Preparazione e
celebrazione delle feste pasquali
(Paschalis sollemnitatis - 16 gennaio 1988)
Lettera circolare della Congregazione per il culto
PROEMIO
1. Il rito della solennità pasquale e di tutta la
settimana santa, rinnovato la prima volta da Pio XII nel 1951 e nel 1955, in
genere venne accolto con favore da tutte le chiese di rito romano.(1)
Il concilio Vaticano II, principalmente nella costituzione sulla sacra
liturgia, ha messo in luce più volte, secondo la tradizione, la centralità
del mistero pasquale di Cristo, ricordando come da esso derivi la forza di
tutti i sacramenti e dei sacramentali.(2)
2. Come la settimana ha il suo inizio e il suo punto culminante nella
celebrazione della domenica, contrassegnata dalla caratteristica pasquale,
così il culmine di tutto l’anno liturgico rifulge nella celebrazione del
sacro triduo pasquale della passione e risurrezione del Signore, (3)
preparata nella quaresima ed estesa gioiosamente per tutto il ciclo dei
seguenti cinquanta giorni.
3. In molte parti i fedeli, insieme ai loro pastori, hanno in grande
considerazione questi riti, ai quali prendono parte con vero frutto
spirituale.
Al contrario, in alcune regioni, col volgere del tempo, ha cominciato ad
affievolirsi quel fervore di devozione, con cui venne accolta all’inizio la
rinnovata veglia pasquale. In qualche luogo viene ignorata la stessa nozione
di veglia, tanto da essere considerata come una semplice messa vespertina,
celebrata come le messe della domenica anticipate al vespro del sabato.
Altrove non vengono rispettati nel modo dovuto i tempi del triduo sacro.
Inoltre le devozioni e i pii esercizi del popolo cristiano vengono collocati
di frequente in orari più comodi, tanto che i fedeli vi partecipano più
numerosi che non alle celebrazioni liturgiche.
Senza dubbio tali difficoltà provengono soprattutto da una formazione non
ancora sufficiente del clero e dei fedeli circa il mistero pasquale, come
centro dell’anno liturgico e della vita cristiana. (4)
4. Oggi in parecchie regioni il tempo delle vacanze coincide con il periodo
della settimana santa. Questa coincidenza, unita alle difficoltà proprie
della società contemporanea, costituisce un ostacolo alla partecipazione dei
fedeli nelle celebrazioni pasquali.
5. Ciò premesso, è sembrato opportuno a questo dicastero, tenuto conto
dell’esperienza acquisita, richiamare alla mente alcuni punti dottrinali e
pastorali ed anche diverse norme stabilite circa la settimana santa. D’altro
canto tutto ciò che si riferisce nei libri liturgici al tempo della
quaresima, della settimana santa, del triduo pasquale e del tempo di pasqua,
conserva il suo valore, a meno che in questo documento sia interpretato in
maniera diversa.
Le norme predette vengono ora qui riproposte con vigore, allo scopo di far
celebrare nel miglior modo i grandi misteri della nostra salvezza e per
agevolare la fruttuosa partecipazione di tutti i fedeli.(5)
I. IL TEMPO DELLA QUARESIMA
6. «L’annuale cammino di penitenza della quaresima è il tempo di grazia,
durante il quale si sale al monte santo della pasqua».
«Infatti la quaresima, per la sua duplice caratteristica, riunisce insieme
catecumeni e fedeli nella celebrazione del mistero pasquale. I catecumeni
sia attraverso l”’elezione” e gli “scrutini” che per mezzo della catechesi
vengono ammessi ai sacramenti dell’iniziazione cristiana; i fedeli invece
attraverso l’ascolto più frequente della parola di Dio e una più intensa
orazione vengono preparati con la penitenza a rinnovare le promesse del
battesimo». (6)
a) Quaresima e iniziazione cristiana
7. Tutta l’iniziazione cristiana ha un’indole pasquale, essendo la prima
partecipazione sacramentale della morte e risurrezione di Cristo. Per questo
la quaresima deve raggiungere il suo pieno vigore come tempo di
purificazione e di illuminazione, specie attraverso gli «scrutini» e le
«consegne»; la stessa veglia pasquale deve essere considerata come il tempo
più adatto per celebrare i sacramenti dell’iniziazione. (7)
8. Anche le comunità ecclesiali, che non hanno catecumeni, non tralascino di
pregare per coloro che altrove, nella prossima veglia pasquale, riceveranno
i sacramenti dell’iniziazione cristiana. I pastori a loro volta spieghino ai
fedeli l’importanza della professione di fede battesimale, in ordine alla
crescita della loro vita spirituale. A rinnovare tale professione di fede
essi verranno invitati, «al termine del cammino penitenziale della
quaresima». (8)
9. In quaresima si abbia cura di impartire la catechesi agli adulti che,
battezzati da bambini, non l'hanno ancora ricevuta e pertanto non sono stati
ammessi ai sacramenti della cresima e dell’eucaristia. In questo stesso
periodo si facciano le celebrazioni penitenziali, per prepararli al
sacramento della riconciliazione. (9)
10. Il tempo della quaresima è inoltre il tempo proprio per celebrare i riti
penitenziali corrispondenti agli scrutini per i fanciulli non ancora
battezzati, che hanno raggiunto l’età adatta all’istruzione catechetica e
per i fanciulli da tempo battezzati, prima che siano ammessi per la prima
volta al sacramento della penitenza. (10)
Il vescovo promuova la formazione dei catecumeni sia adulti che fanciulli e,
secondo le circostanze, presieda ai riti prescritti, con l’assidua
partecipazione da parte della comunità locale. (11)
b) Le celebrazioni del tempo quaresimale
11. Le domeniche di quaresima hanno sempre la precedenza anche sulle feste
del Signore e su tutte le solennità. Le solennità, che coincidono con queste
domeniche, si anticipano al sabato. (12) A loro volta le ferie della
quaresima hanno la precedenza sulle memorie obbligatorie. (13)
12. Soprattutto nelle omelie della domenica venga impartita la istruzione
catechetica sul mistero pasquale e sui sacramenti, con una più accurata
spiegazione dei testi del lezionario, soprattutto le pericopi del Vangelo,
che illustrano i vari aspetti del battesimo e degli altri sacramenti ed
anche la misericordia di Dio.
13. I pastori spieghino la parola di Dio in modo più frequente e più ampio
nelle omelie dei giorni feriali, nelle celebrazioni della Parola, nelle
celebrazioni penitenziali, (14) in particolari predicazioni, nel far visita
alle famiglie o a gruppi di famiglie per la benedizione. I fedeli
partecipino con frequenza alle messe feriali e, quando ciò non è possibile,
siano invitati a leggere almeno i testi delle letture corrispondenti, in
famiglia o in privato.
