1. La Chiesa Cattolica ha sempre religiosamente custodito come
preziosissimo tesoro l'ineffabile mistero di fede che è il dono
dell'Eucaristia, largitole da Cristo suo Sposo come pegno del suo immenso
amore, e ad esso nel Concilio Vaticano II ha tributato una nuova e
solennissima professione di fede e di culto.
2. Difatti i Padri del Concilio, trattando della restaurazione della Sacra
Liturgia, per la loro sollecitudine a favore della Chiesa universale niente
hanno avuto più a cuore che esortare i fedeli affinché con integra fede e
somma pietà partecipino attivamente alla celebrazione di questo Sacrosanto
Mistero, offrendolo unitamente al sacerdote come sacrificio a Dio per la
salvezza propria e di tutto il mondo e nutrendosi di esso come spirituale
alimento.
3. Giacché se la Sacra Liturgia occupa il primo posto nella vita della
Chiesa, il Mistero Eucaristico è come il cuore e il centro della Sacra
Liturgia, in quanto è la fonte di vita che ci purifica e ci corrobora in modo
che viviamo non più per noi, ma per Dio, e tra noi stessi ci uniamo col
vincolo strettissimo della carità.
4. E affinché sia evidente l'intimo nesso tra la fede e la pietà, i padri
del Concilio, confermando la dottrina che la Chiesa ha sempre sostenuto e
insegnato e il Concilio di Trento ha solennemente definito, hanno voluto
premettere alla trattazione del sacrosanto Mistero Eucaristico questa sintesi
di verità: « Il nostro Salvatore nell'ultima Cena, la notte in cui fu tradito,
istituì il Sacrificio Eucaristico del suo corpo e del suo sangue, a perpetuare
così il sacrificio della Croce nei secoli fino al suo avvento, lasciando in
tal modo alla sua diletta Sposa, la Chiesa, il memoriale della sua morte e
della sua risurrezione: sacramento di pietà, segno di unità, vincolo di
carità, convito pasquale, in cui si riceve Cristo, l'anima si riempie di
grazia e ci si largisce il pegno della gloria futura ».(1)
5. Con queste parole si esaltano insieme il Sacrificio, che appartiene
all'essenza della Messa celebrata quotidianamente, e il Sacramento, di cui i
fedeli partecipano con la santa Comunione mangiando la carne di Cristo e
bevendone il sangue, ricevendo la grazia, che è anticipazione della vita
eterna; e la «medicina dell'immortalità », secondo le parole del Signore:
Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue, ha la vita eterna e io lo
risusciterò nell'ultimo giorno.(2)
6. Dalla restaurazione dunque della Sacra Liturgia Noi speriamo fermamente
che scaturiranno copiosi frutti di pietà Eucaristica, affinché la santa
Chiesa, elevando questo salutifero segno di pietà, progredisca ogni giorno
verso la perfetta unità (3) e inviti tutti quelli che si gloriano del nome
cristiano all'unità della fede e della carità, attraendoli soavemente sotto
l'azione della grazia divina.
7. Ci sembra di intravedere questi frutti e quasi di gustarne le primizie
nell'aperta gioia e prontezza d'animo, con cui i figli della Chiesa Cattolica
hanno accolto la Costituzione della Sacra Liturgia restaurata; e anche in
molte e ben elaborate pubblicazioni destinate a investigare più profondamente
e a conoscere con maggiore frutto la dottrina intorno alla Ss. Eucaristia,
specialmente per quel che riguarda la sua connessione col mistero della
Chiesa.
8. Tutto questo è per Noi motivo di non poca consolazione e gaudio, che
vogliamo comunicare anche a voi, Venerabili Fratelli, con grande piacere,
perché anche voi insieme con Noi rendiate grazie a Dio, largitore
di ogni bene, che col suo Spirito governa la Chiesa e la feconda di crescenti
virtù.
Motivi di sollecitudine pastorale e di ansietà
9. Tuttavia, Fratelli Venerabili, non mancano, proprio nella materia che
ora trattiamo, motivi di grave sollecitudine pastorale e di ansietà, dei quali
la coscienza del Nostro dovere Apostolico non ci permette di tacere.
10. Ben sappiamo infatti che tra quelli che parlano e scrivono di questo
Sacrosanto Mistero ci sono alcuni che circa le Messe private, il dogma della
transustanziazione e il culto eucaristico, divulgano certe opinioni che
turbano l'animo dei fedeli ingerendovi non poca confusione intorno alle verità
di fede, come se a chiunque fosse lecito porre in oblio la dottrina già
definita dalla Chiesa, oppure interpretarla in maniera che il genuino
significato delle parole o la riconosciuta forza dei concetti ne restino
snervati.
11. Non è infatti lecito, tanto per portare un esempio, esaltare la Messa
così detta «comunitaria» in modo da togliere importanza alla Messa privata; né
insistere sulla ragione di segno sacramentale come se il simbolismo, che tutti
certamente ammettono nella ss. Eucaristia, esprimesse esaurientemente il modo
della presenza di Cristo in questo Sacramento; o anche discutere del mistero
della transustanziazione senza far cenno della mirabile conversione di tutta
la sostanza del pane nel corpo e di tutta la sostanza del vino nel sangue di
Cristo, conversione di cui parla il Concilio di Trento, in modo che essi si
limitino soltanto alla «transignificazione» e «transfinalizzazione» come
dicono; o finalmente proporre e mettere in uso l'opinione secondo la quale
nelle Ostie consacrate e rimaste dopo la celebrazione del sacrificio della
Messa Nostro Signore Gesù Cristo non sarebbe più presente.
12. Ognuno vede come in tali opinioni o in altre simili messe in giro la
fede e il culto della divina Eucaristia sono non poco incrinati.
13. Affinché dunque la speranza, suscitata dal Concilio, di una nuova luce
di pietà Eucaristica, che investe tutta la Chiesa, non sia frustrata e
inaridita dai semi già sparsi di false opinioni, abbiamo deciso di parlare di
questo grave argomento a voi, Venerabili Fratelli, comunicandovi sopra di esso
il Nostro pensiero con apostolica autorità.
14. Certamente noi non neghiamo in coloro che divulgano tali opinioni il
desiderio non disprezzabile di scrutare un sì grande Mistero, sviscerandone le
inesauribili ricchezze e svelandone il senso agli uomini del nostro tempo;
anzi riconosciamo e approviamo quel desiderio; ma non possiamo approvare le
opinioni che essi esprimono e sentiamo il dovere di avvisarvi del grave
pericolo di quelle opinioni per la retta fede.
