di Uwe Michael Lang
Per comprendere il pensiero e l'azione del cardinale
Giuseppe Siri nell'ambito della sacra liturgia bisogna riandare ai suoi anni
di formazione come seminarista e come giovane sacerdote a Genova. Nella
prima metà del Novecento la metropoli della Liguria emerse come importante
centro di movimento liturgico. Nel 1903 l'arcivescovo Edoardo Pulciano
iniziò nel seminario genovese l'insegnamento di liturgia come disciplina
distinta da quella delle rubriche. Nel 1914 venne fondata la "Rivista
Liturgica", un progetto congiunto delle abbazie di Finalpia, nel savonese, e
di Praglia. Nella presentazione della nuova rivista si indicava come scopo
quello di studiare e spiegare sia al clero sia ai fedeli la sacra liturgia,
quale "culto pubblico che la Chiesa a rende a Dio".
La figura chiave che emergeva in questi anni fu quella di monsignor Giacomo
Moglia (1881-1941), il fondatore dell'Apostolato liturgico, alla quale il
giovane Siri fu molto legato. (...) In un importante intervento del 1981 lo
definì "uno dei massimi promotori della rinascita liturgica in Italia".
L'Apostolato liturgico venne fondato nel 1930, e la sua prima iniziativa
(...) fu la pubblicazione settimanale dei "foglietti domenicali", con le
varie parti della messa in latino e in traduzione italiana, come rileva
Siri, "perché tutto il popolo capisse, seguisse, partecipasse". Alla scuola
di monsignor Moglia Siri apprese il principio che "il culto a Dio resta il
primo dovere dell'uomo e della Chiesa".
Vorrei qui presentare in maniera sintetica tre elementi caratteristici
della sua visione liturgica, che trovarono espressione nel suo lungo
ministero come arcivescovo di Genova: la liturgia come realtà
soprannaturale, la solennità della liturgia e la dimensione ecclesiale del
culto divino.
Nei suoi molti contributi sul tema, il cardinal Siri ribadiva il carattere
soprannaturale della sacra liturgia, dovuto al fatto che la celebrazione dei
sacramenti è intimamente legata alla Rivelazione divina. In sintonia con
l'enciclica Mediator Dei di Pio xii e la Costituzione conciliare
Sacrosanctum Concilium, Siri metteva in rilievo che la liturgia è
l'azione di Cristo Sommo Sacerdote (...) Quindi "la divina liturgia è
stimolo, fonte, causa di spirito e vita soprannaturale" nell'anima dei
fedeli. Il culto a Dio è "il primo atto al quale sono tenuti gli uomini
(...) e il primo strumento ordinario per la salvezza delle anime (...) Colla
divina liturgia, specialmente se capita e seguita, si santifica, si eleva
tutto".
Siri concepiva la liturgia come l'espressione visibile della fede (...) Per
il cardinale l'importanza del culto non può essere sovrastimata, perché esso
"rappresenta per la maggior parte degli uomini nella gran parte della vita
la principale sorgente, spesso l'unica, della fede conservata, della grazia
di Dio, della speranza eterna", come osserva in una lettera pastorale al
clero dell'arcidiocesi nel 1977. Quindi la "custodia dell'ortodossia della
fede implica l'accurata custodia dell'ortodossia nella liturgia".
In questo contesto, Siri spesso riaffermava la necessità della preparazione
catechetica. (...) Una concezione della liturgia che prescindesse dal suo
contenuto rivelato rischierebbe di diventare soltanto uno "spettacolo", come
Siri sottolinea spesso nei suoi discorsi sul tema.
Nel suo lungo ministero liturgico egli ha sempre incoraggiato e promosso la
partecipazione dei fedeli non nel senso di un attivismo esterno - per Siri
la distinzione essenziale fra il sacerdozio ministeriale e lo stato laicale
era fondamentale nella vita della Chiesa - ma nel senso di preghiera,
meditazione e comprensione dei sacri misteri che sono celebrati nella
liturgia. Una fruttuosa partecipazione al culto si manifesta poi in un
impegno che include ogni aspetto della vita cristiana.
