Media sociali e religione: perplessità e speranze

Papa Benedetto XVI propone un "fruttuoso dialogo".


Uno dei primi atti pubblici di Benedetto XVI è stato il discorso rivolto ai rappresentanti dei mezzi di comunicazione sociale a Roma il 23 aprile. Dopo averli ringraziati per la vasta informazione data in occasione della morte di Giovanni Paolo II e del successivo Conclave, il Papa ha fatto riferimento ai “prodigi e straordinarie potenzialità dei mezzi moderni di comunicazione sociale!”.

Il Pontefice ha espresso il suo desiderio di continuare il “fruttuoso dialogo” con i media iniziato da Giovanni Paolo II. Ma Benedetto XVI ha voluto dare anche qualche suggerimento per coloro che lavorano nel campo delle comunicazioni.

Nel sottolineare che gli strumenti della comunicazione sociale devono anch’essi contribuire al bene comune, ha suggerito di tenere conto anche dell’influenza che essi esercitano sulla coscienza e la mentalità degli individui. Il Papa ha raccomandato a coloro che operano in questo ambito di tenere sempre a mente la loro responsabilità etica, “specialmente per quanto riguarda la sincera ricerca della verità e la salvaguardia della centralità e della dignità della persona”.

Il Papa è tornato sul tema dei media l’8 maggio, in occasione della Giornata mondiale della comunicazione. Nel suo messaggio, pronunciato prima del Regina Caeli, Benedetto XVI ha sottolineato ancora una volta il grande potere dei mezzi di comunicazione ed ha rimarcato la necessità di usare questo potenziale in modo responsabile.

L’informazione sulla religione

Uno studio pubblicato negli Stati Uniti poco prima della morte di Giovanni Paolo II rilevava qualche difetto nella copertura informativa dei temi religiosi nei mesi precedenti. “Religion on TV News: Secular Orthodoxy Still Reigns”, è stato pubblicato dal Media Research Center il 28 marzo.

Tim Graham e Ken Shepherd, gli autori di questo lavoro, hanno analizzato le notizie religiose comparse sulle emittenti televisive ABC, CBS e NBC, dal 1° marzo 2004 al 28 febbraio 2005. Vi sono stati 648 nuovi servizi in questo periodo, rispetto ai 705 dell’anno precedente. Ma gran parte del materiale è stato mandato in onda nell’ultimo mese, a causa dell’aggravarsi delle condizioni di salute di Giovanni Paolo II.

La Chiesa cattolica è stata la confessione religiosa che ha ricevuto maggiore attenzione, secondo questo studio. Ma – hanno aggiunto gli autori – i giornalisti hanno affrontato i temi religiosi da un punto di vista molto laico e molto politico, specialmente sulla questione dell’eventuale diniego per il candidato presidenziale John Kerry di accedere alla Comunione a causa della sua posizione favorevole all’aborto. Secondo Graham e Shepherd i servizi televisivi su questo argomento non solo non hanno spiegato a sufficienza le norme della Chiesa che disciplinano l’Eucaristia, ma hanno anche riportato in modo non del tutto fedele alcune dichiarazioni di vescovi sull’argomento.

Un altro punto sollevato da questo studio è il fatto che le notizie televisive hanno spesso ignorato completamente ciò che la Religion Newswriters Association ha considerato come i fatti salienti dell’anno. Ad esempio, i network hanno raramente riportato notizie sui processi relativi a due ministre metodiste lesbiche. E solo la NBC ha fatto notare il successo di alcuni ministri cristiani nell’aver raggiunto la vetta delle classifiche sui libri più venduti.

Lo studio ha svolto qualche considerazione su come i media potrebbero migliorare la loro copertura delle notizie religiose. Anzitutto, i canali televisivi devono assumere giornalisti esperti della materia. Attualmente infatti nessuna delle tre testate televisive prese in considerazione hanno esperti in materia religiosa.

Inoltre, Graham and Shepherd hanno suggerito che i servizi non siano impostati esclusivamente sul piano laico o politico. Ed hanno sottolineato che nell’intervistare esperti in materia religiosa dovrebbero essere più equilibrati nella scelta di chi intervistare, anziché chiamare solo coloro che aderiscono ad idee più progressiste.

Critiche alla stampa britannica

Due settimane fa in Gran Bretagna la BBC si è autocriticata nel valutare la propria informazione di carattere religioso. Due studi hanno approfondito la qualità dei suoi servizi, ed hanno riportato dati da cui risulta che le ore dedicate alla religione da BBC 1 l’anno scorso sono calate, secondo quanto riferito dall’emittente il 9 maggio.

