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«Custos, quid de nocte?»
Chiesa e Pedofilia: spostare lo sguardo dalla Morale alla Verità
Maria Guarini
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Francamente il battage mediatico sulle pedofilia nella
Chiesa cui abbiamo assistito e stiamo ancora assistendo è veramente
abnorme e cavalca l’accaduto come un maglio distruttore nei confronti
della Chiesa, focalizzando ed assolutizzando un problema serio e degno
di attenzione e di soluzioni trasparenti - nel senso del resto in cui
sta ora operando Benedetto XVI - ma non tale da fare di ogni erba un
fascio.
Non dimentichiamo che il fenomeno, purtroppo, è trasversale a tutti gli
ambiti della società e riguarda la Chiesa solo per una percentuale
minima. Peraltro esso non risulta assolutamente legato al celibato, come
si tenderebbe a far credere nei confronti degli ecclesiastici; il che
non ne riduce la gravità, proprio trattandosi di persone che hanno
dedicato la vita al Signore e al bene delle anime... Tuttavia, da qui a
prenderlo a pretesto per una campagna massiccia di odio e di
riprovazione condotta con artata aggressività, in un tempo di scarsa
sensibilità al sacro e a tutte le sue manifestazioni come quello che
stiamo attraversando, rischia di essere un 'vulnus' di non poco conto
per la Chiesa e la Cristianità, se non sorgono voci ferme e autorevoli
capaci di contrastare le accuse e di inquadrare la realtà nelle sue
giuste dimensioni. A questo proposito, mi sembra che né la Curia né i
media cattolici abbiano brillato per prontezza né per precisione
confutativa di interventi...
Quello della pedofilia nella Chiesa sembra esser divenuto un fenomeno di
“panico morale”. L'entità dello stesso in termini numerici non è
proporzionale al modo con cui i media lo descrivono con titoli urlati e
spesso ambigui, che risultano sferzate sull'emotività di chi legge,
alimentate dalle imprecisioni e dalle omissioni atte ad enfatizzarlo,
con toni forzati mirati a gettare il fango sul Papa e indurre massima
confusione in credenti e non credenti. Per contro, non si riscontra, da
parte delle fonti ecclesiali una efficace azione che, senza sminuire il
crimine, che rimane riprovevole e ripugnante, richiami all’oggettività e
all’equilibrio.
Soprattutto la generalizzata ed eccessiva autoaccusa, indotta dalle
sferzanti denuncie di connivenza ed omertà, non presenta alcun accenno
al fatto che la relazione preti-vescovo è ''una relazione sacramentale
che crea dei legami molto speciali di paternità spirituale". Sempre
nell'ottica di trasparenza e di penitenza perseguita da Benedetto XVI, è
giusto inquadrare l'intervento del vescovo in due direzioni:
- paterna e sollecita attenzione al colpevole accertato prendendo tutte
le iniziative atte al suo ravvedimento ma
contemporaneamente mettendolo in condizioni di non nuocere
ulteriormente, a massima salvaguardia delle potenziali
ulteriori vittime,
- massima collaborazione con la giustizia civile.
Non dimentichiamo che la Chiesa, nel Mistero che essa incarna, non è
tutta in quella visibile che, oltretutto, non può essere rappresentata
soltanto da chi sbaglia. Inoltre gli errori non vanno visti ed
enfatizzati, come sta avvenendo, unicamente nella sfera della
sessualità. Purtroppo, se pensiamo:
- al generalizzato idolo del carrierismo;
- alla schiavitù dalle ideologie dominanti;
- al ‘sociale’ messo al primo posto invece del vero culto a Dio che è la
primaria funzione della Chiesa e dal quale la storia personale e collettiva si innerva di Vita che anima sane e costruttive
relazioni;
- alla banalizzazione del sacro;
- all’asservimento ad una teologia che non ha al centro Cristo, ma
l’uomo e inficia di “opinioni” la verità cattolica;
il peccato più grande ci appare l’egoismo e l’autosufficienza: il resto
non è che conseguenza dell’estromissione del Signore e della sua Opera
di Salvezza.
