LETTERA APOSTOLICA
del Sommo Pontefice GIOVANNI PAOLO II
all'Episcopato, al Clero, ai Fedeli
per l'Anno dell'Eucaristia
OTTOBRE 2004 – OTTOBRE 2005
INTRODUZIONE
1. «Rimani con noi, Signore, perché si fa sera»
(cfr Lc 24,29). Fu questo l'invito accorato che i due discepoli,
incamminati verso Emmaus la sera stessa del giorno della risurrezione,
rivolsero al Viandante che si era ad essi unito lungo il cammino. Carichi di
tristi pensieri, non immaginavano che quello sconosciuto fosse proprio il loro
Maestro, ormai risorto. Sperimentavano tuttavia un intimo «ardore» (cfr ivi,
32), mentre Egli parlava con loro «spiegando» le Scritture. La luce della
Parola scioglieva la durezza del loro cuore e «apriva loro gli occhi» (cfr
ivi, 31). Tra le ombre del giorno in declino e l'oscurità che incombeva
nell'animo, quel Viandante era un raggio di luce che risvegliava la speranza
ed apriva i loro animi al desiderio della luce piena. «Rimani con noi»,
supplicarono. Ed egli accettò. Di lì a poco, il volto di Gesù sarebbe
scomparso, ma il Maestro sarebbe «rimasto» sotto i veli del «pane spezzato»,
davanti al quale i loro occhi si erano aperti.
2. L'icona dei discepoli di Emmaus ben si
presta ad orientare un Anno che vedrà la Chiesa particolarmente impegnata a
vivere il mistero della Santa Eucaristia. Sulla strada dei nostri
interrogativi e delle nostre inquietudini, talvolta delle nostre cocenti
delusioni, il divino Viandante continua a farsi nostro compagno per
introdurci, con l'interpretazione delle Scritture, alla comprensione dei
misteri di Dio. Quando l'incontro diventa pieno, alla luce della Parola
subentra quella che scaturisce dal «Pane di vita», con cui Cristo adempie in
modo sommo la sua promessa di «stare con noi tutti i giorni fino alla fine del
mondo» (cfr Mt 28,20).
3. La «frazione del pane» — come agli inizi
veniva chiamata l'Eucaristia — è da sempre al centro della vita della Chiesa.
Per mezzo di essa Cristo rende presente, nello scorrere del tempo, il suo
mistero di morte e di risurrezione. In essa Egli in persona è ricevuto quale
«pane vivo disceso dal cielo» (Gv 6,51), e con Lui ci è dato il pegno della
vita eterna, grazie al quale si pregusta l'eterno convito della Gerusalemme
celeste. Più volte, e di recente nell'Enciclica
Ecclesia de Eucharistia,
ponendomi nel solco dell'insegnamento dei Padri, dei Concili Ecumenici e degli
stessi miei Predecessori, ho invitato la Chiesa a riflettere sull'Eucaristia.
Non intendo perciò, in questo scritto, riproporre l'insegnamento già offerto,
al quale rinvio perché venga approfondito e assimilato. Ho ritenuto tuttavia
che, proprio a tale scopo, potesse essere di grande aiuto un Anno interamente
dedicato a questo mirabile Sacramento.
4. Com'è noto, l'Anno dell'Eucaristia andrà
dall'ottobre 2004 all'ottobre 2005. L'occasione propizia per tale iniziativa
mi è stata offerta da due eventi, che ne scandiranno opportunamente l'inizio e
la fine: il Congresso Eucaristico Internazionale, in programma dal 10 al 17
ottobre 2004 a Guadalajara (Messico), e l'Assemblea Ordinaria del Sinodo dei
Vescovi, che si terrà in Vaticano dal 2 al 29ottobre 2005 sul tema:
«L'Eucaristia fonte e culmine della vita e della missione della Chiesa». Ad
orientarmi in questo passo non è mancata, poi, un'altra considerazione: cade
in questo anno la Giornata Mondiale della Gioventù, che si svolgerà a
Colonia dal 16 al 21 agosto 2005. L'Eucaristia è il centro
vitale intorno a cui desidero che i giovani si raccolgano per alimentare la
loro fede ed il loro entusiasmo. Il pensiero di una simile iniziativa
eucaristica era già da tempo nel mio animo: essa costituisce infatti il
naturale sviluppo dell'indirizzo pastorale che ho inteso imprimere alla
Chiesa, specialmente a partire dagli anni di preparazione del Giubileo, e che
ho poi ripreso in quelli che l'hanno seguito.
5. Nella presente Lettera apostolica mi
propongo di sottolineare tale continuità di indirizzo, perché a tutti risulti
più facile coglierne la portata spirituale. Quanto alla realizzazione concreta
dell'Anno dell'Eucaristia, conto sulla personale sollecitudine dei Pastori
delle Chiese particolari, ai quali la devozione verso così grande Mistero non
mancherà di suggerire gli opportuni interventi. Ai miei Fratelli Vescovi,
peraltro, non sarà difficile percepire come l'iniziativa, che segue a breve
distanza la conclusione dell'Anno del Rosario, si ponga ad un livello
spirituale così profondo da non venire ad intralciare in alcun modo i
programmi pastorali delle singole Chiese. Essa, anzi, li può efficacemente
illuminare, ancorandoli, per così dire, al Mistero che costituisce la radice e
il segreto della vita spirituale dei fedeli come anche di ogni iniziativa
della Chiesa locale. Non chiedo pertanto di interrompere i «cammini» pastorali
che le singole Chiese vanno facendo, ma di accentuare in essi la dimensione
eucaristica, che è propria dell'intera vita cristiana. Per conto mio, con
questa Lettera voglio offrire alcuni orientamenti di fondo, nella fiducia che
il Popolo di Dio, nelle sue diverse componenti, voglia accogliere la mia
proposta con pronta docilità e fervido amore.
