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Conferenza Episcopale Italiana Testo comune TESTO APPLICATIVO Premessa La Conferenza Episcopale Italiana e il Sinodo
Valdese-Metodista, ravvisando la necessità di "rendere operativo" il
"Testo comune per un indirizzo pastorale dei matrimoni tra cattolici e
valdesi o metodisti", hanno nominato le rispettive commissioni al fine di
giungere ad un "Testo applicativo" approvato dalle due parti. Nella loro prima riunione le due commissioni hanno cooptato
Myriam e Gianni Marcheselli, coppia interconfessionale di Milano. Introduzione 1. (Il Testo comune) - Nel cammino ecumenico
in Italia assume un grande valore il "Testo
comune per un indirizzo pastorale dei matrimoni tra cattolici e valdesi o
metodisti" sottoscritto dalle due chiese il 16 giugno 1997. Il
documento affronta la questione dei matrimoni misti interconfessionali(1),
che nel passato è stata causa non solo di forti contrasti tra le due chiese, ma
anche motivo di sofferenza per le famiglie coinvolte. 2. (Un documento applicativo) - Il Testo comune
prevede un documento applicativo che permetta di rendere operative le
indicazioni pastorali contenute nel testo stesso (Testo comune, Conclusione). 3. (Destinatari) - Il documento è indirizzato alle comunità locali, in particolare ai parroci e ai pastori, responsabili delle comunità stesse, perché sappiano accompagnare, con rispetto e chiarezza, le scelte dei futuri coniugi; è rivolto altresì alle coppie stesse, perché siano agevolate nel cammino verso il matrimonio e nella vita coniugale e familiare, nella consapevolezza dei loro diritti e doveri. I – I PRELIMINARI 4. (Normative diverse) - Le differenze e le divergenze tra la concezione cattolica e quella evangelica del matrimonio implicano, di conseguenza, una differenziazione delle disposizioni applicative che derivano dal Testo comune – parte seconda. 5. (Conoscenza, comprensione, applicazione) - Nella celebrazione di un matrimonio misto interconfessionale, che avvenga sia in una chiesa cattolica sia in una chiesa valdese o metodista, tali norme devono essere rese note agli sposi, comprese nel loro significato autentico e applicate correttamente nelle forme stabilite per tale caso, al fine di raggiungere l’obiettivo comune di assicurare per entrambe le chiese pieno riconoscimento del matrimonio così celebrato. 6. (La normativa cattolica) - Per quanto concerne la Chiesa cattolica tali norme sono contenute nel codice di diritto canonico e riprese, per quel che attiene all’Italia, nel decreto generale della Conferenza Episcopale Italiana (C.E.I). E’ necessario chiarire il significato di tale normativa e precisare i termini di applicazione degli impegni assunti dalla parte cattolica, formulandoli in modo da non ledere la libertà e la coscienza della parte evangelica. 7. (La licenza) - Il
codice di diritto canonico stabilisce che "il matrimonio tra due persone
battezzate (di cui una sola cattolica)... non può essere celebrato senza
espressa licenza da parte della competente autorità" (can. 1124). 8. (Dichiarazioni e promesse) - Il can. 1125, n. 1 stabilisce: "La parte cattolica si dichiari pronta ad allontanare i pericoli di abbandonare la fede e prometta sinceramente di fare quanto è in suo potere perché tutti i figli siano battezzati ed educati nella Chiesa cattolica". Su tale norma sono opportune le seguenti osservazioni: a) Per quanto riguarda la
dichiarazione della parte cattolica di essere pronta ad allontanare i pericoli
di abbandonare la fede, si precisa che tali pericoli non derivano dalla fede
della parte evangelica, la quale anzi può conocorrere ad edificare la fede del
coniuge cattolico, e viceversa, ma derivano dal rischio di indebolire la propria
identità ecclesiale o addirittura di cadere nell’indifferentismo o nel
relativismo religioso, trascurando, o abbandonando, la frequentazione della
propria chiesa. b) In riferimento inoltre alla
