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Pensiero kikiano e ideologia
Kiko Argüello nazista?
Può esserci una vicinanza nel pensiero di Adolf Hitler, con quella di Kiko
Argüello? Il Cammino Neocatecumenale può essere inteso come una forma di
nazismo, da applicarsi, anziché sul piano politico e sociale, su quello
religioso e teologico?
Sembrerebbe di no, tuttavia una attenta analisi di “Orientamenti alle
equipes di catechisti per la fase di conversione”, uno dei testi delle
“catechesi segrete” di Kiko, che contiene parte delle catechesi riservate ai
catechisti, che questi devono imparare e poi riproporre negli incontri di
comunità, propone una visione del cristianesimo e della fede cattolica,
assolutamente simile alla visione del Führer sulla razza e sulla società.
Mi propongo di evidenziarne le affinità.
1) Kiko Argüello, crede, come tutti gli gnostici, nell’esistenza di una
mitica età dell’oro. Questa età dell’oro, che per Hitler era l’era
della supremazia dei popoli germanici, quando, all’epoca dei miti nibelungici,
vivevano in un mondo perfetto ed incontaminato da razze inferiori, potendo
esprimere al meglio la loro superiorità, per Kiko è rappresentata dai primi
2-3 secoli di cristianesimo, in cui gli elementi cristiani (a suo dire) erano
ancora vicini al giudaismo e non si erano ancora imbastarditi con
contaminazioni esterne, quali aristotelismo, tomismo, tridentinismo.
La mitica età dell’oro per Kiko è quella del “cristianesimo delle origini”,
cioè del periodo in cui secondo l’eresiarca spagnolo i dogmi non erano tutti
enunciati, la fede era più povera, priva di paletti e di formalismi, e
avveniva più libera l’opera dello Spirito Santo (per cui dopo il concilio di
Trento, lo Spirito sarebbe stato ingabbiato dalle definizioni magisteriali).
Una Chiesa semplificata in cui il primato era della Parola di Dio e dove non
vi era Tradizione (dimentica il fatto che gli apostoli e i loro successori
sono invece i detentori della Tradizione apostolica, che deriva
dall’insegnamento orale di Cristo stesso). Una Chiesa dove la liturgia era
spontanea e non ingabbiata dal rubricismo del Messale tradizionale
cattolico (la più alta espressione liturgica della Chiesa latina).
Una Chiesa dove la comunità aveva un ruolo predominante, tanto che Kiko scade
nell’assemblearismo. Ma questa è una eresia ecclesiologica, che vede
nella comunità non una proiezione simbolica della vera comunità che è la
Chiesa o Corpo Mistico, o comunione dei Santi, ma un gruppo autocosciente,
autodeterminatosi, contingente, che agisce, celebra e vive la liturgia, come
se fosse la Chiesa. Qui si vede un’altra analogia con il pensiero hitleriano
ed hegeliano: il pensiero di un gruppo, di una comunità (razza, partito,
nazione, ecc.) come incarnazione del divino, come di spirito agente,
incarnante l’idea, ed operante.
Inutile dire che nulla di tutto ciò è esistito: la Tradizione è sempre stata
considerata una fonte della Rivelazione al pari della Scrittura
(l’insegnamento degli Apostoli aveva lo stesso peso del Vangelo di Nostro
Signore o della Bibbia), la liturgia non è mai stata una cosa improvvisata, ma
ha sempre avuto le sue regole, seppure in evoluzione, ma sempre ha voluto
rendere lode a Dio con un sacrificio solenne e sacrale, la
comunità non ha mai trasceso l’individualità cui si rivolge il messaggio
cristiano: essa è espressione della Chiesa, ma non è la Chiesa. La fraternità
dei tempi apostolici è indice della carità ardente dei primi cristiani, non un
ideale rivoluzionario.
2) Come Adolf Hitler, anche Kiko crede che l’età dell’oro sia finita.
Hitler vede nell’imbastardimento razziale dei popoli germanici la causa
principale della decadenza morale e spirituale del suo popolo. Per Kiko sempre
di imbastardimento si tratta, ma per lui è imbastardimento teologico. Il
Medioevo ha portato con sé la filosofia tomista, e la Controriforma ha
determinato il concilio di Trento.
