Liturgia e Cammino neocatecumenale
nell’insegnamento di Benedetto XVI
Nella vita della grande comunità ecclesiale
I Padri della Chiesa (in particolare Cirillo di Gerusalemme,
Giovanni Crisostomo, Teodoro di Mopsuestia) nelle loro catechesi
prebattesimali predicate soprattutto durante la Quaresima,
introducevano, si potrebbe dire portavano per mano, guidavano i
catecumeni, cioè coloro che si preparavano a ricevere il battesimo
nella notte di Pasqua, a scoprire, conoscere e memorizzare la fede
cristiana attraverso la professione di fede, il Credo, e dando loro
un modello di preghiera, il Padre nostro. Durante tutto questo
periodo di preparazione, nell’attesa del battesimo che, come tutti i
sacramenti, è un dono che si riceve, che si accoglie nella grande
Chiesa, nel suo grembo che rigenera, i catecumeni erano iniziati
alla fede, all’ascolto e alla comprensione della Parola di Dio, e
partecipavano soltanto alla prima parte dellacelebrazione
dei santi misteri. Dopo il Vangelo infatti — e di questo abbiamo una
testimonianza ancora oggi nelle liturgie orientali — il diacono
congedava i catecumeni, intimava loro di uscire dalla chiesa,
mettendoli in qualche modo in attesa, una gioiosa attesa, di
partecipare all’unico sacrificio di Cristo, quello celebrato la
notte di Pasqua dal vescovo nella grande e unica madre Chiesa che
nel Battesimo li rigenerava in Cristo. Perciò i catecumeni, accolti
nella chiesa al canto del versetto paolino «Tutti quelli che siete
stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo, alleluia»,
non venivano più chiamati “catecumeni” bensì “neofiti”, cioè
innestati, inseriti. Dove? In Cristo nell’unica e grande Chiesa; e
da quel momento partecipavano pienamente ai santi misteri del Corpo
e del Sangue di Cristo che erano — e sono tuttora — non più una
tappa nel catecumenato bensì la pienezza dell’appartenenza di tutti
i fedeli cristiani alla vita di Cristo nella Chiesa.
Sulla scia dei grandi Padri della Chiesa, delle loro catechesi e
delle loro mistagogie, possiamo collocare il discorso di Benedetto
XVI ai membri del Cammino neocatecumenale dello scorso 20 gennaio;
udienza, che lo stesso Papa situa nell’insieme di udienze da lui
concesse ai fondatori e agli aderenti a questa realtà ecclesiale. Si
tratta di una lezione di teologia liturgica valida e utile per il
Cammino neocatecumenale e per tutta la Chiesa. Il Papa sin
dall’inizio sottolinea il valore dell’impegno missionario e di
evangelizzazione del Cammino neocatecumenale, impegno che deve
essere fatto sempre — e il Santo Padre lo ricorda per ben due volte
— «in comunione con tutta la Chiesa e con il Successore di Pietro»;
cercando «sempre una profonda comunione con la Sede Apostolica e con
i pastori delle Chiese particolari nelle quali siete inseriti». Si
direbbe che il Vescovo di Roma non dimentichi mai il suo ruolo di
principio di comunione con tutti i pastori della Chiesa cattolica:
«l’unità e l’armonia del Corpo ecclesiale sono una importante
testimonianza a Cristo e al suo Vangelo nel mondo in cui viviamo».
Benedetto XVI, da buon pastore, ancora e giustamente non si
risparmia nel mettere in luce la generosità e lo sforzo missionario
del Cammino neocatecumenale — e anche le difficoltà che incontra nel
suo impegno evangelizzatore — e nell’incoraggiare i suoi membri,
sacerdoti, laici, famiglie intere a continuare nello zelo di
annunciare ovunque, anche in luoghi molto lontani dal cristianesimo,
il Vangelo, sempre nell’amore a Cristo e alla Chiesa.
