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Lettera aperta di un sacerdote parroco al suo Vescovo

Ecc.za Rev.ma,

lo scrivente è un sacerdote che conosce ed accetta pienamente gli insegnamenti del Vaticano II, circa i doveri e i diritti dei Vescovi, che “per mezzo della loro consacrazione episcopale sono i successori degli Apostoli, con la missione di perpetuare, sotto l’autorità del Sommo Pontefice, l’opera di Cristo di ammaestrare, santificare tutte le genti nella verità e di pascerli.”; (CD 3) e che essi “devono essere solleciti di annunziare al mondo la Parola di Dio, specie dove non è stata annunziata e quindi promuovere opere di evangelizzazione e di apostolato fra i fedeli” (CD 6).

Conseguentemente i Vescovi devono "promuovere (LG 23) e difendere l’unità della fede", "predicare il Vangelo" (LG 25), "vigilare sugli strumenti di comunicazione" (IM 20); perché “si osservino fedelmente le disposizioni e i comandi che riguardano il ministero della parola, soprattutto l’omelia e la formazione catechetica, in modo che venga offerta a tutti la dottrina cristiana (CJC 386); come pure "che essi vigilino che non si insinuino abusi nella disciplina ecclesiastica, soprattutto nel ministero della parola, nelle celebrazioni dei sacramenti e dei sacramentali, nel culto di Dio e dei santi (CJC. 392); e di vigilare e ordinare l’educazione religiosa nelle scuole e nei mezzi di comunicazione sociale" (CJC. 804); come pure hanno il dovere: "di vigilare sulla pubblicazione dei libri liturgici" e "approvare o no quelli che trattano problemi religiosi o morali", "che egli (il vescovo) è tenuto ad approvare o permettere di pubblicare solo se conformi alla dottrina della Chiesa” (CJC 827 e 828).

So bene infine che i sacerdoti sono “i saggi collaboratori dell’ordine episcopale (LG 28), per cui essi devono collaborare come figli ed amici del proprio Vescovo e fare dono della propria volontà per il servizio di Dio e dei fratelli (PO 25).

Ma pur conoscendo questi diritti e doveri e cercando di rispettarli, molti sacerdoti si trovano in questo momento obbligati dai loro Vescovi ad accettare nelle parrocchie il Movimento Neocatecumenale, fondato da Kiko Argüello, il cui Statuto è stato approvato dalla Santa Sede l’ 11 maggio 2008 (in realtà pubblicato il 13 giugno), mentre non è stato approvato il Direttorio dogmatico-catechetico sul quale ogni Istituto o Movimento fonda il suo apostolato nella Chiesa.

Anche se si afferma da parte dei fondatori del Cammino una piena conformità delle loro catechesi alla dottrina della Chiesa, esiste invece una profonda difformità in molti punti essenziali sia sul piano dogmatico come su quello morale. Da ricordare inoltre che i Vescovi, nella quasi totalità, non hanno mai conosciuto né esaminato il contenuto di quei testi catechetici che fino a qualche anno fa erano addirittura negati perché si diceva dai dirigenti del Cammino che quei testi non esistevano!

Essi affermavano coralmente e dovunque che le catechesi erano tenute dai catechisti sotto la diretta ed immediata ispirazione dello Spirito Santo; per cui gli stessi non sapevano quale sarebbe stato l’argomento della loro successiva catechesi.

Ma questo castello di menzogne è crollato quando qualcuno ha osato pubblicare, nonostante ripetute minacce, quei testi, per farli uscire finalmente dal segreto assoluto dal quale venivano protetti.

Soltanto in occasione dell’approvazione dello Statuto, i dirigenti del CNC sono stati obbligati a presentare alla Autorità della Chiesa  i testi delle catechesi kikiane, contenute in ben 13 volumi per complessive 3.500 pagine.

Ma anche questa presentazione non è stata né limpida né precisa.

I testi presentati, infatti, non sono quelli originali – usati per oltre trent’anni in tutte le comunità del Cammino – ma sono stati riveduti e corretti, specialmente nei punti contenenti  affermazioni dogmatiche non esatte o addirittura eretiche.

E questo è stato possibile perché quei testi non erano stati stampati ma solo dattiloscritti per cui è stato facile sostituire le pagine incriminate con altre più conformi al Catechismo della Chiesa.

Per eliminare il sospetto che quanto sopra sia avvenuto, sarebbe necessario confrontare i testi presentati con quelli delle catechesi, predicate fin dal 1964, all'interno del Cammino per nulla superate.

Finché questo non avviene, un sacerdote in cura d’anime, non può permettere che ai suoi fedeli sia impartita una catechesi non approvata ufficialmente dalla Chiesa.

Non si comprende inoltre il perdurare di questo silenzio che sa di massoneria e che certamente non corrisponde alla volontà di Gesù che ha voluto che la sua predicazione venisse fatta alla luce del sole, sui tetti, proprio perché parola di verità e di libertà.

E non ci si appelli all’atteggiamento dell’attuale Sommo Pontefice che nei riguardi del CNC, pur dopo solenni e pubblici ammonimenti, usa una tattica simile a quella che sta usando verso i seguaci di Lefèbvre dai quali si aspetta che l’eliminazione della scomunica produca un loro ripensamento e un ritorno all’obbedienza totale all’autorità della Chiesa.

Anche se Lei Ecc.za Rev.ma sa bene di avere il dovere di controllare se la catechesi che viene fatta nella sua diocesi corrisponda o meno a quella approvata dalla Chiesa, ho paura che anche l’Ecc.za Vs. sia nel numero di quelli che non hanno mai né visto né esaminato i testi delle catechesi di Kiko Argüello e, poiché un giudice per emanare una sentenza giusta deve conoscere i documenti che la riguardano: per cui chi è privo di questa conoscenza non può esprimere un giudizio positivo o negativo che sia su quella materia.

Per questo, a norma del n° 2106 del CCC, non mi ritengo in coscienza obbligato ad accettare nella mia parrocchia le comunità neocatecumenali .

La prego Ecc.za perciò di non considerarmi un ribelle!

San Pietro ai capi del sinedrio che gli dicevano di non poter parlare più di Gesù ha risposto: “Se sia giusto innanzi a Dio obbedire a voi più che a lui, giudicatelo voi stessi; noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato”. (Atti 4, 19-21)

Mentre oso ricordare al Pastore della mia Chiesa quello che san Paolo disse allo stesso Pietro per la questione di Antiochia, Le confermo la sincera devozione e rispetto filiale per la Sua persona.

Suo devotissimo collaboratore in Cristo.

Un parroco
 

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