“Dominus Est - Riflessioni di un Vescovo
dell'Asia Centrale sulla sacra Comunione”,
scritto da Mons. Athanasius Schneider,
Vescovo Ausiliare di Karaganda (Kazakhstan),
è stato stampato di recente dalla Libreria
Editrice Vaticana, con prefazione del
Segretario della Congregazione del Culto
Divino e della Disciplina dei Sacramenti,
Mons. Malcolm Ranjith.
Ecco la presentazione che si può leggere sulla contro-copertina di questo
importante lavoro:
La sacra Comunione non è soltanto un momento conviviale del nutrimento
spirituale, ma anche l'incontro personale più vicino possibile in questa
vita del fedele con il Signore e Dio. L'atteggiamento interiore più vero in
questo incontro è quello della recettività, dell'umiltà, dell'infanzia
spirituale. Un Tale atteggiamento esige da parte nostra gesti tipici di
adorazione e di riverenza. Ne abbiamo testimonianze eloquenti nella
bimillenaria tradizione della Chiesa, caratterizzata dal detto “con amore e
timore” (primo millennio) e “quanto puoi, tanto osa” (secondo millennio).
L'autore riporta anche l'esempio di tre “donne eucaristiche” di sua
conoscenza del tempo della clandestinità sovietica. Tali testimonianze
possono incoraggiare ed istruire i cattolici del terzo millennio su come
trattare il Signore nell'augusto momento della sacra Comunione.
PREFAZIONE
Nel Libro dell'Apocalisse, San Giovanni racconta come avendo visto e
udito ciò che gli fu rivelato, si prostrava in adorazione ai piedi
dell'angelo di Dio (cf. Ap 22, 8). Prostrarsi o mettersi in ginocchio
davanti, alla maestà della presenza di Dio, in umile adorazione, era
un'abitudine di riverenza che Israele attuava sempre davanti alla presenza
del Signore. Dice il primo libro dei Re: « quando Salomone ebbe finito di
rivolgere al Signore questa preghiera e questa supplica, si alzò davanti
all'altare del Signore, dove era inginocchiato con le palme tese verso il
cielo, si mise in piedi e benedisse tutta l'assemblea d'Israele » (1 Re 8,
54-55). La posizione della supplica del Re è chiara: Lui era in ginocchio
davanti all'altare.
La stessa tradizione è visibile anche nel Nuovo Testamento dove vediamo
Pietro mettersi in ginocchio davanti a Gesù (cf Lc 5, 8); Giairo per
chiedergli di guarire sua figlia (Lc 8, 41), il Samaritano tornato a
ringraziarlo e Maria, sorella di Lazzaro per chiedere il favore della vita
per il suo fratello (Gv 11, 32). Lo stesso atteggiamento di prostrazione
davanti allo stupore della presenza e rivelazione divina si nota in genere
nel Libro dell'Apocalisse (Ap 5, 8, 14 e 19, 4).
Intimamente legato a questa tradizione, era la convinzione che il Tempio
Santo di Gerusalemme era la dimora di Dio e perciò nel tempio bisognava
disporsi in atteggiamenti corporali espressivi di un profondo senso di
umiltà e riverenza alla presenza del Signore.
Anche nella Chiesa, la convinzione profonda che nelle specie Eucaristiche
il Signore è vera mente e realmente presente e la crescente prassi di
conservare la santa comunione nei tabernacoli, contribuì alla prassi di
inginocchiarsi in atteggiamento di umile adorazione del Signore nel
l'Eucaristia.
Difatti, riguardo alla presenza reale di Cristo nelle specie Eucaristiche
il Concilio di Trento proclamò: « in almo sanctae Eucharistiae sacramento
post panis et vini consecrationem Dominum nostrum Iesum Christum verum Deum
atque hominem vere, realiter ac substantialiter sub specie illarum rerum
sensibilium contineri » (DS 1651).
Inoltre, San Tommaso d'Aquino aveva già definito l'Eucaristia latens
Deitas (S. Tommaso d'Aquino, Inni). E, la fede nella presenza reale di
Cristo nelle specie eucaristiche apparteneva già d'allora all'essenza della
fede della Chiesa Cattolica ed era parte intrinseca dell'identità
cattolica. Era chiaro che non si poteva edificare la Chiesa se tale fede
veniva minimamente intaccata.
Perciò, l'Eucaristia, Pane transustanziato in Corpo di Cristo e vino in
Sangue di Cristo, Dio in mezzo a noi, doveva essere accolta con stupore,
massima riverenza e in atteggiamento di umile adorazione. Papa Benedetto
XVI ricordando le parole di Sant'Agostino «nemo autem illam carnem
manducat, nisi prius adoraverit; peccemus non adorando » (Enarrationes in
Psalmos 89, 9; CCL XXXIX, 1385) sottolinea che « ricevere l'Eucaristia
significa porsi in atteggiamento di adorazione verso, colui che riceviamo
[...] soltanto nell'adorazione può maturare un'accoglienza profonda e vera
» (Sacramentum Caritatis 66).
Seguendo questa tradizione è chiaro che assumere gesti e atteggiamenti
del corpo e dello spirito che facilitano il silenzio, il raccoglimento,
l'umile accettazione della nostra povertà davanti all'infinita grandezza e
santità di Colui che ci vie ne incontro nelle specie eucaristiche diventava
coerente e indispensabile. Il miglior modo per esprimere il nostro senso di
riverenza verso il Signore Eucaristico era quello di seguire l'esempio di
Pietro che, come racconta il Vangelo, si gettò in ginocchio davanti al
Signore e disse «Signore, allontanati da me che sono un peccatore » (Lc 5,
8).