promessa di fare quanto è possibile perché tutti i figli siano battezzati ed
educati nella Chiesa cattolica, si precisa che tale promessa vuole esprimere
l’impegno di fedeltà della parte cattolica di vivere e testimoniare
compiutamente la propria fede anche verso i figli, tenendo conto che uguale
diritto-dovere ha la parte evangelica relativamente alla propria vocazione così
come è condivisa nella sua chiesa di appartenenza. c) "Se nonostante tutti gli sforzi i figli non vengono battezzati né educati nella Chiesa cattolica, il genitore cattolico non incorre nella censura comminata dal diritto canonico. Tuttavia non cessa per lui l’obbligo di condividere con i figli la fede cattolica. Tale esigenza rimane e può comportare, per esempio, che egli svolga una parte attiva nel contribuire all’atmosfera cristiana della famiglia; che faccia quanto è in suo potere con la parola e con l’esempio per aiutare gli altri membri della famiglia ad apprezzare i valori peculiari della tradizione cattolica; che coltivi tutte le disposizioni necessarie perché, ben istruito nella propria fede, sia capace di esporla e di discuterne con gli altri; che preghi con la sua famiglia per implorare la grazia dell’unità dei cristiani, come è nella volontà del Signore"(5). Tali indicazioni hanno pari rilevanza per la parte evangelica nei confronti dei figli nel caso in cui vengano battezzati ed educati nella Chiesa cattolica. 9. (L’informazione alla
parte evangelica) - Il parroco è tenuto a informare la parte evangelica
delle dichiarazioni e delle promesse formulate dalla parte cattolica (cfr. can.
1125, n. 2) illustrandone la portata e il significato. La parte evangelica ne
prende atto senza obbligo né di adesione, né di firma. Il parroco deve
attestare tale presa d’atto. 10. (Fini e proprietà
essenziali del matrimonio) - Il can. 1125, n. 3 recita: "entrambe le
parti siano istruite sui fini e le proprietà essenziali del matrimonio, che non
devono essere escluse da nessuno dei contraenti". Si tratta dei principi
dell’unità della coppia, dell’indissolubilità del matrimonio e
dell’apertura in ordine alla procreazione, che devono essere accettati da
entrambe le parti contraenti. 11. (Forma di celebrazione dei matrimoni misti interconfessionali) – Il matrimonio misto interconfessionale può essere celebrato o in chiesa cattolica o in chiesa evangelica o di fronte all’ufficiale di stato civile. 12. (La "forma
canonica" e la dispensa dalla "forma canonica") – Nel caso
in cui il matrimonio misto interconfessionale sia celebrato nella chiesa
cattolica, la validità di detta celebrazione è condizionata all’osservanza
della "forma canonica" che consiste nella celebrazione del matrimonio
alla presenza dell’Ordinario o del parroco del luogo o di un loro delegato e
di due testimoni. 13. (Il luogo della
celebrazione di un matrimonio misto interconfessionale) – Nel caso in cui
le parti scelgano di celebrare il matrimonio nella chiesa cattolica, tale
celebrazione avverrà ordinariamente nella parrocchia in cui la parte cattolica
è inserita, a norma del can. 1115 14. (Trasmissione alle chiese della dichiarazione di avvenuto matrimonio) - Il Testo comune (2.5) stabilisce che il coniuge cattolico e quello evangelico avranno cura che il loro matrimonio, celebrato fuori dalla loro chiesa di appartenenza, venga poi registrato presso la propria comunità, ove ciò sia richiesto e in conformità alla disciplina di quest’ultima. 15. (Casi particolari) - Il decreto generale sul matrimonio canonico della C.E.I. tratta, ai cap. V (36-47), VI, VII e VIII, una serie di situazioni particolari, alcune delle quali possono riguardare un matrimonio misto interconfessionale. In tali casi la miglior soluzione per il bene della coppia, ed eventualmente della prole, dovrà essere ricercata avendo consultato il ministro della chiesa evangelica di competenza al fine di rispettare le disposizioni delle chiese e la coscienza dei coniugi. 16. (Nuove formulazioni) -