14. «Il tempo di quaresima conserva la sua indole penitenziale». (15) «Nella
catechesi ai fedeli venga inculcata, insieme alle conseguenze sociali del
peccato, la natura genuina della penitenza, con cui si detesta il peccato in
quanto offesa a Dio». (16)
La virtù e la pratica della penitenza rimangono parti necessarie della
preparazione pasquale: dalla conversione del cuore deve scaturire la pratica
esterna della penitenza, sia per i singoli cristiani che per tutta la
comunità; pratica penitenziale che, sebbene adattata alle circostanze e
condizioni proprie del nostro tempo, deve però essere sempre impregnata
dello spirito evangelico di penitenza e dirigersi verso il bene dei
fratelli.
Non si dimentichi la parte della chiesa nell’azione penitenziale e si
solleciti la preghiera per i peccatori, inserendola più di frequente nella
preghiera universale. (17)
15. Si raccomandi ai fedeli una più intensa e fruttuosa partecipazione alla
liturgia quaresimale e alle celebrazioni penitenziali. Si raccomandi loro
soprattutto di accostarsi in questo tempo al sacramento della penitenza
secondo la legge e le tradizioni della chiesa, per poter partecipare con
animo purificato ai misteri pasquali. È molto opportuno nel tempo di
quaresima celebrare il sacramento della penitenza secondo il rito per la
riconciliazione di più penitenti con la confessione e assoluzione
individuale, come descritto nel Rituale romano. (18)
Da parte loro i pastori siano più disponibili per il ministero della
riconciliazione e, ampliando gli orari per la confessione individuale,
facilitino l’accesso a questo sacramento.
16. Il cammino di penitenza quaresimale in tutti i suoi aspetti sia diretto
a porre in più chiara luce la vita della chiesa locale e a favorirne il
progresso. Per questo si raccomanda molto di conservare e favorire la forma
tradizionale di assemblea della chiesa locale sul modello delle «stazioni»
romane. Queste assemblee di fedeli potranno essere riunite, specie sotto la
presidenza del pastore della diocesi, o presso i sepolcri dei santi o nelle
principali chiese e santuari della città o in quei luoghi di pellegrinaggio
più frequentati nella diocesi. (19)
17. In quaresima «non sono ammessi i fiori sull’altare e il suono degli
strumenti è permesso soltanto per sostenere i canti», (20) nel rispetto
dell’indole penitenziale di questo tempo.
18. Ugualmente si omette l’«Alleluia» in tutte le celebrazioni dall’inizio
della quaresima fino alla veglia pasquale, anche nelle solennità e nelle
feste. (21)
19. Si scelgano soprattutto nelle celebrazioni eucaristiche, ma anche nei
pii esercizi, canti adatti a questo tempo e rispondenti il più possibile ai
testi liturgici.
20. Siano favoriti e impregnati di spirito liturgico i pii esercizi più
consoni al tempo quaresimale, come la «via crucis», per condurre più
facilmente gli animi dei fedeli alla celebrazione del mistero pasquale di
Cristo.
c) Particolarità di alcuni giorni della quaresima
21. Il mercoledì avanti la domenica I di quaresima i fedeli, ricevendo le
ceneri, entrano nel tempo destinato alla purificazione dell’anima. Con
questo rito penitenziale sorto dalla tradizione biblica e conservato nella
consuetudine ecclesiale fino a i nostri giorni, viene indicata la condizione
dell’uomo peccatore che confessa esternamente la sua colpa davanti a Dio ed
esprime così la volontà di una conversione interiore, nella speranza che il
Signore sia misericordioso verso di lui. Attraverso questo stesso segno
inizia il cammino di conversione, che raggiungerà la sua meta nella
celebrazione del sacramento della penitenza nei giorni prima della pasqua.
(22)
La benedizione e imposizione delle ceneri si svolge o durante la messa o
anche fuori della messa. In tal caso si premette la liturgia della parola e
si conclude con la preghiera dei fedeli. (23)
22. Il mercoledì delle ceneri è giorno obbligatorio di penitenza in tutta la
chiesa, con l’osservanza dell’astinenza e del digiuno. (24)
23. La domenica I di quaresima segna l’inizio del segno sacramentale della
nostra conversione, tempo favorevole per la nostra salvezza. (25) Nella
messa di questa domenica non manchino gli elementi che sottolineano tale
importanza; per es., la processione di ingresso con le litanie dei santi.
(26) Durante la messa della domenica I di quaresima il vescovo celebri
opportunamente nella chiesa cattedrale o in altra chiesa il rito
dell’«elezione» o iscrizione del nome, secondo le necessità pastorali. (27)
24. I vangeli della samaritana, del cieco nato e della risurrezione di
Lazzaro, assegnati rispettivamente alle domeniche III, IV e V di quaresima
nell’anno A, per la loro grande importanza in ordine alla iniziazione
cristiana, possono essere letti anche negli anni B e C, soprattutto dove ci
sono i catecumeni.(28)
25. La domenica IV di quaresima («Laetare») e nelle solennità e feste è
ammesso il suono degli strumenti e l’altare può essere ornato con fiori. E
in questa domenica possono adoperarsi le vesti sacre di colore rosaceo. (29)
26. L’uso di coprire le croci e le immagini nella chiesa dalla domenica V di
quaresima può essere conservato secondo il giudizio della conferenza
episcopale. Le croci rimangono coperte fino al termine della celebrazione
della passione del Signore il venerdì santo; le immagini fino all’inizio
della veglia pasquale. (30)
II. LA SETTIMANA SANTA
27. Nella settimana santa la chiesa celebra i misteri della salvezza portati
a compimento da Cristo negli ultimi giorni della sua vita, a cominciare dal
suo ingresso messianico in Gerusalemme.
Il tempo quaresimale continua fino al giovedì santo. Dalla messa vespertina
«nella cena del Signore» inizia il triduo pasquale, che continua il venerdì
santo «nella passione del Signore» e il sabato santo, ha il suo centro nella
veglia pasquale e termina ai vespri della domenica di risurrezione.
«Le ferie della settimana santa, dal lunedì al giovedì incluso, hanno la
precedenza su tutte le altre celebrazioni». (31) È opportuno che in questi
giorni non si celebri né il battesimo né la cresima.
a) Domenica delle palme della passione del Signore
28. La settimana santa ha inizio «la domenica delle palme della passione del
Signore» che unisce insieme il trionfo regale di Cristo e l’annunzio della
passione. Nella celebrazione e nella catechesi di questo giorno venga messo
in luce l’uno e l’altro aspetto del mistero pasquale. (32)
29. Fin dall’antichità si commemora l’ingresso del Signore in Gerusalemme
con la solenne processione, con cui i cristiani celebrano questo evento,
imitando le acclamazioni e i gesti dei fanciulli ebrei, andati incontro al
Signore al canto dell’«Osanna». (33)
La processione sia una soltanto e fatta sempre prima della messa con
maggiore concorso di popolo, anche nelle ore vespertine, sia del sabato che
della domenica. Per compierla si raccolgano i fedeli in qualche chiesa
minore o in altro luogo adatto fuori della chiesa, verso la quale la
processione è diretta.
