Perché il primo volume stampato, dei sedici
previsti dell'Opera Omnia di Benedetto XVI, ha per tema la liturgia? Basta
leggere la prefazione che egli ha firmato in apertura del volume. Lì il papa
scrive che la scelta del tema con cui cominciare è tutta sua. E spiega
perché. Con passaggi di grande interesse, a tratti sorprendenti.
Prefazione al volume iniziale dei miei scritti
di Joseph Ratzinger
Il Concilio Vaticano II iniziò i suoi lavori con la discussione dello schema
sulla sacra liturgia, che poi venne solennemente votato il 4 dicembre 1963
come primo frutto della grande assise della Chiesa,
con il rango di una
costituzione. Che il tema della liturgia si trovasse all’inizio dei lavori
del Concilio e che la costituzione sulla liturgia divenisse il suo primo
risultato venne considerato a prima vista piuttosto un caso. Papa Giovanni
aveva convocato l'assemblea dei vescovi con una decisione da tutti condivisa
con gioia, per ribadire la presenza del cristianesimo in una epoca di
profondi cambiamenti, ma senza proporre un determinato programma. Dalla
commissione preparatoria era stata messa insieme un’ampia serie di progetti.
Ma mancava una bussola per poter trovare la strada in questa abbondanza di
proposte. Fra tutti i progetti il testo sulla sacra liturgia sembrò quello
meno controverso. Così esso apparve subito adatto: come una specie di
esercizio, per così dire, con il quale i Padri potessero apprendere i metodi
del lavoro conciliare.
Ciò che a prima vista potrebbe sembrare un caso, si rivela, guardando alla
gerarchia dei temi e dei compiti della Chiesa, come la cosa anche
intrinsecamente più giusta. Cominciando con il tema "liturgia", si mise
inequivocabilmente in luce il primato di Dio, la priorità del tema "Dio".
Dio innanzitutto, così ci dice l’inizio della costituzione sulla liturgia.
Quando lo sguardo su Dio non è determinante ogni altra cosa perde il suo
orientamento. Le parole della regola benedettina "Ergo nihil Operi Dei
praeponatur" (43, 3: "Quindi non si anteponga nulla all’Opera di Dio")
valgono in modo specifico per il monachesimo, ma hanno valore, come ordine
delle priorità, anche per la vita della Chiesa e di ciascuno nella sua
rispettiva maniera. È forse utile qui ricordare che nel termine "ortodossia"
la seconda metà della parola, "doxa", non significa "opinione", ma
"splendore", "glorificazione": non si tratta di una corretta "opinione" su
Dio, ma di un modo giusto di glorificarlo, di dargli una risposta. Poiché
questa è la domanda fondamentale dell’uomo che comincia a capire se stesso
nel modo giusto: come debbo io incontrare Dio? Così, l’apprendere il modo
giusto dell’adorazione – dell’ortodossia – è ciò che ci viene donato
soprattutto dalla fede.
Quando ho deciso, dopo qualche esitazione, di accettare il progetto di una
edizione di tutte le mie opere, mi è stato subito chiaro che vi dovesse
valere l’ordine delle priorità del Concilio, e che quindi il primo volume ad
uscire doveva essere quello con i miei scritti sulla liturgia. La liturgia
della Chiesa è stata per me, fin dalla mia infanzia, l’attività centrale
della mia vita, ed è diventata, alla scuola teologica di maestri come
Schmaus, Söhngen, Pascher e Guardini, anche il centro del mio lavoro
teologico. Come materia specifica ho scelto la teologia fondamentale, perché
volevo innanzitutto andare fino in fondo alla domanda: perché crediamo? Ma
in questa domanda era inclusa fin dall’inizio l’altra sulla giusta risposta
da dare a Dio, e quindi anche la domanda sul servizio divino. Proprio da qui
debbono essere intesi i miei lavori sulla liturgia. Non mi interessavano i
problemi specifici della scienza liturgica, ma sempre l’ancoraggio della
liturgia nell’atto fondamentale della nostra fede e quindi anche il suo
posto nella nostra intera esistenza umana.
Questo volume raccoglie ora tutti i miei lavori di piccola e media
dimensione con i quali nel corso degli anni, in occasioni e da prospettive
diverse, ho preso posizione su questioni liturgiche. Dopo tutti i contributi
nati in questo modo, sono stato spinto infine a presentare una visione
d'insieme che è apparsa nell'anno giubilare 2000 sotto il titolo "Lo spirito
della liturgia. Un'introduzione" e che costituisce il testo centrale di
questo libro.