La SS. Eucaristia è un mistero di fede
15. Anzitutto vogliamo ricordare una verità, a voi ben nota, ma assai
necessaria a respingere ogni veleno di razionalismo, verità che molti
cattolici hanno suggellato col proprio sangue e che celebri Padri e Dottori
della Chiesa costantemente hanno professato e insegnato, che cioè l'Eucaristia
è un altissimo mistero, anzi propriamente, come dice la Sacra Liturgia, il
mistero di fede: « In esso solo infatti, come molto saggiamente dice il
Nostro Predecessore Leone XIII di f. m., sono contenute con singolare
ricchezza e varietà di miracoli, tutte le realtà soprannaturali ».(4)
16. È dunque necessario che specialmente a questo mistero ci accostiamo con
umile ossequio non seguendo umani argomenti, che devono tacere, ma aderendo
fermamente alla divina Rivelazione.
17. San Giovanni Crisostomo, il quale, come sapete, trattò, con tanta
elevatezza di linguaggio e con tanto acume di pietà, del Mistero Eucaristico,
istruendo una volta i suoi fedeli intorno a questa verità, si espresse in
questi appropriati termini: «Inchiniamoci a Dio senza contraddirgli, anche se
ciò che Egli dice possa sembrare contrario alla nostra ragione e alla nostra
intelligenza; ma prevalga sulla nostra ragione e intelligenza la sua parola.
Così anche comportiamoci riguardo al Mistero [eucaristico], non considerando
solo quello che cade sotto i sensi, ma stando alle sue parole: giacché la sua
parola non può ingannare ».(5)
18. Identiche affermazioni hanno fatto spesso i Dottori scolastici. Che in
questo Sacramento sia presente il vero corpo e il vero sangue di Cristo, « non
si può apprendere coi sensi, dice san Tommaso, ma con la sola fede, la quale
si appoggia alla autorità di Dio. Per questo, commentando il passo di san Luca
22,19: Questo è il mio corpo che viene dato per voi, Cirillo dice: Non
mettere in dubbio se questo sia vero, ma piuttosto accetta con fede le parole
del Salvatore: perché essendo egli la verità, non mentisce ».(6)
19. Pertanto, facendo eco al Dottore Angelico, il popolo cristiano canta
frequentemente: « Visus, tactus, gustus in te fallitur. Sed auditu solo tuto
creditur: credo quidquid dixit Dei Filius: nil hoc verbo veritatis verius ».
20. Ma c'è di più. San Bonaventura afferma: « Che Cristo sia nel
Sacramento, come in un segno, non offre difficoltà alcuna; ma che vi sia
realmente, come in cielo, ecco ciò che presenta una difficoltà grandissima: il
crederlo, quindi, è sommamente meritorio ».(7)
21. Del resto la stessa cosa accenna l'Evangelo quando racconta che molti
dei discepoli di Cristo, udito il discorso della carne da mangiare e del
sangue da bere, voltarono le spalle e abbandonarono il Signore dicendo:
Questo discorso è duro e chi può ascoltarlo? E domandando Gesù se anche i
dodici volessero andarsene, Pietro affermò con slancio e fermezza la fede sua
e degli Apostoli con la mirabile risposta: Signore, da chi ce ne andremo?Tu
hai parole di vita eterna.(8)
22. È logico dunque che noi seguiamo come una stella nell'investigare
questo Mistero il Magistero della Chiesa, a cui il divin Redentore ha affidato
la parola di Dio scritta o trasmessa oralmente perché la custodisca e la
interpreti, convinti che « anche se non si indaghi con la ragione, anche se
non si spieghi con la parola, rimane tuttavia vero ciò che fin dall'antichità
con verace fede cattolica si predica e si crede in tutta la Chiesa ».(9)
23. Ma non basta. Salva infatti l'integrità della fede, è necessario anche
serbare un esatto modo di parlare, affinché usando parole incontrollate non ci
vengano in mente, che Dio non permetta, false opinioni riguardo alla fede dei
più alti misteri. Torna a proposito il grave monito di sant'Agostino quando
considera il diverso modo di parlare dei filosofi e del Cristiano: « I
filosofi, egli dice, parlano liberamente senza timore di offendere orecchi
religiosi in cose molto difficili a capirsi. Noi invece dobbiamo parlare
secondo una regola determinata, per evitare che la libertà di linguaggio
ingeneri qualche opinione empia anche intorno al significato della parola
».(10)
24. La norma di parlare dunque, che la Chiesa con lungo secolare lavoro,
non senza l'aiuto dello Spirito Santo, ha stabilito, confermandola con
l'autorità dei Concili, norma che spesso è diventata la tessera e il vessillo
della ortodossia della fede, dev'essere religiosamente osservata; né alcuno,
secondo il suo arbitrio o col pretesto di nuova scienza, presuma di cambiarla.
Chi mai potrebbe tollerare che le formule dogmatiche usate dai Concili
Ecumenici per i misteri della SS. Trinità e dell'Incarnazione siano giudicate
non più adatte agli uomini del nostro tempo ed altre siano ad esse
temerariamente surrogate? Allo stesso modo non si può tollerare che un privato
qualunque possa attentare di proprio arbitrio alle formule con cui il Concilio
Tridentino ha proposto a credere il Mistero Eucaristico. Poiché quelle
formule, come le altre di cui la Chiesa si serve per enunciare i dogmi di
fede, esprimono concetti che non sono legati a una certa forma di cultura, non
a una determinata fase di progresso scientifico, non all'una o all'altra
scuola teologica, ma presentano ciò che l'umana mente percepisce della realtà
nell'universale e necessaria esperienza: e però tali formule sono
intelligibili per gli uomini di tutti i tempi e di tutti i luoghi.
25. Invero quelle formule possono fruttuosamente spiegarsi più chiaramente
e più largamente, mai però in senso diverso da quello in cui furono usate,
sicché progredendo l'intelligenza della fede rimanga intatta la verità di
fede. Difatti il Concilio Vaticano I insegna che nei sacri dogmi « si deve
sempre ritenere quel senso, che una volta per sempre ha dichiarato la santa
madre Chiesa e mai è lecito allontanarsi da quel senso sotto lo specioso
pretesto di più profonda intelligenza ».(11)
Il Mistero Eucaristico si realizza nel Sacrificio della
Messa
26. Ora, a comune edificazione e letizia, Ci piace, Venerabili Fratelli,
richiamare la dottrina che la Chiesa Cattolica possiede della tradizione e
insegna con unanime consenso.
