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Testo del signor Cardinale Joseph Ratzinger apparso all’inizio dell’edizione francese del libro di Mons. Klaus Gamber “La Réforme liturgique en question” (tit. orig. “Die Reform der Römischen Liturgie”), ed. Sainte-Madeleine (1992), 84330 Le Barroux, Francia. Il testo francese è stato preso dal sito dei monaci dell’Abbazia di Sainte-Madeleine di Barroux (http://www.barroux.org/docum/documpres.html).

“Il coraggio di un vero testimone”

Un giovane sacerdote mi diceva di recente: “Ci vorrebbe oggi un nuovo movimento liturgico”. Era l’espressione di una preoccupazione che, di questi giorni, solo degli spiriti volontariamente superficiali potrebbero allontanare. Ciò che importava a questo sacerdote, non era di conquistare nuove e audaci libertà: quali libertà non ci siamo già arrogati? Sentiva che abbiamo bisogno di un nuovo inizio che tragga origine dall’intimo della liturgia, come l’aveva voluto il movimento liturgico quando si trovava all’apogeo della sua vera natura, quando non si trattava di fabbricare testi, di inventare azioni e forme, ma di scoprire il centro vivente, di penetrare nel tessuto propriamente detto della liturgia, affinché l’adempimento di questa fosse il risultato della sua stessa sostanza.

La riforma liturgica, nella sua concreta realizzazione, si è allontanata sempre più da questa origine. Il risultato non è stata una rianimazione ma una devastazione. Da un canto, abbiamo una liturgia degenerata in “show”, nella quale si cerca di rendere la religione interessante con l’aiuto di idiozie alla moda e di massime morali seducenti, con dei successi momentanei nel gruppo dei fabbricanti di liturgia, e una attitudine all’arretramento tanto più pronunciata presso coloro che cercano nella liturgia non lo “shomaster” spirituale, ma l’incontro col Dio vivente davanti al quale ogni “fare” diventa insignificante, essendo solo questo incontro capace di farci accedere alle autentiche ricchezze dell’essere. D’altro canto, abbiamo la conservazione di forme rituali la cui grandezza emoziona sempre, ma che, spinte all’estremo, manifestano un isolamento ostinato e alla fine non lasciano altro che tristezza. Certo, tra i due estremi rimangono tutti i sacerdoti e le loro parrocchie che celebrano la nuova liturgia con rispetto e solennità, ma vengono rimessi in discussione dalla contraddizione tra i due estremi, e la mancanza di unità interna nella Chiesa alla fine fa comparire la loro fedeltà, a torto per molti di loro, come una semplice verità personale di neoconservatorismo. Un nuovo impulso spirituale è quindi necessario affinché la liturgia sia di nuovo per noi una attività della comunità della Chiesa e che venga strappata all’arbitrio dei sacerdoti e dei loro gruppi liturgici.

Non si può “costruire” un movimento liturgico di questo genere –non più di quanto si possa costruire un qualche cosa di vivo-, ma si può contribuire al suo sviluppo sforzandosi di assimilare di nuovo lo spirito della liturgia e difendendo pubblicamente quanto abbiamo fin qui ricevuto. Questo nuovo inizio ha bisogno di “padri” che siano dei modelli, e che non si contentino di indicare la via da seguire. Chi cerca oggi di tali “padri” incontrerà immancabilmente la persona di Klaus Gamber, che ci è stato purtroppo portato via troppo presto, ma che forse, e proprio nel lasciarci, ci è divenuto autenticamente presente in tutta la forza delle prospettive che ci ha dischiuso. Giustappunto perché lasciandoci sfugge alla diatriba delle parti, potrebbe in questo momento di sconforto, divenire il “padre” di un nuovo inizio. Gamber ha portato con tutto il suo cuore la speranza dell’antico movimento liturgico. Senza dubbio, venendo da una scuola straniera, è rimasto un “outsider” sulla scena tedesca, dove non lo si voleva accettare sul serio; ancora di recente una tesi ha incontrato ingenti difficoltà perché la giovane ricercatrice aveva osato citare Gamber troppo diffusamente e con troppa benevolenza. Ma forse questo essere messo da parte è stato provvidenziale perché ha costretto Gamber a seguire la sua propria via e gli ha evitato il peso del conformismo.