I
NEL SOLCO DEL CONCILIO
E DEL GIUBILEO
Con lo sguardo rivolto a Cristo
6. Dieci anni fa, con la Tertio millennio adveniente
(10
novembre 1994), ebbi la gioia di indicare alla Chiesa il cammino di
preparazione al Grande Giubileo dell'Anno 2000. Sentivo che questa
occasione storica si profilava all'orizzonte come una grande grazia. Non mi
illudevo, certo, che un semplice passaggio cronologico, pur suggestivo,
potesse per se stesso comportare grandi cambiamenti. I fatti, purtroppo, si
sono incaricati di porre in evidenza, dopo l'inizio del Millennio, una sorta
di cruda continuità con gli eventi precedenti e spesso con quelli peggiori fra
essi. È venuto così delineandosi uno scenario che, accanto a prospettive
confortanti, lascia intravedere cupe ombre di violenza e di sangue che non
finiscono di rattristarci. Ma invitando la Chiesa a celebrare il Giubileo dei
duemila anni dall'Incarnazione, ero ben convinto — e lo sono tuttora più che
mai!— di lavorare per i «tempi lunghi» dell'umanità.
Cristo infatti è al centro non solo della
storia della Chiesa, ma anche della storia dell'umanità. In Lui tutto si
ricapitola (cfr Ef 1,10; Col 1,15- 20). Come non ricordare lo
slancio con cui il Concilio Ecumenico Vaticano II, citando il Papa Paolo VI,
confessò che Cristo «è il fine della storia umana, il punto focale dei
desideri della storia e della civiltà, il centro del genere umano, la gioia
d'ogni cuore, la pienezza delle loro aspirazioni»(1)? L'insegnamento del
Concilio apportò nuovi approfondimenti alla conoscenza della natura della
Chiesa, aprendo gli animi dei credenti ad una comprensione più attenta dei
misteri della fede e delle stesse realtà terrestri nella luce di Cristo. In
Lui, Verbo fatto carne, è infatti rivelato non solo il mistero di Dio, ma il
mistero stesso dell'uomo.(2) In Lui l'uomo trova redenzione e pienezza.
7. Nell'Enciclica Redemptor hominis, agli inizi
del mio Pontificato, sviluppai ampiamente questa tematica, che ho poi ripreso
in varie altre circostanze. Il Giubileo fu il momento propizio per convogliare
l'attenzione dei credenti su questa verità fondamentale. La preparazione del
grande evento fu tutta trinitaria e cristocentrica. In questa impostazione,
non poteva certo essere dimenticata l'Eucaristia. Se oggi ci avviamo a
celebrare un Anno dell'Eucaristia, ricordo volentieri che già nella Tertio millennio adveniente
scrivevo: «Il Duemila sarà un anno intensamente eucaristico: nel sacramento
dell'Eucaristia il Salvatore, incarnatosi nel grembo di Maria venti secoli fa,
continua ad offrirsi all'umanità come sorgente di vita divina».(3) Il
Congresso Eucaristico Internazionale, celebrato a Roma, diede concretezza a
questa connotazione del Grande Giubileo. Mette conto anche ricordare che, in
piena preparazione del Giubileo, nella Lettera apostolica
Dies Domini proposi alla
meditazione dei credenti il tema della «Domenica» come giorno del Signore
risorto e giorno speciale della Chiesa. Invitai allora tutti a riscoprire la
Celebrazione eucaristica come cuore della Domenica.(4)
Contemplare con Maria il volto di Cristo
8. L'eredità del Grande Giubileo fu in qualche
modo raccolta nella Lettera apostolica Novo millennio ineunte. In
questo documento di carattere programmatico suggerivo una prospettiva di
impegno pastorale fondato sulla contemplazione del volto di Cristo,
all'interno di una pedagogia ecclesiale capace di tendere alla «misura alta»
della santità, perseguita specialmente attraverso l'arte della preghiera.(5) E
come poteva mancare, in questa prospettiva, l'impegno liturgico e, in modo
particolare, l'attenzione alla vita eucaristica? Scrissi allora: «Nel
secolo XX, specie dal Concilio in poi, molto è cresciuta la comunità cristiana
nel modo di celebrare i Sacramenti e soprattutto l'Eucaristia. Occorre
insistere in questa direzione, dando particolar rilievo all'Eucaristia
domenicale e alla stessa Domenica, sentita come giorno speciale della fede,
giorno del Signore risorto e del dono dello Spirito, vera Pasqua della
settimana».(6) Nel contesto dell'educazione alla preghiera invitavo poi a
coltivare la Liturgia delle Ore, mediante la quale la Chiesa santifica
le diverse ore del giorno e la scansione del tempo nell'articolazione propria
dell'anno liturgico.
9. Successivamente, con l'indizione dell'Anno
del Rosario e con la pubblicazione della Lettera apostolica Rosarium Virginis Mariae,
ripresi il discorso della contemplazione del volto di Cristo a partire
dalla prospettiva mariana, attraverso la riproposta del Rosario. In
effetti, questa preghiera tradizionale, tanto raccomandata dal Magistero e
tanto cara al Popolo di Dio, ha una fisionomia spiccatamente biblica ed
evangelica, prevalentemente centrata sul nome e sul volto di Gesù, fissato
nella contemplazione dei misteri e nel ripetersi dell'Ave Maria. Il suo
andamento ripetitivo costituisce una sorta di pedagogia dell'amore,
fatta per accendere l'animo dell'amore stesso che Maria nutre verso il Figlio
suo. Per questo, portando a ulteriore maturazione un itinerario plurisecolare,
ho voluto che questa forma privilegiata di contemplazione completasse i suoi
lineamenti di vero «compendio del Vangelo» integrandovi i misteri della
luce.(7) E come non porre, al vertice dei misteri della luce, la Santa
Eucaristia?
