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Litterae Apostolicae
Motu Proprio Datae
[Comunicato
del Card William Joseph Levada]
1. Il compito di custodire l'unità della Chiesa, con la sollecitudine di
offrire a tutti gli aiuti per rispondere nei modi opportuni a questa
vocazione e grazia divina, spetta in modo particolare al Successore
dell'Apostolo Pietro, il quale è il perpetuo e visibile principio e
fondamento dell'unità sia dei Vescovi che dei fedeli(1). La priorità suprema e
fondamentale della Chiesa, in ogni tempo, di condurre gli uomini verso
l’incontro con Dio deve essere favorita mediante l'impegno di giungere alla
comune testimonianza di fede di tutti i cristiani.
2. Nella fedeltà a tale mandato, all'indomani dell'atto con cui
l'Arcivescovo Marcel Lefebvre, il 30 giugno 1988, conferì illecitamente
l'ordinazione episcopale a quattro sacerdoti, il Papa Giovanni Paolo II, di
venerata memoria, istituì, il 2 luglio 1988, la Pontificia Commissione
Ecclesia Dei con il compito di collaborare con i Vescovi, con i Dicasteri
della Curia Romana e con gli ambienti interessati, allo scopo di facilitare
la piena comunione ecclesiale dei sacerdoti, seminaristi, comunità o singoli
religiosi e religiose finora in vario modo legati alla Fraternità fondata da Mons. Lefebvre, che desiderino rimanere uniti al Successore di Pietro nella
Chiesa Cattolica, conservando le loro tradizioni spirituali e liturgiche,
alla luce del Protocollo firmato lo scorso 5 maggio dal Cardinale Ratzinger
e da Mons. Lefebvre"(2).
3. In questa linea, aderendo fedelmente al medesimo compito di servire la
comunione universale della Chiesa nella sua manifestazione anche visibile e
compiendo ogni sforzo perché a tutti quelli che hanno veramente il desiderio
dell'unità sia reso possibile di rimanervi o di ritrovarla, ho voluto
ampliare e aggiornare, con il
Motu Proprio Summorum Pontificum,
l'indicazione generale già contenuta nel Motu Proprio Ecclesia Dei circa la
possibilità di usare il Missale Romanum del 1962, attraverso norme più
precise e dettagliate(3).
4. Nello stesso spirito e con il medesimo impegno di favorire il superamento
di ogni frattura e divisione nella Chiesa e di guarire una ferita sentita in
modo sempre più doloroso nel tessuto ecclesiale, ho voluto rimettere la
scomunica ai quattro Vescovi ordinati illecitamente da Mons. Lefebvre. Con
tale decisione, ho inteso togliere un impedimento che poteva pregiudicare
l’apertura di una porta al dialogo e invitare così i Vescovi e la
"Fraternità San Pio X" a ritrovare il cammino verso la piena comunione con
la Chiesa. Come ho spiegato nella
Lettera ai Vescovi cattolici del 10 marzo
scorso, la remissione della scomunica è stata un provvedimento nell'ambito
della disciplina ecclesiastica per liberare le persone dal peso di coscienza
rappresentato dalla censura ecclesiastica più grave. Ma le questioni
dottrinali, ovviamente, rimangono e, finché non saranno chiarite, la
Fraternità non ha uno statuto canonico nella Chiesa e i suoi ministri non
possono esercitare in modo legittimo alcun ministero.
5. Proprio perché i problemi che devono ora essere trattati con la
Fraternità sono di natura essenzialmente dottrinale, ho deciso - a ventuno
anni dal Motu Proprio Ecclesia Dei, e conformemente a quanto mi ero
riservato di fare(4) - di ripensare la struttura della Commissione Ecclesia
Dei, collegandola in modo stretto con la Congregazione per la Dottrina della
Fede.
6. La Pontificia Commissione Ecclesia Dei avrà, pertanto, la seguente
configurazione:
- Il Presidente della Commissione è il Prefetto della Congregazione per la
Dottrina della Fede.
- La Commissione ha una propria tabella organica composta dal Segretario e
da Officiali.
