Antonio Socci su Libero 21.05.2008
Ormai ogni sortita dell’ex arcivescovo di Milano è sempre più desolante.
Come una deriva solitaria, sempre più triste e incomprensibile… In questa
esternazione, di cui parlo qua sotto, ce ne sono di cose incredibili (per
esempio quanto dice sul Corano: ne ha scritto Camillo Langone sul Foglio del
21 maggio), ma io ho dovuto concentrarmi su ciò che dice a proposito di
Lutero e della Chiesa….
Da Martin Lutero a Martini Lutero? La battuta sarebbe già pronta, se non
fosse che nel caviale del tramonto dell’ex arcivescovo di Milano c’è davvero
poco da ridere. La tristezza e la malinconia del cardinale lasciano
sbigottiti, interdetti. Forse per ritrovare il bello sguardo cristiano di
Péguy e di santa Teresina bisogna guardare altrove, a tanti semplici
cristiani senza porpora che ci sorprendono ogni giorno con la loro letizia.
Dicevo che il cardinale fa l’elogio di Lutero, almeno stando alle
anticipazioni che La Repubblica e Il Foglio fanno del suo ultimo
libro-intervista, “Colloqui notturni a Gerusalemme”, uscito in Germania per
le edizioni Herder. La Repubblica c’informa che il prelato “elogia Lutero,
esorta la Chiesa al coraggio di riformarsi, a non allontanarsi dal
Concilio”. Secondo Il Foglio, Martini definisce Lutero, che nella storia
della Chiesa è stato una delle più tragiche calamità, come “il più grande
riformatore”. Poi aggiunge che a Lutero “l’amore per le Sacre Scritture
ispirò buone idee” (testuale!) e pur ritenendo “problematico” il fatto che
Lutero abbia “tratto da riforme e ideali necessari un sistema proprio”,
tuttavia Martini afferma che la Chiesa contemporanea “se ne è lasciata
ispirare per dar corso al processo di rinnovamento del Concilio Vaticano II,
dischiudendo per la prima volta ai cattolici il tesoro della Bibbia su basi
più larghe”. Francamente non mi pare che duemila anni di esegesi cattolica e
di studi biblici avessero bisogno di Lutero che ha dissolto le Sacre
Scritture, non le ha certo “scoperte”. Tanto è vero che proprio dal mondo
protestante è arrivata quell’ondata demolitoria che ha fatto letteralmente a
pezzi i Vangeli (o almeno ci ha provato). Questa sì è una peste che è
entrata dentro la Chiesa, ma appunto come un’epidemia mortale (lo denunciò
Paolo VI con parole accoratissime!). Quello che sorprende, nelle parole di
Martini, non è tanto o solo l’elogio di Lutero, ma l’esplicita affermazione
che la Chiesa del Concilio si sarebbe “ispirata” all’eretico e scismatico
Lutero. Mi soffermo su questo – come si suol dire – per fatto personale. Il
cardinal Martini – benché noto come progressista, dialogante e tollerante –
è il vescovo, l’unico che io sappia dagli anni del Concilio, che ha
sottoposto all’ Inquisizione (chiamato oggi Tribunale ecclesiastico di
Milano) alcune persone, oltretutto laici, per un’opinione, una semplice
opinione oltretutto non di dottrina, ma di natura storica e culturale (dove
la disciplina ecclesiastica non vale). Accadde nel 1988 e io fui uno dei tre
giornalisti del settimanale cattolico “Il Sabato” ad essere convocato in
Curia e interrogato dal rappresentante del Tribunale ecclesiastico,
monsignor Coccoplamerio. Quale fu il nostro “crimine” ? Un’analisi storica.
In una lunga inchiesta sulla crisi della Chiesa, constatammo – con una
documentata analisi (elogiata fra gli altri da Augusto Del Noce) - la
“corrosione protestante del cattolicesimo politico, ancor più esplicita fra
i cattolici intellettuali”.