Purtroppo, quasi tutte le recensioni si sono gettate su un unico capitolo:
"L’altare e l’orientamento della preghiera nella liturgia". I lettori delle
recensioni hanno dovuto dedurne che l’intera opera abbia trattato solo
dell’orientamento della celebrazione e che il suo contenuto si riduca a
quello di voler reintrodurre la celebrazione della messa "con le spalle
rivolte al popolo". In considerazione di questo travisamento ho pensato per
un momento di sopprimere questo capitolo (di appena nove pagine su duecento)
per poter ricondurre la discussione sul vero argomento che mi interessava e
continua ad interessarmi nel libro. Questo sarebbe stato tanto più
facilmente possibile per il fatto che nel frattempo sono apparsi due
eccellenti lavori nei quali la questione dell’orientamento della preghiera
nella Chiesa del primo millennio è stata chiarita in modo persuasivo. Penso
innanzitutto all’importante piccolo libro di Uwe Michael Lang, "Rivolti al
Signore. L'orientamento nella preghiera liturgica" (traduzione italiana: Cantagalli, Siena, 2006), ed in modo del tutto particolare al grosso
contributo di Stefan Heid, "Atteggiamento ed orientamento della preghiera
nella prima epoca cristiana" (in "Rivista d’Archeologia Cristiana" 72,
2006), in cui fonti e bibliografia su tale questione risultano ampiamente
illustrate e aggiornate.
Il risultato è del tutto chiaro: l’idea che sacerdote e popolo nella
preghiera dovrebbero guardarsi reciprocamente è nata solo nella cristianità
moderna ed è completamente estranea in quella antica. Sacerdote e popolo
certamente non pregano uno verso l’altro, ma verso l’unico Signore. Quindi
guardano nella preghiera nella stessa direzione: o verso Oriente come
simbolo cosmico per il Signore che viene, o, dove questo non fosse
possibile, verso una immagine di Cristo nell’abside, verso una croce, o
semplicemente verso il cielo, come il Signore ha fatto nella preghiera
sacerdotale la sera prima della sua Passione (Giovanni 17, 1). Intanto si
sta facendo strada sempre di più, fortunatamente, la proposta da me fatta
alla fine del capitolo in questione nella mia opera: non procedere a nuove
trasformazioni, ma porre semplicemente la croce al centro dell’altare, verso
la quale possano guardare insieme sacerdote e fedeli, per lasciarsi guidare
in tal modo verso il Signore, che tutti insieme preghiamo.
Ma con questo ho forse detto troppo di nuovo su questo punto, che
rappresenta appena un dettaglio del mio libro, e che potrei anche
tralasciare. L’intenzione fondamentale dell’opera era quella di collocare la
liturgia al di sopra delle questioni spesso grette circa questa o quella
forma, nella sua importante relazione che ho cercato di descrivere in tre
ambiti che sono presenti in tutti i singoli temi. C'è innanzitutto l'intimo
rapporto tra Antico e Nuovo Testamento; senza la relazione con l'eredità
veterotestamentaria la liturgia cristiana è assolutamente incomprensibile.
Il secondo ambito è il rapporto con le religioni del mondo. E si aggiunge
infine il terzo ambito: il carattere cosmico della liturgia, che rappresenta
qualcosa di più della semplice riunione di una cerchia più o meno grande di
esseri umani; la liturgia viene celebrata dentro l'ampiezza del cosmo,
abbraccia creazione e storia allo stesso tempo. Questo è ciò che si
intendeva nell'orientamento della preghiera: che il Redentore che noi
preghiamo è anche il Creatore, e così nella liturgia rimane sempre l'amore
anche per la creazione e la responsabilità nei suoi confronti. Sarei lieto
se questa nuova edizione dei miei scritti liturgici potesse contribuire a
far vedere le grandi prospettive della nostra liturgia e a far relegare nel
loro giusto posto certe grette controversie su forme esteriori.
Infine, e soprattutto, sento il dovere di ringraziare. Il mio ringraziamento
è dovuto innanzitutto al vescovo Gerhard Ludwig Muller, che ha preso nelle
sue mani il progetto delle "Opera omnia" e ha creato le condizioni sia
personali che istituzionali per la sua realizzazione. In modo del tutto
particolare correi ringraziare il Prof. Dr. Rudolf Voderholzer, che ha
investito tempo ed energie in misura straordinaria nella raccolta e
nell'individuazione dei miei scritti. Ringrazio anche il Signor Dr.
Christian Schaler, che lo assiste in maniera dinamica. Infine, il mio
sincero ringraziamento va alla casa editrice Herder, che con grande amore e
accuratezza si è assunta l'onere di questo difficile e faticoso lavoro.
Possa tutto ciò contribuire a che la liturgia venga compresa in modo sempre
più profondo e celebrata degnamente. "La gioia del Signore è la nostra
forza" (Neemia 8,10).
Roma, festa dei santi Pietro e Paolo, 29 giugno 2008