Ci sono leggi della Chiesa per impedire condotte inadeguate da parte dei
fedeli a beneficio della comunità. Potrebbe commentarle e spiegarci fino a
che punto la Chiesa e la Gerarchia hanno un obbligo di intervenire allo
scopo di chiarire e correggere.
Nei riguardi dell'Eucaristia, per esempio, ci sono due canoni in
particolare che hanno a che fare con la degna ricezione del Sacramento. Essi
hanno come scopo due beni.
Un bene è quello della persona stessa, perché ricevere indegnamente il Corpo
e il Sangue di Cristo è un sacrilegio. Se lo si fa deliberatamente in
peccato mortale, è un sacrilegio. Quindi per il bene della persona stessa,
la Chiesa deve istruirci dicendoci che ogni volta che riceviamo
l'Eucaristia, dobbiamo prima esaminare la nostra coscienza.
Se abbiamo un peccato mortale sulla coscienza dobbiamo prima confessarci di
quel peccato e ricevere l'assoluzione e, soltanto dopo, accostarci al
sacramento eucaristico. Molte volte i nostri peccati gravi sono nascosti e
noti solo a noi stessi e forse a pochi altri. In quel caso, dobbiamo essere
noi a tenere sotto controllo la situazione ed essere in grado di
disciplinarci in modo di non ricevere la Comunione.
Ma ci sono altri casi di persone che commettono peccati gravi
deliberatamente e sono casi pubblici, come un ufficiale pubblico che con
conoscenza e con sentimento sostiene azioni che sono contro la legge morale
Divina ed Eterna.
Per esempio, pubblicamente appoggia l'aborto procurato, che comporta la
soppressione di vite umane innocenti e senza difesa. Una persona che
commette peccato in questa maniera è da ammonire pubblicamente in modo che
non riceva la Comunione finché non abbia riformato la propria vita.
Se una persona che è stata ammonita persiste in un peccato mortale pubblico
e si avvicina per ricevere la Comunione, allora il ministro dell'Eucaristia
ha l'obbligo di rifiutargliela.
Perché? Innanzitutto per la salvezza della persona stessa, cioè per
impedirle di compiere un sacrilegio. Ma anche per la salvezza di tutta la
Chiesa, per impedire che ci sia scandalo in due maniere.
Primo, uno scandalo riguardante quale debba essere la nostra disposizione
per ricevere la Santa Comunione. In altre parole, si deve evitare che la
gente sia indotta a pensare che si può essere in stato di peccato mortale e
accostarsi all'Eucaristia.
Secondo, ci potrebbe essere un'altra forma di scandalo, consistente
nell'indurre la gente a pensare che l'atto pubblico che questa persona sta
facendo, che finora tutti credono sia un peccato serio, non debba esserlo
tanto se la Chiesa permette a quella persona di ricevere la Comunione.
Se abbiamo una figura pubblica che apertamente e deliberatamente sostiene i
diritti abortisti e che riceve l'Eucaristia, che finirà per pensare la gente
comune? Essa può essere portata a credere che è corretto in un certo qual
modo sopprimere una vita innocente nel seno materno.
Ora la Chiesa ha queste discipline e sono molto antiche. In realtà risalgono
ai tempi di san Paolo. Ma lungo la sua storia, la Chiesa ha sempre dovuto
disciplinare la materia della ricezione della Comunione, che è il più sacro
tesoro che essa possiede.
È il dono del Corpo e del Sangue di Cristo. Disciplinare questa pratica in
modo che, primo, la gente non si avvicini né riceva la Santa Comunione
indegnamente a costo del proprio danno morale e, secondo, che la fede
eucaristica sia sempre rispettata e i fedeli non siano indotti in
confusione, persino in errore, nei riguardi della sacralità del sacramento e
della legge morale.
Eccellenza, sembra che oggi prevalga una visione lassista nei riguardi
della ricezione dell'Eucaristia. Perché? Crede poi che questo influenzi i
fedeli nel modo di vivere come cattolici?
Alcune persone dicono che è parte del diritto di ricevere la Comunione non
sentirsi dire da nessuno, neppure da un vescovo, da un sacerdote o da un
ministro dell'Eucaristia, cosa devono fare al riguardo. Cosa ne pensa?
Anzitutto bisogna dire che il Corpo e il Sangue di Cristo sono un dono
dell'amore di Dio per noi. Il più grande dono, un dono che va oltre la
nostra capacità di descriverlo. Dunque nessuno ha diritto a questo dono,
esattamente come non abbiamo mai diritto a nessun dono che ci viene fatto.