27. Giova anzitutto ricordare quello che è come la sintesi e l'apice di
questa dottrina, che cioè nel Mistero Eucaristico è rappresentato in modo
mirabile il Sacrificio della Croce una volta per sempre consumato sul
Calvario; vi si richiama perennemente alla memoria e ne viene applicata la
virtù salutifera in remissione dei peccati che si commettono
quotidianamente.(12)
28. Nostro Signore Gesù Cristo istituendo il Mistero Eucaristico, ha
sancito col suo sangue il nuovo Testamento di cui egli è Mediatore, come già
Mosè aveva sancito il Vecchio col sangue dei vitelli.(13) Difatti, come
racconta l'Evangelista, nell'ultima Cena preso il pane, rese grazie e lo
spezzò e lo diede loro dicendo: Questo è il mio corpo dato per voi: fate
questo in memoria di me. Similmente prese il calice, dopo la cena, dicendo:
Questo è il calice del Nuovo Testamento nel mio sangue, sparso per voi.(14)
Ordinando agli Apostoli di far questo in sua memoria, volle perciò stesso che
la cosa si rinnovasse in perpetuo. E la Chiesa nascente l'ha fedelmente
eseguito perseverando nella dottrina degli Apostoli e radunandosi per
celebrare il Sacrificio Eucaristico. Erano poi tutti perseveranti,
attesta accuratamente san Luca, nella dottrina degli Apostoli e nella
comunione della frazione del pane e nella preghiera.(15) E tanto
era il fervore che i Fedeli ne ricevevano che si poteva dire di loro: La
moltitudine dei credenti era un cuor solo e un'anima sola.(16)
29. E l'Apostolo Paolo, che ci ha tramandato fedelissimamente quello che
aveva ricevuto dal Signore,(17) parla apertamente del Sacrificio Eucaristico
quando dimostra che i cristiani non possono partecipare ai sacrifici dei
pagani, proprio perché sono stati fatti partecipi della mensa del Signore.
Il calice di benedizione che benediciamo, egli dice, non è forse la
comunione del sangue di Cristo? E il pane che spezziamo non è forse
partecipazione del corpo di Cristo?... non potete bere il calice di Cristo e
il calice dei demoni; non potete partecipare alla mensa del Signore e alla
mensa dei demoni.(18) Questa nuova oblazione del Nuovo Testamento,
che Malachia aveva preannunziato,(19) la Chiesa, ammaestrata dal Signore e
dagli Apostoli, l'ha sempre offerta, « non solo per i peccati, le pene, le
espiazioni ed altre necessità dei fedeli viventi, ma anche a suffragio
dei defunti in Cristo non ancora del tutto purificati ».(20)
30. Per tacere di altre testimonianze vogliamo ricordare solo quella di
san Cirillo di Gerusalemme il quale, istruendo i neofiti nella fede cristiana,
uscì in queste memorabili parole: « Dopo compiuto il sacrificio spirituale,
rito incruento, sopra quell'ostia di propiziazione noi supplichiamo Dio per la
pace universale della Chiesa, per il retto ordine del mondo, per l'imperatore,
per gli eserciti e gli alleati, per i malati, per gli afflitti e in generale
preghiamo noi tutti per tutti coloro che han bisogno di aiuto e
offriamo questa vittima... e preghiamo anche per i santi padri e vescovi e in
generale per tutti quelli che in mezzo a noi sono morti, convinti che questo
sarà di sommo giovamento a quelle anime per le quali si eleva la preghiera
mentre qui è presente la vittima santa e tremenda ». Confermando la cosa
con l'esempio della corona intrecciata per l'imperatore per ottenere il suo
perdono agli esiliati, lo stesso santo Dottore così conclude: « Allo stesso
modo anche noi offriamo preghiere a Dio per i defunti, anche peccatori; non
gli intrecciamo una corona, ma gli offriamo in sconto dei nostri peccati
Cristo immolato, cercando di rendere Dio clemente per noi e per loro».(21)
31. Sant'Agostino attesta che la consuetudine di offrire il sacrificio
della nostra redenzione anche per i defunti vigeva nella Chiesa Romana(22) e
nello stesso tempo attesta che quella consuetudine, come tramandata dai Padri,
si osservava in tutta la Chiesa.(23)
32. Ma c'è un'altra cosa che, essendo assai utile ad illustrare il mistero
della Chiesa, Ci piace di aggiungere, cioè la Chiesa fungendo in unione con
Cristo da sacerdote e da vittima, offre tutta intera il Sacrificio della Messa
e tutta intera vi è offerta. Questa mirabile dottrina già insegnata dai
Padri,(24) recentemente esposta dal Nostro Predecessore Pio XII di f.m.,(25)
ultimamente espressa dal Concilio Vaticano II nella Costituzione sulla Chiesa,
a proposito del popolo di Dio,(26) Noi ardentemente desideriamo che sia sempre
più spiegata e più profondamente inculcata nell'animo dei fedeli, salva però,
com'è giusto, la distinzione, non solo di grado, ma anche di natura, che passa
tra il sacerdozio dei fedeli e quello gerarchico.(27) Tale dottrina infatti è
quanto mai adatta ad alimentare la pietà Eucaristica, ad esaltare la dignità
di tutti i fedeli, nonché a stimolare l'animo a toccare il vertice della
santità, che altro non è che mettersi tutto a servizio della divina Maestà con
una generosa oblazione di sé.
33. Inoltre bisogna richiamare la conclusione che scaturisce da questa
dottrina circa « l'indole pubblica e sociale di ogni Messa ».(28) Giacché ogni
Messa, anche se privatamente celebrata da un sacerdote, non è tuttavia cosa
privata, ma azione di Cristo e della Chiesa, la quale nel sacrificio che
offre, ha imparato ad offrire sé medesima come sacrificio universale,
applicando per la salute del mondo intero l'unica e infinita virtù redentrice
del sacrificio della Croce. Poiché ogni Messa celebrata viene offerta non solo
per la salvezza di alcuni, ma anche per la salvezza di tutto il mondo. Ne
consegue che, se è sommamente conveniente che alla celebrazione della Messa
partecipi attivamente gran numero di fedeli, tuttavia non è da riprovarsi,
anzi da approvarsi, la Messa celebrata privatamente, secondo le prescrizioni e
le tradizioni della santa Chiesa, da un Sacerdote col solo ministro
inserviente; perché da tale Messa deriva grande abbondanza di particolari
grazie, a vantaggio sia dello stesso sacerdote, sia del popolo fedele e di
tutta la Chiesa, anzi di tutto il mondo, grazie che non si possono ottenere in
uguale misura mediante la sola Comunione.
34. Raccomandiamo dunque con paterna insistenza ai sacerdoti, che sono in
modo particolare Nostro gaudio e Nostra corona nel Signore, affinché memori
del potere ricevuto dal Vescovo consacrante, di offrire cioè a Dio il
Sacrificio, di celebrare Messe sia per i vivi che per i defunti nel nome
del Signore,(29) celebrino la Messa ogni giorno degnamente e con devozione,
perché essi stessi e gli altri fedeli cristiani usufruiscano dell'applicazione
dei copiosi frutti provenienti dal sacrificio della Croce. In tal modo
contribuiranno molto anche alla salvezza del genere umano.
