Pubblichiamo la pagina di oggi, 9 aprile, dal blog
Osservatorio sul Cammino neocatecumenalePremesse
Ho cercato di condensare nel titolo il succo di questo articolo. Ma
preciso ancor meglio in una breve premessa, prima di sviluppare il
discorso partendo dal dato concreto di una testimonianza.
Credo che non si possa prescindere dalla realtà che ci fa uomini e ci
distingue da ogni altra creatura: « Dio creò l'uomo a sua immagine; a
immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò » (Gn 1,27).
Catechismo della Chiesa cattolica
357 Essendo ad immagine di Dio, l'individuo umano ha la dignità di
persona; non è soltanto qualche cosa, ma qualcuno. È capace di
conoscersi, di possedersi, di liberamente donarsi e di entrare in
comunione con altre persone; è chiamato, per grazia, ad un'alleanza con
il suo Creatore, a dargli una risposta di fede e di amore che nessun
altro può dare in sua sostituzione.
381 L'uomo è predestinato a riprodurre l'immagine del Figlio di Dio
fatto uomo – « immagine del Dio invisibile » (Col 1,15) – affinché
Cristo sia il primogenito di una moltitudine di fratelli e sorelle.
Se l'uomo è chiamato a conoscersi, è messo
in grado di farlo esercitando le facoltà di
intelletto e ragione e di "liberamente donarsi" in virtù
dell'"alleanza con il suo Creatore a cui è chiamato" esercitando la
facoltà della volontà, che gli permette di
rispondere e aderire alla chiamata. Si
tratta di facoltà che ci qualificano come 'immagine' di Dio e ci
consentono di sviluppare la 'somiglianza' alla quale siamo ordinati:
sono doni propri di ogni persona, da non disattivare per alcun motivo,
pena lo snaturamento della peculiare individualità, preziosa e
insostituibile, che ognuno è e rappresenta nel Progetto di Dio
Ci scrive "Nella":
CHI LO SA MI RISPONDA,
PUR NON ESSENDO PIU' DEL CAMMINO DA PARECCHIO TEMPO, NEL PERIODO DI
PASQUA (E A NATALE)SENTO UNA MANCANZA NEL MIO ANIMO. naturalmente ho
sempre partecipato a tutte le celebrazioni della settimana santa in
parrocchia, ma assistere alla lavanda dei piedi, o all'adorazione della
croce e ancora alla veglia che culmina con la gioia della resurrezione,
non mi dà emozioni e mi sembra di essere alla festa di compleanno di uno
sconosciuto. perchè????
Risponde Emma:
queste poche righe ci indicano come l'emozione sia alla base di ogni
esperienza all'interno del cammino neocatecumenale. E-mozione che ti
porta fuori da te, come lo stesso nome indica, che ti fa vibrare
all'unisono nell'orizzontalità della comunità, emozione che nasce e
muore, che nasce con l'input di un canto, di un'atmosfera creata ad arte
per suggestionare. Ma che cosa è stato realmente vissuto durante quei
momenti? Che cosa resta dopo?
Quell'emozione ha permesso di incontrare Cristo, ha elevato l'animo
nella verticalità, ha permesso il silenzio necessario al raccoglimento
per accoglierLO, ha lasciato lo spazio disponibile per riceverLO? O
tutto lo spazio è stato occupato dal frastuono dell`emozione? Emozione
che parte da sé, va verso gli altri, ritorna a sé alimentata e
influenzata dalle emozioni altrui, e sempre nell'orizzontalità.
Chi vive l'Eucaristia in questo modo ha veramente incontrato Cristo? Chi
conosce Cristo, chi è profondamente consapevole di ciò che avviene
durante la Santa Messa, chi sa che su quell'altare (tavola) si sta
riattualizzando il Calvario del nostro Signore, chi conosce Cristo, non
può situarsi sul piano dell'emozione, ma solo inginocchiarsi, adorare e
lasciarsi impregnare dalla SUA PRESENZA che è ben altro che un'emozione
effimera che nasce e muore... e che ci unisce al Soprannaturale,
portandoci fuori dal circolo chiuso dell'orizzontalità per inserirci
nella Trascendente verticalità del Totalmente Altro, che si è in Lui
consegnato a noi fino alla fine dei tempi.