Il can. 1126 del codice di diritto canonico attribuisce alle Conferenze
Episcopali una certa libertà nel definire i modi in cui le dichiarazioni e le
promesse della parte cattolica possono essere formulate al fine di ottenere la
licenza. Nell’ambito di tale concessione si propone una formulazione in
positivo di alcune espressioni che, senza modificarne il significato, possono più
facilmente essere comprese e ricevute nell’ambito di una fraternità
ecumenica. a) La formula della dichiarazione potrebbe essere così concepita: "Dichiaro di impegnarmi a mantenere e approfondire la mia fede e riconosco al contempo la fede cristiana del mio coniuge evangelico"; oppure: "Dichiaro di impegnarmi a mantenere la mia fede cattolica come il mio coniuge si impegna a mantenere la sua fede evangelica, edificandoci reciprocamente ed evitando ogni forma di compromesso o di indifferentismo". b) La formula della promessa potrebbe essere: "Prometto di (o mi impegno a) fare quanto sarà in mio potere perché tutti i figli siano battezzati ed educati nella fede cattolica, tenendo conto che il mio coniuge ha lo stesso diritto-dovere di fedeltà nei confronti della propria vocazione così come è vissuta nella sua chiesa di appartenenza. Cercherò pertanto di concordare con il mio coniuge quelle scelte che si riveleranno più adeguate per il mantenimento e l’approfondimento della nostra comunione e per il bene della vita spirituale dei nostri figli".
II – GLI ASPETTI CIVILISTICI 17. (Gli effetti civili) - La Repubblica Italiana riconosce gli effetti civili ai matrimoni contratti secondo le norme del diritto canonico cattolico(6) e ai matrimoni celebrati secondo le norme dell’ordinamento valdese(7), a condizione che siano state fatte le pubblicazioni nella casa comunale e che l’atto di matrimonio sia trascritto nei registri dello stato civile. 18. (Procedura per la celebrazione secondo le norme del CDC) - Da parte cattolica è il parroco che, dopo aver espletato l’istruttoria matrimoniale, indirizza all’ufficiale dello stato civile nel comune nel quale uno dei contraenti ha la residenza la richiesta delle pubblicazioni civili. L’ufficiale dello stato civile, a sua volta, invia al parroco il certificato di eseguite pubblicazioni civili. Il parroco allora procede alla celebrazione del matrimonio, dà lettura agli sposi degli articoli 143, 144 e 147 del codice civile e trasmette uno degli originali dell’atto per la trascrizione. 19. (Procedura per la celebrazione secondo le norme dell’ordinamento valdese) - Da parte valdese sono gli sposi stessi che richiedono le pubblicazioni civili dichiarando di voler celebrare il matrimonio secondo le norme dell’ordinamento valdese. L’ufficiale dello stato civile dà lettura agli sposi degli articoli 143, 144 e 147 del codice civile. Eseguite le pubblicazioni, l’ufficiale dello stato civile rilascia agli sposi in doppia copia un "nulla osta" in base al quale è possibile procedere alla celebrazione del matrimonio. Avvenuta la stessa, il pastore trasmette all’ufficiale dello stato civile uno degli originali dell’atto e del "nulla osta" per la trascrizione. 20. (L’atto di matrimonio) - Nell’atto di matrimonio può essere dichiarata la scelta del regime di separazione dei beni (c.c. art. 162, 2° comma) e possono essere riconosciuti i figli naturali (c.c. art. 283). III – LA PREPARAZIONE 21. (Rilevanza della
preparazione) – Il Testo comune attribuisce una particolare importanza
alla fase di preparazione di un matrimonio misto interconfessionale. Non
stabilisce procedure rigide, ma lascia alle due parti ampi spazi di creatività
in spirito di cordiale intesa e nel rispetto delle disposizioni disciplinari
proprie di ciascuna comunità (Testo
