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Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti
XVII Plenaria (15 - 17 maggio 2006) 

Migranti musulmani nei Paesi a maggioranza cristiana
Conclusioni e raccomandazioni


1) A tale proposito si è osservato un aumento nella immigrazione dei musulmani verso i Paesi europei e il Nord America, di antica tradizione cristiana (v. EMCC 59 e 65), alla ricerca di lavoro o di democrazia o a motivo di ricongiungimento familiare.

2) Da ciò è emerso l’incoraggiamento a favore di una integrazione (non assimilazione) dei musulmani immigrati (v. EMCC 2, 60-61).

3) Di conseguenza, specialmente i cattolici sono chiamati a essere solidali e aperti alla condivisione con gli immigrati musulmani, conoscendo meglio la loro cultura e religione, testimoniando al tempo stesso i propri valori cristiani, anche nella prospettiva di una nuova evangelizzazione, rispettosa – certo – della libertà di coscienza e di religione (v. EMCC 59 e 69).

4) I cristiani, cioè, devono approfondire la loro identità (v. EMCC 60) di discepoli di Cristo, testimoniandola nella vita e riscoprendo il loro ruolo in tale nuova evangelizzazione (v. EMCC 86-88).

5) È risultato dunque importante affermare la necessità del rispetto mutuo e della solidarietà umana, in un clima di pace, con base nella centralità della persona umana, della sua dignità e dei suoi diritti-doveri.

6) Naturalmente i diritti umani e le libertà di ognuno vanno insieme con quelli delle altre persone.

Dialogo

7) Fra i Partecipanti alla Plenaria si è manifestata fortemente la coscienza della necessità di un dialogo autentico fra credenti di varie religioni e specialmente tra cristiani e musulmani (v. EMCC 69).

8) In tale contesto si è ritenuto importante un rapporto basato sulla “emulazione spirituale”.

9) Così se il dialogo fra cristiani e musulmani è necessario ovunque, lo è specialmente nelle società occidentali per migliorarvi la conoscenza reciproca, la comprensione, il mutuo rispetto e la pace.

10) In ogni caso, mentre risulta necessario accogliere gli immigrati musulmani con rispetto della loro libertà religiosa, è pure imprescindibile che essi rispettino la identità culturale e religiosa delle società che li accolgono.

11) È parso inoltre rilevante saper distinguere quel che tali società possono tollerare o no della cultura islamica, quel che va rispettato o condiviso, in relazione ai credenti di altre religioni (v. EMCC 65 e 66), con possibilità di dare indicazioni, a tale riguardo, anche ai politici, per una giusta formulazione della legislazione civile, nel rispetto delle competenze di ciascuno.

12) Ciò significa che si deve anche proporre un modello di dialogo religioso che non sia una mera conversazione, o un semplice ascoltarsi, ma che giunga a rivelare reciprocamente le proprie profonde convinzioni spirituali.

13) Risulta quindi importante accompagnare il partner dialogante nel processo di riflessione sulle dimensioni etiche e attuali, e non solo teologiche e religiose, delle conseguenze di richieste fatte alla società civile, pur nel rispetto della distinzione fra dialogo civile e dialogo religioso.

14) Data l’importanza, riaffermata, del principio di reciprocità (v. EMCC 64), confermato dal Santo Padre nel suo discorso ai Partecipanti alla Plenaria, risulta necessario dunque procedere verso una distinzione fra la sfera civile e quella religiosa anche nei Paesi islamici.

15) In ogni caso è fondamentale, in tale contesto, distinguere Occidente e Cristianesimo, poiché spesso i valori cristiani non ispirano più atteggiamenti, posizioni o azioni (in relazione anche all’opinione pubblica) nel cosiddetto mondo occidentale (v. EMCC 60).

16) I Partecipanti alla Plenaria hanno espresso altresì la speranza che, dove cristiani e musulmani vivono insieme, essi possano unire i loro sforzi con quelli degli altri concittadini, per garantire a tutti, senza distinzione di religione, il pieno esercizio dei propri diritti e delle singole libertà, in quanto individui e membri di una comunità.

Situazione in alcuni Paesi a maggioranza islamica

17) D’altra parte, in Paesi a maggioranza islamica, risulta che cristiani e, generalmente, lavoratori immigrati poveri e senza vero potere contrattuale, sperimentano gravi difficoltà per il riconoscimento dei loro diritti umani. Questi ultimi, inoltre, hanno poca possibilità di far valere la loro causa in giustizia, poiché possono essere facilmente puniti o espulsi.

18) La Chiesa è dunque chiamata ad aiutare i migranti cristiani in tali Paesi, come pure nell’universo mondo, nel rispetto della legalità e con interesse per la stesura di una giusta legislazione in rapporto alla mobilità umana e nella protezione legale di quanti vi sono coinvolti. Non è mancato comunque chi ha ricordato che, all’interno dei vari Paesi, vi dovrebbe essere una situazione tale da non esigere l’andata all’estero dei propri cittadini per sopravvivere.

