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Il Modernismo fu un'eresia, sì, e il suo erede è il
Progressismo
Rino Cammilleri, su Il Giornale 9 gennaio 2008
Mise la coscienza al centro di tutto. E
fece della fede non più l’assenso dell’intelletto alla verità rivelata
da Dio ma un cieco sentimento religioso.
È praticamente passato sotto silenzio, lo scorso settembre, il
centenario dell’enciclica "Pascendi Dominici gregis" con cui il papa San
Pio X condannava il modernismo definendolo «sintesi di tutte le eresie».
Eppure, rileggendola oggi nelle edizioni Cantagalli (pagg. 134, euro
13,50), ci sarebbe ogni motivo per un ampio dibattito, dal momento che
il modernismo, scomunicato cent’anni fa, ha conquistato gran parte del
clero (e dei vescovi) con il nuovo nome di progressismo.
In appendice al testo dell’enciclica sono riportati il decreto
"Lamentabili" (che condannava 65 proposizioni moderniste) e il
«giuramento antimodernista» che quel papa impose nei seminari. Il
vescovo di San Marino, Luigi Negri, nella prefazione così si esprime:
«Sono rimasto quasi sgomento; le proposizioni fondamentali, tutte
chiaramente in contrasto con la dottrina cattolica, hanno costituito in
questi ultimi vent’anni il contenuto anche esplicito di tante
pubblicazioni teologiche ed esegetiche e hanno sicuramente influenzato
l’insegnamento in facoltà teologiche e in seminari».
La "Pascendi Dominici gregis" venne addirittura elogiata, «per la sua
potenza filosofica e la sua coerenza» (come ricorda lo storico Roberto
De Mattei nell’introduzione), dai due massimi esponenti del pensiero
laico del tempo, Benedetto Croce e Giovanni Gentile. Era, infatti, un
«affare interno» della Chiesa, che così isolava i suoi nemici più
pericolosi e subdoli, il cui obiettivo era trasformare il cattolicesimo
«da dentro» lasciandone intatto l’involucro strutturale.
Così, infatti, si esprimeva uno dei loro esponenti di spicco, il
sacerdote Ernesto Buonaiuti, riferendosi alla Chiesa nella sua opera "Il
modernismo cattolico": «Diventerà un protestantesimo; ma un
protestantesimo ortodosso, graduale, e non uno violento, aggressivo,
rivoluzionario, insubordinato; un protestantesimo che non distruggerà la
continuità apostolica del ministero ecclesiastico né l’essenza stessa
del culto». Un altro famoso modernista, il romanziere Antonio Fogazzaro,
quando vide una sua opera messa all’Indice fece atto (esteriore) di
pentimento ma si giocò il Nobel, che gli antipapisti del comitato
assegnarono all’anticlericale Carducci.
Non era facile, in effetti, cogliere esattamente l’eresia modernista,
dal momento che essa non si opponeva a questa o a quella delle verità
rivelate. Ma Papa Sarto ne individuò il punto centrale nel mutamento
della nozione stessa di «verità», che per il modernismo era in
evoluzione; così anche i dogmi. In tal modo la coscienza diventava il
centro di tutto, la regola universale, l’autorità suprema. Perciò, la
fede non era più assenso dell’intelletto alla verità rivelata da Dio,
bensì una specie di cieco sentimento religioso. Ma non fu facile la
lotta al modernismo, proprio per l’evanescenza del suo insegnamento: ci
vollero dieci lunghi anni prima che Buonaiuti venisse sospeso a divinis.
Negli anni Quaranta il modernismo riemerse con la cosiddetta "Nouvelle
théologie", che ebbe tra i suoi ispiratori Maurice Blondel e fu
condannata da Pio XII con l’enciclica "Humani generis" del 1950. Tra i
suoi eredi successivi, il panteismo cosmico-mistico del
gesuita-archeologo Pierre Teilhard de Chardin e la svolta razionalista
del teologo, celebre negli anni Sessanta, Karl Rahner.
La trasformazione del vecchio modernismo nel progressismo odierno si
ebbe al tempo del concilio Vaticano II; soprattutto dopo, quando il
cosiddetto «spirito del concilio» convertì molto clero a «quell’ermeneutica
della rottura» che l’attuale pontefice non si stanca di condannare: il
Vaticano II - dice in sostanza Benedetto XVI - va letto in continuità
con tutta la tradizione precedente, e non costituisce affatto una
«rottura» con il cattolicesimo definito sprezzantemente «pacelliano» o «preconciliare».
Infine, una vera e propria leggenda nera è stata artatamente creata
attorno al prete Umberto Benigni, che affiancò San Pio X nella lotta al
modernismo con il "Sodalitium Pianum" (Sodalizio San Pio V, creato nel
1909 e sciolto nel 1921) e l’agenzia di informazioni Corrispondenza
romana.
Come nota De Mattei, certa storiografia contemporanea «ha ripreso le
accuse di “delazione” e “spionaggio” già lanciate dai modernisti contro
il prelato romano». Il che costituisce un’ulteriore conferma
dell’odierna egemonia culturale del progressismo. Ma si dovrebbe, del
pari, ricordare il clima del tempo, e soprattutto quello che lo storico
Lorenzo Bedeschi definiva il «multiforme e fervido lavorio segreto» dei
modernisti, che costituivano «un reticolo inafferrabile e variegato»
diffuso nelle principali città italiane. La lotta antimodernista di San
Pio X ebbe anche l’appoggio di un santo come don Orione, che aveva
compreso come il modernismo, sganciando l’uomo da ogni realtà oggettiva
posta al di fuori di sé e della propria coscienza, preparasse il terreno
al nichilismo.
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