I fedeli partecipano a questa processione portando rami di palma o di altri
alberi. Il sacerdote e i ministri precedono il popolo portando anch’essi le
palme. (34)
La benedizione delle palme o dei rami si fa per portarli in processione.
Conservate nelle case, le palme richiamano alla mente dei fedeli la vittoria
di Cristo celebrata con la stessa processione.
I pastori si adoperino affinché questa processione in onore di Cristo re sia
preparata e celebrata in modo fruttuoso per la vita spirituale dei fedeli.
30. Il Messale romano, per celebrare la commemorazione dell’ingresso del
Signore in Gerusalemme, oltre la processione solenne sopra descritta,
presenta altre due forme, non per indulgere alla comodità e alla facilità,
ma tenuto conto delle difficoltà che possono impedire la processione.
La seconda forma di commemorazione è l’ingresso solenne, quando non può
farsi la processione fuori della chiesa. La terza forma è l’ingresso
semplice che si fa in tutte le messe della domenica, in cui non si svolge
l’ingresso solenne. (35)
31. Quando non si può celebrare la messa, è bene che si svolga una
celebrazione della parola di Dio per l’ingresso messianico e la passione del
Signore, o nelle ore vespertine del sabato o in ora più opportuna della
domenica. (36)
32. Nella processione si eseguono dalla «schola» e dal popolo i canti
proposti dal Messale romano, come i salmi 23 e 46 ed altri canti adatti in
onore di Cristo re.
33. La storia della passione riveste particolare solennità. Si provveda
affinché sia cantata o letta secondo il modo tradizionale, cioè da tre
persone che rivestono la parte di Cristo, dello storico e del popolo. La
passione viene cantata o letta dai diaconi o dai sacerdoti o, in loro
mancanza, dai lettori; nel qual caso la parte di Cristo deve essere
riservata al sacerdote.
La proclamazione della passione si fa senza candelieri, senza incenso, senza
il saluto del popolo e senza segnare il libro; solo i diaconi domandano la
benedizione del sacerdote, come le altre volte prima del Vangelo. (37)
Per il bene spirituale dei fedeli è opportuno che la storia della passione
sia letta integralmente e non vengano omesse le letture che la precedono.
34. Finita la storia della passione, non si ometta l’omelia.
b) Messa del crisma
35. La messa del crisma in cui il vescovo, concelebrando con il suo
presbiterio, consacra il sacro crisma e benedice gli altri oli, è una
manifestazione della comunione dei presbiteri con il proprio vescovo
nell’unico e medesimo sacerdozio e ministero di Cristo. (38) A partecipare a
questa messa si chiamino i presbiteri delle diverse parti della diocesi, per
concelebrare con il vescovo, quali suoi testimoni e cooperatori nella
consacrazione del crisma, come sono suoi cooperatori e consiglieri nel
ministero quotidiano.
Si invitino con insistenza anche i fedeli a partecipare a questa messa e a
ricevere il sacramento dell’eucaristia durante la sua celebrazione.
Secondo la tradizione, la messa del crisma si celebra il giovedì della
settimana santa. Se il clero e il popolo trovano difficoltà a riunirsi in
quel giorno con il vescovo, tale celebrazione può essere anticipata in altro
giorno, purché vicino alla pasqua. (39) Infatti il nuovo crisma e il nuovo
olio dei catecumeni devono essere adoperati nella notte della veglia
pasquale per la celebrazione dei sacramenti dell’iniziazione cristiana.
36. Si celebri un’unica messa, considerata la sua importanza nella vita
della diocesi, e la celebrazione sia fatta nella chiesa cattedrale o, per
ragioni pastorali, in altra chiesa, (40) specialmente più insigne.
L’accoglienza ai sacri oli può essere fatta nelle singole parrocchie o prima
della celebrazione della messa vespertina nella cena del Signore o in altro
tempo più opportuno. Ciò potrà aiutare a far comprendere ai fedeli il
significato dell’uso dei sacri oli e del crisma e della loro efficacia nella
vita cristiana.
c) Celebrazione penitenziale al termine della quaresima
37. È opportuno che il tempo quaresimale venga concluso, sia per i singoli
fedeli che per tutta la comunità cristiana, con una celebrazione
penitenziale per prepararsi a una più intensa partecipazione del mistero
pasquale. (41)
Questa celebrazione si faccia prima del triduo pasquale e non deve precedere
immediatamente la messa vespertina nella cena del Signore.
III. IL TRIDUO PASQUALE IN GENERE
38. La chiesa celebra ogni anno i grandi misteri dell’umana redenzione dalla
messa vespertina del giovedì nella cena del Signore, fino ai vespri della
domenica di risurrezione. Questo spazio di tempo è chiamato giustamente il
«triduo del crocifisso, del sepolto e del risorto»; (42) ed anche «triduo
pasquale» perché con la sua celebrazione è reso presente e si compie il
mistero della pasqua, cioè il passaggio del Signore da questo mondo al
Padre. Con la celebrazione di questo mistero la chiesa, attraverso i segni
liturgici e sacramentali, si associa in intima comunione con Cristo suo
sposo.
39. È sacro il digiuno pasquale di questi due primi giorni del triduo, in
cui, secondo la tradizione primitiva, la chiesa digiuna «perché lo sposo gli
è stato tolto». (43) Nel venerdì della passione del Signore dovunque il
digiuno deve essere osservato insieme con l’astinenza e si consiglia di
prolungarlo anche al sabato santo, in modo che la chiesa, con l’animo aperto
ed elevato, possa giungere alla gioia della domenica di risurrezione
40. È raccomandata la celebrazione comunitaria dell’ufficio della lettura e
delle lodi mattutine nel venerdì della passione del Signore ed anche il
sabato santo. Conviene che vi partecipi il vescovo, per quanto possibile
nella chiesa cattedrale, con il clero e il popolo. (45)
Questo ufficio, una volta chiamato «delle tenebre», conservi il dovuto posto
nella devozione dei fedeli, per contemplare in pia meditazione la passione,
morte e sepoltura del Signore, in attesa dell’annuncio della sua
risurrezione.
41. Per compiere convenientemente le celebrazioni del triduo pasquale, si
richiede un congruo numero di ministri e di ministranti, che devono essere
accuratamente istruiti su ciò che dovranno compiere. I pastori abbiano cura
di spiegare nel migliore dei modi ai fedeli il significato e la struttura
dei riti che si celebrano e di prepararli a una partecipazione attiva e
fruttuosa.
