Gli Approfondimenti di Petrus:
«Neocatecumenali di Kiko:
Movimento Ecclesiale o Setta all'interno del Cattolicesimo?»
Don Marcello Stanzione, 11 aprile 2008
http://www.papanews.it/dettaglio_approfondimenti.asp?IdNews=6959
CITTÀ DEL VATICANO - L’articolo del Direttore Gianluca Barile sulle ombre
del Cammino Neocatecumenale ha suscitato tra i lettori di ‘Petrus’ consensi
entusiastici ma anche numerosissime email di protesta e addirittura di
minacce. Mi permetto di inserirmi nel dibattito non solo per il mio ruolo di
sacerdote e di nuovo vicedirettore di questo giornale on-line ma anche per
l’esperienza che mi ha portato a conoscere il Cammino Neocatecumenale tra i
27 e i 34 anni di età. Da novello sacerdote, in quel periodo con entusiasmo
accolsi il Cammino dando il meglio di me stesso ma, dopo un certo numero di
anni, conoscendolo sempre meglio fui costretto dalla mia coscienza
sacerdotale ad ammettere con profondissima amarezza che proprio io, che
allora ero il responsabile diocesano del GRIS (Gruppo Ricerca e Informazioni
Sette) e che combattevo in modo particolare i Testimoni di Geova, avevo
installato una vera e propria setta nella mia Chiesa accogliendo.
Da allora, ho sempre affermato che il Cammino Neocatecumenale è stato una
delle più grandi fregature della mia vita! C’è molto di discutibile nella
prassi catechistica e liturgica del Cammino, a questo riguardo sono da
leggere gli interessanti testi dottrinali di sacerdoti come il compianto
Padre Enrico Zoffoli, don Gino Conti e don Elio Marighetto. Il Cammino, dopo
i successi pastorali iniziali, si sta rivelando sempre più un gigante dai
piedi di argilla: moltissimi parroci, conoscendo il vero volto del Cammino,
l’hanno soppresso e dove esso rimane è costretto per lo più a vivacchiare.
Ormai gli ex Neocatecumenali sono un esercito, ed hanno aperto pure siti
internet per mettere in guardia altri cattolici ingenui dal pericolo dei “Kikiani”.
Questo termine non è dispregiativo, ma all’interno del Cammino esiste un
vero e proprio culto della personalità di Kiko Arguello, l’iniziatore. I
canti sono musicati da Kiko e spesso i cantori scimmiottano Kiko nel loro
modo spagnoleggiante di cantare. Anche le immagini sacre sono dipinte da
Kiko, che è l’unico “conducator”.
Sapete, poi, perché i Neocatecumenali parlano tutti allo stesso modo? Perché
ripetono per filo e per segno espressioni tratte dalle catechesi di Kiko.
Non esiste nell’ambito del cattolicesimo gruppo che sia così fortemente
plasmato sulla personalità del fondatore. Indubbiamente il Cammino
Neocatecumenale si presenta all’apparenza con un grande merito: quello di
sforzarsi di mettere in pratica nei Paesi cattolici occidentali L'Ordo
initiationis christianae adultorum, che poteva creare un profondo
rinnovamento pastorale; purtroppo il suo capitolo IV, dal titolo:
Preparazione alla Confermazione e all'Eucarestia degli adulti battezzati da
bambini, che non hanno ricevuto la catechesi, è stato in genere eluso dalla
nostra pastorale parrocchiale ordinaria con un ragionamento altrettanto
semplice quanto equivoco: i nostri adulti, sebbene apostati ed infedeli di
fatto, sebbene diventati dogmaticamente indifferenti e moralmente
relativisti, hanno ricevuto la Confermazione e l'Eucarestia quindi
l'iniziazione cristiana sarebbe questione che riguarda le missioni ad
gentes fatta dagli istitituti missionari ed in definitiva il capitolo IV
dell'Ordo si riduce ad essere applicabile in casi più unici che rari.
È chiaro, invece, che quando parliamo oggi di iniziazione cristiana in
Paesi di antica fede cattolica, ne parliamo in senso analogico rispetto
all'antica prassi dell'iniziazione cristiana e rispetto alla sua prassi
nelle missioni ad gentes. Il grande merito che il movimento
Neocatecumenale si attribuisce è proprio quello di avere riscoperto
l'iniziazione cristiana degli adulti e di averla adattata, appunto, non solo
ai lontani che hanno rotto ogni rapporto con la Chiesa dopo il Battesimo, ma
anche ai cristiani abbondantemente sacramentalizzati, ma rimasti immaturi ed
infantili nella fede.
È risaputo che i movimenti, a lungo andare, inevitabilmente si
istituzionalizzano, perdendo così almeno parte della loro forza carismatica.