Dopo le parole introduttive, il Papa spiega il senso
dell’approvazione per il Cammino neocatecumenale di quelle
celebrazioni che «non sono strettamente liturgiche, ma fanno parte
dell’itinerario di crescita della fede». Benedetto XVI ricorda al
Cammino neocatecumenale e a tutta la Chiesa che le celebrazioni
liturgiche sono quelle approvate dalla Chiesa nei diversi testi del
magistero del vescovo di Roma o dei vari concili ecumenici che hanno
regolato e approvato la liturgia della Chiesa. Il Papa mette in
evidenza come l’approvazione delle celebrazioni presenti nel Direttorio
Catechetico del Cammino neocatecumenale vada letta in maniera
strettamente vincolata al sensus
Ecclesiae e in
sintonia con le esigenze della costruzione del corpus
Ecclesiae. Il Papa mostra il suo cuore di Pastore della Chiesa
«che comprende la vostra ricchezza, ma guarda anche alla comunione e
all’armonia dell’intero Corpus
Ecclesiae».
Ancora una volta, lungo il pontificato di Benedetto XVI, vediamo
Pietro come fondamento di comunione e di unità nella Chiesa. Quanto
detto sul ruolo e l’impegno nell’annuncio del Vangelo da parte del
Cammino neocatecumenale e sull’approvazione delle celebrazioni non
strettamente liturgiche previste dal Direttorio
Catechetico, offre a Benedetto XVI anche l’occasione per
parlare del valore della liturgia. In fondo il Papa si intrattiene
col Cammino neocatecumenale parlando della liturgia, cioè di quella
realtà della vita ecclesiale che precisamente non ha nessuna
necessità di specifica approvazione perché già esaminata, approvata
e regolata dalla Sede romana e dallo stesso Vaticano II. Il Papa non
pretende di “spiegare” cos’è la liturgia, bensì ne vuol mettere in
luce il “valore”, cioè quello che essa ha di centrale e di valido
nella vita della Chiesa e di ogni cristiano. Volendo fissare dei
principi chiari nel suo ragionamento, Benedetto XVI inizia la sua
riflessione partendo dal n. 7 della Sacrosantum
concilium: la liturgia è «opera di Cristo sacerdote e del suo
corpo che è la Chiesa». Mette al centro della sua catechesi l’anno
liturgico che non soltanto ricorda ma celebra, fa presente e attuale
con una forza veramente epicletica tutto il mistero di Cristo per e
nella Chiesa: «La Passione, Morte e Risurrezione di Gesù non sono
solo avvenimenti storici; raggiungono e penetrano la storia, ma la
trascendono e rimangono sempre presenti nel cuore di Cristo.
Nell’azione liturgica della Chiesa c’è la presenza attiva di Cristo
Risorto che rende presente ed efficace per noi oggi lo stesso
Mistero pasquale, per la nostra salvezza; ci attira in questo atto
di dono di Sé che nel suo cuore è sempre presente e ci fa
partecipare a questa presenza del Mistero pasquale». La Chiesa,
quindi, celebrando il mistero di Cristo ne diventa il suo corpo. E
Benedetto XVI corrobora la sua riflessione citando sant’Agostino:
«Questa opera del Signore Gesù, che è il vero contenuto della
Liturgia (…) è anche opera della Chiesa, che, essendo suo corpo, è
un unico soggetto con Cristo — Christus
totus caput et corpus».