42. Il canto del popolo, dei ministri e del sacerdote celebrante riveste una
particolare importanza nella celebrazione della settimana santa e
specialmente del triduo pasquale, perché è più consono alla solennità di
questi giorni e anche perché i testi ottengono maggiore forza quando vengono
eseguiti in canto.
Le conferenze episcopali, se già non vi abbiano provveduto, sono invitate a
proporre melodie per i testi e le acclamazioni, che dovrebbero essere
eseguite sempre con il canto. Si tratta dei seguenti testi:
a) l’orazione universale il venerdì santo nella passione del Signore;
l’invito del diacono, se viene fatto, o l’acclamazione del popolo;
b) i testi per mostrare e adorare la croce;
c) le acclamazioni nella processione con il cero pasquale e nello stesso «preconio»,
l’«Alleluia» responsoriale, le litanie dei santi e l’acclamazione dopo la
benedizione dell’acqua.
I testi liturgici dei canti, destinati a favorire la partecipazione del
popolo, non vengano omessi con facilità; le loro traduzioni in lingua
volgare siano accompagnate dalle rispettive melodie. Se ancora non sono
disponibili questi testi in lingua volgare per una liturgia cantata, nel
frattempo vengano scelti altri testi simili ad essi. Si provveda
opportunamente a redigere un repertorio proprio per queste celebrazioni, da
adoperarsi soltanto durante il loro svolgimento. In particolar modo siano
proposti:
a) i canti per la benedizione e processione delle palme e per l’ingresso
nella chiesa;
b) i canti per la processione dei sacri oli;
c) i canti per accompagnare la processione delle offerte nella messa nella
cena del Signore e l’inno per la processione, con cui si trasporta il
santissimo sacramento nella cappella della reposizione;
d) le risposte dei salmi nella veglia pasquale e i canti per l’aspersione
con l’acqua.
Siano preparate melodie adatte a facilitare il canto per i testi della
storia della passione, del «preconio» pasquale e della benedizione con
l’acqua battesimale.
Nelle chiese maggiori venga adoperato il tesoro abbondante della musica
sacra sia antica che moderna; sempre però sia assicurata la debita
partecipazione del popolo.
43. È molto conveniente che le piccole comunità religiose sia clericali sia
non clericali e le altre comunità laicali prendano parte alle celebrazioni
del triduo pasquale nelle chiese maggiori. (46)
Similmente, qualora in qualche luogo risulti insufficiente il numero dei
partecipanti, dei ministranti e dei cantori, le celebrazioni del triduo
pasquale vengano omesse e i fedeli si radunino insieme in qualche chiesa più
grande.
Anche dove più parrocchie piccole sono affidate a un solo presbitero è
opportuno che, per quanto possibile, i loro fedeli si riuniscano nella
chiesa principale per partecipare alle celebrazioni.
Per il bene dei fedeli, dove al parroco è affidata la cura pastorale di due
o più parrocchie, nelle quali i fedeli partecipano numerosi e possono
svolgersi le celebrazioni con la dovuta cura e solennità, gli stessi parroci
possono ripetere le celebrazioni del triduo pasquale, nel rispetto di tutte
le norme stabilite. (47)
Affinché gli alunni dei seminari possano «vivere il mistero pasquale di
Cristo così da saper iniziare ad esso il popolo che sarà loro affidato»,
(48) è necessario che essi ricevano una piena e completa formazione
liturgica. È molto opportuno che gli alunni, durante gli anni della loro
preparazione nel seminario, facciano esperienza delle forme più ricche di
celebrazione delle feste pasquali, specialmente di quelle presiedute dal
vescovo. (49)
IV. LA MESSA VESPERTINA DEL GIOVEDÌ SANTO NELLA CENA DEL SIGNORE
44. «Con la messa celebrata nelle ore vespertine del giovedì santo, la
chiesa dà inizio al triduo pasquale e ha cura di far memoria di quell’ultima
cena in cui il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, amando sino
alla fine i suoi che erano nel mondo, offrì a Dio Padre il suo corpo e
sangue sotto le specie del pane e del vino e li diede agli apostoli in
nutrimento e comandò loro e ai loro successori nel sacerdozio di farne
l’offerta» (50)
45. Tutta l’attenzione dell’anima deve rivolgersi ai misteri che in questa
messa soprattutto vengono ricordati: cioè l’istituzione dell’eucaristia,
l’istituzione dell’ordine sacerdotale e il comando del Signore sulla carità
fraterna: tutto ciò venga spiegato nell’omelia.
46. La messa nella cena del Signore si celebra nelle ore vespertine, nel
tempo più opportuno per una piena partecipazione di tutta la comunità
locale. Tutti i presbiteri possono concelebrarla, anche se hanno già
concelebrato in questo giorno la messa del crisma, oppure se sono tenuti a
celebrare un’altra messa per il bene dei fedeli. (51)
47. Nei luoghi in cui sia richiesto da motivi pastorali, l’ordinario del
luogo può concedere la celebrazione di un’altra messa nelle chiese o
oratori, nelle ore vespertine e, nel caso di vera necessità, anche al
mattino, ma soltanto per i fedeli che non possono in alcun modo prendere
parte alla messa vespertina. Si eviti tuttavia che queste celebrazioni si
facciano in favore di persone private o di piccoli gruppi particolari e che
non costituiscano un ostacolo per la messa principale.
Secondo un’antichissima tradizione della chiesa, in questo giorno sono
vietate tutte le messe senza il popolo. (52)
48. Prima della celebrazione il tabernacolo deve essere vuoto. (53) Le ostie
per la comunione dei fedeli vengano consacrate nella stessa celebrazione
della messa. (54) Si consacri in questa messa pane in quantità sufficiente
per oggi e per il giorno seguente.
49. Si riservi una cappella per la custodia del santissimo sacramento e la
si orni in modo conveniente, perché possa facilitare l’orazione e la
meditazione: si raccomanda il rispetto di quella sobrietà che conviene alla
liturgia di questi giorni, evitando o rimuovendo ogni abuso contrario. (55)
Se il tabernacolo è collocato in una cappella separata dalla navata
centrale, conviene che in essa venga allestito il luogo per la reposizione e
l’adorazione.
50. Durante il canto dell’inno «Gloria a Dio» si suonano le campane.
Terminato il canto, non si suoneranno più fino alla veglia pasquale, secondo
le consuetudini locali; a meno che la conferenza episcopale o l’ordinario
del luogo non stabilisca diversamente, secondo l’opportunità. (56) Durante
questo tempo l’organo e gli altri strumenti musicali possono usarsi soltanto
per sostenere il canto. (57)
51. La lavanda dei piedi, che per tradizione viene fatta in questo giorno ad
alcuni uomini scelti, sta a significare il servizio e la carità di Cristo,
che venne «non per essere servito, ma per servire». (58) E bene che questa
tradizione venga conservata e spiegata nel suo significato proprio.