Inoltre questa esasperata attenzione alla morale - che vediamo presente
in molti aspetti del vivere: si pensi ad esempio a tutte le varie facce
della bioetica che oggi fanno tanto discutere scelte inedite fino ad
oggi - rischia di distogliere l'attenzione dalle verità di Fede,
soprattutto da parte dei Pastori, che sono coloro che dovrebbero
custodire e diffondere la Verità; tant'è che li vediamo occuparsi
prevalentemente di morale (o anche di politica) invece di diffondere e
difendere i principi che ne sono Fondamento... Infatti il cristianesimo
non E' un'etica, ma HA un'etica, che sgorga dal rapporto vivo e
autentico con la Persona di Cristo Signore, vissuto nella perseveranza e
quindi nella fedeltà, nutrito dalla vita sacramentale nella Sua
Chiesa... Con questo non intendo sostenere che gli esponenti della
Chiesa non debbano 'occuparsi' o parlare di morale o di politica; ma che
debbano farlo a partire dalle ragioni che sottostanno alle affermazioni
di cui sono prodighi nei confronti dei media: il loro diventerebbe
quindi un vero Annuncio che feconda le scelte di vita e di comportamenti
e non uno sterile moralismo di fatto ostico ai più.
Ebbene, oggi, è proprio la Verità che è oscurata. Non è la Verità
'posseduta' che si pretende imporre agli altri; ma la Verità conosciuta
e accolta dalla Rivelazione Apostolica e 'mostrata' per quello che di
essa ci è dato sempre ulteriormente 'conoscere' (in senso biblico) e
vivere. Mi accorgo, con sconcerto e disorientamento, da molti segnali,
che la Verità, nella Persona Adorabile del Signore, è sfigurata e
tradita: basta ricordare recenti esternazioni di vescovi francesi,
austriaci e tedeschi sulle quali si potrebbe molto discutere... e certe
presenze di dubbia ecclesialità che agiscono a nome della Chiesa
portando la "nuova evangelizzazione" - talmente "nuova" da risultare
"altra" - in tutti i continenti.
Di fatto, tranne che in alcune omelie di Benedetto XVI (1), delle verità
fondamentali della fede e del ritorno ad un senso del Sacro, che
permetta di uscire dalla banalizzazione antropocentrica nella quale
siamo invischiati, non si parla affatto e non ci sono molte voci capaci
di accendere i cuori ad una Vis trasformante, ad una Speranza
Trascendente che 'entri' nel quotidiano di ogni storia personale e
comunitaria e fecondi e dia senso a tutte le sue espressioni. «Custos
quid de nocte?» («Sentinella, che notizie porti della notte?») (Isaia
21, 11).
13 giugno 2010
(1) Bisogna usare il "bastone" per sanzionare i "comportamenti indegni della
vita sacerdotale", così come "l'eresia, il travisamento e il disfacimento della
fede". Sono i termini forti che il Papa utilizza nell'omelia conclusiva
dell'anno sacerdotale (celebrazione dell'11 giugno 2010), dedicata, nella sua
parte iniziale, allo scandalo della pedofilia.
"Il pastore ha bisogno del bastone contro le bestie selvatiche che vogliono
irrompere tra il gregge; contro i briganti che cercano il loro bottino", ha
detto il Papa riprendendo il linguaggio del salmista. "Accanto al bastone c'è
il vincastro che dona sostegno ed aiuta ad attraversare passaggi difficili.
Ambedue le cose rientrano anche nel ministero della Chiesa, nel ministero del
sacerdote. Anche la Chiesa deve usare il bastone del pastore, il bastone col
quale protegge la fede contro i falsificatori, contro gli orientamenti che sono,
in realtà, disorientamenti. Proprio l'uso del bastone può essere un servizio di
amore. Oggi vediamo che non si tratta di amore, quando si tollerano
comportamenti indegni della vita sacerdotale. Come pure non si tratta di amore
se si lascia proliferare l'eresia, il travisamento e il disfacimento della fede,
come se noi - autonomamente
inventassimo la fede. Come se non fosse più dono di Dio, la perla preziosa che
non ci lasciamo strappare via. Al tempo stesso, però, il bastone deve sempre di
nuovo diventare il vincastro del pastore - vincastro che aiuti gli uomini a
poter camminare su sentieri difficili e a seguire il Signore".
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