Un pregevole intervento di padre Lang C.O. sulla estremamente
evocativa e commovente simbologia liturgica del Pallio .
Fra le insegne liturgiche del Romano Pontefice, una delle più evocative è
il pallio fatto di lana bianca, simbolo del vescovo buon pastore e insieme
dell'Agnello crocifisso per la salvezza dell'umanità. Come ha accennato Papa
Benedetto XVI nell'omelia della messa per l'inizio del ministero petrino il
24 aprile 2005: "La lana d'agnello intende rappresentare la pecorella
perduta o anche quella malata e quella debole, che il pastore mette sulle
sue spalle e conduce alle acque della vita".
Le prime notizie storiche sul pallio emergono dall'antichità cristiana.
Mentre talvolta si afferma che il pallio fosse originato del vestiario degli
ufficiali statali romani e in seguito indossato anche dai dignitari
religiosi, il gesuita Joseph Braun nel suo libro magistrale Die liturgischen
Paramente in Gegenwart und Vergangenheit. Ein Handbuch der Paramentik
(seconda edizione 1924, ristampa anastatica, Nova & Vetera, Bonn,
2005, pagine 143-151) suggerisce per il pallio un'origine ecclesiastica.
Secondo l'erudito tedesco i Papi avrebbero voluto fin da principio il pallio
sacro come insegna e sciarpa liturgica loro propria.
Comunque sia, il Liber pontificalis nota che Papa san Marco (336) conferì
il pallio al vescovo suburbicario di Ostia, uno dei consacranti del Romano
Pontefice (Liber pontificalis, ed. Duchesne, volume I, pagine
202-203). Anche se non possiamo essere sicuri del valore storico di questa
informazione, per lo meno riflette la prassi del V o VI secolo, quando il
Liber pontificalis fu compilato nell'ambito della curia romana.
Nel 513 Papa Simmaco concesse il privilegio del pallio a san Cesario d'Arles
(Vita, sancti Caesarii 4, 20: pl 67,1016). In seguito si moltiplicarono le
concessioni del pallio, fatte dai Pontefici a vescovi d'Italia e fuori
d'Italia. Nelle altre Chiese d'Occidente non si evidenziava l'insegna del
pallio, se non era stata concessa ai vescovi dal Romano Pontefice. Nel suo
sviluppo storico, il pallio è divenuto il simbolo di un legame speciale con
il Papa ed esprime inoltre la potestà che, in comunione con la Chiesa di
Roma, il metropolita acquista di diritto nella propria giurisdizione.
In Egitto sant'Isidoro di Pelusio (440), definendo l'insegna vescovile
col nome di omoforion, "che il vescovo porta sulle spalle", spiega
che è fatta di lana, non di lino e così "designa la pelle delle pecorella
smarrita che il Signore cercò; e, trovatala, riportò sulle spalle" (Isidoro
di Pelusio, Ep. i,136: pg 78,721).
Il pallio liturgico nelle rappresentazioni più antiche appare in forma di
sciarpa aperta e disposta sopra le spalle. In tal modo lo vediamo nella
figura dell'arcivescovo Massimiano (498-556) a San Vitale in Ravenna (prima
metà del VI secolo). Un lembo del pallio segnato da una croce pende
anteriormente sul lato sinistro della figura, mentre l'altro lembo sale
sulla spalla sinistra, gira attorno al collo e, passando sulla spalla
destra, scende assai basso dinanzi al petto, per tornare infine sulla spalla
sinistra e ricadere dietro la schiena.
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San
Clemente
(clicca per ingrandire) |
Questa maniera di portare il pallio si mantenne fino all'alto medioevo,
quando, mediante le spille, si cominciò a far in modo che i due capi
pendessero esattamente nel mezzo del petto e del dorso. Sostituendo le
spille con una cucitura fissa, si arriva alla forma circolare chiusa, che
s'incontra comunemente dopo il IX secolo, come si vede nelle
rappresentazioni in varie basiliche romane (Santa Maria Antiqua, Santa Maria
in Trastevere, San Clemente). I due capi del pallio però mantennero sempre
una considerevole lunghezza, finché, dopo il XV secolo, furono
progressivamente accorciati.
Gli ornamenti del pallio, che si trovano illustrati già nel mosaico di
Ravenna, vennero in seguito sempre più arricchiti. Si ricamarono quattro,
sei od otto croci rosse o nere; all'orlo furono talvolta attaccate delle
frange. Nella forma sviluppata del pallio gli estremi lembi delle appendici
terminano con piccole lastrine di piombo coperte di seta nera. Le tre spille
gemmate, che in origine servivano a tenere il pallio fermo a suo posto,
erano diventate già nel XIII secolo un elemento semplicemente decorativo.
Si potrebbe affermare che il pallio lungo e incrociato sulla spalla
sinistra non è stato più indossato dal Papa e dai vescovi in Occidente dopo
l'epoca carolingia. Sembrerebbe che già nel medioevo si trovasse una
consapevolezza di questo sviluppo storico: un'illustrazione di un
manoscritto del secolo XI mostra san Gregorio Magno, che indossa il pallio
nella forma contemporanea con i capi pendenti in mezzo, e l'Apostolo Pietro,
che lo indossa nello stile antico sulla spalla sinistra (Montecassino,
Biblioteca dell'Abbazia, 73 dd). Quindi, il noto dipinto presente nel Sacro
Speco di Subiaco, risalente al 1219 circa e raffigurante Papa Innocenzo III
con il tipo antico di pallio, pare un "arcaismo" cosciente.
L'omoforio come paramento liturgico usato dai vescovi ortodossi e dai
vescovi cattolici orientali di rito bizantino consiste in una fascia di
stoffa larga, incurvata al centro così da poterla far girare dietro il collo
e appoggiarla alle spalle facendo scendere le estremità sul petto. Nella
tradizione orientale, il "grande omoforio" (da distinguere dalla forma più
piccola, che è portata dai vescovi in certe occasioni e assomiglia all'epitrachèlion
che corrisponde alla stola occidentale) ha subito un certo sviluppo e oggi è
caratterizzato da una maggiore larghezza e da una forma adornata. A
differenza del pallio, l'omoforio non è riservato agli arcivescovi
metropoliti, ma può essere indossato da tutti i vescovi.
© L'Osservatore Romano - 26 giugno 2008