Vi è poi l'aspetto della solennità. La partecipazione dei fedeli nella
liturgia va al di là di quella solo intellettuale, perché le azioni
liturgiche con il loro simbolismo sono "strumento di una traduzione in
elementi figurati più accessibili alla capacità umana di intendere". Nel
dibattito sull'uso della lingua latina nel culto cattolico, Siri esprimeva
la sua convinzione che "nella liturgia prima ed oltre la lingua c'è il
contenuto ed il significato dogmatico, c'è la regia, la coreografia, il
simbolismo, il gesto, il canto, il contorno, le persone, le vesti". Nella
liturgia, attraverso i segni ed i gesti, si sente la presenza e la maestà di
Dio. (...) "La solennità - affermava nel 1981 - vuol realizzare il grande
anche nel piccolo, il decoro anche nel misero, l'armonioso anche nella
tempesta, la dignità anche nell'umile".
La solennità è anche il fondamento dell'arte sacra e della musica sacra. A
più riprese durante il suo lungo governo episcopale, Siri enunciò norme e
direttive per la progettazione e la costruzione delle nuove chiese in
diocesi, compito urgente in particolare negli anni del dopoguerra a Genova.
Il cardinale s'interessava personalmente dell'architettura sacra e favoriva
una linea in essenziale continuità con il linguaggio tradizionale
dell'architettura sacra, tuttavia non escludendo lo stile moderno, purché
corrispondente ai criteri di monumentalità, normalità, idea teologica,
intento ascetico e coerenza liturgica.
Nell'ambito della musica sacra, Siri non cessò mai di promuovere il canto
gregoriano come grande patrimonio del rito romano. L'arcivescovo desiderava
che i fedeli imparassero un repertorio essenziale di canti più semplici del
Graduale romanum. Allo stesso tempo, egli incentivò altri canti di
qualità e dignità, in particolare quelli tradizionali, e l'uso delle
cantorie per l'esecuzione dei brani polifonici e per il sostegno del canto
popolare.
Infine la dimensione ecclesiale della liturgia. Per il cardinale Siri questa
era al fondamento della sua visione liturgica. Le parole che usò in uno dei
suoi discorsi commemorativi di monsignor Moglia possono essere applicate
anche a lui: "Della Chiesa la liturgia era il respiro, per la Chiesa la
liturgia realizzava la grande spirituale unità, in essa si sentivano riuniti
e collegati i figli adottivi di Dio". Nella sua azione di adorazione e lode
a Dio la Chiesa è congiunta con la comunione dei santi, che celebrano la
liturgia celeste alla presenza di Dio. La partecipazione al coro della
Celeste Gerusalemme si manifesta in modo particolare nell'ufficio divino,
che fu sempre molto caro a Siri. Il cardinale arcivescovo di Genova
considerava la celebrazione dei vespri un elemento integrale della
santificazione del giorno del Signore e delle feste dell'anno liturgico,
incoraggiando i fedeli a parteciparvi.
La dimensione ecclesiale della liturgia si mostra anche nel rispetto per la
legge della Chiesa. Per Siri l'obbedienza alle norme e prescrizioni
liturgiche era un'esigenza della spiritualità sacerdotale. Il cardinale
ribadiva che l'aggiornamento liturgico si doveva svolgere solo sotto la
guida dell'autorità competente, soprattutto della Santa Sede. La "romanità"
di Siri si esprimeva in questo atteggiamento di assoluta fedeltà al
Successore di Pietro, anche in momenti di grande prova personale.
Anche se durante il Concilio Vaticano II Siri mostrò alcune riserve (...)
sul documento dedicato alla Sacra Liturgia, il suo giudizio sulla
Sacrosanctum Concilium
fu assai favorevole. (...) Era però molto preoccupato dell'applicazione
della riforma liturgica. Nella sua arcidiocesi rispondeva a questa
situazione con una lettura della riforma conciliare secondo "una ermeneutica
di continuità" (Benedetto XVI). Del resto, già dai primi anni del suo
governo episcopale Siri usò prudenza nell'ambito liturgico, e con questa
prudenza accolse anche la riforma postconciliare, sia nella liturgia stessa,
in particolare nella messa e nel culto della Santissima Eucaristia, sia
nell'ambito dell'architettura, dell'arte sacra e della musica sacra.
(©L'Osservatore Romano - 12 settembre 2008)