Una commissione guidata dal direttore generale della BBC Mark Thompson e composta dal consiglio di amministrazione esaminerà l’argomento. Secondo un servizio del 9 maggio, una recente relazione di una commissione indipendente ha riferito che alcune organizzazioni religiose hanno manifestato preoccupazioni per le “informazioni talvolta negative e inesatte” che dimostrano una “ignoranza su argomenti fondamentali”. Inoltre si è detto che alcuni personaggi religiosi erano stati impersonati in un modo stereotipato in certi tipi di rappresentazioni.

Lo stesso 9 maggio il direttore dello Scottish Catholic Media Office, Peter Kearney, ha reso noto una dichiarazione in cui critica il fatto che l’ente regolatore britannico “Ofcom” non abbia condannato un programma radiofonico della BBC mandato in onda il 6 novembre. Il programma che trasmette telefonate del pubblico, ha spiegato Kearny, ha riportato un messaggio che esprimeva “un riferimento profano e irrispettoso nei confronti dell’Eucaristia”.

Critiche sono state espresse anche dalla Chiesa anglicana, secondo il quotidiano Guardian del 28 marzo. Il Vescovo anglicano di Norwich, Graham James, che dirige un comitato multireligioso istituito per fare da guida alla BBC, ha detto che alcuni programmi recenti sono risultati offensivi nei confronti dei cristiani.

Il programma ”Jerry Springer - The Opera”, mandato in onda a gennaio, ha ricevuto 50.000 proteste. E il Vescovo ha detto che il programma "The Vicar of Dibley", è stato ancora più offensivo della trasmissione di Springer.

Monsignor James ha riferito al Guardian che “una certa mentalità laica e progressista dell’Occidente” dominata dai media britannici, viene fuori in generale quando si tratta di dare informazioni sulla religione. Egli ha anche affermato che i mezzi di comunicazione devono migliorare la qualità dei propri programmi. “La religione è uno dei fenomeni più importanti per milioni di persone, eppure la gente considera noiosa l’informazione religiosa”, ha affermato il prelato anglicano. Il Guardian ha inoltre osservato che un’altra emittente televisiva, la “ITV”, ha di recente dimezzato la sua produzione di carattere religioso.

Ciò nonostante, non tutte le notizie sono negative. Un comunicato stampa pubblicato il 3 maggio dalla Chiesa cattolica ha lodato una serie a tre puntate mandata in onda dalla BBC 2, dal titolo “The Monastery”. Girato all’Abbazia di Worth nel West Sussex, il programma racconta la storia di cinque uomini che hanno vissuto insieme a 22 monaci cattolici per 40 giorni al monastero, tentando di seguire la regola benedettina.

Secondo un articolo pubblicato il 30 aprile dal Telegraph, uno dei partecipanti, Tony Burke, entrato come ateo, alla fine si è convertito ed ha abbandonato il suo lavoro di produttore di spot pubblicitari per una linea telefonica hard, a causa di ciò che ha definito una sua “esperienza religiosa”.

Un altro membro del gruppo, Peter Gruffydd, ha riacquistato la fede che aveva abbandonato da giovane. E Nick Buxton, un universitario di Cambridge, si era quasi deciso a prendere la decisione di farsi prete anglicano.

Far passare il messaggio

In un’intervista pubblicata il 30 novembre sul Financial Times britannico, l’arcivescovo John Foley, Presidente del Pontificio Consiglio per le comunicazioni sociali, ha osservato che “una delle più grandi sfide di oggi è di riuscire a trasmettere il nostro messaggio nei media più importanti”.

Egli ha anche notato che nel Regno Unito e in altri mercati, il passaggio ad un sistema totalmente digitale, in cui il pubblico potrà avere accesso a molti più canali, le regole restrittive saranno probabilmente allentate, e con ogni probabilità sarà più difficile per le Chiese far passare il proprio messaggio. Allo stesso tempo, l’arcivescovo Foley ha affermato che la Chiesa cattolica deve riuscire a gestire e utilizzare i mezzi di comunicazione sociale in modo più professionale.

Nel suo messaggio di domenica 8 maggio, il Papa ha detto che i media “possono favorire la conoscenza reciproca e il dialogo, oppure, al contrario, alimentare il pregiudizio e il disprezzo tra gli individui e i popoli; possono contribuire a diffondere la pace o a fomentare la violenza”. Benedetto XVI ha ricordato ai mezzi di comunicazione la necessità di rispettare il bene comune e la dignità umana e di impegnarsi nel far cadere i muri di ostilità che ancora dividono l’umanità”. È un compito che richiede ancora molto lavoro, come dimostrano gli avvenimenti recenti.
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[Fonte: Zenit.org 21 maggio 2005]
 

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