Dall'Anno del Rosario all'Anno dell'Eucaristia
10. Proprio nel cuore dell'Anno del Rosario
promulgai la Lettera enciclica
Ecclesia de Eucharistia, con la
quale volli illustrare il mistero dell'Eucaristia nel suo rapporto
inscindibile e vitale con la Chiesa. Richiamai tutti a celebrare il Sacrificio
eucaristico con l'impegno che esso merita, prestando a Gesù presente
nell'Eucaristia, anche al di fuori della Messa, un culto di adorazione degno
di così grande Mistero. Soprattutto riproposi l'esigenza di una spiritualità
eucaristica, additando a modello Maria come «donna eucaristica».(8)
L'Anno dell'Eucaristia
si pone dunque su uno sfondo che si è andato di anno in anno arricchendo,
pur restando sempre ben incardinato sul tema di Cristo e della contemplazione
del suo Volto. In certo senso, esso si propone come un anno di sintesi, una
sorta di vertice di tutto il cammino percorso. Tante cose si potrebbero
dire per vivere bene questo Anno. Io mi limiterò ad indicare alcune
prospettive che possano aiutare tutti a convergere verso atteggiamenti
illuminati e fecondi.
II
L'EUCARISTIA MISTERO DI LUCE
«Spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si
riferiva a lui» (Lc 24,27)
11. Il racconto dell'apparizione di Gesù
risorto ai due discepoli di Emmaus ci aiuta a mettere a fuoco un primo aspetto
del mistero eucaristico, che deve essere sempre presente nella devozione del
Popolo di Dio: l'Eucaristia mistero di luce! In che senso può dirsi
questo, e quali sono le implicazioni che ne derivano per la spiritualità e per
la vita cristiana?
Gesù ha qualificato se stesso come «luce del
mondo» (Gv 8,12), e questa sua proprietà è ben posta in evidenza da
quei momenti della sua vita, come la Trasfigurazione e la Risurrezione, nei
quali la sua gloria divina chiaramente rifulge. Nell'Eucaristia invece la
gloria di Cristo è velata. Il Sacramento eucaristico è «mysterium fidei»
per eccellenza. Tuttavia, proprio attraverso il mistero del suo totale
nascondimento, Cristo si fa mistero di luce, grazie al quale il credente è
introdotto nelle profondità della vita divina. Non è senza una felice
intuizione che la celebre icona della Trinità di Rublëv pone in modo
significativo l'Eucaristia al centro della vita trinitaria.
12. L'Eucaristia è luce innanzitutto perché in
ogni Messa la liturgia della Parola di Dio precede la liturgia eucaristica,
nell'unità delle due «mense», quella della Parola e quella del Pane. Questa
continuità emerge nel discorso eucaristico del Vangelo di Giovanni, dove
l'annuncio di Gesù passa dalla presentazione fondamentale del suo mistero
all'illustrazione della dimensione propriamente eucaristica: «La mia carne è
vero cibo e il mio sangue vera bevanda» (Gv 6,55). Sappiamo che fu
questa a mettere in crisi gran parte degli ascoltatori, inducendo Pietro a
farsi portavoce della fede degli altri Apostoli e della Chiesa di tutti i
tempi: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna» (Gv
6,68). Nel racconto dei discepoli di Emmaus Cristo stesso interviene per
mostrare, «cominciando da Mosé e da tutti i profeti», come «tutte le
Scritture» portassero al mistero della sua persona (cfr Lc 24, 27). Le
sue parole fanno «ardere» i cuori dei discepoli, li sottraggono all'oscurità
della tristezza e della disperazione, suscitano in essi il desiderio di
rimanere con Lui: «Resta con noi, Signore» (cfr Lc 24,29).
13. I Padri del Concilio Vaticano II, nella
Costituzione Sacrosanctum Concilium,
hanno voluto che la «mensa della Parola» aprisse abbondantemente ai fedeli i
tesori della Scrittura.(9) Per questo hanno consentito che, nella Celebrazione
liturgica, specialmente le letture bibliche venissero offerte nella lingua a
tutti comprensibile. È Cristo stesso che parla quando nella Chiesa si legge la
Sacra Scrittura.(10) Al tempo stesso hanno raccomandato al celebrante l'omelia
quale parte della stessa Liturgia, destinata ad illustrare la Parola di Dio e
ad attualizzarla per la vita cristiana.(11) A quarant'anni dal Concilio, l'Anno
dell'Eucaristia può costituire un'importante occasione perché le comunità
cristiane facciano una verifica su questo punto. Non basta infatti che
i brani biblici siano proclamati in una lingua comprensibile, se la
proclamazione non avviene con quella cura, quella preparazione previa, quell'ascolto
devoto, quel silenzio meditativo, che sono necessari perché la Parola di Dio
tocchi la vita e la illumini.
«Lo riconobbero nello spezzare il pane»
(Lc 24,35)
14. È significativo che i due discepoli di
Emmaus, convenientemente preparati dalle parole del Signore, lo abbiano
riconosciuto mentre stavano a mensa nel gesto semplice della «frazione del
pane». Una volta che le menti sono illuminate e i cuori riscaldati, i segni
«parlano». L'Eucaristia si svolge tutta nel contesto dinamico di segni che
recano in sé un denso e luminoso messaggio. È attraverso i segni che il
mistero in qualche modo si apre agli occhi del credente.