comune, 3.2). 22. (Il contenuto della preparazione) – Quanto ai contenuti, la preparazione dovrebbe consistere: a) nella spiegazione del matrimonio relativamente alla dottrina e alla disciplina dell’una e dell’altra chiesa, nell’illustrazione degli elementi comuni e di quelli discordanti, avendo la Parola del Signore come riferimento di fondo e gli orientamenti del Testo comune come guida pratica; b) nella conoscenza più ampia delle due chiese e nel modo in cui esse vivono concretamente la fede cristiana; c) nella predisposizione di quanto riguarda la celebrazione, laddove sia stata concordata la partecipazione di rappresentanti dell’altra chiesa. 23. (Gli ambiti della preparazione) – Quanto agli ambiti: a) occorre concordare con le coppie interconfessionali l’ambito cattolico o evangelico o comune della preparazione; b) è opportuno in ogni caso che la preparazione preveda uno o più colloqui della coppia congiuntamente con i due ministri; c) è inoltre auspicabile che, dove esiste un gruppo di coppie interconfessionali, i fidanzati vi partecipino per confrontarsi e far tesoro delle esperienze di tali coppie. E’ opportuna, ove esso manchi, la costituzione di un gruppo locale con l’attiva partecipazione dei ministri delle due chiese. 24. (Libertà di scelta degli sposi)- Al fine di tutelare la libertà degli sposi di scegliere la forma della celebrazione che riterranno ad essi più consona, verranno illustrate agli stessi le tre possibilità in cui il matrimonio può essere celebrato: secondo la "forma canonica", secondo l’ordinamento valdese, davanti all’ufficiale dello stato civile. 25. (Informazione e formazione di base) – La preparazione ad un matrimonio misto interconfessionale non dovrebbe comunque essere solo quella immediata di una concreta coppia interconfessionale. Si auspica invece che, in accordo con il Testo comune (3.2 b), la trattazione del matrimonio misto interconfessionale sia introdotta nei normali corsi catechistici per giovani ed adulti. Ne consegue, per le due chiese, l’opportunità di un aggiornamento dei testi di catechesi e di formazione così che essi comprendano la tematica dei matrimoni misti interconfessionali. IV – LA CELEBRAZIONE LITURGICA 26. (Adozione e adattamenti della liturgia della chiesa in cui è celebrato il matrimonio) - Le parti scelgono liberamente la chiesa nel cui ambito intendono sposarsi e il matrimonio viene celebrato secondo la liturgia di tale chiesa, con opportuni adattamenti concordati insieme ai ministri: scelta dei testi biblici, interventi per brevi dichiarazioni, intenzioni di preghiera, parti cantate, ecc., che tuttavia dovranno inserirsi in modo armonico nello schema liturgico. 27. (Rappresentanza e partecipazione dell’altra chiesa) - Se i futuri sposi lo chiedono, il ministro o un rappresentante dell’altra chiesa può partecipare attivamente alla celebrazione del matrimonio interconfessionale, rivolgendo un messaggio, o facendo una preghiera di intercessione, o tenendo la predicazione, ecc. A tal fine la liturgia può essere preparata insieme dai ministri e dai futuri sposi. Soltanto il ministro della chiesa in cui si celebra il matrimonio è autorizzato a ricevere il consenso e a dichiarare uniti gli sposi. 28. (Opportunità dei segni di accoglienza
ecumenica) - Non è prevista una "liturgia ecumenica" del
matrimonio misto interconfessionale concordata dalle due chiese. 29. (La liturgia della Parola nella celebrazione) - Il matrimonio misto interconfessionale, tanto nella chiesa cattolica quanto nella chiesa evangelica, viene celebrato con una liturgia basata sulla Parola del Signore (liturgia della Parola). Viene di norma esclusa la celebrazione dell’Eucarestia o della Cena del Signore, per non inserire un elemento di separazione in un atto tutto concentrato sull’unione degli sposi e per ricordare che la piena comunione tra le chiese non è ancora raggiunta. 30. (La formulazione del consenso) - Per
la celebrazione del matrimonio lo scambio del consenso avviene nelle forme
stabilite dalle chiese.