19) Inoltre, conformemente al dettato del Decreto Conciliare Christus Dominus (N. 18), la Chiesa deve assicurare, anche a coloro che hanno difficoltà o non possono usufruire della cura pastorale ordinaria, e cioè territoriale, a causa della loro mobilità, una pastorale specifica e anche integrata. E ciò vale pure per i Paesi a maggioranza islamica.

20) In essi il compito della Chiesa locale è quello dell’accoglienza degli immigrati e itineranti, nonostante la scarsità di personale e l’inadeguatezza, magari, delle proprie strutture.

21) A tale riguardo sono necessari il dialogo e la collaborazione tra Chiese locali di origine dei migranti e itineranti e quelle di destinazione, per la loro assistenza spirituale, e ciò è del resto regola generale per tutti i Paesi (v. EMCC 70 e 50-55).

22) Si devono inoltre aiutare i migranti internazionali a dare il loro contributo alla comunità dove essi vivono e alla porzione locale del Popolo di Dio.

23) Al tempo stesso la comunità di accoglienza deve sviluppare un senso di solidarietà verso gli immigrati o chi si trova in simili circostanze.

Sollecitudine della Chiesa nei vari settori della mobilità umana

I Partecipanti alla Plenaria si sono inoltre soffermati a considerare i vari settori di migrazione e itineranza. Per tutti vale la convinzione che per i migranti:

24) La Chiesa deve vegliare per una giusta loro integrazione, con dovuto rispetto della cultura e religione di ciascuno (v. Messaggio Pontificio per la Giornata Mondiale della Pace 2001, n. 8, e Messaggio Pontificio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2005, n. 3).

25) Perciò la Chiesa incoraggia un dialogo che sia interculturale, sociale e religioso, nel rispetto delle debite distinzioni (v. Messaggio Pontificio per la Giornata Mondiale della Pace 2001, n. 12).

Per i vari settori si è rilevato anzitutto:

26) La necessità di creare legami di amicizia, in un’atmosfera di considerazione per le differenze culturali e religiose, anche con coloro che pensano, come migranti, a un ritorno ai luoghi di origine o con gli studenti esteri (internazionali), che saranno i futuri leader dei loro Paesi.

27) Per i rifugiati e gli studenti esteri, ma non solo, è stata auspicata la creazione di cappellanie.

28) Per i pellegrinaggi si è sottolineata la necessità che i pellegrini siano invitati a ricercare il volto di Dio anche nei credenti delle altre religioni.

29) Negli aeroporti, crocevia di genti diverse, e nelle stazioni ferroviarie, è stata auspicata la presenza di cappelle specificamente cattoliche, o luoghi di preghiera, anche multi-religiosi, quando solo ciò sia possibile.

30) Nei centri “Stella Maris” (Apostolato del Mare) varrà continuare nell’accoglienza anche dei marittimi musulmani, con rispettoso aiuto spirituale, quando richiesto.

31) Nei riguardi della popolazione zingara, oggetto di emarginazione, xenofobia e razzismo, si ritiene necessario rafforzare la coerente maturità delle società democratiche, nonché la loro capacità di comprendere e rispettare la diversità sociale, culturale e religiosa degli Zingari (v. Orientamenti per una Pastorale degli Zingari 50).

32) Per le “donne di strada” – considerato che molte volte la povertà e il traffico di esseri umani portano al commercio del proprio corpo, e che la prostituzione può dipendere da cristiani e da musulmani – si reputa necessario formare una coscienza che miri a tutta la società.

33) Comunque un rinnovato impegno va posto per coinvolgere le donne specialmente nelle decisioni che le riguardano, così come nell’opera di convincimento dei genitori a dare anche alle ragazze una educazione equipollente a quella dei maschi, che includa naturalmente la formazione etica.

Scuole ed educazione

I Partecipanti alla Plenaria hanno fortemente sottolineato il fatto che:

34) È importante assicurare l’educazione delle nuove generazioni, anche perché la scuola ha un ruolo fondamentale per vincere il conflitto dell’ignoranza e dei pregiudizi e per conoscere correttamente e obiettivamente la religione altrui, con speciale attenzione alla libertà di coscienza e religione (v. EMCC 62). Per i cristiani, poi, si provvederà a fornire la base di un discernimento evangelico dell’esperienza religiosa degli altri credenti (v. EMCC 65) e dei segni dei tempi.

35) Risulta perciò indispensabile lavorare per una verifica nei testi scolastici anche per quanto riguarda la presentazione storica legata alle religioni, che forgia la propria identità e trasmette una immagine di quella religiosa altrui.

36) Si ritiene comunque necessario approfondire studi, insegnamenti e ricerche per ciò che concerne i vari volti dell’Islam storico e/o contemporaneo, pure nella sua variegata accettazione di una sana modernità (v. EMCC 66).