Nel sacrificio della Messa Cristo si fa presente
sacramentalmente
35. Quello che abbiamo detto brevemente intorno al Sacrificio della Messa
Ci porta a dire qualche cosa anche del Sacramento dell'Eucaristia, facendo
parte Sacrificio e Sacramento dello stesso mistero, sicché non è possibile
separare l'uno dall'altro. Il Signore s'immola in modo incruento
nel Sacrificio della Messa, che rappresenta il sacrificio della Croce,
applicandone la virtù salutifera, nel momento in cui per le parole della
consacrazione comincia ad essere sacramentalmente presente, come spirituale
alimento dei fedeli, sotto le specie del pane e del vino.
36. Tutti ben sappiamo che vari sono i modi secondo i quali Cristo è
presente alla sua Chiesa. È utile richiamare un po' più diffusamente questa
bellissima verità che la Costituzione della Sacra Liturgia ha esposto
brevemente.(30) Cristo è presente alla sua Chiesa che prega, essendo egli
colui che « prega per noi, prega in noi ed è pregato da noi: prega per noi
come nostro Sacerdote; prega in noi come nostro Capo; è pregato da noi come
nostro Dio»;(31) è lui stesso che ha promesso: Dove sono due o tre riuniti
in nome mio là sono io in mezzo a loro.(32) Egli è presente alla
sua Chiesa che esercita le opere di misericordia non solo perché quando
facciamo un po' di bene a uno dei suoi più umili fratelli lo facciamo allo
stesso Cristo,(33) ma anche perché è Cristo stesso che fa queste opere per
mezzo della sua Chiesa, soccorrendo sempre con divina carità gli uomini. È
presente alla sua Chiesa pellegrina anelante al porto della vita eterna,
giacché egli abita nei nostri cuori mediante la fede,(34) e in essi diffonde
la carità con l'azione dello Spirito Santo, da lui donatoci.(35)
37. In altro modo, ma verissimo anch'esso, egli è presente alla sua Chiesa
che predica, essendo l'Evangelo che essa annunzia parola di Dio, che viene
annunziata in nome e per autorità di Cristo Verbo di Dio incarnato e con la
sua assistenza, perché sia « un solo gregge sicuro in virtù di un solo pastore
».(36)
38. È presente alla sua Chiesa che regge e governa il popolo di Dio, poiché
la sacra potestà deriva da Cristo e Cristo, «Pastore dei pastori », assiste i
pastori che la esercitano,(37) secondo la promessa fatta agli Apostoli.
39. Inoltre in modo ancora più sublime Cristo è presente alla sua Chiesa
che in suo nome celebra il Sacrificio della Messa e amministra i Sacramenti.
Riguardo alla presenza di Cristo nell'offerta del Sacrificio della Messa, ci
piace ricordare ciò che san Giovanni Crisostomo pieno d'ammirazione disse
con verità ed eloquenza:«Voglio aggiungere una cosa veramente stupenda, non vi
meravigliate e non vi turbate. Che cosa è? L'oblazione è la medesima, chiunque
sia l'offerente, o Paolo o Pietro; quella stessa che Cristo affidò ai
discepoli e che ora compiono i sacerdoti: questa non è affatto minore di
quella, perché non gli uomini la fanno santa, ma colui che la santificò. Come
le parole che Dio pronunziò, sono quelle stesse che ora il sacerdote dice,
così medesima è l'oblazione».(38) Nessuno poi ignora che i sacramenti sono
azioni di Cristo, il quale li amministra per mezzo degli uomini. Perciò i
Sacramenti sono santi per se stessi e per virtù di Cristo, mentre toccano i
corpi, infondono grazia alle anime. Queste varie maniere di presenza riempiono
l'animo di stupore e offrono alla contemplazione il mistero della Chiesa. Ma
ben altro è il modo, veramente sublime,con cui Cristo è presente alla sua
Chiesa nel sacramento dell'Eucaristia, che perciò è tra gli altri Sacramenti «
più soave per la devozione, più bello per l'intelligenza, più santo per il
contenuto »; (39) contiene infatti lo stesso Cristo ed è « quasi la perfezione
della vita spirituale e il fine di tutti i Sacramenti ».(40)
40. Tale presenza si dice « reale » non per esclusione, quasi che le altre
non siano « reali », ma per antonomasia perché è sostanziale, e in forza di
essa, infatti, Cristo, Uomo-Dio, tutto intero si fa presente.(41) Malamente
dunque qualcuno spiegherebbe questa forma di presenza, immaginando il corpo di
Cristo glorioso di natura « pneumatica » onnipresente; oppure riducendola ai
limiti di un simbolismo, come se questo augustissimo Sacramento in niente
altro consistesse che in un segno efficace « della spirituale presenza di
Cristo e della sua intima congiunzione con i fedeli membri del Corpo Mistico
».(42)
41. Invero del simbolismo Eucaristico, specialmente in rapporto all'unità
della Chiesa, molto trattarono i Padri e gli Scolastici; il Concilio di Trento
ne ha compendiata la dottrina insegnando che il nostro Salvatore ha lasciato
l'Eucaristia alla sua Chiesa « come simbolo della sua unità e della carità con
la quale egli volle intimamente uniti tra loro tutti i cristiani », « e perciò
simbolo di quell'unico corpo, di cui egli è il capo ».(43)
42. Fin dai primordi della letteratura cristiana l'ignoto autore della
Didachè così scrive in proposito: « Per quanto riguarda l'Eucaristia così
rendete grazie... come questo pane spezzato era prima disperso sui monti e
raccolto diventò uno, così si raccolga la tua Chiesa dai confini della terra
nel tuo regno ».(44)
43. Parimenti san Cipriano difendendo l'unità della Chiesa contro lo
scisma, scrive: « Finalmente gli stessi sacrifici del Signore mettono in luce
l'unanimità dei Cristiani cementata con solida e indivisibile carità. Giacché
quando il Signore chiama suo corpo il pane composto dall'unione di molti
granelli, indica il nostro popolo adunato, che egli sostentava; e quando
chiama suo sangue il vino spremuto dai molti grappoli e acini e fuso insieme,
indica similmente il nostro gregge composto di una moltitudine unita insieme
».(45)
44. Del resto prima di tutti l'aveva detto l'Apostolo ai Corinzi: Poiché
molti siamo un solo pane, un solo corpo tutti noi che partecipiamo di un solo
pane.(46)
45. Ma se il simbolismo Eucaristico ci fa comprendere bene l'effetto
proprio di questo Sacramento, che è l'unità del Corpo Mistico, tuttavia non
spiega e non esprime la natura del Sacramento, per la quale esso si distingue
dagli altri. Giacché la costante istruzione impartita dalla Chiesa ai
catecumeni, il senso del popolo cristiano, la dottrina definita dal Concilio
di Trento e le stesse parole con cui Cristo istituì la SS. Eucaristia ci
obbligano a professare « che l'Eucaristia è la carne del nostro Salvatore Gesù
Cristo, che ha patito per i nostri peccati e che il Padre per sua benignità ha
risuscitato ».(47) Alle parole del martire sant'Ignazio Ci piace aggiungere le
parole di Teodoro di Mopsuestia, in questa materia testimone attendibile della
fede della Chiesa: « Il Signore, egli scrive, non disse: questo è il simbolo
del mio corpo e questo è il simbolo del mio sangue, ma: Questo è il mio
corpo e il mio sangue, insegnandoci a non considerare la natura della cosa
presentata, ma [a credere] che essa con l'azione di grazia si è tramutata in
carne e sangue ».(48)
46. Il Concilio Tridentino, appoggiato a questa fede della Chiesa «
apertamente e semplicemente afferma che nell'almo sacramento della SS.