V - MATRIMONI MISTI INTERCONFESSIONALI IN FORMA CIVILE 31. (La celebrazione in sede o forma civile) – La celebrazione in sede o forma civile di un matrimonio misto interconfessionale consiste nell’espressione del consenso non di fronte a un ministro dell’una o dell’altra chiesa, bensì di fronte all’ufficiale dello stato civile. 32. (Il matrimonio in forma civile per la
Chiesa cattolica) – Per la Chiesa cattolica, la suddetta celebrazione non
è esclusa nell’ampia formulazione del can. 1127, n. 2, è implicita nella
dizione "salvo … eventuali intese" del decreto generale sul
matrimonio canonico al n. 50 ed era già prevista per la diocesi di Pinerolo dal
1970. 33. (Precisazione) - Per quanto attiene
alla celebrazione del matrimonio davanti all’ufficiale dello stato civile è
necessario precisare e quindi spiegare, specialmente ai fedeli cattolici, che
questa forma di matrimonio non è matrimonio "civile" nel senso
generalmente inteso dai cattolici, ma è un matrimonio "in forma
civile". 34. (Il matrimonio in sede civile per la Chiesa valdese) - Per la Chiesa valdese la celebrazione del matrimonio in sede civile non costituisce problema, per il fatto che essa non dà rilevanza ad una particolare forma certificativa del matrimonio: "I credenti sanno per fede che il loro matrimonio è contratto davanti a Dio qualunque sia la forma nuziale che essi decidono di seguire per darne pubblica certificazione" (Documento sinodale valdese sul matrimonio n. 15). 35. (Rilevanza del matrimonio in sede civile) - In ogni caso è bene che le chiese sottolineino la rilevanza della celebrazione del matrimonio misto interconfessionale di fronte all’ufficiale dello stato civile, in quanto anche tale atto esprime un impegno sociale e l’assunzione di responsabilità civili e morali. 36. (A seguito del matrimonio celebrato in
sede civile) - Il Testo comune
(3.3 c) si preoccupa che al compimento della celebrazione di un matrimonio misto
interconfessionale in sede civile faccia seguito, senza rinnovare la
dichiarazione del consenso, un momento di preghiera e di testimonianza che renda
visibile la specificità cristiana del matrimonio insita nella fede degli sposi.
A questo riguardo non si danno indicazioni definite; la scelta è lasciata alla
decisione degli sposi, accompagnati dai rispettivi ministri o da altri
rappresentanti delle comunità di appartenenza. 37. (Comunicazione dell’avvenuta celebrazione del matrimonio alle rispettive chiese) - Gli sposi sono tenuti a fornire alle rispettive chiese una dichiarazione di avvenuta celebrazione del matrimonio in sede civile (estratto dell’atto di matrimonio), affinché esso possa essere annotato negli appositi registri delle loro comunità. VI – IL BATTESIMO DEI FIGLI 38. (Mutuo riconoscimento del battesimo) – Tra la Chiesa cattolica e le Chiese evangeliche (ad esclusione di quelle a tradizione battista) si è da tempo stabilito un consenso circa il mutuo riconoscimento della validità del battesimo celebrato nell’una o nell’altra chiesa. Per tale motivo il battesimo non viene mai ripetuto(9). 39. (Collaborazione ecumenica per il battesimo
di figli di coppie interconfessionali) – La coppia interconfessionale che
intende presentare al battesimo i figli decide liberamente in quale chiesa farli
battezzare. 40. (Padrini e madrine) – Nelle chiese
valdesi e metodiste il ruolo del padrino e della madrina non è ritenuto
essenziale. Qualora nella celebrazione di un battesimo in chiesa valdese o
metodista un fedele cattolico chieda di essere padrino o madrina, la sua domanda
viene accolta sulla base di una sua piena consapevolezza del significato del
battesimo e delle promesse che è chiamato a condividere con i genitori.