- Sarà compito del Presidente, coadiuvato dal Segretario, sottoporre i
principali casi e le questioni di carattere dottrinale allo studio e al
discernimento delle istanze ordinarie della Congregazione per la Dottrina
della Fede, nonché sottometterne le risultanze alle superiori disposizioni
del Sommo Pontefice.
7. Con questa decisione ho voluto, in particolare, mostrare paterna
sollecitudine verso la "Fraternità San Pio X" al fine di ritrovare la piena
comunione con la Chiesa. Rivolgo a tutti un pressante invito a pregare senza
sosta il Signore, per l'intercessione della Beata Vergine Maria, "ut unum
sint".
Dato a Roma, presso San Pietro, il 2 luglio 2009, anno quinto del Nostro
Pontificato.
BENEDICTUS PP. XVI
(1). Cfr CONC. ECUM. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen Gentium, 23; CONC.
ECUM. VAT. I, Cost. dogm. sulla Chiesa di Cristo Pastor aeternus, cap. 3: DS
3060.
(2) GIOVANNI PAOLO II, Litt. Ap. Motu proprio datae Ecclesia Dei (2 luglio
1988), n. 6: AAS 80 (1988), 1498.
(3). Cfr BENEDETTO XVI, Litt. Ap. Motu proprio datae Summorum Pontificum (7
luglio 2007): AAS 99 (2007), 777-781.
(4). Cfr. ibid. art. 11, 781.
COMUNICATO DELL’EM.MO CARD. WILLIAM JOSEPH LEVADA IN OCCASIONE DELLA
PUBBLICAZIONE DELLA LETTERA MOTU PROPRIO "ECCLESIAE UNITATEM" DEL SANTO
PADRE BENEDETTO XVI
Secondo quanto anticipato nella Lettera del Santo Padre ai Vescovi della
Chiesa Cattolica riguardo alla remissione della scomunica dei quattro
vescovi consacrati dall’arcivescovo Lefebvre (10 marzo 2009), viene
pubblicata in data odierna la Lettera Motu proprio "Ecclesiae unitatem",
con la quale viene ripensata e aggiornata la struttura della Pontificia
Commissione Ecclesia Dei, istituita da Papa Giovanni Paolo II nel
1988.
Con il Motu proprio "Ecclesiae unitatem" viene innanzitutto spiegato
il motivo principale di tale ristrutturazione. La remissione della scomunica
ai quattro vescovi lefebvriani è stato un provvedimento nell’ambito della
disciplina canonica per liberare le persone dal peso della più grave censura
ecclesiastica, pur nella consapevolezza che le questioni dottrinali
rimangono e finché non siano chiarite, la "Fraternità sacerdotale S. Pio X"
non può godere di uno statuto canonico nella Chiesa e i suoi ministri non
esercitano in modo legittimo alcun ministero nella Chiesa. Dato quindi che i
problemi sono di natura essenzialmente dottrinale, il Santo Padre ha deciso
di ripensare la struttura della Pontificia Commissione Ecclesia Dei,
collegandola in modo stretto con la Congregazione per la Dottrina della
Fede.
La Pontificia Commissione Ecclesia Dei, mantiene l’attuale
configurazione, con alcune modifiche nella sua struttura, che qui si
riassumono:
- Il Presidente della Commissione è il Prefetto della Congregazione per la
Dottrina della Fede.
- La Commissione, con una propria tabella organica, è composta dal
Segretario e da Officiali.
- Compito del Cardinale Presidente, coadiuvato dal Segretario, è di
riferire i principali casi e le questioni di carattere dottrinale all’esame
e al giudizio delle istanze ordinarie della Congregazione per la Dottrina
della Fede (Consulta e Membri della Sessione Ordinaria / Plenaria), e
sottometterne le risultanze alle supreme disposizioni del Sommo Pontefice.
Il Cardinale William Levada, Prefetto della Congregazione per la Dottrina
della Fede e ora nominato Presidente della Commissione Ecclesia Dei, ha
espresso la sua gratitudine al Santo Padre per la fiducia mostrata con
questa decisione, assicurando il Santo Padre, anche a nome degli Officiali
della Congregazione per la Dottrina della Fede, dell’impegno per il dialogo
dottrinale con la Fraternità Sacerdotale di San Pio X.