Come ho sottolineato nell'Enciclica
Ecclesia de Eucharistia, è
importante che nessuna dimensione di questo Sacramento venga trascurata. È
infatti sempre presente nell'uomo la tentazione di ridurre l'Eucaristia alle
proprie dimensioni, mentre in realtà è lui a doversi aprire alle dimensioni
del Mistero. «L'Eucaristia è un dono troppo grande, per sopportare
ambiguità e diminuzioni».(12)
15. Non c'è dubbio che la dimensione più
evidente dell'Eucaristia sia quella del convito. L'Eucaristia è nata,
la sera del Giovedì Santo, nel contesto della cena pasquale. Essa pertanto
porta inscritto nella sua struttura il senso della convivialità:
«Prendete e mangiate... Poi prese il calice e... lo diede loro dicendo:
Bevetene tutti...» (Mt 26, 26.27). Questo aspetto ben esprime il
rapporto di comunione che Dio vuole stabilire con noi e che noi stessi
dobbiamo sviluppare vicendevolmente.
Non si può tuttavia dimenticare che il convito
eucaristico ha anche un senso profondamente e primariamente sacrificale.(13)
In esso Cristo ripresenta a noi il sacrificio attuato una volta per tutte
sul Golgota. Pur essendo presente in esso da risorto, Egli porta i segni
della sua passione, di cui ogni Santa Messa è «memoriale», come la Liturgia ci
ricorda con l'acclamazione dopo la consacrazione: «Annunciamo la tua morte,
Signore, proclamiamo la tua risurrezione...». Al tempo stesso, mentre
attualizza il passato, l'Eucaristia ci proietta verso il futuro dell'ultima
venuta di Cristo, al termine della storia. Questo aspetto «escatologico»
dà al Sacramento eucaristico un dinamismo coinvolgente, che infonde al cammino
cristiano il passo della speranza.
«Io sono con voi tutti i giorni...»
(Mt 28,20)
16. Tutte queste dimensioni dell'Eucaristia si
rannodano in un aspetto che più di tutti mette alla prova la nostra fede: è
il mistero della presenza «reale». Con tutta la tradizione della
Chiesa, noi crediamo che, sotto le specie eucaristiche, è realmente presente
Gesù. Una presenza — come spiegò efficacemente il Papa Paolo VI — che è detta
«reale» non per esclusione, quasi che le altre forme di presenza non siano
reali, ma per antonomasia, perché in forza di essa Cristo tutto intero si fa
sostanzialmente presente nella realtà del suo corpo e del suo sangue.(14) Per
questo la fede ci chiede di stare davanti all'Eucaristia con la consapevolezza
che siamo davanti a Cristo stesso. Proprio la sua presenza dà alle altre
dimensioni — di convito, di memoriale della Pasqua, di anticipazione
escatologica — un significato che va ben al di là di un puro simbolismo.
L'Eucaristia è mistero di presenza, per mezzo del quale si realizza in modo
sommo la promessa di Gesù di restare con noi fino alla fine del mondo.
Celebrare, adorare, contemplare
17. Mistero grande, l'Eucaristia! Mistero che
dev'essere innanzitutto ben celebrato. Bisogna che la Santa Messa sia
posta al centro della vita cristiana, e che in ogni comunità si faccia di
tutto per celebrarla decorosamente, secondo le norme stabilite, con la
partecipazione del popolo, avvalendosi dei diversi ministri nell'esercizio dei
compiti per essi previsti, e con una seria attenzione anche all'aspetto di
sacralità che deve caratterizzare il canto e la musica liturgica. Un
impegno concreto di questo Anno dell'Eucaristia potrebbe essere quello
di studiare a fondo, in ogni comunità parrocchiale, l' Ordinamento Generale
del Messale Romano. La via privilegiata per essere introdotti nel mistero
della salvezza attuata nei santi «segni» resta poi quella di seguire con
fedeltà lo svolgersi dell'Anno liturgico. I Pastori si impegnino in quella
catechesi «mistagogica», tanto cara ai Padri della Chiesa, che
aiuta a scoprire le valenze dei gesti e delle parole della Liturgia, aiutando
i fedeli a passare dai segni al mistero e a coinvolgere in esso l'intera loro
esistenza.
18. Occorre, in particolare, coltivare, sia
nella celebrazione della Messa che nel culto eucaristico fuori della Messa,
la viva consapevolezza della presenza reale di Cristo, avendo cura di
testimoniarla con il tono della voce, con i gesti, con i movimenti, con tutto
l'insieme del comportamento. A questo proposito, le norme ricordano — e io
stesso ho avuto modo recentemente di ribadirlo(15) — il rilievo che deve
essere dato ai momenti di silenzio sia nella celebrazione che nell'adorazione
eucaristica. È necessario, in una parola, che tutto il modo di trattare
l'Eucaristia da parte dei ministri e dei fedeli sia improntato a un estremo
rispetto.(16) La presenza di Gesù nel tabernacolo deve costituire come un
polo di attrazione per un numero sempre più grande di anime innamorate di
Lui, capaci di stare a lungo ad ascoltarne la voce e quasi a sentirne i
palpiti del cuore. «Gustate e vedete quanto è buono il Signore!» (Sal 33
[34],9).