Replica Nella:
CIAO EMMA, SE TI DICESSI CHE DIETRO L'EMOZIONE
C'ERA ANCHE, COME DICI TU,L'INCONTRO CON CRISTO, MI CREDERESTI??? SE TI
DICESSI CHE DIETRO QUELL'EMOZIONE C'ERA UNA FORZA SOVRAUMANA CHE MI
SPINGEVA AD AMARE L'ALTRO, AD AMARE ANCHE IL NEMICO MI CREDERESTI???
SE TI DICESSI CHE DIETRO QUELL'EMOZIONE C'ERA UNA SPINTA VERSO IL CIELO,
MI CREDERESTI???? EMMA.... DIETRO QUELL'EMOZIONE C'ERA TUTTO QUESTO.
SONO CERTA CHE CI SONO EMOZIONI ANCHE DIETRO ALLE CELEBRAZIONI
PARROCCHIALI MA ANCORA NON SONO IN GRADO DI COGLIERLE A PIENO.
ATTENDERO' QUEL MOMENTO.
Emozionalità, coinvolgimento e dipendenza
È più che evidente che quello di Nella è uno dei soliti spot del
cammino perché, se è vero quello che urla in questo secondo messaggio,
non appare plausibile che lo abbia lasciato... E allora approfondiamo
proprio questo tema dell'emozione.
I canti coinvolgenti e le immaginifiche celebrazioni di nuovo conio
introdotte dall’iniziatore, i rituali pieni di enfasi che esaltano
l’emotività contribuiscono a creare ‘dipendenza’ e a rendere più
efficace l'impatto delle esperienze alle quali si è sottoposti durante i
"passaggi" e scrutini vari, finalizzati al totale annichilimento della
persona determinato dallo 'svuotamento di sé' (secondo statuto) attuato,
oltre che nei "passaggi", nelle varie convivenze attraverso le note
tecniche manipolatorie: quel 'clima', da tutti noi conosciuto, prodotto
dai martellamenti a suon di slogan dirompenti, canti coinvolgenti che
svegliano l'emozione che si propaga e porta 'fuori da sé' ed alla fine
provoca esaltazione e crea dipendenza...
Non è da sottovalutare il dato, scientifico, che in momenti del genere
nel cervello si induce lo stato 'alfa', nel quale la persona risulta più
ricettiva a tutto quanto le viene inculcato... cui prodest tutto
questo, se non a cementare e rendere sempre più stretti e indissolubili
i legami comunitari e l'identità di gruppo, a tutto discapito dello
sviluppo e della crescita personale? Il tutto aggravato dal divieto
tassativo di fare domande e di far entrare in campo qualunque esigenza
interiore della persona, che deve accettare passivamente e acriticamente
insegnamenti e prassi, che alla fine la forgiano a immagine del Cammino
e la rendono impermeabile ad ogni sano nutrimento spirituale e
totalmente incapace di confronto e dialogo costruttivi.
Tutto ci induce a pensare che non si possa realisticamente indurre i
responsabili del cammino, convinti di offrire ed essere il non plus
ultra, a recedere da nessuno dei loro atteggiamenti, comportamenti e
quant'altro: ne abbiamo dimostrazione nell'attualità dei fatti
riscontrati. Del resto, è ormai evidente che qualunque adeguamento al
Magistero snaturerebbe il cammino dalla sua identità e ne farebbe una
"entità" diversa...
Il problema, serio, risiede nel fatto che chi dovrebbe responsabilmente
preoccuparsene nella Chiesa è 'stranamente' indaffarato o distratto o
lontano o addirittura ammaliato... ergo, tante persone continueranno a
soffrire psicologicamente e spiritualmente, alcuni vivendo disagi ai
quali non sanno dare un nome, i più senza neppure rendersene conto,
nella persistente ubriacatura da emozioni travolgenti, che addormentano
l'esercizio consapevole e responsabile dell'intelletto e della volontà,
le sole facoltà che ci rendono veramente uomini e donne in dialogo
autentico con Dio... Le sensazioni, il sentimento - che tuttavia è
qualcosa di più profondo, duraturo e non effimero come l'emozione - sono
solo la conseguenza, il frutto e non il fine... Il sentimento dei
Risorti in Cristo, infatti è gioia e anche gratitudine, che vengono da
una pienezza di essere ontologica, Opera del Signore nell'anima del
credente, e non sono "allegria" ed esaltazione sempre da ri-caricare ed
inseguire.