37) I genitori musulmani e i loro responsabili religiosi vanno aiutati a comprendere le rette intenzioni dei sistemi educativi occidentali e le concrete conseguenze di un rifiuto dell’educazione impartita nelle scuole di tali sistemi, nel cui seno i loro figli vivono.

Gli Stati e la libertà religiosa

38) Poiché molto spesso è lo Stato a dare “forma” all’Islam in una certa Nazione a maggioranza islamica, a organizzare il culto, a interpretarne lo spirito, a trasmetterne il patrimonio, dando alla società un carattere globalmente islamico, i non musulmani vi si sentono molto spesso cittadini di seconda classe. Per gli immigrati cristiani la difficoltà è quindi ancora maggiore.

39) È perciò necessario impegnarsi ovunque perché prevalga la cultura del convivere fra autoctoni e immigrati, in spirito di mutua comprensione civile e di rispetto dei diritti umani di tutti. Bisogna cercare poi cammini di riconciliazione e di purificazione delle memorie (v. EMCC 65), come pure procurare di farsi avvocati in difesa della libertà religiosa – nostro costante imperativo – e del bene comune per tutti nel rispetto delle minoranze. Si tratta in tal caso di un chiarissimo segno di autentica civiltà.

40) Con soddisfazione si è costatato che molti Stati a maggioranza islamica hanno stabilito relazioni diplomatiche con la Santa Sede, diventando con ciò più sensibili verso i diritti umani e mostrandosi desiderosi di un dialogo interculturale e interreligioso, in una cornice di sana pluralità.

41) In tale contesto vanno deplorate, in alcuni Paesi, le restrizioni dei diritti umani, specialmente legati alle differenze religiose, e l’assenza della libertà anche di cambiare religione. Si spera comunque che le Autorità pubbliche dei Paesi di origine degli emigrati cristiani aiutino i loro cittadini, nei Paesi islamici, a ottenere di poter esercitare effettivamente il diritto di libertà religiosa.

42) Tali Paesi sono quindi incoraggiati a creare spazi di dialogo con quelli a maggioranza islamica su questioni riguardanti il bene comune universale, il rispetto delle minoranze, i diritti umani e specialmente la libertà religiosa, fondamento di tutte le libertà.

43) La Chiesa comunque deve proseguire nelle iniziative di dialogo interculturale e interreligioso a vari livelli, soprattutto quando questo viene facilitato dai responsabili politici.

44) La cooperazione fra istituzioni cristiane e musulmane nell’aiuto a individui e popolazioni in necessità, senza alcuna discriminazione, è un segno efficace atto a superare pregiudizi e chiusure per giungere a una mutua e ragionevole apertura.

45) La crescente estensione del convivere di musulmani e cristiani può offrire una opportunità per collaborare insieme in vista di un mondo più pacifico, rispettoso dell’identità di ciascuno e più unito nel servizio del bene comune, dato che formiamo un’unica famiglia umana, che ha bisogno di speranza (v. EMCC 101-103).

46) In tale contesto, la collaborazione è di capitale importanza anche tra i vari Dicasteri della Curia Romana, le Conferenze Episcopali e le Chiese particolari.

47) Fattore di unità, nelle legittime diversità, sarà la coscienza della dignità di ogni persona umana, di qualsiasi etnia, cultura, cittadinanza o religione. È valore che si afferma sempre più universalmente, nonostante tante incoerenze e concreti rinnegamenti nell’agire quotidiano.

48) In tale contesto i Partecipanti alla Plenaria hanno dedicato particolare attenzione al Continente africano, specialmente bisognoso di stabilità politica e di cooperazione multilaterale, in vista di un suo sviluppo pacifico e integrale.

49) Anche a tale riguardo sono state considerate alcune cause di tensione e conflitto, con auspicio a risolvere con giustizia e prontamente tali situazioni, altresì per prevenire guerre, violenza e terrorismo. Bisognerà evitare comunque che la religione sia usata abusivamente per inculcare odio verso i credenti di altre religioni o per ragioni politiche o ideologiche.

50) Si spera dunque che intellettuali musulmani e cristiani, a nome di un comune umanesimo e delle loro rispettive credenze, si pongano le drammatiche questioni legate all’uso della violenza, spesso ancora perpetrata in nome della religione.

Ruolo dei media

51) Particolare importanza a essi si riconosce nella creazione di un clima adatto di comprensione e di rispetto nell’informazione sui fenomeni religiosi. I giornalisti e gli operatori dei mass media in genere devono assumersi quindi le proprie responsabilità, non solo riguardo alla libertà di espressione, in un mondo sempre più globalizzato, specialmente per quel che concerne l’informazione.

52) I mass media possono anche offrire un importante contributo alla “formazione” (e, purtroppo, viceversa, alla deformazione) di cristiani e musulmani.

Concludiamo questo comunicato rilevando la viva soddisfazione dei Partecipanti per quel che riguarda contenuto, metodo di lavoro e attualità di questa Sessione Plenaria, che ha suscitato vivo interesse.

Città del Vaticano, 19 giugno 2006

   
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