Il concilio di Trento e san Tommaso d'Aquino sono, per Kiko, i due cancri
maggiori del cristianesimo. Da un lato egli vede la razionalizzazione
dell’”evento” cristiano, che per lui è un fatto meramente empirico,
irrazionale, un incontro, una chiamata, una sensazione. Risulta a lui
inaccettabile che il cristianesimo possa essere studiato, analizzato,
scomposto, razionalizzato, esaminato. Per lui il cristianesimo è un monoblocco
misterico che si prende per cieco fideismo, e di fronte al quale non
può esserci nulla che il silenzio e l’accettazione inconsapevole. Al massimo,
è tollerato il ricorso alla privata ispirazione da parte del Paraclito. Ma il
sapere teologico e filosofico, è visto come un atto di superbia.
Per Kiko il fatto che Cristo si sia rivelato agli umili e nascosto ai superbi
significa che occorre essere nell’ignoranza e nella misconoscenza dei
rudimenti filosofici e teologici per poter essere veri cristiani (in realtà
Cristo intendeva che i Farisei e gli Scribi non avevano capito la sua divinità
nonostante la loro scienza, mentre lo avevano capito gli umili, i non
superbi).
L’interpretazione arbitraria ad usum Cammini della Bibbia è una delle
caratteristiche del kikianesimo. Di conseguenza anche il concilio di Trento è
visto come fumo negli occhi, poiché vi si è proclamato che la Tradizione è
indispensabile per l’interpretazione corretta della Scrittura (per Kiko invece
la Bibbia si deve interpretare “luteranamente”, da sola), vi sono stati
definiti solennemente i cànoni sui sacramenti e la dimensione sacrificale
della Eucaristia, vi si è insistito su una devozione personale e individuale e
non hegelianamente comunitaristica-assembleare, il che è per Kiko il venir
meno del suo “tripode”.
Il concilio di Trento è disprezzato nei famigerati Orientamenti come il
periodo di massima decadenza cattolica. Rubricismo senza fine, giuridicismo,
schiavitù della legge e aridità della fede, Spirito Santo ingabbiato nei
dettami dogmatici: questo sarebbe il concilio di Trento e i successivi cinque
secoli di storia cristiana, per il perfido Argüello. Schernisce i santi, come
san Carlo Borromeo, come dei fanatici che fanno della fede una questione di
dettagli, ed esalta Lutero come un combattente del libero pensiero cristiano.
Siamo già ben al di là del limite del lecito.
L’imbastardimento della razza spirituale cristiana è per Kiko il male da cui
occorre difendersi, da eliminare con ogni mezzo, lecito o illecito, pena la
distruzione della purezza “razziale” spirituale cristiana. In questo,
Kiko è identico a Hitler.
3) Pertanto, occorre fare di tutto per sradicare dal ceppo cristiano le
contaminazioni bastarde. Come Hitler riteneva di dover preservare la
razza ariana dalla contaminazione con le razze inferiori, così Kiko vuole
preservare il cristianesimo del cammino dalla contaminazione con gli elementi
bastardi, la teologia e la tradizione.
È nota a tutti l’ignoranza teologica dei neocatecumenali, e la loro distanza
dalle più semplici pratiche di devozione popolare tradizionale. Il
comunitarismo di Kiko è ideologico, non è “popolare”. Mentre una
parrocchia è una comunità tradizionale e popolare, dove le persone si
succedono, nel tramandare le usanze, i costumi e il sapere di coloro che sono
venuti prima, per preservarlo alle nuove generazioni, insegnando loro come si
è cristiani, allo stesso modo di come lo si è imparato («tradidi quod et
accepi», ti ho trasmesso ciò che ho ricevuto), nel kikismo neocatecumenale
la comunità è un gruppo artefatto, creato a tavolino, senza storia,
senza radici, senza cultura, senza legami, senza identità, senza collante,
senza tradizione, senza sentimento popolare. L’unica cosa che li accomuna è
l’insegnamento di Kiko e la fede nel kikismo (non necessariamente in Cristo).
