FIGLI

38. (Mutuo riconoscimento del battesimo) – Tra la Chiesa cattolica e le Chiese evangeliche (ad esclusione di quelle a tradizione battista) si è da tempo stabilito un consenso circa il mutuo riconoscimento della validità del battesimo celebrato nell’una o nell’altra chiesa. Per tale motivo il battesimo non viene mai ripetuto(9).

39. (Collaborazione ecumenica per il battesimo di figli di coppie interconfessionali) – La coppia interconfessionale che intende presentare al battesimo i figli decide liberamente in quale chiesa farli battezzare.
Il battesimo si svolge secondo la liturgia in vigore nella chiesa prescelta con opportuni adattamenti ed è possibile che il ministro o un membro qualificato dell’altra chiesa sia invitato per l’occasione. Egli può partecipare attivamente rivolgendo un messaggio, o tenendo la predicazione, o proponendo una preghiera.
Per la preparazione di tale celebrazione è necessario un previo incontro dei ministri e della coppia interconfessionale, come già avviene per la preparazione della liturgia matrimoniale.
Questo battesimo celebrato nell’ambito di una collaborazione ecumenica può costituire, per gli sposi e per le chiese, uno stimolo a camminare verso l’unità dei cristiani.
Il ministro della comunità in cui il battesimo viene celebrato è tenuto a registrarlo come d’uso e a darne comunicazione al ministro competente dell’altra chiesa che lo annota nella maniera ritenuta più adeguata. Questa procedura è analoga a quanto previsto per la trasmissione alle chiese della dichiarazione di avvenuta celebrazione del matrimonio.

40. (Padrini e madrine) – Nelle chiese valdesi e metodiste il ruolo del padrino e della madrina non è ritenuto essenziale. Qualora nella celebrazione di un battesimo in chiesa valdese o metodista un fedele cattolico chieda di essere padrino o madrina, la sua domanda viene accolta sulla base di una sua piena consapevolezza del significato del battesimo e delle promesse che è chiamato a condividere con i genitori.
Nella Chiesa cattolica il ruolo dei padrini, pur non ritenuto di per sé indispensabile (cfr. can. 872), deve essere svolto da cattolici che abbiano ricevuto i sacramenti dell’iniziazione cristiana e conducano una vita conforme alla fede. Un evangelico può presenziare al battesimo in qualità di testimone.

 

VII – L’EDUCAZIONE RELIGIOSA DEI FIGLI

41. (Parità dei diritti e dei doveri di entrambi i coniugi) - L’educazione religiosa dei figli delle coppie interconfessionali è diritto e dovere di entrambi i coniugi. Questo significa che in un matrimonio misto interconfessionale un coniuge non può delegare interamente all’altro questo compito sottraendosi così a una diretta responsabilità che gli è propria.
Il Testo comune (2.4) suggerisce al riguardo l’assunzione di un impegno particolare da parte di uno dei due coniugi, sulla base di una decisione comunemente concordata. Essa intende conferire ai figli una precisa identità confessionale.
Nell’ambito di questo orientamento prevalente rimane irrinunciabile l’apporto di testimonianza e di educazione da parte dell’altro coniuge.

42. (Modalità dell’educazione religiosa dei figli) - Le coppie interconfessionali hanno adottato al riguardo dell’educazione religiosa dei figli modi diversi di comportamento, sempre nell’ottica di dare ai figli una formazione di base sostanzialmente biblica e nel contempo di fare conoscere la realtà dell’una e dell’altra chiesa tutelando la loro libertà di scelta in vista della confermazione oppure del battesimo qualora questo non sia già avvenuto in età infantile.
Si esclude quindi, come osserva il Testo comune (2.4), l’adozione di una linea agnostica, neutrale o confusa, che nel nome dell’equidistanza non preveda nessuna formazione rinviando l’eventuale scelta in età matura.
È chiaro d’altra parte che non esiste una "Chiesa ecumenica" intermedia tra le due e che l’inserimento deve avvenire nell’una o nell’altra comunità senza escludere la partecipazione alla vita di entrambe sulla base di un impegno ecumenico vissuto.

43. (Collaborazione ecumenica nel campo della catechesi) - Nell’ambito della educazione alla fede delle chiese a cui le coppie interconfessionali si riferiscono è sentita l’esigenza di una collaborazione ecumenica nel campo della catechesi. Essa consiste in una presentazione di quello che i cristiani hanno in comune senza tacere le differenze e le divergenze e in una presentazione dell’altra chiesa (storia, teologia, spiritualità) fatta con obiettività e senza pregiudizi.