Ora, si nota come in alcune chiese, tale prassi viene sempre meno e i
responsabili non solo impongono i fedeli a ricevere la Santissima
Eucaristia in piedi, ma hanno persino eliminati tutti gli inginocchiatoi
costringendo i loro fedeli a stare seduti, o in piedi, anche durante
l'elevazione delle specie Eucaristiche presentate per l'adorazione. E strano
che tali provvedimenti siano stati presi nelle diocesi, dai responsabili
della liturgia, o nelle chiese, dai parroci, senza una pur minima
consultazione dei fedeli, anche se oggi più che mai, si parla in molti
ambienti, di democrazia nella Chiesa.
Allo stesso tempo, parlando della comunione sulla mano bisogna
riconoscere che fu una prassi introdotta abusivamente e in fretta in alcuni
ambienti della Chiesa subito dopo il Concilio, cambiando la secolare
prassi precedente e divenendo ora la prassi regolare per tutta la Chiesa. Si
giustificava tale cambiamento dicendo che rifletteva meglio il Vangelo o la
prassi antica della Chiesa.
È vero che se si riceve sulla lingua, si può ricevere anche sulla mano,
essendo questo organo del corpo d'uguale dignità. Alcuni, per giustificare
tale prassi, si riferiscono alle parole di Gesù: « prendi e mangia » (Mc 14,
22; Mt 26, 26). Quali siano le ragioni a sostegno di questa prassi, non
possiamo non ignorare ciò che succede a livello mondiale dove tale pratica
viene attuata. Questo gesto contribuisce ad un graduale e crescente
indebolimento dell'atteggiamento di riverenza verso le sacre specie
Eucaristiche. La prassi prece dente invece salvaguardava meglio quel senso
di riverenza. Sono subentrati invece, una allarmante mancanza di
raccoglimento e uno spirito di generale disattenzione. Si vedono ora dei
comunicandi che spesso tornano ai loro posti come se nulla di straordinario
fosse accaduto. Maggior mente distratti sono i bambini e gli adolescenti. In
molti casi non si nota quel senso di serietà e silenzio interiore che devono
segnalare la presenza di Dio nell'anima.
Ci sono poi abusi di chi porta via le sacre specie per tenerle come
souvenir, di chi le vende, o peggio ancora, di chi le porta via per
profanare in riti satanici. Tali situazioni sono state rilevate. Persino
nelle grandi concelebrazioni, anche a Ro ma, varie volte sono state trovate
delle specie sacre buttate a terra.
Questa situazione non ci porta solo a riflette re sulla grave perdita di
fede, ma anche sugli oltraggi e offese al Signore che si degna di venirci
incontro volendo renderci simili a lui, affinché rispecchi in noi la santità
di Dio.
Il Papa parla della necessità non solo di capire il vero e profondo
significato dell'Eucaristia, ma anche di celebrarla con dignità e riverenza.
Dice che bisogna essere consci dell'importanza « dei gesti e della postura,
come inginocchiarsi durante i momenti salienti della preghiera Eucaristica»
(Sacramentum Caritatis, 65). Inoltre parlando della ricezione della Santa
Comunione in vita tutti a: « fare il possibile perché il gesto nella sua
semplicità corrisponda al suo valore di incontro personale con il Signore
Gesù Cristo nel Sacramento » (Sacramentum Caritatis, 50).
In questa ottica è da apprezzare il Libretto scritto da S.E. Mons.
Athanasius Schneider, Vescovo Ausiliare di Karaganda in Kazakhstan dal
titolo molto significativo Dominus Est. Esso vuole dare un contributo alla
discussione attuale sul l'Eucaristia, presenza reale e sostanziale di Cristo
nelle specie consacrate del Pane e del Vino. È significativo che Mons.
Schneider inizi la sua Presentazione con una nota personale ricordando la
profonda fede eucaristica della sua mamma e di altre due donne, fede
conservata fra tante sofferenze e sacrifici che la piccola comunità dei cattolici di quel Paese ha sofferto negli anni della persecuzione sovietica.
Partendo da questa sua esperienza, che suscitò in lui una grande fede,
stupore e devozione per il Signore presente nel l'Eucaristia, egli ci
presenta un excursus storico-teologico che chiarisce come la prassi di
ricevere la Santa Comunione in bocca e in ginocchio sia stata accolta e
praticata nella Chiesa per un lungo periodo di tempo.
Ora io credo che sia arrivato il momento di valutare bene la suddetta
prassi, e di rivedere e se, necessario, abbandonare quella attuale che
difatti non fu indicata né nella stessa
Sacrosanctum Concilium, né dai
Padri Conciliari ma fu accettata dopo una introduzione abusiva in alcuni
Paesi. Ora, più che mai, è necessario aiutare i fedeli a rinnovare una viva
fede nella presenza reale di Cristo nelle specie Eucaristiche allo scopo di
rafforzare la vita stessa della Chiesa e di difenderla in mezzo alle
pericolose distorsioni della fede che tale situazione continua a causare.
Le ragioni per tale mossa devono essere non tanto quelle accademiche ma
quelle pastorali – spirituali come anche liturgiche – in breve, ciò che
edifica meglio la fede. Mons. Schneider in questo senso mostra lodevole
coraggio, perché ha saputo cogliere il vero significato delle parole di San
Paolo: « ma tutto si faccia per l'edificazione» (1 Cor 14, 26).
MALCOLM RANJITH
Segretario della Congregazione del Culto Divino
e della Disciplina dei Sacramenti