L'adorazione eucaristica fuori della Messa
diventi, durante questo anno, un impegno speciale per le singole comunità
parrocchiali e religiose. Restiamo prostrati a lungo davanti a Gesù presente
nell'Eucaristia, riparando con la nostra fede e il nostro amore le
trascuratezze, le dimenticanze e persino gli oltraggi che il nostro Salvatore
deve subire in tante parti del mondo. Approfondiamo nell'adorazione la nostra
contemplazione personale e comunitaria, servendoci anche di sussidi di
preghiera sempre improntati alla Parola di Dio e all'esperienza di tanti
mistici antichi e recenti. Lo stesso Rosario, compreso nel suo senso profondo,
biblico e cristocentrico, che ho raccomandato nella Lettera apostolica Rosarium Virginis Mariae, potrà
essere una via particolarmente adatta alla contemplazione eucaristica, attuata
in compagnia e alla scuola di Maria.(17)
Si viva, quest'anno, con particolare fervore la
solennità del Corpus Domini con la tradizionale processione. La fede
nel Dio che, incarnandosi, si è fatto nostro compagno di viaggio sia
proclamata dovunque e particolarmente per le nostre strade e fra le nostre
case, quale espressione del nostro grato amore e fonte di inesauribile
benedizione.
III
L'EUCARISTIA SORGENTE ED
EPIFANIA DI COMUNIONE
«Rimanete in me e io in voi»
(Gv 15,4)
19. Alla richiesta dei discepoli di Emmaus che
Egli rimanesse «con» loro, Gesù rispose con un dono molto più grande: mediante
il sacramento dell'Eucaristia trovò il modo di rimanere «in» loro. Ricevere
l'Eucaristia è entrare in comunione profonda con Gesù. «Rimanete in me e io in
voi» (Gv 15,4). Questo rapporto di intima e reciproca «permanenza»
ci consente di anticipare, in qualche modo, il cielo sulla terra. Non è
forse questo l'anelito più grande dell'uomo? Non è questo ciò che Dio si è
proposto, realizzando nella storia il suo disegno di salvezza? Egli ha messo
nel cuore dell'uomo la «fame» della sua Parola (cfr Am 8,11), una fame
che si appagherà solo nell'unione piena con Lui. La comunione eucaristica ci è
data per «saziarci» di Dio su questa terra, in attesa dell'appagamento pieno
del cielo.
Un solo pane, un solo corpo
20. Ma questa speciale intimità che si realizza
nella «comunione» eucaristica non può essere adeguatamente compresa né
pienamente vissuta al di fuori della comunione ecclesiale. È quanto ho
ripetutamente sottolineato nell'Enciclica Ecclesia de Eucharistia.
La Chiesa è il corpo di Cristo: si cammina «con Cristo» nella misura in cui si
è in rapporto «con il suo corpo». A creare e fomentare questa unità Cristo
provvede con l'effusione dello Spirito Santo. E Lui stesso non cessa di
promuoverla attraverso la sua presenza eucaristica. In effetti, è proprio
l'unico Pane eucaristico che ci rende un corpo solo. Lo afferma l'apostolo
Paolo: «Poiché c'è un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo:
tutti infatti partecipiamo dell'unico pane» (1Cor 10,17). Nel mistero
eucaristico Gesù edifica la Chiesa come comunione, secondo il supremo modello
evocato nella preghiera sacerdotale: «Come tu, Padre, sei in me e io in
te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai
mandato» (Gv 17,21).
21. Se l'Eucaristia è sorgente
dell'unità ecclesiale, essa ne è anche la massima manifestazione.
L'Eucaristia è epifania di comunione. È per questo che la Chiesa pone
delle condizioni perché si possa prendere parte in modo pieno alla
Celebrazione eucaristica.(18) Le varie limitazioni devono indurci a prendere
sempre maggior coscienza di quanto sia esigente la comunione che Gesù ci
chiede. È comunione gerarchica, fondata sulla coscienza dei diversi
ruoli e ministeri, continuamente ribadita anche nella preghiera eucaristica
attraverso la menzione del Papa e del Vescovo diocesano. È comunione
fraterna, coltivata con una «spiritualità di comunione» che ci induce a
sentimenti di reciproca apertura, di affetto, di comprensione e di
perdono.(19)
«Un cuor solo e un'anima sola»
(At 4,32)
22. In ogni Santa Messa siamo chiamati a
misurarci con l'ideale di comunione che il libro degli Atti degli Apostoli
tratteggia come modello per la Chiesa di sempre. È la Chiesa raccolta intorno
agli Apostoli, convocata dalla Parola di Dio, capace di una condivisione che
non riguarda solo i beni spirituali, ma gli stessi beni materiali (cfr At
2,42-47; 4,32-35). In questo Anno dell'Eucaristia il Signore ci invita
ad avvicinarci il più possibile a questo ideale. Si vivano con particolare
impegno i momenti già suggeriti dalla Liturgia per la «Messa stazionale», in
cui il Vescovo celebra in cattedrale con i suoi presbiteri e i diaconi e con
la partecipazione del Popolo di Dio in tutte le sue componenti. È questa la
principale «manifestazione» della Chiesa.(20) Ma sarà lodevole individuare
altre occasioni significative, anche a livello delle parrocchie, perché il
senso della comunione cresca, attingendo dalla Celebrazione eucaristica un
rinnovato fervore.