Nel Cammino Neocatecumenale pertanto c’è chi non sa cosa sia il rosario, chi
non sa cosa siano le “quarant’ore”, chi non sa cosa sia una novena, chi non ha
mai sentito il gregoriano, chi non ha mai fatto una processione in vita sua,
chi non ha mai recitato l’atto di dolore. Tutto questo è normalissimo, perché
gli elementi tradizionali, popolari, sono contrari e ulteriori al cammino.
Nel Cammino è più importante avere in casa un quadretto con la Madonna di Kiko,
che pregarla. È più importante recitare le “lodi” del breviario (probabilmente
ignorando anche cosa sia una recita liturgica), che andare ai vespri solenni
con la benedizione eucaristica. E via dicendo. Non dimentichiamo poi che Kiko
riprese personalmente una comunità di Firenze, che seguendo una indicazione di
Giovanni Paolo II ai responsabili del Cammino, si era messa a frequentare
corsi di esegesi e di teologia. Kiko disse: “se fate questo, non avete capito
nulla del Cammino, siete superbi”. Chi sa, non è degno del Cammino. Il
Cammino necessita di cialtroni indottrinati solo alla dottrina di Kiko. Non
servono altre campane che non sia Kiko, non servono altre nozioni bibliche che
non siano la privata lettura eventualmente assistita dall'equivoco
Dizionario del Cristianesimo di Xavier Léon-Dufour (che nega la
resurrezione come fatto storicamente avvenuto). Secondo i neocatecumenali le
riflessioni teologiche sarebbero proprie dei superbi e di gente che non
vivrebbe il cristianesimo nel cuore. Occorre loro, per essere cristiani, solo
accettare gli insegnamenti del catechista ed obbedirgli in tutto ciecamente.
4) Importantissima è la convinzione da parte di Kiko, che esistano forme
di razza cristiana superiore, e forme di razza cristiana inferiore.
Kiko è razzista. Lui sostiene che esistano diverse specie di uomini, con
differenti dignità. Al vertice vi sono i neocatecumenali, unici a potersi
definire cristiani in senso stretto. Dopo di loro ci sono i sotto-cristiani (Unterchristen?),
o cristiani della domenica. Vengono anche definiti “salati”, a causa di
una catechesi sul sale della terra: il sale della terra sarebbero i
neocatecumenali; i salati, ossia gente che non è sale, ma nemmeno proprio
insipida (avranno usato il dado?) sarebbero i cristiani normali, quelli che
vanno a Messa la domenica (per l'appunto, i cristiani della domenica).
Infine ci sono gli atei. Negli atei, Kiko fa rientrare tutti, i tiepidi, gli
incostanti, gli agnostici, i marxisti, i razionalisti, tutti. Oltre agli atei
vi sono i pagani, che sono tutti quelli di altre religioni, ma il disprezzo è
simile a quello degli atei. Forme di vita indegne di essere vissuta in
pratica. Ma solo i neocatecumenali sono cristiani veri e propri. Essi sono gli
unici ad avere capito il senso della fede, della Scrittura, sono gli unici ad
avere una liturgia partecipata, sono gli unici ad avere il soffio dello
Spirito Santo. Lo Spirito che non deve essere ingabbiato da Trento, può
esserlo nelle fredde aulette con alle pareti le iconacce di Kiko.
5) Le razze inferiori, per Kiko, devono o convertirsi al kikismo, oppure
essere lentamente assimilate. Sono destinate a scomparire. Per Kiko,
l’inferiore soccombe e il superiore trionfa. Il Cammino prenderà il posto
delle parrocchie, la struttura a comunità “atomica”, dovrà sostituire tutte le
parrocchie “territoriali”. Così anche le parrocchie neocatecumenali saranno in
seguito le uniche realtà ecclesiali e daranno i preti e i vescovi alla Chiesa.
Kiko vuole impadronirsi della Chiesa, eliminando ciò che non gli va a genio,
cioè tutti.