Un gruppetto di intellettuali cattoprogressisti presentò un esposto
all’arcivescovo di Milano perché, con tale analisi, a loro dire, avremmo
leso la “buona fama” di Giuseppe Lazzati, che era uno dei tanti
intellettuali menzionati e che mai ci eravamo sognati di attaccare sul piano
personale. Il cardinale avrebbe potuto archiviare l’esposto, trattandosi di
una normale e libera discussione storico-culturale. Invece attivò il
procedimento finché “Il Sabato”, essendo un settimanale cattolico legato a
Comunione e liberazione, non dovette chinare la testa e fare una specie di
abiura per “disciplina ecclesiastica”. Un piccolo “caso Galileo” che esplose
sui media grazie al Giornale di Montanelli che sparò tutto in prima pagina
con questo titolo: “A Milano è tornata l’Inquisizione. Al rogo il
settimanale Il Sabato?”. Seguirono giorni di polemiche, editoriali e
commenti. Il cardinale Martini fu molto seccato perché la cosa era diventata
pubblica associando il suo nome all’Inquisizione delle idee. Il caso fu
emblematico perché rese evidente che nella Chiesa postconciliare i teologi
potevano mettere in discussione tutti i dogmi della fede, dalla Trinità a
Maria, passando per i Vangeli, ma guai a mettere in discussione lorsignori
“intellettuali cattolici” o più in generale l’establishment cattolico.
L’Immacolata Concezione e la Resurrezione di Cristo si potevano discutere,
ma Scoppola, Dossetti, Lazzati, Alberigo (con i Prodi e i De Mita che ne
erano la proiezione politica) e tanti altri campioni del mondo cattolico,
quelli no.
Oggi – dopo aver subito quel procedimento di Martini per aver constatato
la “protestantizzazione” del cattolicesimo – leggiamo che secondo lo stesso
cardinal Martini la Chiesa conciliare “si è lasciata ispirare” da Lutero.
Così oggi è lui che dichiara proprio ciò che fu imputato a noi. Certo, per
lui questa influenza protestante sul cattolicesimo pare sia cosa buona e
giusta. Per altri (me compreso) è una vera sciagura. Mi sembra che anche
Paolo VI vedesse nefaste influenze esterne che dissolvevano la vera fede. Lo
si intuiva quando denunciò l’invasione di un pensiero “non cattolico” dentro
il cattoliceismo, quando intervenne per stoppare le influenze protestanti
(durante la redazione della Dei Verbum o sul dogma della Resurrezione di
Cristo) e anche quando denunciò il “fumo di Satana” entrato nel tempio di
Dio. D’altra parte a condannare questa “protestantizzazione” della Chiesa,
curiosamente, fu lo stesso Oscar Cullmann, uno dei più famosi teologi
protestanti, spesso citato in ambito cattolico. Ecco le sue testuali parole:
“Se mi è permesso, come protestante, di fare questa constatazione, direi che
da allora (il Concilio Vaticano II) certi ambienti cattolici, ben lungi dal
lasciarsi ispirare dalla necessità di osservare i limiti dell’adattamento
che non vanno superati, non si accontentano di cambiare le forme esteriori,
ma prendono le stesse norme del pensiero e dell’azione cristiana, non dal
Vangelo, ma dal mondo moderno. Più o meno inconsciamente, seguono così i
protestanti, non in ciò che hanno di migliore, la fede dei Riformatori, ma
nel cattivo esempio che loro offre un certo protestantesimo, detto moderno.
Il grande colpevole non è il mondo secolarizzato, ma il falso comportamento
dei cristiani riguardo a questo mondo, l’eliminazione dello ‘scandalo’ della
fede. Si ha ‘vergogna del Vangelo’ (Rom. 1,16)”. Parole simili e ancora più
drammatiche sono state pronunciate, nella sua ultima intervista, da don
Luigi Giussani: “La Chiesa si è vergognata di Cristo”. E qua il problema
riguarda tutti gli uomini di Chiesa. Martiniani e antimartiniani. I quali,
per esempio, non intervengono contro le vere e proprie eresie che vengono
insegnate nei seminari o nelle facoltà teologiche, ma invece intervengono (e
tanto) su tutti i problemi della vita pubblica compresa la legge elettorale:
i martiniani magari tuonano sui rom, gli altri sulla bioetica. Tutti hanno i
loro “valori non negoziabili” (di tipo sociale gli uni, di tipo morale gli
altri), ma forse si dimentica che per la Chiesa – fin dalle origini
apostoliche - l’unico “valore” assolutamente non negoziabile è Gesù Cristo e
la vera fede cattolica. Che pochissimi oggi difendono.
Eppure per un cristiano solo quella vale, tutto il resto è “spazzatura”.
San Paolo, proprio parlando della Legge (i “valori non negoziabili”),
scriveva: “tutto ormai io reputo una perdita di fronte alla sublimità della
conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore, per il quale ho lasciato perdere
tutte queste cose e le considero come spazzatura al fine di guadagnare
Cristo” (Fil. 3,8). Forse è vero, il problema non è “il mondo
secolarizzato”, ma un cristianesimo che annacqua o corrompe la vera fede.
Perché così la vita quotidiana di tutti è disperata. E non si incontra
nessuna speranza.