Il Giorno del Signore
23. In particolare auspico che in questo anno
si ponga un impegno speciale nel riscoprire e vivere pienamente la Domenica
come giorno del Signore e giorno della Chiesa. Sarei felice se si rimeditasse
quanto ebbi a scrivere nella Lettera apostolica
Dies Domini. «È proprio nella
Messa domenicale, infatti, che i cristiani rivivono in modo particolarmente
intenso l'esperienza fatta dagli Apostoli la sera di Pasqua, quando il Risorto
si manifestò ad essi riuniti insieme (cfr Gv 20,19). In quel piccolo
nucleo di discepoli, primizia della Chiesa, era in qualche modo presente il
Popolo di Dio di tutti i tempi».(21) I sacerdoti nel loro impegno pastorale
prestino, durante questo anno di grazia, un'attenzione ancor più grande
alla Messa domenicale, come celebrazione in cui la comunità parrocchiale
si ritrova in maniera corale, vedendo ordinariamente partecipi anche i vari
gruppi, movimenti, associazioni in essa presenti.
IV
L'EUCARISTIA PRINCIPIO
E PROGETTO DI «MISSIONE»
«Partirono senza indugio»
(Lc 24,33)
24. I due discepoli di Emmaus, dopo aver
riconosciuto il Signore, «partirono senza indugio» (Lc 24,33), per
comunicare ciò che avevano visto e udito. Quando si è fatta vera esperienza
del Risorto, nutrendosi del suo corpo e del suo sangue, non si può tenere solo
per sé la gioia provata. L'incontro con Cristo, continuamente approfondito
nell'intimità eucaristica, suscita nella Chiesa e in ciascun cristiano
l'urgenza di testimoniare e di evangelizzare. Ebbi a sottolinearlo proprio nell'omelia in cui annunciai l'Anno
dell'Eucaristia, riferendomi alle parole di Paolo: «Ogni volta che
mangiate di questo pane e bevete di questo calice, voi annunziate la morte del
Signore finché egli venga» (1Cor 11,26). L'Apostolo pone in stretta
relazione tra loro il convito e l'annuncio: entrare in comunione con Cristo
nel memoriale della Pasqua significa, nello stesso tempo, sperimentare il
dovere di farsi missionari dell'evento che quel rito attualizza.(22) Il
congedo alla fine di ogni Messa costituisce una consegna, che spinge il
cristiano all'impegno per la propagazione del Vangelo e la animazione
cristiana della società.
25. Per tale missione l'Eucaristia non fornisce
solo la forza interiore, ma anche — in certo senso — il progetto. Essa
infatti è un modo di essere, che da Gesù passa nel cristiano e, attraverso la
sua testimonianza, mira ad irradiarsi nella società e nella cultura. Perché
ciò avvenga, è necessario che ogni fedele assimili, nella meditazione
personale e comunitaria, i valori che l'Eucaristia esprime, gli atteggiamenti
che essa ispira, i propositi di vita che suscita. Perché non vedere in questo
la speciale consegna che potrebbe scaturire dall'Anno dell'Eucaristia?
Rendere grazie
26. Un fondamentale elemento di questo
progetto emerge dal significato stesso della parola «eucaristia»:
rendimento di grazie. In Gesù, nel suo sacrificio, nel suo «sì» incondizionato
alla volontà del Padre, c'è il «sì», il «grazie» e l'«amen» dell'umanità
intera. La Chiesa è chiamata a ricordare agli uomini questa grande verità. È
urgente che ciò venga fatto soprattutto nella nostra cultura secolarizzata,
che respira l'oblio di Dio e coltiva la vana autosufficienza dell'uomo.
Incarnare il progetto eucaristico nella vita quotidiana, là dove si lavora e
si vive — in famiglia, a scuola, nella fabbrica, nelle più diverse condizioni
di vita — significa, tra l'altro, testimoniare che la realtà umana non si
giustifica senza il riferimento al Creatore: «La creatura, senza il
Creatore, svanisce».(23) Questo riferimento trascendente, che ci impegna ad un
perenne «grazie» — ad un atteggiamento eucaristico appunto — per quanto
abbiamo e siamo, non pregiudica la legittima autonomia delle realtà
terrene,(24) ma la fonda nel modo più vero collocandola, al tempo stesso,
entro i suoi giusti confini.
In questo Anno dell'Eucaristia ci si
impegni, da parte dei cristiani, a testimoniare con più forza la presenza di
Dio nel mondo. Non abbiamo paura di parlare di Dio e di portare a fronte alta
i segni della fede. La «cultura dell'Eucaristia» promuove una cultura del
dialogo, che trova in essa forza e alimento. Ci si sbaglia a ritenere che il
riferimento pubblico alla fede possa intaccare la giusta autonomia dello Stato
e delle istituzioni civili, o che addirittura possa incoraggiare atteggiamenti
di intolleranza. Se storicamente non sono mancati errori in questa materia
anche nei credenti, come ebbi a riconoscere in occasione del Giubileo, ciò va
addebitato non alle «radici cristiane», ma all'incoerenza dei cristiani nei
confronti delle loro radici. Chi impara a dire «grazie» alla maniera del
Cristo crocifisso, potrà essere un martire, ma non sarà mai un aguzzino.
La via della solidarietà
27. L'Eucaristia non è solo espressione di
comunione nella vita della Chiesa; essa è anche progetto di solidarietà
per l'intera umanità. La Chiesa rinnova continuamente nella celebrazione
eucaristica la sua coscienza di essere «segno e strumento» non solo
dell'intima unione con Dio, ma anche dell'unità di tutto il genere umano.(25)
Ogni Messa, anche quando è celebrata nel nascondimento e in una regione
sperduta della terra, porta sempre il segno dell'universalità. Il cristiano
che partecipa all'Eucaristia apprende da essa a farsi promotore di
comunione, di pace, di solidarietà, in tutte le circostanze della vita.