Eucaristia, dopo la consacrazione del pane e del vino, nostro Signore Gesù
Cristo, vero Dio e vero Uomo, è contenuto veramente, realmente e
sostanzialmente sotto l'apparenza di quelle cose sensibili». Pertanto il
nostro Salvatore nella sua umanità è presente non solo alla destra del Padre,
secondo il modo di esistere naturale, ma insieme anche nel sacramento
dell'Eucaristia «secondo un modo di esistere che, sebbene sia inesprimibile
per noi a parole, tuttavia con la mente illustrata dalla fede possiamo
intercedere e dobbiamo fermissimamente credere che è possibile a Dio ».(49)
Cristo Signore è presente nel Sacramento dell'Eucaristia
per la transustanziazione
47. Ma perché nessuno fraintenda questo modo di presenza, che supera le
leggi della natura e costituisce nel suo genere il più grande dei
miracoli,(50) è necessario ascoltare docilmente la voce della Chiesa docente e
orante. Ora questa voce, che riecheggia continuamente la voce di Cristo,
ci assicura che Cristo non si fa presente in questo Sacramento se non per la
conversione di tutta la sostanza del pane nel corpo di Cristo e di tutta la
sostanza del vino nel suo sangue; conversione singolare e mirabile che la
Chiesa Cattolica chiama giustamente e propriamente transustanziazione.(51)
Avvenuta la transustanziazione, le specie del pane e del vino senza dubbio
acquistano un nuovo fine, non essendo più l'usuale pane e l'usuale bevanda, ma
il segno di una cosa sacra e il segno di un alimento spirituale; ma intanto
acquistano nuovo significato e nuovo fine in quanto contengono una nuova «
realtà », che giustamente denominiamo ontologica. Giacché sotto le
predette specie non c'è più quel che c'era prima, ma un'altra cosa del tutto
diversa; e ciò non soltanto in base al giudizio della fede della Chiesa, ma
per la realtà oggettiva, poiché, convertita la sostanza o natura del pane e
del vino nel corpo e sangue di Cristo, nulla rimane più del pane e del vino
che le sole specie, sotto le quali Cristo tutto intero è presente nella sua
fisica « realtà » anche corporalmente, sebbene non allo stesso modo con cui i
corpi sono nel luogo.
48. Per questo i Padri ebbero gran cura di avvertire i fedeli che
nel considerare questo augustissimo Sacramento non si affidassero ai sensi,
che rilevano le proprietà del pane e del vino, ma alle parole di Cristo, che
hanno la forza di mutare, trasformare, « transelementare » il pane e il vino
nel corpo e nel sangue di lui; invero, come spesso dicono i Padri, la virtù
che opera questo prodigio è la medesima virtù di Dio onnipotente, che al
principio del tempo ha creato dal nulla l'universo.
49. «Istruito in queste cose e munito di robustissima fede, dice san
Cirillo di Gerusalemme concludendo il discorso intorno ai misteri della Fede,
per cui quello che sembra pane, pane non è, nonostante la sensazione del
gusto, ma è il corpo di Cristo; e quel che sembra vino, vino non è, a dispetto
del gusto, ma è il sangue di Cristo... tu corrobora il tuo cuore mangiando
quel pane come qualcosa di spirituale e rallegra il volto della tua anima
».(52)
50. Insiste san Giovanni Crisostomo: « Non è l'uomo che fa diventare le
cose offerte corpo e sangue di Cristo, ma è Cristo stesso che è stato
crocifisso per noi. Il sacerdote, figura di Cristo, pronunzia quelle parole,
ma la loro virtù e la grazia sono di Dio. Questo è il mio corpo: questa
parola trasforma le cose offerte ».(53)
51. E col Vescovo di Costantinopoli Giovanni è perfettamente d'accordo
Cirillo Vescovo di Alessandria, che nel commento all'Evangelo di san Matteo
scrive: « [Cristo] in modo indicativo disse: Questo è il mio corpo e questo
è il mio sangue, affinché tu non creda che siano semplice immagine le cose
che si vedono; ma che le cose offerte sono trasformate, in modo misterioso da
Dio onnipotente, nel corpo e nel sangue di Cristo realmente! partecipando a
queste cose riceviamo la virtù vivificante e santificante di Cristo ».(54)
52. E Ambrogio, Vescovo di Milano, parlando chiaramente della conversione
Eucaristica, dice: « Persuadiamoci che questo non è ciò che la natura ha
formato, ma ciò che la benedizione ha consacrato e che la forza della
benedizione è maggiore della forza della natura, perché con la benedizione la
stessa natura è mutata ». E volendo confermare la verità del mistero, egli
richiama molti esempi di miracoli narrati nella Sacra Scrittura, tra i quali
la nascita di Gesù dalla Vergine Maria, e poi passando all'opera della
creazione così conclude: « La parola dunque di Cristo, che ha potuto fare dal
nulla ciò che non esisteva, non può mutare le cose che esistono in ciò che non
erano? Non è infatti meno dare alle cose la propria natura che mutargliela
».(55)
53. Ma non è necessario riportare molte testimonianze. È più utile
richiamare la fermezza della fede con cui la Chiesa, con unanime concordia,
resistette a Berengario, il quale, cedendo alle difficoltà suggerite dalla
ragione umana, osò per il primo negare la conversione Eucaristica; la Chiesa
gli minacciò ripetutamente la condanna se non si ritrattasse. Perciò Gregorio
VII, Nostro Predecessore, gli impose di prestare il giuramento in questi
termini: « Intimamente credo e apertamente confesso che il pane e il vino
posti sull'altare, per il mistero della orazione sacra e le parole del nostro
Redentore, si convertono sostanzialmente nella vera e propria e vivificante
carne e sangue di Nostro Signore Gesù Cristo; e che dopo la consacrazione c'è
il vero corpo di Cristo, che è nato dalla Vergine e per la salvezza del mondo
fu offerto e sospeso sulla croce e ora siede alla destra del Padre; e c'è
anche il vero sangue di Cristo, che uscì dal suo fianco, non soltanto come
segno e virtù del sacramento, ma anche nella proprietà della natura e nella
realtà della sostanza ».(56)
54. Con queste parole concordano (mirabile esempio della fermezza della
fede cattolica!) i Concili Ecumenici Lateranense, Costanziense, Fiorentino e
finalmente il Tridentino in ciò che costantemente hanno insegnato intorno al
mistero della conversione eucaristica, sia esponendo la dottrina della Chiesa
sia condannando gli errori.