44. (Collaborazione interconfessionale nel campo della catechesi) - Là dove sono presenti figli di coppie interconfessionali, è necessario sviluppare una collaborazione interconfessionale nel campo della catechesi attuando una comune programmazione di percorsi catechistici a contenuto biblico elaborati dalle chiese locali. In questi percorsi si potranno inserire momenti di confronto anche sulle differenze e sulle divergenze, in modo da aiutare una scelta confessionale là dove questa non sia ancora stata fatta. Il primo ambito naturale di tale catechesi è la "chiesa domestica" che è costituita dalla famiglia interconfessionale.

45. (La promessa in una prospettiva ecumenica) - Chi si dispone ad essere battezzato o confermato nell’una o nell’altra chiesa promette di essere testimone di Cristo e di diffondere la fede. In questa promessa sono impliciti la responsabilità di affermare i contenuti comuni e l’apprezzamento dei valori peculiari dell’altra chiesa, favorendo e promovendo così il cammino ecumenico delle due chiese, costruendo ponti là dove sono stati elevati muri.

VIII – COINVOLGIMENTO DELLE COMUNITA’

46. (Interesse, sostegno e accoglienza da parte delle comunità) - Il Testo comune (3.1 e 3.4) sottolinea la necessità che le comunità interessate siano in qualche modo coinvolte nell’evento del matrimonio misto interconfessionale al fine di evitare che questo resti solo una questione privata delle singole famiglie che spesso si sentono circondate da poca comprensione e molta diffidenza.
La crescita dello spirito ecumenico delle comunità è fondamentale per un’adeguata e fraterna accoglienza del matrimonio misto interconfessionale. Proprio perché nessuno nasconde le difficoltà di tale scelta, la coppia che intraprende questo cammino deve sentirsi compresa e sostenuta, sia al momento della decisione sia dopo la celebrazione del matrimonio, nel suo inserimento nell’una e nell’altra comunità. Una parola di accoglienza in un culto pubblico, rivolta in particolare al coniuge appartenente all’altra chiesa, può essere utile e opportuna.

47. (Presenza attiva da parte delle coppie interconfessionali) - Per quanto possibile, nel pieno rispetto della loro specificità, le coppie interconfessionali devono essere attivamente presenti nelle comunità costruendo quelle relazioni che sono così importanti per sviluppare conoscenza e comprensione e contribuendo a promuovere attività ecumeniche di incontro, studio biblico e preghiera.

48. (Il problema della reciproca ospitalità eucaristica) - Dei "nuovi problemi" e delle "nuove responsabilità" che le coppie interconfessionali dovranno affrontare con il sostegno fraterno della comunità cristiana (Testo comune, 3.4), fa parte il problema delicato della reciproca ospitalità eucaristica e cioè dell’accoglienza alla Cena del Signore del coniuge che è membro dell’altra chiesa.

49. (L’ospitalità eucaristica per la Chiesa valdese) – La Chiesa valdese, in coerenza con la Concordia di Leuenberg, afferma che "nella Santa Cena Gesù Cristo risorto si dona nel suo corpo e nel suo sangue dati per tutti, attraverso le parole della sua promessa, con pane e vino. Così Egli dà se stesso senza riserve a tutti coloro che ricevono il pane e il vino. La fede li riceve per la salvezza, l’incredulità per il giudizio"(10). La Chiesa valdese accoglie tutti coloro che nella fede liberamente "esaminando se stessi" (I Cor. 11,28) si avvicinano alla mensa che è confessata essere del Signore e non di una particolare chiesa.

50. (L’ospitalità eucaristica per la Chiesa cattolica) - La Chiesa cattolica, dal canto suo, ritiene che la piena comunione ecclesiale e la sua espressione visibile siano indispensabili per la reciproca ospitalità eucaristica. D’altra parte il battesimo "costituisce il vincolo sacramentale dell’unità…e tende interamente all’acquisto della pienezza della vita in Cristo"; per questo motivo la Chiesa cattolica " riconosce anche che in certe circostanze, in via eccezionale, e a determinate condizioni, l’ammissione a questo sacramento (l’eucaristia) può essere autorizzata e perfino raccomandata a cristiani di altre Chiese e comunità ecclesiali". (11)
Non è consentita la partecipazione di cattolici alla Cena del Signore in una chiesa evangelica, in quanto non c’è il reciproco riconoscimento del ministero ordinato.