VII – L’EDUCAZIONE RELIGIOSA DEI FIGLI 41. (Parità dei diritti e dei doveri di
entrambi i coniugi) - L’educazione religiosa dei figli delle coppie
interconfessionali è diritto e dovere di entrambi i coniugi. Questo significa
che in un matrimonio misto interconfessionale un coniuge non può delegare
interamente all’altro questo compito sottraendosi così a una diretta
responsabilità che gli è propria. 42. (Modalità dell’educazione religiosa dei
figli) - Le coppie interconfessionali hanno adottato al riguardo
dell’educazione religiosa dei figli modi diversi di comportamento, sempre
nell’ottica di dare ai figli una formazione di base sostanzialmente biblica e
nel contempo di fare conoscere la realtà dell’una e dell’altra chiesa
tutelando la loro libertà di scelta in vista della confermazione oppure del
battesimo qualora questo non sia già avvenuto in età infantile. 43. (Collaborazione ecumenica nel campo della catechesi) - Nell’ambito della educazione alla fede delle chiese a cui le coppie interconfessionali si riferiscono è sentita l’esigenza di una collaborazione ecumenica nel campo della catechesi. Essa consiste in una presentazione di quello che i cristiani hanno in comune senza tacere le differenze e le divergenze e in una presentazione dell’altra chiesa (storia, teologia, spiritualità) fatta con obiettività e senza pregiudizi. 44. (Collaborazione interconfessionale nel campo della catechesi) - Là dove sono presenti figli di coppie interconfessionali, è necessario sviluppare una collaborazione interconfessionale nel campo della catechesi attuando una comune programmazione di percorsi catechistici a contenuto biblico elaborati dalle chiese locali. In questi percorsi si potranno inserire momenti di confronto anche sulle differenze e sulle divergenze, in modo da aiutare una scelta confessionale là dove questa non sia ancora stata fatta. Il primo ambito naturale di tale catechesi è la "chiesa domestica" che è costituita dalla famiglia interconfessionale. 45. (La promessa in una prospettiva ecumenica) - Chi si dispone ad essere battezzato o confermato nell’una o nell’altra chiesa promette di essere testimone di Cristo e di diffondere la fede. In questa promessa sono impliciti la responsabilità di affermare i contenuti comuni e l’apprezzamento dei valori peculiari dell’altra chiesa, favorendo e promovendo così il cammino ecumenico delle due chiese, costruendo ponti là dove sono stati elevati muri. VIII – COINVOLGIMENTO DELLE COMUNITA’ 46. (Interesse, sostegno e accoglienza da
parte delle comunità) - Il Testo
comune (3.1 e 3.4) sottolinea la necessità che le comunità interessate
siano in qualche modo coinvolte nell’evento del matrimonio misto
interconfessionale al fine di evitare che questo resti solo una questione
privata delle singole famiglie che spesso si sentono circondate da poca
comprensione e molta diffidenza. 47. (Presenza attiva da parte delle coppie interconfessionali) - Per quanto possibile, nel pieno rispetto della loro specificità, le coppie interconfessionali devono essere attivamente presenti nelle comunità costruendo quelle relazioni che sono così importanti per sviluppare conoscenza e comprensione e contribuendo a promuovere attività ecumeniche di incontro, studio biblico e preghiera. 48. (Il problema della reciproca ospitalità eucaristica) - Dei "nuovi problemi" e delle "nuove responsabilità" che le coppie interconfessionali dovranno affrontare con il sostegno fraterno della comunità cristiana (Testo comune, 3.4), fa parte il problema delicato della reciproca ospitalità eucaristica e cioè dell’accoglienza alla Cena del Signore del coniuge che è membro dell’altra chiesa. 49. (L’ospitalità eucaristica per la Chiesa valdese) – La Chiesa valdese, in coerenza con la Concordia di Leuenberg, afferma che "nella Santa Cena Gesù Cristo risorto si dona nel suo corpo e nel suo sangue dati per tutti, attraverso le parole della sua promessa, con pane e vino. Così Egli dà se stesso senza riserve a tutti coloro che ricevono il pane e il vino. La fede li riceve per la salvezza, l’incredulità per il giudizio"(10). La Chiesa valdese accoglie tutti coloro che nella fede liberamente "esaminando se stessi" (I Cor. 11,28) si avvicinano alla mensa che è confessata essere del Signore e non di una particolare chiesa. 50. (L’ospitalità eucaristica per la Chiesa