55. Dopo il Concilio di Trento, il Nostro Predecessore PioVI, contro gli
errori del Sinodo di Pistoia, ammonì con parole gravi che i parroci, che hanno
il compito d'insegnare, non tralascino di parlare della transustanziazione,
che è uno degli articoli di fede.(57) Parimenti il Nostro Predecessore Pio XII,
di f. m., richiamò i limiti che non devono sorpassare tutti coloro che
discutono sottilmente del mistero della transustanziazione.(58) Noi stessi nel
recente Congresso Eucaristico Nazionale Italiano di Pisa, secondo il Nostro
dovere apostolico, abbiamo reso pubblicamente e solennemente testimonianza
della fede della Chiesa.(59)
56. Del resto la Chiesa Cattolica non solo ha sempre insegnato, ma anche
vissuto la fede nella presenza del corpo e del sangue di Cristo nella
Eucaristia, adorando sempre con culto latreutico, che compete solo a Dio, un
così grande Sacramento. Di questo culto sant'Agostino scrive: « In questa
carne (il Signore) ha qui camminato e questa stessa carne ci ha dato da
mangiare per la salvezza; e nessuno mangia quella carne senza averla prima
adorata... sicché non pecchiamo adorandola, ma anzi pecchiamo se non la
adoriamo ».(60)
Del culto latreutico dovuto al sacramento eucaristico
57. La Chiesa Cattolica professa questo culto latreutico al Sacramento
Eucaristico non solo durante la Messa, ma anche fuori della sua celebrazione,
conservando con la massima diligenza le ostie consacrate, presentandole alla
solenne venerazione dei fedeli cristiani, portandole in processione con gaudio
della folla cristiana.
58. Di questa venerazione abbiamo molte testimonianze negli antichi
documenti della Chiesa. I Pastori della Chiesa infatti esortano sollecitamente
i fedeli a conservare con somma cura l'Eucaristia che portano a casa. « In
verità è il corpo di Cristo, che i fedeli devono mangiare e non disprezzare »
ammoniva gravemente sant'Ippolito.(61)
59. Consta che i fedeli si credevano in colpa, e giustamente,
come ricorda Origene, se, ricevuto il corpo del Signore, pur conservandolo
con ogni cautela e venerazione, ne cadesse per negligenza
qualche frammento.(62)
60. Che poi i pastori riprovassero fortemente il difetto di debita
riverenza, lo attesta Novaziano (degno di fede in questo), il quale ritiene
degno di condanna colui che « uscendo dalla celebrazione domenicale e portando
ancora con sé, come si suole, l'Eucaristia... ha portato in giro il corpo
santo del Signore » non a casa sua, ma correndo agli spettacoli.(63)
61. Anzi san Cirillo d'Alessandria rigetta come follia l'opinione di coloro
che sostenevano che l'Eucaristia non serve affatto alla santificazione se si
tratta di qualche residuo di essa rimandato al giorno seguente: « Né infatti,
egli scrive, si altera Cristo né si muta il suo sacro corpo, ma persevera
sempre in esso la forza, la potenza e la grazia vivificante ».(64)
62. Né si deve dimenticare che anticamente i fedeli, sia che si trovassero
sotto la violenza della persecuzione, sia che per amore di vita monastica
dimorassero nella solitudine, solevano cibarsi anche ogni giorno
dell'Eucaristia, prendendo la santa Comunione anche con le proprie mani,
quando era assente il sacerdote o il diacono.(65)
63. Non diciamo però questo perché si cambi il modo di custodire
l'Eucaristia o di ricevere la santa Comunione stabilito in seguito dalle leggi
ecclesiastiche e oggi vigenti, ma solo per congratularci della fede della
Chiesa che rimane sempre la stessa.
64. Da questa unica fede è nata anche la festa del Corpus Domini, che nella
diocesi di Liegi, specialmente per opera della serva di Dio beata Giuliana di
Mont Cornillon, fu celebrata per la prima volta e il Nostro Predecessore
Urbano IV estese a tutta la Chiesa; e molte altre istituzioni di pietà
Eucaristica che, sotto la ispirazione della grazia divina, si sono
moltiplicate sempre più, e con le quali la Chiesa Cattolica, quasi a gara, si
adopera sia a rendere omaggio a Cristo, sia a ringraziarlo per tanto dono, sia
a implorarne la misericordia.
Esortazione a promuovere il culto Eucaristico
65. Vi preghiamo dunque,Venerabili Fratelli, affinché questa fede, che non
tende ad altro che a custodire una perfetta fedeltà alla parola di Cristo e
degli Apostoli, rigettando nettamente ogni opinione erronea e perniciosa, voi
custodiate pura e integra nel popolo affidato alla vostra cura e vigilanza,e
promoviate, senza risparmiare parole e fatica, il culto Eucaristico, a cui
devono convergere finalmente tutte le altre forme di pietà.
66. I fedeli, sotto il vostro impulso, conoscano sempre più e sperimentino
quanto dice sant'Agostino: « Chi vuol vivere ha dove e donde vivere: si
accosti, creda, s'incorpori per essere vivificato. Non rinunzi alla coesione
dei membri, non sia un membro putrido degno d'essere tagliato, non un membro
distorto da vergognarsi: sia un membro bello, idoneo, sano, aderisca al corpo,
viva di Dio a Dio; ora lavori sulla terra per poter poi regnare nel cielo
».(66)
67. Ogni giorno, come è desiderabile, i fedeli in gran numero partecipino
attivamente al sacrificio della Messa, nutrendosi con cuore puro e santo della
sacra Comunione,e rendano grazie a Cristo Signore per sì gran dono. Si
ricordino delle parole del Nostro Predecessore san Pio X: « Il desiderio di
Gesù Cristo e della Chiesa che tutti i Fedeli si accostino quotidianamente
alla sacra mensa, consiste soprattutto in questo: che i fedeli, uniti a Dio in
virtù del sacramento, ne attingano forza per dominare la libidine, per
purificarsi dalle lievi colpe quotidiane e per evitare i peccati gravi, ai
quali è soggetta l'umana fragilità».(67) Durante il giorno i fedeli non
omettano di fare la visita al SS. Sacramento, che dev'essere custodito in
luogo distintissimo, col massimo onore nelle chiese, secondo le leggi
liturgiche, perché la visita è prova di gratitudine, segno d'amore e debito di
riconoscenza a Cristo Signore là presente.