I modi non “kikiani” di intendere il cristianesimo, per Kiko non hanno più
senso, sono legati ai secoli bui della storia della Chiesa, non riflettono lo
spirito primitivo, pertanto sono da eliminare e da censurare. Per giunta, Kiko
afferma che è necessario sforzarsi per sradicare da ognuno i retaggi legati al
passato. Kiko dice che purtroppo dal devozionalismo tridentino ci sono passati
tutti, perché un tempo c’era solo quello. Bisogna lottare per fare trionfare
lo spirito rivoluzionario ed annullare in sé ogni rimembranza di
cattolicesimo, anche sforzandosi in pratiche contrarie a quelle tradizionali,
per purificarsi dai retaggi di idolatria tridentina. Il cristianesimo kikiano
è comunitario e festoso, e si esprime col canto e la partecipazione
chiassosa alle adunanze liturgiche. Cose come il rosario recitato
privatamente, non sono comunitarie, e perciò sono contrarie allo spirito del
Cammino.
6) Come Hitler credeva che la rivoluzione nazista fosse il motore del
rinnovamento spirituale e razziale della germania, così Kiko crede che il
Concilio Vaticano II sia la rivoluzione che rinnova la razza cattolica.
Per Kiko è inequivocabile: il Concilio è di rottura col passato. Il Concilio
segna il rinnegamento di Trento e di tutta la storia cristiana dalla Pace
costantiniana alla contemporaneità. Il Concilio è la rivoluzione che distrugge
tutto e tutto rinnova in una catarsi gnostica: la liturgia è distrutta e si fa
posto alla liturgia assembleare kikiana, la tradizione è annientata e si fa
posto alla libera interpretazione della Bibbia, la Chiesa è vista solo come
comunità di persone, una visione sociologica e immanentistica.
Ovviamente il Concilio Vaticano II non è stato nulla di tutto ciò, ma per Kiko
e Carmen, il Concilio è il lasciapassare per ogni sperimentazione e
degenerazione. In nome del Concilio giustificano ogni abuso introdotto, in
nome del Concilio è lecito pervertire la religione ed instaurarne un’altra,
opposta alla prima, in nome del Concilio è lecito fare la guerra agli altri
cristiani ed odiare i non neocatecumenali, considerandoli inferiori. Il
Concilio soprattutto consacra il Cammino come unico faro di verità, poiché a
detta di Kiko, il Concilio demolisce la Tradizione e annulla la teologia
tridentina. Quindi il Concilio avallerebbe le tesi kikiane in pieno, secondo
il pittore dalle scarse abilità artistiche, e lo consacrerebbe perfettamente
come azione dello Spirito Santo per i tempi presenti.
7) Infatti Kiko nega che il cammino sia un movimento. Per lui il
cammino non è un movimento, bensì l’unico modo possibile di essere cristiani.
Dagli Orientamenti emerge un fatto chiaro. Le comunità neocatecumenali
non sono un modo di essere cristiani, ma sono il cristianesimo del futuro, la
nuova razza perfetta che il Concilio ha voluto e lui ha provveduto ad
inventare. Per Kiko il Cammino non è una eventualità, che in parrocchia può
sussistere per chi la vuole, con molte altre realtà. La visione kikiana è
totalizzante: il Cammino come unico cristianesimo possibile, e conseguente
obbligo o destino, per tutti di farne parte prima o poi. Il catecumenato
eretico di Kiko, dovrà essere la nuova religione per gli uomini nuovi forgiati
dal Concilio. Chi è contro il Cammino è contro il Concilio e quindi contro
Dio.
Il Concilio non è un movimento, quindi, ma l’unica incarnazione nella storia
della perfetta purezza cristiana evangelica delle origini, con la conseguente
necessaria conclusione che il Cammino dovrà essere l'unica guida della Chiesa
e del mondo. Tertium non datur.
Si aggiunga a ciò, la personale convinzione di Kiko che Dio sia dalla loro
parte (Gott mit uns, “Dio (è) con noi”), e li sorregga spiritualmente,
come cristiani superiori, portatori di una verità superiore.
In conclusione quindi, se sostituiamo alla razza lo spirito cristiano, ne
emerge che il pensiero di Kiko coincide in modo sorprendente con quello di
Hitler.
Non può quindi che concludersi dicendo che Kiko è nazista nello spirito e
nella religione, poiché i fatti lo dimostrano.
Autore di questa pagina: Alessandro ––– revisione del testo:
Tripudio
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