Conseguenze spirituali ed esistenziali
L'emozione può anche servire ad aprire l'animo all'incontro; ma il vero
incontro con il Signore avviene nell'intimo, nell'interiorità della
persona, che si apre, attende, accoglie in un sacro silenzio.
E davvero il rapporto con Dio si manifesta sempre nel sensazionale o
nella cosiddetta 'consolazione'? Quante volte ci viene chiesto di
rimanere, per fede, sulla Croce, nella più totale e assoluta aridità e
nel cuore della sofferenza personale e collettiva, offrendo impotenti e
supplici, in Cristo, la nostra vita, la nostra storia, quello che stiamo
vivendo? E' proprio qui che entra in campo la Fede supportata
dall'intelletto e dalla volontà e senza il conforto dell'emozione, che è
solo un risultato, uno stato d'animo, che è conseguenza del rapporto con
Dio, ma che di per sé non provoca il rapporto: in contatto con Dio c'è
TUTTO l'uomo (e quindi anche l'emozione, il sentimento), ma il dialogo
avviene nell'intelletto, che comprende o, a volte si arrende e rinuncia
perfino a comprendere e aderisce attraverso la volontà.
Che facciamo, nei casi di aridità, quando il Signore ci mette alla prova
per approfondire e purificare la nostra fede: per star meglio, andiamo
dai neocatecumenali a fare un bagno di allegria? E cosa succederebbe?
Butteremmo alle ortiche (per non dire altrove) il tesoro prezioso della
nostra offerta e della nostra autentica vita in Cristo nella Sua
Chiesa... E dove sono l'intelletto e la volontà nell'esaltazione
collettiva vissuta nel cammino, che diventa come la droga, alla quale
poi non si riesce a rinunciare... non è forse questo il vero idolo,
invece del denaro e dei gioielli e delle donazioni che vengono ingoiate
dai famigerati sacchi neri?
Quanto è più bella e più vera e più viva, la preziosa banalità del
quotidiano nel Signore, piuttosto che la tanto sensazionale quanto
ingannevole esaltazione mutuata dalla comunità che appaga il sentimento,
ma ottunde la ragione e ti fa dire "il cammino mi fa tanto bene" e "in
parrocchia mi sembra di trovarmi alla festa di uno sconosciuto", dove lo
'sconosciuto' - drammaticamente - è il Signore!!!
Non che le parrocchie brillino per la loro capacità di introdurre al
Sacro e di appagare la sete di molti credenti; ma non è una buona
ragione per andar dietro ai 'pifferai magici', anche se i loro 'suoni'
sono ammalianti e trascinano... "Chi cerca trova", dice il Signore e
anche nella grande povertà di questa Chiesa malmessa, purtroppo non solo
a causa del cammino nc, fonti di vero nutrimento ci sono, se noi le
abbiamo trovate!
Pubblicato da mic a 10:33 AM
Discussione sviluppatasi sul blog:
Emma ha detto...
Nella, non ho nessuna difficoltà a riconoscere che hai vissuto veramente
ciò che descrivi.
Il problema nasce quando dai l'impressione che quelle emozioni ti siano
necessarie per vivere la celebrazione eucaristica, che debbano esserci
quelle emozioni "dietro le celebrazioni eucaristiche", che ti sia
possibile incontrare Cristo solo grazie ad una tempesta emozionale.
Ti sei domandata che cosa ha provocato quella "salita" emozionale, quale
input hai ricevuto?
Senza dubbio non sei la sola, tutto è fatto per provocare sensazioni e
emozioni, tutto è fatto per celebrare la comunità, centro e protagonista
della celebrazione, tutto è fatto per rinforzare la comunità e la sua
coesione. Ma restiamo pur sempre nell'orizzontalità.
Cristo ha veramente bisogno di tutta quella messa in scena per essere
accolto? Non bastano Lui e la Sua Presenza reale e non simbolica?
Non credi che davanti a Cristo, al Mistero della Sua passione, Morte e
Risurrezione, noi possiamo solo far silenzio e a aprirci al Suo incontro
a RiceverLO e con Lui Vivo e Vero in noi continuare il cammino?
Apro una piccola parentesi: prova ad ascoltare i canti sacri della
Chiesa, non le canzonette che purtroppo ascoltiamo la domenica, ascolta
un canto gregoriano, senti che cosa si smuove in te, senti che cosa è
toccato in te, ascolta e senti.