Il Santo Padre, con Lettera autografa, ha vivamente ringraziato il Cardinale
Darío Castrillón Hoyos, finora Presidente, per la sua grande dedizione al
lavoro della Commissione Ecclesia Dei. Ugualmente, il Santo Padre, tramite
il Cardinale Segretario di Stato, ha ringraziato Mons. Camille Perl per
tanti anni di servizio alla medesima Commissione. A tali ringraziamenti si è
unito anche il Cardinale Levada, estendendoli ai Membri ed Esperti della
Commissione il cui lavoro sarà ora ripreso dai Membri della Congregazione
per la Dottrina della Fede nonché da esperti scelti secondo le necessità per
studiare questioni particolari.
Dando il benvenuto alla nomina di Mons. Guido Pozzo a Segretario della
Commissione, il Cardinale Levada ha rilevato la preparazione di Mons. Pozzo
e il suo particolare interesse per le questioni di competenza della
Commissione Ecclesia Dei. Finora, Mons. Pozzo è stato Aiutante di studio
dell’Ufficio Dottrinale della Congregazione per la Dottrina della Fede e
Segretario Aggiunto della Commissione Teologica Internazionale.
Con il Motu proprio oggi pubblicato, il Santo Padre ha voluto mostrare
particolare e paterna sollecitudine verso la "Fraternità San Pio X", al fine
di superare le difficoltà che ancora permangono per il raggiungimento della
piena comunione con la Chiesa.
Testualmente quel protocollo, per quanto riguarda la parte dottrinaria
recita:
"Io, Marcel Lefebvre, arcivescovo e vescovo emerito di
Tulle, insieme con i membri della Fraternità Sacerdotale San Pio X da me
fondata:
- promettiamo di essere sempre fedeli alla Chiesa Cattolica e al romano
Pontefice, suo Pastore Supremo, Vicario di Cristo, Successore del Beato
Pietro nel suo primato e Capo del corpo dei vescovi.
- Dichiariamo di accettare la dottrina contenuta nel n. 25 della
Costituzione dogmatica Lumen Gentium del Concilio Vaticano II sul Magistero
ecclesiastico e sull'adesione che gli è dovuta.
- A proposito di certi punti insegnati dal Concilio Vaticano II o relativi
alle riforme posteriori della liturgia e del diritto, che ci sembrano
difficilmente conciliabili con la Tradizione, ci impegniamo ad assumere un
atteggiamento positivo e di comunicazione con la Sede Apostolica, evitando
ogni polemica.
- Dichiariamo inoltre di riconoscere la validità del Sacrificio della messa
e dei sacramenti celebrati con l'intenzione di fare ciò che fa la Chiesa e
secondo i riti indicati nelle edizioni tipiche del messale romano e dei
rituali dei sacramenti promulgati dai Papi Paolo VI e Giovanni Paolo II.
- Infine promettiamo di rispettare la disciplina comune della Chiesa e le
leggi ecclesiastiche, specialmente quelle contenute nel Codice di Diritto
Canonico promulgato dal Papa Giovanni Paolo II, fatta salva la disciplina
speciale concessa alla Fraternità con legge particolare".
Recenti dichiarazioni del superiore della Fraternità San Pio X, mons.
Bernard Fellay, confermano la disponibilità dei lefebvriani ad accettare
quanto previsto in questi 5 punti, che anche il Papa ritiene ancora validi
se nel documento di oggi li ha richiamati.
Estratto dalla Costituzione Dogmatica Lumen Gentium
La funzione d'insegnamento dei vescovi
25. Tra i principali doveri dei vescovi eccelle la predicazione del Vangelo
[75]. I vescovi, infatti, sono gli araldi della fede che portano a Cristo
nuovi discepoli; sono dottori autentici, cioè rivestiti dell'autorità di
Cristo, che predicano al popolo loro affidato la fede da credere e da
applicare nella pratica della vita, la illustrano alla luce dello Spirito
Santo, traendo fuori dal tesoro della Rivelazione cose nuove e vecchie (cfr.