cattolica) - La Chiesa cattolica, dal canto suo, ritiene che la piena
comunione ecclesiale e la sua espressione visibile siano indispensabili per la
reciproca ospitalità eucaristica. D’altra parte il battesimo
"costituisce il vincolo sacramentale dell’unità…e tende interamente
all’acquisto della pienezza della vita in Cristo"; per questo motivo la
Chiesa cattolica " riconosce anche che in certe circostanze, in via
eccezionale, e a determinate condizioni, l’ammissione a questo sacramento
(l’eucaristia) può essere autorizzata e perfino raccomandata a cristiani di
altre Chiese e comunità ecclesiali". (11) 51. (Comunione eucaristica e comunione della chiesa universale) - Cattolici e valdesi-metodisti in modi diversi affermano lo stretto legame tra comunione eucaristica e comunione della chiesa universale secondo la parola dell’Apostolo Paolo: "Siccome vi è un unico pane, noi, che siamo molti, siamo un corpo unico, perché partecipiamo tutti a quell’unico pane" (I Cor. 10,17). Tuttavia permangono diversità nell’interpretare questo legame e nel trarne le conseguenze a livello teologico e pastorale. 52. (Le coppie interconfessionali) - In questo contesto di consonanze e differenze le coppie interconfessionali si sforzano comunque di vivere, con l’aiuto dello Spirito e il conforto della Parola, come "chiesa domestica" una e indivisibile. Torre Pellice, 25.08.2000
_______________ NOTE (1) In questa dizione è compresa sia la formulazione cattolica, matrimoni misti, sia quella evangelica, matrimoni interconfessionali. Ambedue le formulazioni indicano il matrimonio tra cristiani di diversa confessione. (2) CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Decreto generale sul matrimonio canonico (1990), nn. 48-53. (3) SINODO VALDESE, Documento sinodale sul matrimonio (art. 46/SI/1971), nn. 19-54. (4) Ricordiamo in ordine cronologico i documenti più importanti delle
due Chiese in riferimento ai matrimoni misti interconfessionali: (6) Accordo di modifica del Concordato lateranense 18 febbraio 1984, art. 8 - Protocollo addizionale, n. 4. (7) Intesa tra il Governo della Repubblica e la Tavola valdese, in attuazione dell’art. 8, comma terzo, della Costituzione e legge, applicativa dell’Intesa, 11 agosto 1984, n. 449, art. 11. (8) "N.N. prometti tu a N. N. di volerla(lo) amare e servire nel dono totale di te stesso(a) e di essere solidale con lei (lui) in ogni circostanza della vita, nella gioia come nel dolore, di ricercare con lei (lui) l’unità nella fede sulla base dell’Evangelo e rimanerle(gli) fedele secondo l’insegnamento della Parola di Dio?" (Prontuario, cit., p. 24). (9) Il riconoscimento del battesimo anche se conferito da una chiesa non in piena comunione con quella cattolica è chiaramente affermato dal Concilio Vaticano II: "Il battesimo costituisce il vincolo sacramentale dell’unità, che vige tra quelli che per mezzo di esso sono stati rigenerati." Decreto sull’ecumenismo Unitatis redintegratio, n. 22 (cfr. Direttorio, cit. n. 95). Per parte sua, l’ordinamento valdese afferma: "Il battesimo amministrato dalle altre confessioni cristiane è riconosciuto. In nessun caso viene rinnovato." Regolamenti Organici 2, "Le persone nella chiesa", art. 18. (10) Concordia di Leuenberg, 1973, art. 18. (11) Direttorio, cit., nn. 129-132, 160. |