Poi ascolta uno di quei canti che conosci, quelli coinvolgenti che ti
emozionano e senti che cosa si smuove in te e come ti senti.
Poi riascolta un canto sacro della Chiesa, ascolta e lasciati sentire:
senti le stesse sensazioni, emozioni, come reagisce il tuo corpo, che
cosa c'è di differente?
Ma con o senza senza canti, anche nel silenzio di un cuore che si
prepara ad accogliere il Tutt'Altro, Colui che si abbassa fino a noi per
innalzarci con Lui, perchè questa consapevolezza non ti basta?
Sull'Altare è riattualizzata la più grande prova di Amore, non esiste
Amore più grande.
Nel silenzio Dio si rivela, nel silenzio contempliamo il Mistero, la
massima Bellezza, quale emozione più profonda potresti provare?
Quale gioia (e non allegria) più forte, intensa potresti vivere?
Gioia di Cristo in noi e sopra di noi.
Allora Nella, poniti la domanda : perchè ho bisogno di quelle
sollecitazioni esterne che mi provocano quelle emozioni? Cristo non mi
basta? Cristo che si è donato per me non mi basta?
Non è tanto che tu viva quelle emozioni il problema ma che tu abbia
bisogno dell'autocelebrazione "coinvolgente" della comunità per viverle!
09 aprile, 2010 14:40
Emma ha detto...
E poi che cosa è questa enfasi sull'emozione?
Senza dubbio le emozioni sono i colori della nostra vita, sono
indispensabili, ci indicano i nostri bisogni, ma in questa società in
cui l'emozione diventa la misura dell'autenticità di una persona di
un'esperienza, sento dunque sono, si corre il rischio, che poi è già
diventato realtà, di trasformare anche il Sacrificio eucaristico in una
forma di "terapia di gruppo", di esaltazione dell'emozione, di una
comunità che si autocelebra, dimenticando chi è il vero, solo e unico
Soggetto dela Liturgia, Chi è il Protagonista!
E non è perchè nelle nostra società odierna l'emozione è esaltata, che
le persone sono più consapevoli, più mature, più responsabili, si
conoscano meglio, no purtroppo, queste emozioni "mal gestite", mal
conosciute, diventano sovente solo un appiglio per chi dall'esterno se
ne servirà per manipolare, suggestionare.
Sento, dunque esisto, salvo che l'emozione deve essere illuminata dalla
luce della coscienza, altrimenti divento solo una marionetta nelle sue
mani e nelle mani di chi mi manipolerà.
09 aprile, 2010 15:40
chisolm ha detto...
“Quanto è più bella e più vera e più viva, la preziosa banalità del
quotidiano nel Signore, piuttosto che la tanto sensazionale quanto
ingannevole esaltazione mutuata dalla comunità che appaga il sentimento,
ma ottunde la ragione…”
E’ vero: è la perla preziosa, il tesoro nascosto ma non è facile da
percepire. Attenzione: non sto dicendo “che gli altri non capirebbero o
non possono capire”, sto solo dicendo che la “preziosa banalità del
quotidiano” merita un’attenzione in più.
Abbiamo mai considerato che di Gesù non conosciamo almeno trenta anni
della sua vita “quotidiana” e “banale” (nel senso etimologico di
“comune”, cioè non diversa fisiologicamente da quella di un altro essere
umano)? Eppure ogni attimo di Quella vita è stato un attimo salvifico:
possiamo dire che ogni azione di Cristo, per quanto “banale” è stata
azione salvifica.
Stare a cuore a cuore col Signore è starci anche mentre si rammenda un
calzino o si scola la pasta, si prepara un caffé o si fa una lavatrice.
Non sto apologizzando il banale, il quotidiano, il comune: sto dicendo
che ogni azione fatta in Cristo è azione che riflette la luce salvifica
del Suo quotidiano (ora eterno).
Per qualcuno la comunità è necessaria per il contatto con il Signore,
per altri non c’è bisogno di questa mediazione: sono opinioni che
riflettono scelte personali. Di certo, c’è solo il fatto che mi piaceva
tessere un piccolo elogio a quella così rara e “preziosa banalità del
quotidiano” nella quale mi pare talvolta di sentire i battiti di Quel
petto sul quale appoggio il mio orecchio, in una banalissima quiete, in
una meravigliosa pace…
Chisolm
09 aprile, 2010 15:46
jonathan ha detto...