Fedele alla tradizione catechetica e mistagogica dei Padri della
Chiesa, Papa Benedetto situa l’Eucaristia come «culmine della vita
cristiana»; essa è la piena comunione con Cristo attraverso il
sacramento del suo Corpo e del suo Sangue, e con la Chiesa che a sua
volta ne è anche corpo e suo custode. Le Chiese orientali, fedeli
all’antica tradizione cristiana, celebrano sempre i sacramenti
dell’iniziazione cristiana tutti e tre insieme: Battesimo, Cresima,
Eucaristia. Quindi il culmine del cammino del catecumenato che
finisce col battesimo nella notte di Pasqua è la partecipazione —
nella piena comunione della Chiesa — ai santi e divini misteri. Il
Papa, citando gli statuti del Cammino neocatecumenale, che
contemplano anche l’Eucaristia come una sorta di catecumenato
post-battesimale, situa questa particolare visione dell’Eucaristia
soprattutto in vista «di favorire il riavvicinamento alla ricchezza
della vita sacramentale da parte di persone che si sono allontanate
dalla Chiesa, o non hanno ricevuto una formazione adeguata». È come
se il Papa volesse in fondo ricondurre l’Eucaristia da una visione e
un contesto di catecumenato verso quel contesto di mistagogia vera e
propria che le è specifico. In tal modo intende ricondurre anche
l’Eucaristia celebrata dal Cammino neocatecumenale o da qualsiasi
altro gruppo o movimento ecclesiale, al contesto ecclesiale fuori
dal quale la celebrazione stessa dei divini misteri si vedrebbe
privata dal suo fondamento cristologico ed ecclesiologico: «Ogni
celebrazione eucaristica è un’azione dell’unico Cristo insieme con
la sua unica Chiesa e perciò essenzialmente aperta a tutti coloro
che appartengono a questa sua Chiesa. Questo carattere pubblico
della Santa Eucaristia si esprime nel fatto che ogni celebrazione
della Santa Messa è ultimamente diretta dal Vescovo come membro del
Collegio Episcopale, responsabile per una determinata Chiesa
locale».
Benedetto XVI ancora una volta ribadisce il ruolo, unico e
insostituibile, del vescovo come custode e liturgo della Chiesa. La
liturgia non appartiene — magari adattata, modificata, fatta a
propria misura — a nessuno, si tratti di persone o gruppi o
movimenti, ma appartiene alla Chiesa stessa avendo come garante
colui che per l’imposizione delle mani ha ricevuto la pienezza della
grazia divina e del dono dello Spirito Santo, per pascere il gregge,
per essere colui che “veglia dall’alto” (questo è il senso vero e
proprio del termine epìskopos).
Oserei dire che la liturgia, in qualsiasi Chiesa cristiana d’Oriente
e d’Occidente va rispettata e accolta quasi come i santi doni che si
ricevono come tali, come doni, non come qualcosa che ognuno si
prende o di cui si serve a propria misura e piacimento. Concludendo
il suo discorso, il Papa ricorda al Cammino neocatecumenale — e a
tutti i membri della Chiesa — la necessaria fedeltà ai libri
liturgici che sono lo strumento che regola la celebrazione
liturgica, evita qualsiasi arbitrarietà e soggettivismo e che in
fondo sono al servizio della comunione ecclesiale che ne deriva. Il
necessario inserimento nella piena vita ecclesiale viene ancora
sottolineato dal Papa: «Al tempo stesso, la progressiva maturazione
nella fede del singolo e della piccola comunità deve favorire il
loro inserimento nella vita della grande comunità ecclesiale, che
trova nella celebrazione liturgica della parrocchia, nella quale e
per la quale si attua il Neocatecumenato, la sua forma ordinaria».
Infine, Benedetto XVI ribadisce il filo conduttore di tutto il suo
intervento: «Ma anche durante il cammino è importante non separarsi
dalla comunità parrocchiale, proprio nella celebrazione
dell’Eucaristia che è il vero luogo dell’unità di tutti, dove il
Signore ci abbraccia nei diversi stati della nostra maturità
spirituale e ci unisce nell’unico pane che ci rende un unico corpo.
La teologia, la liturgia, la comunione ecclesiale. Ecco tre
argomenti che stanno a cuore a Papa Benedetto. Nel testo del 20
gennaio sono trattati da teologo? Sì, ma soprattutto da mistagogo
che sa portare per mano i fedeli alla vera comprensione dei misteri,
nella piena comunione con Cristo nella Chiesa.
Manuel Nin
[Fonte: Osservatore Romano 15 marzo 2012]