68. Ognuno comprende che la divina Eucaristia conferisce al popolo
cristiano incomparabile dignità. Giacché non solo durante la offerta del
Sacrificio e l'attuazione del Sacramento, ma anche dopo, mentre la Eucaristia
è conservata nelle chiese e negli oratori, Cristo è veramente l'Emmanuel, cioè
il « Dio con noi ». Poiché giorno e notte è in mezzo a noi, abita con noi
pieno di grazia e verità:(68) restaura i costumi, alimenta le virtù, consola
gli afflitti, fortifica i deboli, e sollecita alla sua imitazione tutti quelli
che si accostano a lui, affinché col suo esempio imparino ad essere miti e
umili di cuore, e a cercare non le cose proprie, ma quelle di Dio. Chiunque
perciò si rivolge all'augusto Sacramento Eucaristico con particolare devozione
e si sforza di amare con slancio e generosità Cristo che ci ama infinitamente,
sperimenta e comprende a fondo, non senza godimento dell'animo e frutto,
quanto sia preziosa la vita nascosta con Cristo in Dio;(69) e quanto valga
stare a colloquio con Cristo, di cui non c'è niente più efficace a percorrere
le vie della santità.
69. Vi è inoltre ben noto, Venerabili Fratelli, che l'Eucaristia è
conservata nei templi e negli oratori come il centro spirituale della comunità
religiosa e parrocchiale, anzi della Chiesa universale e di tutta l'umanità,
perché essa sotto il velo delle sacre specie contiene Cristo Capo invisibile
della Chiesa, Redentore del mondo, centro di tutti i cuori, per cui sono
tutte le cose e noi per lui.(70)
70. Ne consegue che il culto Eucaristico muove fortemente l'animo a
coltivare l'amore « sociale »,(71) col quale si antepone al bene privato il
bene comune; facciamo nostra la causa della comunità, della parrocchia, della
Chiesa universale; ed estendiamo la carità a tutto il mondo, perché
dappertutto sappiamo che ci sono membra di Cristo.
71. Giacché dunque, Venerabili Fratelli, il sacramento Eucaristico è segno
e causa dell'unità del Corpo Mistico e in quelli, che con maggior fervore lo
venerano, eccita un attivo spirito «ecclesiale», non cessate di persuadere i
vostri fedeli che, accostandosi al Mistero Eucaristico, imparino a far propria
la causa della Chiesa, a pregare Dio senza intermissione, a offrire se stessi
a Dio in grato sacrificio per la pace e l'unità della Chiesa; affinché tutti i
figli della Chiesa siano una cosa sola e abbiano lo stesso sentimento, né
ci siano tra di loro scismi, ma siano perfetti nello stesso sentimento e nello
stesso pensiero, come vuole l'Apostolo;(72) e tutti quelli che non sono ancora
uniti con perfetta comunione con la Chiesa Cattolica, in quanto sono da essa
separati, ma si gloriano del nome cristiano, quanto prima con l'aiuto della
divina grazia arrivino a godere insieme con noi di quella unità di fede e di
comunione, che Cristo volle fosse il distintivo dei suoi discepoli.
72. Questo desiderio di pregare e di consacrarsi a Dio per l'unità della
Chiesa devono considerarlo soprattutto come proprio i religiosi, uomini e
donne, essendo essi in modo particolare addetti all'adorazione del SS.
Sacramento, facendogli corona sulla terra in virtù dei voti emessi.
73. Ma il voto per l'unità di tutti i cristiani, di cui niente è più sacro
e più ardente nel cuore della Chiesa, Noi vogliamo esprimerlo ancora una volta
con le stesse parole del Concilio Tridentino nella conclusione del Decreto
sulla SS. Eucaristia: « In ultimo il santo Sinodo con paterno affetto
ammonisce, esorta, prega e implora "per la misericordia del nostro Dio",(73)
affinché tutti e singoli i cristiani, in questo segno di unità, in
questo vincolo di carità, in questo simbolo di concordia, finalmente
convengano e concordino, e memori di tanta maestà e di così alto amore di
nostro Signore Gesù Cristo, il quale diede la sua diletta anima in prezzo
della nostra salvezza e la sua carne a mangiare,(74) credano e
adorino questi sacri misteri del suo corpo e del suo sangue con quella fede
ferma e costante, con quella devozione, pietà e culto, che permette loro di
ricevere frequentemente quel pane sovrasostanziale,(75)
e questo sia per essi veramente vita dell'anima e perenne sanità di mente,
sicché "corroborati dal suo vigore",(76) da questo misero pellegrinaggio
terrestre possano pervenire alla patria celeste per mangiare là senza
nessun velo lo stesso "pane degli angeli"(77) che ora "mangiamo sotto i sacri
veli" ».(78)
74. Oh, che il benignissimo Redentore, che già prossimo alla morte pregò il
Padre perché tutti quelli che avrebbero creduto in lui diventassero una cosa
sola, come lui e il Padre sono una cosa sola,(79) si degni di esaudire al più
presto questo voto Nostro e di tutta la Chiesa che cioè tutti con una sola
voce e una sola fede celebriamo il Mistero Eucaristico e, fatti partecipi del
corpo di Cristo, formiamo un sol corpo(80) compaginato con quegli
stessi vincoli, con i quali egli lo volle formato.
75. E Ci rivolgiamo con paterna carità anche a quelli che appartengono alle
venerande Chiese di Oriente, nelle quali fiorirono tanti celeberrimi Padri, di
cui ben volentieri in questa Nostra Lettera abbiamo ricordato le testimonianze
intorno alla Eucaristia. Ci sentiamo pervasi da grande gaudio quando
consideriamo la vostra fede riguardo all'Eucaristia, che coincide con la fede
nostra, quando ascoltiamo le preghiere liturgiche con cui voi celebrate un
così grande Mistero, quando ammiriamo il vostro culto eucaristico e leggiamo i
vostri teologi che espongono e difendono la dottrina intorno a questo
augustissimo Sacramento.