Le celebrazioni nc sono così fortemente coinvolgenti sul piano emotivo
anche perché chi celebra è la comunità, e ciascun fratello si sente
protagonista con e come tutti gli altri. Ammonizioni, preghiere,
risonanze, addobbo della mensa, la stessa disposizione dell'assemblea in
semicerchio, tutto questo e il lavoro di preparazione che lo precede, è
la liturgia nc, la liturgia del fare verrebbe da dire, che non cerca
mediazioni. E certo, ti sembra di toccare il cielo con un dito, perché
la distanza tra sacro e profano è dimenticata. La distanza tra te e il
Signore cantato e proclamato di fatto sembra non esserci più: il tavolo
sul quale comunque accade la Presenza Reale e vera e toccabile di Dio, è
lì a un soffio da te. Non ci sono segni, né parole o gesti, o forme
architettoniche che dicano "occhio, questo è un luogo sacro, togliti i
calzari, prostrati con la bocca nella polvere, piega le ginocchia
davanti al Crocifisso Risorto..." La liturgia del fare, perché Dio è
‘nei fatti’ soprattutto.
Non voglio escludere che si possa incontrare il Signore anche così. Ma
sono convinta che l’esperienza di fede non può essere consumata in quel
‘fare per’ che certo genera entusiasmo, emozioni, gratifica, ti fa
sentire a posto, ma non aiuta a conoscere davvero il Signore, il Suo
Volto, il Suo sguardo, il Suo pensiero.
Quella reciproca immanenza promessa nel Vg di Giovanni, ‘rimanete in Me
e Io in voi’, non svuota la distanza tra me e il Totalmente Altro, ma
caso mai la illumina, la rifà nuova, la definisce e mi consente di
attraversarla. Credo che lo stupore di fronte a quella promessa vada
custodito con ogni cura e non consumato in fretta.
09 aprile, 2010 18:10
anna ha detto...
Vi leggo tutti i giorni da quando il blog si è aperto. Avevo lasciato
trascritta la mia esperienza qualche anno fa. Desidero fortemente
condividere con voi la tristezza che si prova vivendo questo tempo nella
chiesa, la ferita, anche se rimarginata, che ci portiamo dietro dopo
questa esperienza lesiva dello spirito, che ha disorientato la vita di
fede, anche se poi la grazia del Signore ci ha fatto risorgere
elevandoci da quelle martellanti e fuorvianti parole e gesti per farci
alzare lo sguardo e cogliere la bellezza, la libertà e la pace che
vengono dall'accogliere Gesù nel cuore, nel silenzio e anche nella
bellezza della solitudine che in una esperienza di deserto è
estremamente feconda. Ecco, questi fratelli del cnc non gustano tutto
questo, a me in dieci anni non è mai stato proposto se non dopo lunghe
catechesi in cui avevi già la risposta da dare dopo una riflessione. Mi
sento in comunione con voi, fratelli. Fate parte delle mie giornate, mi
arricchite (e mi confermate)con le vostre riflessioni. Un sacerdote,
durante una confessione, mi diceva di chiedere a Dio la forza di amare
la Chiesa pensando a come la ama Gesù, rifacendomi alla sublimità
dell'amore suo, pur di fronte ai tradimenti. La preghiera è la nostra
forza e il fissare lo sguardo sulle cose più GRANDI e ALTE è grande
aiuto.
09 aprile, 2010 19:28
Freedom ha detto...
Chi scrive è un ex-cantore.
Devo dire che se c'è qualcosa che ricordo con affetto sono alcune
canzoni del Cammino Neocatecumenale.
Io ho partecipato a convivenze "per cantori" dove ci venivano insegnati
i trucchi per coinvolgere l'assemblea. Per esempio si cominciava a
cantare una canzone e quando toccava all'assemblea rispondere,
improvvisamente si taceva, in questo modo la comunità era, in un certo
qual modo, obbligata, anche per non fare brutta figura, a rispondere al
cantore. C'era , a volte, molta creatività, soprattutto quando i cantori
erano più d'uno e c'erano più strumenti o la possibilità di fare la "controvoce".