I movimenti, nella Chiesa, sono tanti; e nessuno di essi può arrogarsi
diritti di primogenitura o esclusiva di autenticità cristiana. Per questo
motivo, accanto ai meriti e ai pregi, tutti i movimenti denunciano limiti e
rischi. L'esortazione al discernimento e all'equilibrio, ricorrente nei
documenti magisteriali relativi ai movimenti, torna di grande opportunità e
deve essere tenuta in conto con grande umiltà. Quali sono i limiti e i
rischi del movimento Neocatecumenale e del suo metodo catechistico? Il Servo
di Dio Giovanni Paolo II, parlando dell'esperienza Neocatecumenale, in un
discorso nella parrocchia romana dei Santi Martiri Canadesi, usò espressioni
come "sana radicalizzazione del nostro cristianesimo" e "autentico
radicalismo evangelico" (cf. Osservatore Romano del 3-4 novembre 1980). Tali
espressioni vanno collocate non solo nel contesto di un discorso, ma nel
contesto generale del pensiero del Pontefice.
Espunte da tale contesto, possono dar luogo a visioni illusorie del popolo
cristiano, oppure a distinzioni e discriminazioni tra gruppi di eletti e
masse di reietti, irrecuperabili, per i quali non vale la pena di "spendere
tutto e spendere anche se stessi". Si può arrivare ad isolare alcune - poche
- centinaia di catecumeni da una comunità parrocchiale di qualche decina di
migliaia di persone e, a quelli, imbandire una ricca mensa della Parola, dei
sacramenti, della carità, con cibi raffinati e genuini e, alla comunità
parrocchiale... massiva, offrire soltanto un minimarket di precotti,
cellofanati? Questo rischio è gravemente incombente laddove il parroco viene
catturato dal Movimento e diventa il presbitero della comunità
Neocatecumenale, rinunciando, almeno di fatto, ad essere il pastore di tutti
i cattolici affidati alla sua responsabilità.
E la cattura è tanto più deleteria quanto più referente del
presbitero-parroco è la comunità neocatecumenale piuttosto che il proprio
vescovo, e quanto più il presbitero-parroco rimuove dal suo orizzonte
pastorale il piano pastorale della diocesi e i conseguenti impegni a favore
del progetto e degli impegni indicati dal Movimento Neocatecumenale. È
giusto parlare di "radicalità evangelica": ma di quale radicalità? Per
quanto riguarda più specificamente la catechesi, non c'è alcun dubbio che
essa va fatta - andrebbe fatta! - con la lettura della Bibbia,
contrapponendo una lettura sapienziale ad una lettura teologica, definita
questa spregiativamente come intellettuale, quasi che l'obbedienza della
fede dovuta a Dio non comporti prestare a Lui anche l'ossequio
dell'intelligenza (cf Dei Verbum 5).
Un altro rischio cui è esposta la catechesi Neocatecumenale è quello del
plagio. È il rischio di ogni catechesi, anzi di ogni attività formativa, di
tutta la pastorale, quando è disincarnata, quando cioè è avulsa dal conteso
culturale, quando non ritiene di doversi coniugare con essa, quando presume
di dover solo dare, senza ricevere alcunché dalla ricchezza che pure è
disseminata nel mondo e nell'umanità dalla multiforme sapienza di Dio.
È insita, in questo, una tendenza ad accentuare il carattere penitenziale -
un tantino esposto al rischio del manicheismo - della conversione, anziché
l'amore di Dio che muove e che salva e l'azione di Cristo che ricapitola in
sé tutte le cose, quelle del cielo e quelle della terra (cf. Ef. 1,10). In
questa sorta di radicalità rientra l'interpretazione letterale della
"comunione dei beni", citando Atti 2, 42-45, cui è tentato il Cammino,
dimenticando o ignorando non solo il clima di imminenza della seconda venuta
di Cristo in cui viveva la comunità di Gerusalemme, ma soprattutto la
distinzione fatta da Gesù tra vocazione ordinaria alla vita eterna e
vocazione speciale ad una sua particolare e funzionale sequela (cf Mt.
19,21; cf pure Lc. 19,8: Zaccheo dà la metà dei suoi beni ai poveri; e Gesù
dice che la salvezza è entrata nella sua casa).
Tantissime altre osservazioni critiche si potrebbero fare (tra l’altro ben
documentati dai testi dei sacerdoti sopraccitati, in genere stampati dalla
editrice Segno di Udine); ancora si potrebbe rilevare l'eccessivo impianto
tecnico del lungo ed eccessivo Cammino Neocatecumenale, o una terminologia
iniziatica, erudita, piena di termini ebraici vetero testamentari in
contrasto con la semplicità del rapporto con la parola di Dio, pur invocata,
o la centralità ontologica della Parola rispetto all'Eucarestia.
In conclusione una cosa è certa: Benedetto XVI sarà il Papa che correggerà
gli abusi dottrinali e liturgici che per troppi anni impunemente il Cammino
ha diffuso nelle parrocchie. Kiko Arguello ascolti e metta in pratica quello
che i vari dicasteri romani, voce del Santo Padre, gli correggono del
Cammino e obbedisca prontamente.