76. La Beatissima Vergine Maria, dalla quale Cristo Signore ha assunto
quella carne che in questo Sacramento sotto le specie del pane e del vino « è
contenuta, è offerta ed è mangiata »,(81) e tutti i Santi e le Sante di Dio,
specialmente quelli che sentirono più ardente devozione per la
divina Eucaristia, intercedano presso il Padre delle misericordie, affinché
dalla comune fede e culto eucaristico scaturisca e vigoreggi la perfetta unità
di comunione fra tutti i cristiani. Sono impresse nell'animo le parole del
martire Ignazio, che ammonisce i fedeli di Filadelfia sul male delle
deviazioni e degli scismi, per cui è rimedio l'Eucaristia: « Sforzatevi
dunque,egli dice, di usufruire di una sola Eucaristia: perché una sola è la
carne di Nostro Signore Gesù Cristo, e uno solo è il calice nella unità del
suo sangue, uno l'altare, come uno è il Vescovo... ».(82)
77. Sorretti dalla soavissima speranza che dall'accresciuto culto
eucaristico deriveranno molti beni a tutta la Chiesa e a tutto il mondo, a
voi, Venerabili Fratelli, ai sacerdoti, ai religiosi e a tutti quelli che a
voi prestano la loro collaborazione, a tutti i fedeli affidati alle vostre
cure, impartiamo l'Apostolica Benedizione con grande effusione d'amore, in
auspicio delle grazie celesti.
Dato a Roma, presso San Pietro, nella festa di san Pio X il 3 settembre
1965 anno terzo del Nostro Pontificato.
PAOLO PP. VI
(7) In IV Sent. D. 10, P. I, a. un., q. 1: Opera
omnia, IV, 217.
(8) Gv 6,61-69.
(9) S. AGOSTINO, Contra Iulianum, VI, 5, 11: PL 44,
829.
(10) De Civit. Dei, X, 23: PL 41, 300.
(11) Cost. dogm. De fide catholica, c. 4.
(12) Cf CONC. TRID., Doct. de SS. Missae Sacr.,
c. 1.
(13) Cf Es 24,8.
(14) Lc 22,19-20; cf Mt 26,26-28; Mc
14,22-24.
(15) At 2,42.
(16) At 4,32.
(17) 1 Cor 11,23ss.
(18) 1 Cor 10,16.
(19) Cf Mal 1,11.
(20) CONC. TRID., Doct. De SS. Missae Sacr., c. 4.
(21) Catech. 23 (myst. 5), 8, 18: PG 33,
1115-1118.
(22) Cf Confess., 9, 12, 32: PL 32, 777; cf ibidem,
9, 11, 27: PL 32, 775.
(23) Cf Serm., 172, 2: PL 38, 936; cf De
cura gerenda pro mortuis, 13: PL 40, 593.
(24) S. AGOSTINO, De Civit. Dei, X, 6: PL 41, 284.
(25) Cf Enc. Mediator Dei: AAS 39 (1947), p. 552.
(26) Cf CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen
Gentium, c. II, n. 11: AAS 57 (1965), p. 15.
(27) Cf CONC. VAT. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen
Gentium, c. II, n. 10: AAS 57 (1965), p. 14.
(28) CONC. VAT. II, Cost. sulla Sacra Liturgia Sacrosaпctum Concilium,
c. 1, n. 27: AAS 56 (1964), p. 107.
(29) Cf Pontificale Romanum.
(30) Cf c. 1, n. 7: AAS 56 (1964), pp. 100-101.
(31) S. AGOSTINO, In Ps. 85,1: PL 37, 1081.
(32) Cf Mt 18.20.
(33) Cf Mt 25,40.
(34) Cf Ef 3,17.
(35) Cf Rm 5,5.
(36) S. AGOSTINO, Contra Litt. Petiliani, III,
10, 11: PL 43, 353.
(37) S. AGOSTINO, In PS. 86, 3: PL 37, 1102.
(38) In Ep. 2 ad Timoth., Hom. 2, 4: PG 62, 612.
(39) EGIDIO ROM., Theoremata de Corpore Christi, theor.
50, Venezia 1521, p. 127.
(40) Cf Summa Theol.. III, q. 73, a. 3.
(41) CONC. TRID., Decret. De SS. Euch., c. 3.
(42) PIO XII, Lett. Enc. Humani generis: AAS 42 (1950),
p. 578.
(43) Cf. CONC. TRID., Decret. De SS. Euch, proemio e c.
3.
(44) Didaché, 9, 1.
(45) Ep. ad Magnum, 6: PL 3, 1189.
(46) 1 Cor 10,17.
(47) S. IGNAZIO M., Ep. ad Smyr., 7, 1: PG 5,
714.
(48) In Mt. Comm., c. 26: PG 66, 714.
(49) Cf CONC. TRID., Decret. De SS Euch., c. 1.
(50) Lett. Enc. Mirae caritatis: Acta Leonis, vol. XXII,
1902-1903, p. 123.
(51) Cf CONC. TRID., Decret. De SS. Euch., c. 4 e can.
2.
(52) Catech. 22, 9 (myst. 4): PG 33, 1103.
(53) De prodit. Iudae, hom. 1, 6: PG 49, 380; cf In
Mt. hom. 82, 5: PG 58, 744.
(54) In Matth. 26,27: PG 72, 451.
(55) De myst., 9, 50-52: PL 16, 422-424.
(56) MANSI, Coll. Ampliss. Concil., 20, 524 D.
(57) Cost. Ap. Auctorem Fidei, 28 agosto 1794.
(58) Alloc. 22 settembre 1956: AAS 48 (1956), p. 720.
(59) AAS 57 (1965), pp. 588-592.
(60) In Ps. 98,9: PL 37, 1264.
(61) Trad. Apost., ed. BOTTE, La tradition
Apostolique de st. Hippolyte, Münster 1963, p. 84.
(62) In Ex. fragm.: PG 12, 391.
(63) De spectaculis: CSEL3, p. 8.
(64) Epist. ad Calosyrium: PG 76, 1075.
(65) Cf S. BASILIO, Ep. 93: PG 32, 483-486.
(66) S. AGOSTINO, In Ioannem, tract. 26, 13: PL 35,
1613.
(67) DECR. DELLA S. CONGR. DEL, CONCILIO, 20 dicembre 1905,
approvato da S. Pio X: ASS 38 (1905), p. 401.
(68) Cf Gv 1,14.
(69) Cf Col 3,3.
(70) 1 Cor 8,6.
(71) Cf S. AGOSTINO, De Gen. ad litt., XI, 15, 20: PL
34, 437.
(72) Cf 1 Cor 1,10.
(73) Lc 1,78.
(74) Gv 6,48ss.
(75) Mt 6,11.
(76) 1 Re 19,8.
(77) Sal 77,25.
(78) CONC. TRID., Decret. De SS. Euch., c. 8.
(79) Cf Gv 17,20-21.
(80) Cf 1 Cor 10,17.
(81) CIC, can. 801.
(82) S. IGNAZIO M., Ep. ad Philad., 4: PG 5, 700.