Ho già postato un intervento sul ruolo del cantore all'interno della
comunità. E' il maestro di preghiera il "Baal Tefillah" della sinagoga.
O il "Maggidim" ,il cantore o maestro errante, che sfonda, abbatte il
muro di indifferenza del resto della comunità per portarla in alto,
coinvolgerla , irretirla, il tutto diviene o dovrebbe divenire il canto
della comunità, che il Baal Tefillah deve solo svegliare ,
trascinare alle vette dell'emozione.
Certo , a volte è molto bello. Ma io ho anche l'esperienza di tenore
nel coro parrocchiale di una piccola chiesa . Ricordo che anche lì era
bellissimo cantare, ad esempio: "Panis angelicus" o tante altre arie e
canzoni. Ricordo , soprattutto a Natale che la gente si commuoveva fino
alle lagrime. La differenza stava nel fatto che nella parrocchia non
c'erano elementi giudaizzanti o schitarrate stile flamenco o
arabeggiante e non si obbligava nessuno a cantare. Anche in queste
pratiche si vede in modo lampante l'intenzione di coinvolgere di
manipolare, di creare un gruppo , un senso di appartenenza, infine, una
dipendenza emotiva. I canti erano sempre ed esclusivamente quelli del
cammino, come le catechesi, le suppellettili, i quadri, la croce astile
con gli angeli della Merkavà. Si può sentire nostalgia per una
piece teatrale, per una magnifica poesia recitata da un grande
attore....
che c'entra Gesù Cristo?
09 aprile, 2010 20:54
sofia ha detto...
Spero che Nella possa ascoltare, recepire in profondità, le importanti e
stimolanti domande che le rivolge Emma, per arrivare alla radice di ciò
che si agita nel suo cuore, e iniziare dentro di sé il vero cammino di
fede incontro al Signore, che ci conosce ad uno ad uno, e vuole donare
il suo infinito ed eterno amore ad ogni anima, con un linguaggio
speciale che solo quell'anima può capire: incontrarsi a tu per Tu, con
Lui, cara Nella, è il desiderio che l'anima di ogni cristiano può e deve
realizzare, con l'aiuto della Grazia.
Magari un ex-NC come lei (se è uscita definitivamente e ha capito bene
da quale terreno inquinato e pericoloso è stata salvata... e deve
combattere contro quella insidiosa nostalgia, fenomeno ben noto a tanti
ex...), potesse ascoltare nel profondo e far tesoro delle bellissime
riflessioni a lei proposte da Mic, Chisolm ed Emma!
Magari potessero i poveri NC prigionieri aprire la porta del cuore -o
almeno uno spiraglio- a questi preziosi suggerimenti psicologici e
spirituali che vengono loro proposti in questa e altre mille pagine del
blog provvidenziale che qui hanno incontrato !
Potrebbe essere per loro un primo invito-richiamo del Signore a
muoversi, darsi una spinta attiva verso la liberazione, dell'anima e
della ragione, ...e a Lui piacendo, ritornare "a riveder le stelle" !
Nel mio piccolo, vorrei suggerire a Nella di leggere quel brano del
profeta Osea, dove dice:
"...Farò cessare tutte le sue feste; quelle annuali e quelle mensili,
le celebrazioni del sabato e tutte le sue solenni riunioni religiose.
Distruggerò i suoi alberi di fico e le sue viti che lei considerava doni
dei suoi amanti per averli serviti....
La punirò per tutto il tempo dedicato al culto dei Baal quando bruciava
incenso e si ornava di collane e di anelli per seguire i suoi amanti. La
punirò per avermi dimenticato. Lo affermo io, il Signore!... Il
Signore ama il suo popolo "Un giorno, io, il Signore, la
riconquisterò. La porterò nel deserto e le dirò parole d'amore."
Ci vorrebbe, forse, un padre spirituale che l'aiutasse a capire che
cos'è il deserto del cuore, come farlo e perchè !
Ma dove si trovano oggi, i padri spirituali e i santi Curati d'Ars ?
(neanche col lanternino...)
----------
Per A.rita: grazie del tuo costante pensiero! :) scrivimi quando vuoi,
al mio indirizzo esp285@libero.it
Vi saluto tutti con affetto, Mic, Emma, Freedom, e anche Gianluca, che
temevo ci avesse detto "addio" ;)...
