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La teologia naturale

di S. E. Card. Giuseppe Siri,
da Da "Renovatio", III (1968), fasc. 1, pp. 5-6


Il Concilio Vaticano primo ha insegnato l’attitudine della ragione a conoscere la realtà sensibile e spirituale, a dimostrare la esistenza di Dio, a determinare ciò che è proprio della sua natura. Esso ha stabilito che l’uomo può raggiungere una «aliqualis intelligentia mysteriorum».

L’avversario di fondo, che il Concilio Vaticano primo aveva di fronte era il kantismo. Strana cosa questa: che l’avversario grande non stesse sul terreno strettamente teologico!

Ma il Concilio Vaticano primo aveva visto chiaro: l’errore per lo più non comincia dall’insidiare direttamente e apertamente l’ordine divino; esso più facilmente si manifesta come diminuzione dell’ordine umano. Per distruggere ed avere via libera a farlo, attacca prima la teologia naturale.

Ora quella scelta fondamentale del Vaticano primo è assolutamente attuale. Ecco come il kantismo ha continuato il suo corso e lo ha dedotto a conseguenze. Spesso la Provvidenza, per convincere uomini tardi, li abbacina colla terribilità delle conseguenze di errori, in un primo tempo felpati. Gli uomini, sempre disposti ad amare piuttosto le tenebre che la luce, perché si decidano ad abbandonare le tenebre, forse debbono aver prima provato la sofferenza dell’errore e del male. Per questo gli errori della storia si radicalizzano. Kant stava — in un certo senso — all’origine; Heidegger è una radicalizzazione di Kant. Infatti sta interamente nel quadro del kantismo. E tutta una scuola di pensiero, nell’inizio di questo secolo, ha tentato un compromesso con Kant. Su quella via diventata facile è quasi spontaneo ci fosse, più che mezzo secolo dopo, un tentativo di compromesso con Heidegger.

Chi ha fatto le spese di tutto ciò sono la metafisica e la teologia naturale. Se si nega la capacità dell’intelletto di conoscere il mondo e si affida, more kantiano, questa conoscenza alla volontà, diventa estremamente facile raggiungere la tesi di una inconoscibilità naturale di Dio. È la fine della teologia naturale!

In tal caso la croce di Cristo può non apparire più come la croce della umanità del Signore, che sussistendo nel Verbo raggiunge la efficacia salvifica, quella che redime, giustifica e fa consorti della natura divina. Dio allora può persino apparire nel mondo, non come Signore, ma come impotente; la croce, rovesciandosi tutto, può apparire come lo stesso mistero di Dio! Queste tesi, che qualificheremo «neognostiche», hanno come fondamento la linea di pensiero appunto condannata dal Concilio Vaticano primo, la linea che da Kant va ad Heidegger.

Coloro che hanno speso parole contro la tradizione filosofica della Chiesa, contro la tradizione di Agostino e Tommaso, hanno affermato la necessità di un ripensamento del dogma secondo altre categorie, appaiono scolari di Kant e di Heidegger. Forse distrattamente e senza una vera intenzione. Tanto è vero, perché la negazione della teologia naturale porta con sé ben altro,

Ci sembra pertanto di estrema importanza oggi sottolineare il valore della decisiva scelta fatta per sempre dal sacrosanto Concilio Vaticano primo. Quando Barth afferma che l’analogia dell’ente è una «invenzione dell’Anticristo», a parte la terminologia violenta, egli mina precisamente alle basi la possibilità stessa della teologia cristiana, in quanto nega la possibilità e la esistenza della teologia naturale. Vuole egli con questo difendere la purezza del dogma? No. Infatti il più noto teologo protestante vivente rimane in realtà nel quadro di una nota filosofia.

La teologia non la si fa nel vuoto della ragione. La grazia perfeziona la ragione, non la distrugge. Dio elevante non nega Dio creante!

San Tommaso concepì in questo modo la sua «Summa», cioè come la perfetta unione della teologia naturale e della teologia cristiana la prima come servizio della seconda, la seconda come elevazione e perfezionamento della prima. Egli ci ha parlato prima di Dio, poi dell’uomo, poi di Cristo. Qui c’è una perfetta intuizione del perfetto legame indotto da Dio tra quanto è competenza della natura e quanto è munifica e trascendente donazione di grazia. Legame, si intende, non esigito dalla natura, ma che sta ad attestare quanto Dio elevante non sia affatto illogico rispetto a Dio creante.

Anche se non sempre appare, oggi la lotta all’interno della ortodossia cristiana ha per centro la teologia naturale nonché tutte le questioni filosofiche, che qualifichiamo come «preambula fidei». La fede non la si separa violentemente dai suoi presupposti razionali. Perché è l’uomo che è debole, ha bisogno di certezze, è attaccabile, non Dio!

Fra tre anni ricorrerà il primo centenario del Concilio Vaticano primo. Sarà, lo speriamo, una buona occasione per comprendere meglio e tempestivamente la radicalità dell’insidia che è fatta alla vera fede e, per questo, alla vita, all’equilibrio, alla civiltà dell’uomo.

Quale potrebbe essere la sorte di un uomo che non crede più alle sue capacità intellettive?

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