52. Durante la processione delle offerte, mentre il popolo canta l’inno
«Dov’è carità e amore», possono essere presentati i doni per i poveri,
specialmente quelli raccolti nel tempo quaresimale come frutti di penitenza.
(59)
53. Per gli infermi che ricevono la comunione in casa, è più opportuno che
l’eucaristia, presa dalla mensa dell’altare al momento della comunione sia a
loro portata dai diaconi o accoliti o ministri straordinari, perché possano
così unirsi in maniera più intensa alla chiesa che celebra.
54. Terminata l’orazione dopo la comunione, si forma la processione che,
attraverso la chiesa, accompagna il santissimo sacramento al luogo della
reposizione. Apre la processione il crocifero; si portano le candele accese
e l’incenso. Intanto si canta l’inno «Pange lingua» o un altro canto
eucaristico. (60) La processione e la reposizione del santissimo sacramento
non sì possono fare in quelle chiese in cui il venerdì santo non si celebra
la passione del Signore. (61)
55. Il Sacramento venga custodito in un tabernacolo chiuso. Non si può mai
fare l’esposizione con l’ostensorio.
Il tabernacolo o custodia non deve avere la forma di un sepolcro. Si eviti
il termine stesso di «sepolcro»: infatti la cappella della reposizione viene
allestita non per rappresentare «la sepoltura del Signore», ma per custodire
il pane eucaristico per la comunione, che verrà distribuita il venerdì nella
passione del Signore.
56. Si invitino i fedeli a trattenersi in chiesa, dopo la messa nella cena
del Signore, per un congruo spazio di tempo nella notte, per la dovuta
adorazione al santissimo sacramento solennemente lì custodito in questo
giorno. Durante l’adorazione eucaristica protratta può essere letta qualche
parte del Vangelo secondo Giovanni (cc. 13-17).
Dopo la mezzanotte si faccia l’adorazione senza solennità, dal momento che
ha già avuto inizio il giorno della passione del Signore. (62)
57. Terminata la messa viene spogliato l’altare della celebrazione. E bene
coprire le croci della chiesa con un velo di colore rosso o violaceo, a meno
che non siano state già coperte il sabato prima della domenica V di
quaresima. Non possono accendersi le luci davanti alle immagini dei santi.
V. IL VENERDÌ NELLA PASSIONE DEL SIGNORE
58. In questo giorno in cui «Cristo nostra pasqua è stato immolato», (63) la
chiesa con la meditazione della passione del suo Signore e sposo e con
l’adorazione della croce commemora la sua origine dal fianco di Cristo, che
riposa sulla croce, e intercede per la salvezza di tutto il mondo.
59. In questo giorno la chiesa, per antichissima tradizione, non celebra
l’eucaristia; la santa comunione viene distribuita ai fedeli soltanto
durante la celebrazione della passione del Signore; ai malati, che non
possono prendere parte a questa celebrazione, si può portare la comunione in
qualunque ora del giorno. (64)
60. Il venerdì della passione del Signore è giorno di penitenza obbligatoria
in tutta la chiesa, da osservarsi con l’astinenza e il digiuno. (65)
61. In questo giorno sono strettamente proibite le celebrazioni dei
sacramenti, eccetto quelli della penitenza e dell’unzione degli infermi.
(66) Le esequie siano celebrate senza canto e senza il suono dell’organo e
delle campane.
62. Si raccomanda che l’ufficio della lettura e le lodi mattutine di questo
giorno siano celebrati nelle chiese con la partecipazione del popolo (cf. n.
40).
63. Si faccia la celebrazione della passione del Signore nelle ore
pomeridiane e specificamente circa le ore tre del pomeriggio. Per motivi
pastorali si consiglia di scegliere l’ora più opportuna, in cui è più facile
riunire i fedeli: per es. da mezzogiorno o in ore più tarde, non oltre però
le ore ventuno. (67)
64. Si rispetti religiosamente e fedelmente la struttura dell’azione
liturgica della passione del Signore (liturgia della parola, adorazione
della croce e santa comunione), che proviene dall’antica tradizione della
chiesa. A nessuno è lecito apportarvi cambiamenti di proprio arbitrio.
65. Il sacerdote e i ministri si recano all’altare in silenzio, senza canto.
Se vengono dette parole di introduzione, ciò sia fatto prima dell’ingresso
dei ministri.
Il sacerdote e i ministri, fatta la riverenza all’altare, si prostrano in
terra: tale prostrazione, come rito proprio di questo giorno, si conservi
con cura, per il significato che assume di un’umiliazione dell’«uomo
terreno» (68) e della mestizia dolorosa della chiesa.
Durante l’ingresso dei ministri i fedeli rimangono in piedi. Quindi anche
loro si inginocchiano e pregano in silenzio.
66. Le letture siano proclamate integralmente. Il salmo responsoriale e il
canto al Vangelo vengono eseguiti nel modo consueto. La storia della
passione del Signore secondo Giovanni si canta o si legge come nella
domenica precedente (cf. n. 33). Terminata la storia della passione, si
faccia l’omelia. Alla fine di essa i fedeli possono essere invitati a
sostare per breve tempo in meditazione. (69)
67. Si faccia la preghiera universale secondo il testo e la forma tramandati
dall’antichità, in tutta la prevista ampiezza di intenzioni, per il
significato che essa ha di espressione della potenza universale della
passione di Cristo, appeso sulla croce per la salvezza di tutto il mondo. In
caso di grave necessità pubblica l’ordinario del luogo può permettere o
stabilire che si aggiunga una speciale intenzione. (70)
È consentito al sacerdote scegliere, tra le intenzioni proposte nel messale,
quelle più adatte alle condizioni del luogo, purché venga rispettata la
successione delle intenzioni, indicata di solito per la preghiera
universale. (71)
68. La croce da mostrare al popolo sia sufficientemente grande e di pregio
artistico. Per questo rito si scelga la prima o la seconda formula indicata
nel messale. Tutto questo rito si compia con lo splendore di dignità che
conviene a tale mistero della nostra salvezza: sia l’invito fatto nel
mostrare la santa croce che la risposta data dal popolo si eseguano con il
canto. Non si ometta il silenzio riverente dopo ciascuna prostrazione,
mentre il sacerdote celebrante rimane in piedi tenendo elevata la croce.
69. Si presenti la croce all’adorazione di ciascun fedele, perché
l’adorazione personale della croce è un elemento molto importante in questa
celebrazione. Si adoperi il rito dell’adorazione fatta da tutti
contemporaneamente solo nel caso di un’assemblea molto numerosa.(72)
Per l’adorazione si presenti un’unica croce, nel rispetto della verità del
segno. Durante l’adorazione della croce si cantino le antifone, i «Lamenti
del Signore» e l’inno, che ricordano in modo lirico la storia della
salvezza,(73) oppure altri canti adatti (cf. n. 42).
70. Il sacerdote canta l’invito alla preghiera del Signore che tutti
eseguono con il canto. Non si dà il segno della pace.