Purtroppo ho il PC malfunzionante, (e anche per questo motivo, passo e
scrivo talvolta di corsa...;))
ma vi leggo, vi penso sempre, vi porto tutti nel mio cuore!
Vi abbraccio e rimango in ascolto, come sempre.
.......
Il nostro aiuto è nel Nome del Signore.
10 aprile, 2010 07:54
mic ha detto...
Visto che si parla di musica:
se è vero che "chi canta prega due volte", è altrettanto vero che non
tutti i canti e la musica che li accompagna sono fatti per 'elevare'
l'anima e renderla aperta e sensibile alle forze spirituali delle
Altezze...
Ad un primo impatto, penso che non tutti siano in grado di 'gustare' ed
'entrare' nell'armonia e nella sobria - pur nelle infinite toccanti
cesellature - sublimità del gregoriano. Tuttavia, basta un po' di
frequentazione, accompagnata dal 'sensus fidei' vissuto e sviluppato
dalla Liturgia, perché l'animo sia compenetrato e trovi accessibile e
faccia proprio, sia nell'immersione dell'ascolto che nella
partecipazione del canto, questo linguaggio celestiale, termine che uso
consapevolmente, perché di questo si tratta...
Una certa refrattarietà sembra attanagliare soprattutto chi, digiuno di
musica o dal gusto musicale monocorde sviluppato soltanto sulla musica
moderna, che non è tutta da buttar via, ma che certe vette sublimi non è
in grado di raggiungerle, pur nella piacevolezza e nella orecchiabilità
dell'ascolto. E allora, anziché cogliere del gregoriano il linguaggio
sacro solenne 'sottile' e senza tempo, lo si liquida come qualcosa di
superato e da oltrepassare...
Il gregoriano invece affonda le sue radici molto più indietro del
monachesimo. Neppure tutti gli ebrei, ad esempio, sanno che esso ci
porta gli echi (più fedeli di quanto non possano gli attuali canti
sinagogali) delle salmodie più antiche e sacre, assorbite proprio dal
cristianesimo delle origini... strano che l'archeologismo liturgico,
così di moda nel concilio-postconcilio, abbia tentato di allontanare la
Chiesa proprio da questa ricchezza davvero primordiale, per grazia di
Dio senza riuscirci del tutto.
Il gregoriano 'eleva' l'anima e dispone lo spirito a vibrare
su corde più alte, in sintonia con la sacralità e la solennità e la
grandezza di quanto accade nella Santa e Divina Liturgia, e
così si acquisisce la capacità, nel raccoglimento e nella distensione e concentrazione
insieme delle facoltà interiori (distensione e concentrazione sembrano
un paradosso, ma è questo che accade) di accogliere il Dono di Dio. I canti Kikiani, invece, proprio
all'opposto, con i ritmi incalzanti e coinvolgenti l'emozione, portano
'fuori da sé' (e-mozionano, appunto) e creano quella esaltazione
collettiva che si autoalimenta e si distribuisce attraverso
l'emozionalità di ognuno, raggiungendo il singolo amplificato dalla
somma dell'emozionalità di tutti e provoca quelle atmosfere e quelle
sensazioni, che creano dipendenza e dalle quali è tanto più difficile
sottrarsi quanto più a lungo vi si è assoggettati e le si è assorbite e si ha
quindi bisogno di rincorrerle e riprodurle ad ogni celebrazione... e non
si trovano altrove... ma a che prezzo?
Dov'è il rapporto intimo e personale col Signore?
E' vero che esso non si vive soltanto nel silenzio, come dice Freedom;
ma è vero anche che il canto liturgico non è per se stessi, non è per
cementare la comunità, ma è per il Signore e, se si vuole incontrare il
Signore, cosa che avviene nel silenzio adorante ma anche nel canto
(oltre che nelle effusioni del cuore della preghiera, che sono ben
'altro' che la stereotipata tiritera delle cosiddette 'preghiere dei
fedeli') non ci si può servire di canti mediocri ed esaltanti, che
possono anche esser belli in alcuni casi, ma da utilizzare per altre
occasioni, se mai di festa, che nulla hanno a che fare con la Liturgia,
che non è la "festa della comunità" ma il Sacrificio di Cristo, che
diventa fonte di salvezza e di gioia perché ci introduce e ci fa
crescere nel mondo della Risurrezione... Oltre ad essere l'autentico
culto a Dio!
10 aprile, 2010 11:25