L'immagine lacerata del nostro mondo, che ha iniziato il nuovo Millennio con
lo spettro del terrorismo e la tragedia della guerra, chiama più che mai i
cristiani a vivere l'Eucaristia come una grande scuola di pace, dove si
formano uomini e donne che, a vari livelli di responsabilità nella vita
sociale, culturale, politica, si fanno tessitori di dialogo e di comunione.
A servizio degli ultimi
28. C'è ancora un punto sul quale vorrei
richiamare l'attenzione, perché su di esso si gioca in notevole misura
l'autenticità della partecipazione all'Eucaristia, celebrata nella comunità: è
la spinta che essa ne trae per un impegno fattivo nell'edificazione di una
società più equa e fraterna. Nell'Eucaristia il nostro Dio ha manifestato
la forma estrema dell'amore, rovesciando tutti i criteri di dominio che
reggono troppo spesso i rapporti umani ed affermando in modo radicale il
criterio del servizio: «Se uno vuol essere il primo, sia l'ultimo di tutti e
il servo di tutti» (Mc 9,35). Non a caso, nel Vangelo di Giovanni non
troviamo il racconto dell'istituzione eucaristica, ma quello della «lavanda
dei piedi» (cfr Gv 13,1-20): chinandosi a lavare i piedi dei suoi
discepoli, Gesù spiega in modo inequivocabile il senso dell'Eucaristia. San
Paolo, a sua volta, ribadisce con vigore che non è lecita una celebrazione
eucaristica nella quale non risplenda la carità testimoniata dalla concreta
condivisione con i più poveri (cfr 1Cor 11,17- 22.27-34).
Perché dunque non fare di questo Anno
dell'Eucaristia un periodo in cui le comunità diocesane e parrocchiali si
impegnano in modo speciale ad andare incontro con fraterna operosità a
qualcuna delle tante povertà del nostro mondo? Penso al dramma della fame che
tormenta centinaia di milioni di esseri umani, penso alle malattie che
flagellano i Paesi in via di sviluppo, alla solitudine degli anziani, ai
disagi dei disoccupati, alle traversie degli immigrati. Sono mali, questi, che
segnano — seppur in misura diversa — anche le regioni più opulente. Non
possiamo illuderci: dall'amore vicendevole e, in particolare, dalla
sollecitudine per chi è nel bisogno saremo riconosciuti come veri discepoli di
Cristo (cfr Gv 13,35; Mt 25,31-46). È questo il criterio in base
al quale sarà comprovata l'autenticità delle nostre celebrazioni eucaristiche.
CONCLUSIONE
29. O Sacrum Convivium, in quo Christus
sumitur! L'Anno dell'Eucaristia nasce dallo stupore con cui la
Chiesa si pone di fronte a questo grande Mistero. È uno stupore che non
finisce di pervadere il mio animo. Da esso è scaturita l'Enciclica
Ecclesia de Eucharistia. Sento
come una grande grazia del ventisettesimo anno di ministero petrino, che sto
per iniziare, il poter chiamare ora tutta la Chiesa a contemplare, a lodare,
ad adorare in modo specialissimo questo ineffabile Sacramento. L'Anno dell'Eucharistia
sia per tutti occasione preziosa per una rinnovata consapevolezza del tesoro
incomparabile che Cristo ha affidato alla sua Chiesa. Sia stimolo ad una sua
celebrazione più viva e sentita, dalla quale scaturisca un'esistenza cristiana
trasformata dall'amore.
Tante iniziative potranno essere realizzate in
questa prospettiva, a giudizio dei Pastori delle Chiese particolari. La Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina
dei Sacramenti
non mancherà di offrire, al riguardo,
utili suggerimenti e proposte. Non chiedo tuttavia che si facciano cose
straordinarie, ma che tutte le iniziative siano improntate a profonda
interiorità. Se il frutto di questo Anno fosse anche soltanto quello di
ravvivare in tutte le comunità cristiane la celebrazione della Messa
domenicale e di incrementare l'adorazione eucaristica fuori della Messa,
questo Anno di grazia avrebbe conseguito un risultato significativo. Buona
cosa tuttavia è mirare in alto, non accontentandoci di misure mediocri, perché
sappiamo di poter contare sempre sull'aiuto di Dio.
30. A voi, cari Confratelli nell'Episcopato,
affido questo Anno, sicuro che accoglierete il mio invito con tutto il vostro
ardore apostolico.
Voi, sacerdoti, che ogni giorno ripetete
le parole della consacrazione e siete testimoni e annunciatori del grande
miracolo di amore che avviene tra le vostre mani, lasciatevi interpellare
dalla grazia di quest'Anno speciale, celebrando ogni giorno la Santa Messa con
la gioia ed il fervore della prima volta e sostando volentieri in preghiera
davanti al Tabernacolo.
Sia un Anno di grazia per voi, diaconi,
che siete da vicino coinvolti nel ministero della Parola e nel servizio
dell'Altare. Anche voi, lettori, accoliti, ministri straordinari della
comunione, abbiate coscienza viva del dono che vi viene fatto con i
compiti a voi affidati in vista di una degna celebrazione dell'Eucaristia.
In particolare, mi rivolgo a voi, futuri
sacerdoti: nella vita di Seminario cercate di fare esperienza di quanto è
dolce non solo partecipare ogni giorno alla Santa Messa, ma anche indugiare a
lungo nel dialogo con Gesù Eucaristia.
Voi, consacrati e consacrate, chiamati
dalla vostra stessa consacrazione a una contemplazione più prolungata,
ricordate che Gesù nel Tabernacolo vi aspetta accanto a sé, per riversare nei
vostri cuori quell'intima esperienza della sua amicizia che sola può dare
senso e pienezza alla vostra vita.