51. (Comunione eucaristica e comunione della chiesa universale) - Cattolici e valdesi-metodisti in modi diversi affermano lo stretto legame tra comunione eucaristica e comunione della chiesa universale secondo la parola dell’Apostolo Paolo: "Siccome vi è un unico pane, noi, che siamo molti, siamo un corpo unico, perché partecipiamo tutti a quell’unico pane" (I Cor. 10,17). Tuttavia permangono diversità nell’interpretare questo legame e nel trarne le conseguenze a livello teologico e pastorale.

52. (Le coppie interconfessionali) - In questo contesto di consonanze e differenze le coppie interconfessionali si sforzano comunque di vivere, con l’aiuto dello Spirito e il conforto della Parola, come "chiesa domestica" una e indivisibile.

Torre Pellice, 25.08.2000

Alberto Ablondi
Vescovo di Livorno
Presidente della Commisione
cattolica per la redazione delle
norme applicative
dell'Intesa sui matrimoni misti interconfessionali
Maria Sbaffi Girardet
Presidente della Commisione
sinodale valdese-metodista
per la redazione delle
norme applicative
dell'Intesa sui matrimoni misti
interconfessionali

_______________

NOTE

(1) In questa dizione è compresa sia la formulazione cattolica, matrimoni misti, sia quella evangelica, matrimoni interconfessionali. Ambedue le formulazioni indicano il matrimonio tra cristiani di diversa confessione.

(2) CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Decreto generale sul matrimonio canonico (1990), nn. 48-53.

(3) SINODO VALDESE, Documento sinodale sul matrimonio (art. 46/SI/1971), nn. 19-54.

(4) Ricordiamo in ordine cronologico i documenti più importanti delle due Chiese in riferimento ai matrimoni misti interconfessionali:
Motu proprio Matrimonia mixta di Paolo VI (1970); Documento sinodale valdese sul matrimonio (1971); Documento sinodale valdese sull’ecumenismo (1982); Codice di diritto canonico (1983); Decreto generale sul matrimonio canonico della C.E.I. (1990); Ordo celebrandi matrimonium. Editio typica altera (1991); Indicazioni pastorali per il matrimonio misto della diocesi di Pinerolo (1992); Direttorio per l’applicazione dei principi delle norme sull’ecumenismo del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani (1993); Indicazioni per la celebrazione di un matrimonio interconfessionale del IV circuito della Chiesa valdese (1994); Testo comune per un indirizzo pastorale dei matrimoni tra cattolici e valdesi o metodisti (Assemblea generale della C.E.I., maggio 1996; Sinodo delle chiese valdesi e metodiste, agosto 1996; sottoscrizione congiunta, giugno 1997); Prontuario per la celebrazione di matrimoni secondo le norme dell’ordinamento valdese (Tavola valdese, 1997); Documento sinodale valdese sull’ecumenismo e il dialogo interreligioso (1998).

(5) Direttorio, cit., n. 151.

(6) Accordo di modifica del Concordato lateranense 18 febbraio 1984, art. 8 - Protocollo addizionale, n. 4.

(7) Intesa tra il Governo della Repubblica e la Tavola valdese, in attuazione dell’art. 8, comma terzo, della Costituzione e legge, applicativa dell’Intesa, 11 agosto 1984, n. 449, art. 11.

(8) "N.N. prometti tu a N. N. di volerla(lo) amare e servire nel dono totale di te stesso(a) e di essere solidale con lei (lui) in ogni circostanza della vita, nella gioia come nel dolore, di ricercare con lei (lui) l’unità nella fede sulla base dell’Evangelo e rimanerle(gli) fedele secondo l’insegnamento della Parola di Dio?" (Prontuario, cit., p. 24).

(9) Il riconoscimento del battesimo anche se conferito da una chiesa non in piena comunione con quella cattolica è chiaramente affermato dal Concilio Vaticano II: "Il battesimo costituisce il vincolo sacramentale dell’unità, che vige tra quelli che per mezzo di esso sono stati rigenerati." Decreto sull’ecumenismo Unitatis redintegratio, n. 22 (cfr. Direttorio, cit. n. 95). Per parte sua, l’ordinamento valdese afferma: "Il battesimo amministrato dalle altre confessioni cristiane è riconosciuto. In nessun caso viene rinnovato." Regolamenti Organici 2, "Le persone nella chiesa", art. 18.

(10) Concordia di Leuenberg, 1973, art. 18.

(11) Direttorio, cit., nn. 129-132, 160.

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