La comunione si distribuisce secondo il rito descritto nel messale. Durante
la comunione si può cantare il salmo 21 o un altro canto adatto. Finita la
distribuzione della comunione si porta la pisside nel luogo già preparato
fuori della chiesa.
71. Dopo la celebrazione si procede alla spogliazione dell’altare, lasciando
però la croce con quattro candelieri. Si prepari in chiesa un luogo adatto
(per es. la cappella di reposizione dell’eucaristia nel giovedì santo), ove
collocare la croce del Signore, che i fedeli possano adorare e baciare e
dove ci si possa trattenere in meditazione.
72. Per la loro importanza pastorale, non siano trascurati i pii esercizi,
come la «via crucis», le processioni della passione e la memoria dei dolori
della beata vergine Maria. I testi e i canti di questi pii esercizi siano in
armonia con lo spirito liturgico. L’orario dei pii esercizi e quello della
celebrazione liturgica siano composti in modo tale che l’azione liturgica
risulti di gran lunga superiore per sua natura a tutti questi esercizi. (74)
VI. IL SABATO SANTO
73. Il sabato santo la chiesa sosta presso il sepolcro del Signore,
meditando la sua passione e morte, la discesa agli inferi (75) e aspettando
nella preghiera e nel digiuno la sua risurrezione. È molto raccomandata la
celebrazione dell’ufficio della lettura e delle lodi mattutine con la
partecipazione del popolo (cf. n. 40). (76) Dove ciò non è possibile, sia
prevista una celebrazione della parola di Dio o un pio esercizio rispondente
al mistero di questo giorno.
74. Possono essere esposte nella chiesa per la venerazione dei fedeli
l’immagine del Cristo crocifisso o deposto nel sepolcro o un’immagine della
sua discesa agli inferi, che illustra il mistero del sabato santo; ovvero
l’immagine della beata Maria vergine addolorata.
75. Oggi la chiesa si astiene del tutto dal celebrare il sacrificio della
messa.(77) La santa comunione si può dare soltanto in forma di viatico. Si
rifiuti la celebrazione delle nozze e degli altri sacramenti, eccetto quelli
della penitenza e dell’unzione degli infermi.
76. I fedeli siano istruiti sulla natura particolare del sabato 87
santo.(78) Le consuetudini e tradizioni di festa collegate con questo giorno
per la celebrazione pasquale una volta anticipata al sabato santo, si
riservino per la notte e il giorno di pasqua.
VII. LA DOMENICA Dl PASQUA NELLA RISURREZIONE DEL SIGNORE
A) LA VEGLIA PASQUALE NELLA NOTTE SANTA
77. Per antichissima tradizione questa notte è «in onore del 88 Signore»
(79) e la veglia che in essa si celebra commemorando la notte santa in cui
Cristo è risorto è considerata come «madre di tutte le sante veglie». (80)
In questa veglia infatti la chiesa rimane in attesa della risurrezione del
Signore e la celebra con i sacramenti dell’iniziazione cristiana (81)
1. Significato della caratteristica notturna della veglia pasquale
78. «L’intera celebrazione della veglia pasquale si svolge di notte; essa
quindi deve o cominciare dopo l’inizio della notte o terminare prima
dell’alba della domenica». (82) Tale regola è di stretta interpretazione.
Gli abusi e le consuetudini contrarie, che talvolta si verificano, così da
anticipare l’ora della celebrazione della veglia pasquale nelle ore in cui
di solito si celebrano le messe prefestive della domenica, non possono
essere ammessi. (83)
Le motivazioni addotte da alcuni per anticipare la veglia pasquale, come ad
es. l’insicurezza pubblica, non sono fatte valere nel caso della notte di
natale o per altri convegni che si svolgono di notte.
79. La veglia pasquale, in cui gli ebrei attesero di notte il passaggio del
Signore che li liberasse dalla schiavitù del faraone,fu da loro osservata
come memoriale da celebrarsi ogni anno; era la figura della futura vera
pasqua di Cristo, cioè della notte della vera liberazione, in cui «Cristo,
spezzando i vincoli della morte, risorge vincitore dal sepolcro». (84)
80. Fin dall’inizio la chiesa ha celebrato la pasqua annuale, solennità
delle solennità con una veglia notturna. Infatti la risurrezione di Cristo è
fondamento della nostra fede e della nostra speranza e per mezzo del
battesimo e della cresima siamo stati inseriti nel mistero pasquale di
Cristo: morti, sepolti e risuscitati con lui, con lui anche regneremo. (85)
Questa veglia è anche attesa escatologica della venuta del Signore. (86)
2. La struttura della veglia pasquale e l’importanza dei suoi elementi e
delle sue parti
81. La veglia si svolge in questo modo: dopo il «lucernario» e il «preconio»
pasquale (prima parte della veglia), la santa chiesa medita «le meraviglie»
che il Signore ha compiuto per il suo popolo fin dall’inizio (seconda parte
o liturgia della parola), fino al momento in cui, con i suoi membri
rigenerati nel battesimo (terza parte), viene invitata alla mensa, che il
Signore ha preparato al suo popolo, memoriale della sua morte e
risurrezione, in attesa della sua venuta (quarta parte) (87)
Questa struttura dei riti non può da nessuno essere cambiata
arbitrariamente.
82. La prima parte comprende azioni simboliche e gestì, che devono essere
compiuti con una tale ampiezza e nobiltà, che i fedeli possano veramente
apprenderne il significato, suggerito dalle monizioni e dalle orazioni
liturgiche.
Per quanto possibile, si prepari fuori della chiesa in luogo adatto il rogo
per la benedizione del nuovo fuoco, la cui fiamma deve essere tale da
dissipare veramente le tenebre e illuminare la notte.
Nel rispetto della verità del segno, si prepari il cero pasquale fatto di
cera, ogni anno nuovo, unico, di grandezza abbastanza notevole, mai
fittizio, per poter rievocare che Cristo è la luce del mondo. Venga
benedetto con i segni e le parole indicati nel messale o altri approvati
dalle conferenze episcopali. (88)
83. La processione, con cui il popolo fa ingresso nella chiesa, deve essere
guidata dalla sola luce del cero pasquale. Come i figli di Israele erano
guidati di notte dalla colonna di fuoco, così i cristiani a loro volta
seguono il Cristo che risorge. Nulla vieta che a ciascuna risposta «Rendiamo
grazie a Dio» si aggiunga qualche acclamazione in onore di Cristo.
La luce del cero pasquale viene propagata gradualmente alle candele,
opportunamente portate in mano da tutti, con le lampade elettriche ancora
spente.