Mt 13,52), la fanno fruttificare e vegliano per tenere lontano dal loro
gregge gli errori che lo minacciano (cfr. 2 Tm 4,1-4) . I vescovi che
insegnano in comunione col romano Pontefice devono essere da tutti ascoltati
con venerazione quali testimoni della divina e cattolica verità; e i fedeli
devono accettare il giudizio dal loro vescovo dato a nome di Cristo in cose
di fede e morale, e dargli l'assenso religioso del loro spirito. Ma questo
assenso religioso della volontà e della intelligenza lo si deve in modo
particolare prestare al magistero autentico del romano Pontefice, anche
quando non parla « ex cathedra ». Ciò implica che il suo supremo magistero
sia accettato con riverenza, e che con sincerità si aderisca alle sue
affermazioni in conformità al pensiero e in conformità alla volontà di lui
manifestatasi che si possono dedurre in particolare dal carattere dei
documenti, o dall'insistenza nel proporre una certa dottrina, o dalla
maniera di esprimersi.
Quantunque i vescovi, presi a uno a uno, non godano della prerogativa
dell'infallibilità, quando tuttavia, anche dispersi per il mondo, ma
conservando il vincolo della comunione tra di loro e col successore di
Pietro, si accordano per insegnare autenticamente che una dottrina
concernente la fede e i costumi si impone in maniera assoluta, allora
esprimono infallibilmente la dottrina di Cristo [76]. La cosa è ancora più
manifesta quando, radunati in Concilio ecumenico, sono per tutta la Chiesa
dottori e giudici della fede e della morale; allora bisogna aderire alle
loro definizioni con l'ossequio della fede [77].
Questa infallibilità, della quale il divino Redentore volle provveduta la
sua Chiesa nel definire la dottrina della fede e della morale, si estende
tanto, quanto il deposito della divina Rivelazione, che deve essere
gelosamente custodito e fedelmente esposto. Di questa infallibilità il
romano Pontefice, capo del collegio dei vescovi, fruisce in virtù del suo
ufficio, quando, quale supremo pastore e dottore di tutti i fedeli che
conferma nella fede i suoi fratelli (cfr. Lc 22,32), sancisce con atto
definitivo una dottrina riguardante la fede e la morale [78]. Perciò le sue
definizioni giustamente sono dette irreformabili per se stesse e non in
virtù del consenso della Chiesa, essendo esse pronunziate con l'assistenza
dello Spirito Santo a lui promessa nella persona di san Pietro, per cui non
hanno bisogno di una approvazione di altri, né ammettono appello alcuno ad
altro giudizio. In effetti allora il romano Pontefice pronunzia sentenza non
come persona privata, ma espone o difende la dottrina della fede cattolica
quale supremo maestro della Chiesa universale, singolarmente insignito del
carisma dell'infallibilità della Chiesa stessa [79]. L'infallibilità
promessa alla Chiesa risiede pure nel corpo episcopale quando esercita il
supremo magistero col successore di Pietro. A queste definizioni non può mai
mancare l'assenso della Chiesa, data l'azione dello stesso Spirito Santo che
conserva e fa progredire nell'unità della fede tutto il gregge di Cristo
[80].
Quando poi il romano Pontefice o il corpo dei vescovi con lui esprimono una
sentenza, la emettono secondo la stessa Rivelazione, cui tutti devono
attenersi e conformarsi, Rivelazione che è integralmente trasmessa per
scritto o per tradizione dalla legittima successione dei vescovi e
specialmente a cura dello stesso Pontefice romano, e viene nella Chiesa
gelosamente conservata e fedelmente esposta sotto la luce dello Spirito di
verità [81]. Perché poi sia debitamente indagata ed enunziata in modo adatto
[82], il romano Pontefice e i vescovi nella coscienza del loro ufficio e
della gravità della cosa, prestano la loro vigile opera usando i mezzi
convenienti però non ricevono alcuna nuova rivelazione pubblica come
appartenente al deposito divino della fede [83].
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