Voi tutti, fedeli, riscoprite il dono
dell'Eucaristia come luce e forza per la vostra vita quotidiana nel mondo,
nell'esercizio delle rispettive professioni e a contatto con le più diverse
situazioni. Riscopritelo soprattutto per vivere pienamente la bellezza e la
missione della famiglia.
Molto infine mi aspetto da voi, giovani,
mentre vi rinnovo l'appuntamento per la Giornata Mondiale della Gioventù
a
Colonia. Il tema prescelto — «Siamo venuti per adorarlo
(Mt 2,2)» — si presta in modo particolare a suggerirvi il giusto
atteggiamento in cui vivere quest'anno eucaristico. Portate all'incontro con
Gesù nascosto sotto i veli eucaristici tutto l'entusiasmo della vostra età,
della vostra speranza, della vostra capacità di amare.
31. Stanno davanti ai nostri occhi gli esempi
dei Santi, che nell'Eucaristia hanno trovato l'alimento per il loro cammino di
perfezione. Quante volte essi hanno versato lacrime di commozione
nell'esperienza di così grande mistero ed hanno vissuto indicibili ore di
gioia «sponsale» davanti al Sacramento dell'altare. Ci aiuti soprattutto la
Vergine Santa, che incarnò con l'intera sua esistenza la logica
dell'Eucaristia. «La Chiesa, guardando a Maria come a suo modello, è chiamata
ad imitarla anche nel suo rapporto con questo Mistero santissimo».(26) Il Pane
eucaristico che riceviamo è la carne immacolata del Figlio: «Ave verum
corpus natum de Maria Virgine». In questo Anno di grazia, sostenuta da
Maria, la Chiesa trovi nuovo slancio per la sua missione e riconosca sempre di
più nell'Eucaristia la fonte e il vertice di tutta la sua vita.
A tutti giunga, apportatrice di grazia e di
gioia, la mia Benedizione.
Dal Vaticano, il 7 ottobre, memoria della B.
Maria Vergine del Rosario, dell'anno 2004, ventiseiesimo di Pontificato.
IOANNES PAULUS PP.II
(1) Cost. past. sulla Chiesa nel mondo
contemporaneo Gaudium et spes, 45.
(2) Cfr ibid., 22.
(3) N. 55: AAS 87 (1995), 38.
(4) Cfr n. 32-34: AAS 90 (1998),
732-734.
(5) Cfr n. 30-32: AAS 93 (2001),
287-289.
(6) Ibid., 35, l.c., 290-291.
(7) Cfr Lett. ap. Rosarium Virginis Mariae
(16 ottobre 2002), 19.21: AAS 95 (2003), 18-20.
(8) Lett. enc. Ecclesia de Eucharistia
(17 aprile 2003), 53: AAS 95 (2003), 469.
(9) Cfr n.51.
(10) Cfr ibid., 7.
(11) Cfr ibid., 52.
(12) Lett. enc. Ecclesia de Eucharistia
(17 aprile 2003), 10: AAS 95 (2003), 439.
(13) Cfr Giovanni Paolo II, Lett. enc.
Ecclesia de Eucharistia (17 aprile 2003), 10: AAS 95 (2003), 439;
Congr. per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Istr.
Redemptionis Sacramentum su alcune cose che si devono osservare ed evitare
circa la Santissima Eucaristia (25 marzo 2004), 38: L'Osservatore Romano,
24 aprile 2004, suppl., p.3.
(14) Cfr Lett. enc. Mysterium fidei (3
settembre 1965), 39: AAS 57 (1965), 764; S. Congr. dei Riti, Istr.
Eucharisticum mysterium sul culto del Mistero eucaristico (25 maggio
1967), 9: AAS 59 (1967), 547.
(15) Cfr Messaggio Spiritus et Sponsa,
nel XL anniversario della Costituzione Sacrosanctum Concilium sulla
Sacra Liturgia (4dicembre 2003), 13: AAS 96 (2004), 425.
(16) Cfr Congr. per il Culto Divino e la
Disciplina dei Sacramenti, Istr.
Redemptionis Sacramentum su alcune
cose che si devono osservare ed evitare circa la Santissima Eucaristia (25
marzo 2004): L'Osservatore Romano, 24 aprile 2004, suppl.
(17) Cfr ibid. 137, l.c., p.7.
(18) Cfr Giovanni Paolo II, Lett. enc.
Ecclesia
de Eucharistia (17 aprile 2003), 44: AAS 95 (2003), 462; Codice di Diritto
Canonico, can. 908; Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, can. 702; Pont.
Cons. per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, Directorium Oecumenicum (25
marzo 1993), 122-125, 129-131: AAS 85 (1993), 1086-1089; Congr. per la
Dottrina della Fede, Lett. Ad exsequendam (18 maggio 2001): AAS 93 (2001),
786.
(19) Cfr Giovanni Paolo II, Lett. ap. Novo
millennio ineunte (6 gennaio 2001), 43: AAS 93 (2001), 297.
(20) Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. sulla Sacra
Liturgia Sacrosanctum Concilium, 41.
(21) N. 33: AAS 90 (1998), 733.
(22) Cfr Omelia nella solennità del Corpus
Domini (10 giugno 2004), 1: L'Osservatore Romano, 11-12 giugno 2004, p.6.
(23) Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. sulla
Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes, 36.
(24) Cfr ibid.
(25) Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla
Chiesa Lumen gentium, 1.
(26) Giovanni Paolo II, Lett. enc.
Ecclesia
de Eucharistia (17 aprile 2003), 53: AAS 95 (2003), 469.