84. Il diacono annunzia il «preconio» pasquale, che in forma di grande poema
lirico proclama tutto il mistero pasquale inserito nell’economia della
salvezza. Se necessario, in mancanza del diacono, qualora anche il sacerdote
celebrante non possa proclamarlo venga affidato a un cantore. Le conferenze
episcopali possono apportare adattamenti a questo «preconio» per mezzo di
alcune acclamazioni del popolo in esso inserite. (89)
85. Le letture della sacra Scrittura formano la seconda parte della veglia.
Esse descrivono gli avvenimenti culminanti della storia della salvezza, che
i fedeli devono poter serenamente meditare nel loro animo attraverso il
canto del salmo responsoriale, il silenzio e l’orazione del celebrante.
Il rinnovato rito della veglia comprende sette letture dell’Antico
Testamento prese dai libri della legge e dei profeti, le quali per lo più
sono state accettate dall'antichissima tradizione sia dell’oriente che
dell’occidente; e due letture dal Nuovo Testamento, prese dalle lettere
degli apostoli e dal VangelO. Così la chiesa «cominciando da Mosè e da tutti
i profeti» (90) interpreta il mistero pasquale di Cristo. Pertanto tutte le
letture siano lette, dovunque sia possibile, in modo da rispettare
completamente la natura della veglia pasquale, che esige il tempo dovuto.
Tuttavia dove le circostanze di natura pastorale richiedono di diminuire
ulteriormente il numero delle letture, se ne leggano almeno tre dall’Antico
Testamento, cioè dai libri della legge e dei profeti; non venga mai omessa
la lettura del cap. 14 dell’Esodo con il suo cantico. (91)
86. Il significato tipologico dei testi dell’Antico Testamento si fonda nel
Nuovo, e si rende manifesto con l’orazione pronunciata dal sacerdote
celebrante dopo le singole letture; gioverà anche introdurre i fedeli, con
una breve monizione, a comprenderne il significato. Tale monizione può
essere fatta o dallo stesso sacerdote o dal diacono.
Le commissioni liturgiche nazionali o diocesane avranno cura di preparare
gli opportuni sussidi in aiuto ai pastori.
Dopo la lettura segue il canto del salmo con la risposta data dal popolo.
In questo ripetersi delle parti si conservi un ritmo, che possa favorire la
partecipazione e la devozione dei fedeli. 892) Si eviti con attenzione di
introdurre canzoncine popolari al posto dei salmi.
87. Terminate le letture dell’Antico Testamento si canta l’inno «Gloria a
Dio», vengono suonate le campane secondo le consuetudini locali, si
pronuncia l’orazione colletta e si passa alle letture del Nuovo Testamento.
Si legge l’esortazione dell’apostolo sul battesimo come inserimento nel
mistero pasquale di Cristo.
Quindi tutti si alzano: il sacerdote intona per tre volte l’«Alleluia»,
elevando più in alto gradualmente la voce, mentre il popolo a sua volta lo
ripete. (93) Se necessario, il salmista o un cantore intona l’«Alleluia»,
che il popolo prosegue intercalando l’acclamazione tra i versetti del salmo
117, tante volte citato dagli apostoli nella predicazione pasquale. (94)
Finalmente sì annuncia con il Vangelo la risurrezione del Signore, quale
culmine di tutta la liturgia della Parola. Non si ometta di fare l’omelia,
per quanto breve, dopo il Vangelo.
88. La terza parte della veglia è costituita dalla liturgia battesimale. Ora
viene celebrata nel sacramento la pasqua di Cristo e nostra. Ciò può essere
espresso in maniera completa in quelle chiese che hanno il fonte
battesimale, e soprattutto quando avviene l’iniziazione cristiana di adulti
o almeno si celebra il battesimo dei bambini. (95) Anche nel caso che
manchino i battezzandi, nelle chiese parrocchiali sì faccia almeno la
benedizione dell’acqua battesimale. Quando questa benedizione non si celebra
al fonte battesimale ma nel presbiterio, in un secondo momento l’acqua
battesimale sia portata al battistero, dove sarà conservata per tutto il
tempo pasquale. (96) Dove invece non vi sono i battezzandi né si deve
benedire il fonte, la memoria del battesimo si fa nella benedizione
dell’acqua, con cui si asperge il popolo. (97)
89. Segue quindi la rinnovazione delle promesse battesimali, introdotta con
una monizione dal sacerdote celebrante. I fedeli in piedi, e con le candele
accese in mano, rispondono alle interrogazioni. Poi vengono aspersi con
l’acqua: in tal modo gesti e parole ricordano loro il battesimo ricevuto. Il
sacerdote celebrante asperge il popolo passando per la navata della chiesa,
mentre tutti cantano l’antifona «Ecco l’acqua» o un altro canto di carattere
battesimale. (98)
90. La celebrazione dell’eucaristia forma la quarta parte della veglia e il
suo culmine, essendo in modo pieno il sacramento della pasqua, cioè
memoriale del sacrificio della croce e presenza del Cristo risorto,
completamento dell’iniziazione cristiana, pregustazione della pasqua eterna.
91. Si raccomanda di non celebrare in fretta la liturgia eucaristica; al
contrario conviene che tutti i riti e tutte le parole raggiungano la massima
forza di espressione: la preghiera universale, mediante la quale i neofiti,
divenuti fedeli, esercitano per la prima volta il loro sacerdozio regale;
(99) la processione offertoriale, con la partecipazione dei neofiti, se
questi sono presenti; la preghiera eucaristica prima, seconda o terza fatta
in canto, con i rispettivi embolismi; (100) infine la comunione eucaristica,
come momento di piena partecipazione al mistero celebrato. Alla comunione è
opportuno cantare il salmo 117 con l’antifona «Cristo nostra pasqua», o il
salmo 33 con l’antifona «Alleluia, alleluia, alleluia», o un altro canto di
giubilo pasquale.
92. E desiderabile che sia raggiunta la pienezza del segno eucaristico con
la comunione della veglia pasquale, ricevuta sotto le specie del pane e del
vino. Gli ordinari dei luoghi sapranno valutare l’opportunità di questa
concessione e le circostanze che l'accompagnano. (101)
3. Alcune avvertenze pastorali
93. La liturgia della veglia pasquale sia compiuta in modo di poterne
offrire al popolo cristiano la ricchezza dei riti e delle orazioni; è
importante che sia rispettata la verità dei segni, che sia favorita la
partecipazione dei fedeli, che venga assicurata nella celebrazione la
presenza dei ministranti, dei lettori e della «schola» dei cantori.
94. È auspicabile che talvolta venga prevista la riunione nella stessa
chiesa di più comunità, quando per la vicinanza delle chiese o per lo scarso
numero dei partecipanti non possa aversi una celebrazione completa e
festiva.
Si favorisca la partecipazione dei gruppi particolari alla celebrazione
della veglia pasquale, in cui tutti i fedeli, riuniti insieme, possano
sperimentare in modo più profondo il senso di appartenenza alla stessa
comunità ecclesiale.