Un dono è gratuito, causato dall'amore, e ciò è precisamente quanto Dio fa
ogni volta che partecipiamo alla Messa e riceviamo la Sacra Eucaristia.
Pertanto, dire che abbiamo diritto di ricevere la Comunione non è corretto.
Se vogliamo dire che, se siamo ben disposti, possiamo accostarci
all'Eucaristia nella Messa che si sta celebrando, che abbiamo il diritto di
ricevere la Comunione nel senso che abbiamo il diritto di avvicinarci per
farlo, allora sì, questo è vero.
Orbene, nella ricezione della Sacra Eucaristia sono coinvolti Nostro Signore
stesso, la persona che la deve ricevere, e infine il ministro del
sacramento, che ha la responsabilità di assicurarsi che l'Eucaristia sia
data solo alle persone degne di riceverla. Certamente la Chiesa ha il
diritto di dire a chi persiste in un serio peccato pubblico, che non potrà
ricevere la Comunione finché non sarà ben disposto per farlo.
Questo diritto del ministro di rifiutarsi a dare la Comunione a qualcuno che
persiste nel peccato grave e pubblico è salvaguardato dal codice di Diritto
Canonico sotto il canone 915. Altrimenti, se si vede negare il diritto del
rifiuto a dare l'Eucaristia a un peccatore pubblico che si avvicini a
riceverla dando scandalo a tutti, è il ministro che viene messo in
situazione di violentare la propria coscienza al riguardo di una materia
serissima. Ciò sarebbe semplicemente sbagliato.
Eccellenza, sembra che spesso la richiesta di adempire la legge canonica
da parte di un vescovo, di un sacerdote e persino di un'autorità della Curia
vaticana, è vista da alcuni come una crudeltà, come un atto prevaricatore
nei riguardi dei fedeli. Non vedono questo come un atto di carità,
finalizzato a evitare che qualcuno si accosti all'Eucaristia in modo indegno
compromettendo la sua salvezza eterna. Per questa ragione la Chiesa ha le
sue regole. Potrebbe commentare questo aspetto del ministero?
Sono d'accordo, certo. E il più grande atto di carità evitare che
qualcuno faccia una cosa sacrilega. Prima si deve ammonire chi vuole farlo e
poi si deve evitare di prendere parte a un sacrilegio.
È una situazione analoga a quella del genitore che deve opporsi a che il
bambino giochi col fuoco. A chi verrebbe di dire che il genitore non è
caritatevole perché lo richiama alla disciplina? Anzi, diremmo che questo è
un genitore che veramente ama il figlio.
Lo stesso fa la Chiesa; nel suo amore Essa vieta di far cose gravemente
offensive a Dio e gravemente dannose alle anime stesse.
Si dice a volte che quando un membro della Gerarchia ammonisce cattolici
che sono figure pubbliche, stia usando la sua influenza per interferire
nella politica. Come risponde a questa obiezione?
Il vescovo o l'autorità ecclesiastica, potrebbe essere anche il parroco,
che interviene in queste situazioni, lo fa solo per il bene dell'anima della
figura pubblica coinvolta. Non c'entra nulla la volontà di interferire nella
vita pubblica, bensì nello stato spirituale del politico o dell'ufficiale
pubblico che, se è cattolico, è tenuto a seguire la legge divina anche nella
sfera pubblica. Se non lo fa, deve essere ammonito dal suo pastore.
Dunque, è semplicemente ridicolo e sbagliato cercare di zittire un pastore
accusandolo di interferire in politica affinché non possa fare il bene
all'anima di un membro del suo gregge.
Questo si desume anche da quanto ha denunciato il Santo Padre Benedetto XVI
ai vescovi, cioè il desiderio di alcune persone della nostra società di
relegare completamente la fede religiosa nell'ambito privato, affermando che
essa non ha niente a che fare con l'ambito pubblico. Questo è semplicemente
sbagliato.
Dobbiamo dare testimonianza della nostra fede non soltanto nel privato dei
nostri focolari ma anche nel nostro interagire pubblico con gli altri, per
dare una forte testimonianza di Cristo. Quindi dobbiamo finirla con l'idea
che in un certo qual modo la nostra fede è una materia completamente privata
che non c'entra con la nostra vita pubblica.
[Fonte: Radici Cristiane n. 37 - Ago/Set 2008]