È difficile esprimere in poche parole ciò che, nella disputa tra i liturgisti, è veramente essenziale e ciò che non lo è. Forse l’indicazione seguente potrò essere utile. J.A. Jungmann, uno dei veri grandi liturgisti del nostro secolo, aveva definito a suo tempo la liturgia, tale quale la si ascoltava in Occidente rappresentandola soprattutto attraverso la ricerca storica, come una “liturgia frutto di uno sviluppo”; probabilmente anche per contrasto con la nozione orientale che non vede nella liturgia il divenire e la crescita storici, ma solamente il riflesso della liturgia eterna, la cui luce, attraverso lo svolgimento sacro, illumina il nostro tempo mutevole con la propria bellezza e grandezza immutabili. Le due concezioni sono legittime e in definitiva non sono inconciliabili. Ciò che è avvenuto dopo il Concilio significa tutt’altro: al posto di una liturgia frutto di uno sviluppo continuo, è stata messa una liturgia fabbricata. Si è usciti dal processo vivente di crescita e di divenire per entrare nella fabbricazione. Non si è più voluto proseguire il divenire e la maturazione organici del vivente attraverso i secoli, e li si è rimpiazzati – come fosse una produzione tecnica – con una fabbricazione, prodotto banale del momento. Gamber, con la vigilanza di un autentico profeta e con il coraggio di un autentico testimone, si è opposto a questa falsificazione e ci ha insegnato instancabilmente la viva pienezza di una liturgia autentica, grazie alla sua conoscenza incredibilmente ricca delle fonti. Un uomo che conosceva e amava la storia, ci ha mostrato le molteplici forme del divenire e del cammino della liturgia; un uomo che vedeva la storia dall’interno, ha visto in questo sviluppo il frutto dello sviluppo stesso e il riflesso intangibile della liturgia eterna, la quale non è oggetto del nostro fare ma che può continuare meravigliosamente a maturare e fiorire, se ci uniamo intimamente al suo mistero. La morte di questo uomo e sacerdote eminente dovrebbe stimolarci; la sua opera potrebbe aiutarci a prendere nuovo slancio.

Joseph, cardinale RATZINGER
KLAUS GAMBER  Storia della liturgia

Molto volentieri, in occasione del decesso improvviso di Klaus Gamber, dirò qualche parola in sua memoria, conoscendo il defunto da lunga data, soprattutto attraverso le sue pubblicazioni scientifiche consacrate alla storia della liturgia.

Ci sono poche discipline per le quali la storia abbia una importanza tanto fondamentale quanto per la liturgia, ovvero la scienza del culto cristiano nel senso più vasto del termine. Senza la conoscenza delle origini della liturgia, della sua evoluzione, delle suo modifiche e degli sviluppi che ha subito, non si possono comprendere le ragioni e lo stato attuale dei riti e dei testi liturgici, né il loro svolgersi nei tempi, lo spazio e le cose.

La conoscenza della storia della liturgia è dunque la condizione indispensabile per una interpretazione corretta e per un apprezzamento della liturgia di ieri così come per quella di oggi.

Considerando lo stretto legame esistente tra la fede e la liturgia (lex orandi – lex credendi), quest’ultima obbedisce a delle leggi analoghe a quelle della fede stessa, bisogna sapere che essa esige di essere preservata con grande cura, e quindi che è essenzialmente orientata verso la conservazione. Ogni ulteriore sviluppo dovrà essere oggetto di una prudente riflessione, essere in qualche modo guidata dal sensus fidelium, e non potrà divenire effettivo se non sotto il controllo attento dell’autorità. Per diversi motivi, durante questi lunghi periodi di evoluzione, possono sorgere delle deformazioni, che saranno spesso rilevate postume, e che, presto o tardi, dovranno essere corrette.

Per apprezzare al pertinenza delle riforme e degli sviluppi che la liturgia ha conosciuto nel passato, come per apportarvi eventuali rettifiche, e ancora più per contribuire allo sviluppo del culto richiesto dai nostri tempi, la conoscenza esatta degli elementi costitutivi e della loro evoluzione è una condizione importante e addirittura indispensabile.

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