I fedeli che a motivo delle vacanze sono assenti dalla propria parrocchia,
siano invitati a partecipare alla celebrazione liturgica nel luogo dove si
trovano.
95. Nell’annunziare la veglia pasquale si abbia cura dì non presentarla come
ultimo momento del sabato santo. Si dica piuttosto che la veglia pasquale
viene celebrata «nella notte di pasqua», come un unico atto di culto. Si
avvertono i pastori di insegnare con cura nella catechesi ai fedeli
l’importanza di prendere parte a tutta la veglia pasquale. (102)
96. Per una migliore celebrazione della veglia pasquale si richiede che gli
stessi pastori acquisiscano una conoscenza più profonda sia dei testi che
dei riti, per poter impartire una vera mistagogia.
B) IL GIORNO DI PASQUA
97. Si celebri la messa del giorno di pasqua con grande solennità. È
opportuno oggi compiere l’aspersione dell’acqua, benedetta nella veglia,
come atto penitenziale. Durante l’aspersione si canti l’antifona «Ecco
l’acqua», o un altro canto di carattere battesimale. I vasi che si trovano
all’ingresso della chiesa vengano riempiti con la stessa acqua.
98. Si conservi, dove già è in vigore, o secondo l’opportunità si instauri,
la tradizione di celebrare nel giorno di pasqua i vespri battesimali,
durante i quali al canto dei salmi si fa la processione al fonte. (103)
99. Il cero pasquale, da collocare presso l’ambone o vicino all’altare,
rimanga acceso almeno in tutte le celebrazioni liturgiche più solenni di
questo tempo, sia nella messa, sia a lodi e vespri, fino alla domenica di
pentecoste. Dopo di questa il cero viene conservato con il dovuto onore nel
battistero, per accendere alla sua fiamma le candele dei neo-battezzati
nella celebrazione del battesimo. Nella celebrazione delle esequie il cero
pasquale sia collocato accanto al feretro, ad indicare che la morte è per il
cristiano la sua vera pasqua.
Non si accenda il cero pasquale fuori del tempo di pasqua né venga
conservato nel presbiterio. (104)
VIII. IL TEMPO PASQUALE
100. La celebrazione della pasqua continua nel tempo pasquale. I cinquanta
giorni che si succedono dalla domenica di risurrezione alla domenica di
pentecoste, si celebrano nella gioia come un solo giorno di festa, anzi come
«la grande domenica». (105)
101. Le domeniche di questo tempo vengono considerate come domeniche di
pasqua e hanno la precedenza sulle feste del Signore e su tutte le
solennità. Le solennità che coincidono con queste domeniche si anticipano al
sabato. (106) «Le celebrazioni in onore della beata vergine Maria e dei
santi, che ricorrono durante la settimana, non possono essere rinviate a
queste domeniche (107)
102. Per gli adulti che hanno ricevuto l’iniziazione cristiana nella veglia
pasquale, tutto questo tempo è riservato alla «mistagogia». Pertanto,
ovunque vi siano neofiti, si rispetti tutto ciò che è indicato nel «Rito
dell’iniziazione cristiana degli adulti», nn. 37-40, e 235-239. Si faccia
sempre, nell’ottava di pasqua, la preghiera di intercessione per i
neo-battezzati, inserita nella preghiera eucaristica.
103. Durante tutto il tempo pasquale, nelle messe della domenica vengano
riservati tra i fedeli posti particolari per i neo-battezzati. Questi
cerchino di partecipare alle messe insieme ai loro padrini. Per essi si
abbia il ricordo nella omelia e, secondo l’opportunità, nella preghiera dei
fedeli. A chiusura del tempo della mistagogia, vicino alla domenica di
pentecoste, si faccia qualche celebrazione, secondo le consuetudini
regionali. (108) E opportuno inoltre che i fanciulli facciano in queste
domeniche la loro prima comunione.
104. Durante il tempo pasquale i pastori istruiscano i fedeli già iniziati
al sacramento dell’eucaristia sul significato del precetto della chiesa di
ricevere in questo tempo la santa comunione. (109) Si raccomanda molto che
soprattutto nell’ottava di pasqua la santa comunione sia portata agli
infermi.
105. Dove vi è l’uso di benedire le case in occasione delle feste pasquali,
tale benedizione sia fatta dal parroco o da altri sacerdoti o diaconi, da
lui delegati. E questa una occasione preziosa per esercitare l’ufficio
pastorale. (110) Il parroco si rechi a far visita pastorale nella casa di
ciascuna famiglia, abbia un colloquio con i suoi membri e preghi brevemente
con loro, adoperando i testi contenuti nel libro Rito delle benedizioni.
(111) Nelle grandi città si preveda la possibilità di radunare più famiglie
per celebrare insieme il rito di benedizione.
106. Secondo la diversità dei luoghi e dei popoli, si riscontrano molte
consuetudini popolari collegate con le celebrazioni del tempo pasquale, che
talvolta richiamano un maggior concorso di gente rispetto alle celebrazioni
liturgiche; tali consuetudini non sono da disprezzare, e possono risultare
adatte a manifestare la mentalità religiosa dei fedeli. Pertanto le
conferenze episcopali e gli ordinari dei luoghi provvedano affinché queste
consuetudini, che possono favorire la pietà, siano ordinate nel modo
migliore possibile: siano in armonia con la sacra liturgia, siano
maggiormente impregnate di spirito liturgico, traggano in qualche modo
ispirazione dalla liturgia, e ad essa conducano il popolo cristiano. (112)
107. Questo sacro tempo dei cinquanta giorni si conclude con la domenica di
pentecoste, in cui si commemora il dono dello Spirito santo effuso sugli
apostoli, i primordi della chiesa e l’inizio della sua missione a tutte le
lingue, i popoli e le nazioni. (113)
Sia favorita la celebrazione protratta della messa della vigilia, che non
riveste un carattere battesimale, come nella veglia pasquale, ma di intensa
preghiera sull’esempio degli apostoli e dei discepoli, che perseveravano
unanimi in preghiera, con Maria, madre di Gesù, nell’attesa dello Spirito
santo. (114)
108. «E una caratteristica della festività pasquale che tutta la chiesa
gioisca per la remissione dei peccati, concessa non soltanto a coloro che
rinascono nel santo battesimo, ma anche a quelli che da tempo sono stati
ammessi nel numero dei figli adottivi». (115) Attraverso una più solerte
azione pastorale e un maggior impegno spirituale da parte di ciascuno, con
la grazia del Signore, sarà possibile a tutti coloro che avranno partecipato
alle feste pasquali, testimoniare nella vita il mistero della pasqua
celebrato nella fede. (116)
Dalla sede della Congregazione per il culto divino, il 16 gennaio 1988.
PAUL AUGUSTIN card. MAYER, O.S.B.
prefetto
VIRGILIO NOÈ, arciv. tit. di Voncaria
segretario