Riportiamo le riflessioni scaturite dal dialogo recente sul nostro
blog, che riteniamo molto significative e da prendere seriamente in
considerazione. Pubblichiamo l'articolo che aprirà la discussione di oggi 26
gennaio:
Il dialogo, quando è autentico, porta sempre a decifrare la realtà e,
arrivati a questo punto, ci permette di riconoscere un punto chiave del
nostro percorso.
Intanto sono molto rammaricato del commiato di M., perché era una presenza
positiva e anche feconda di idee e di spunti, che - pur nel dibattito delle
diversità che emergevano - ci hanno dato l'occasione di approfondire molte
cose 'nutrienti' per la nostra fede.
Credo che la sua presenza sia servita, anche per capire come tutto questo si
sia interrotto arrivati alla domanda chiave, che è partita da qui, quando
gli dicevo...
Entrambi stiamo difendendo qualcosa che amiamo, qualcosa che è diventato
intimamente nostro, perché - trattandosi di questioni di Fede - esse non ci
sono estranee, estrinseche, ma sono verità che 'sposiamo' nel senso pieno
del termine, perché sono Fondate su una Persona alla quale apparteniamo e
alla quale abbiamo consegnato la nostra vita, mentre Lui ci ha consegnato la
Sua... è evidente che sto parlando del Signore Gesù... E credetemi se dico
che provo sofferenza al solo pensiero che M. possa essersene andato dopo
questa precisa domanda: "ma tu, in chi hai riposto la tua fiducia"? Io so
che lui ama sinceramente il Signore e tutto quello che ci ha citato e ha
contribuito a edificarci fa parte della sua interiorità.
Ma ci siamo accorti che, pur parlando delle stesse cose, magari
confrontandoci sugli stessi testi, attribuiamo loro
significati diversi... e questo, perché?
Qui sta il dramma! Quello che abbiamo scoperto da un pezzo: che Kiko quando
fa le sue catechesi parte da cose vere che ti 'toccano' e non puoi non
'sposartele' e farle tue perché le senti vere e forti; ma poi le inserisce
in una costruzione sua, divergente da quella cattolica. Finora ne abbiamo
visto tre soli esempi, e non sono da poco: la predestinazione della 'Elezione';
il panteismo dell'acquisizione della "natura" divina; e il carìsma del dono
degli spiriti che avrebbero i catechisti, impropriamente fatto discendere dal conferimento del vescovo:
lo afferma Kiko, ma non sa che il vescovo non ha il potere di conferire un
"dono dello spirito" e in realtà si tratta di un potere conferito da lui
stesso nella struttura che ha creato, nella quale i catechisti sono le guide
anche dei sacerdoti, perché anche il sacerdozio, nel cammino NC, è stato
snaturato della sua funzione vera...
E allora può capitare che davvero un NC ami il Signore, ma le cose che ha
ascoltato e sono entrate profondamente in lui lo hanno inserito su un altro
orizzonte (vi invito a continuare a leggere a questo riguardo gli articoli
di Un Sacerdote nella Sezione "Analisi") e, pur parlando delle stesse cose,
non ci si intende e gli atteggiamenti interiori
non possono non essere diversi, come diversa è la liturgia e la prassi che
non fanno altro che alimentarli...
Sapete ancora qual è l'altro dramma? Che, come M., ci sono già persone
della seconda generazione - e ora parte anche la terza - che vengono
'costruite' da questi insegnamenti come cristiani 'diversi', abbiamo visto
quanto, anche se belle persone come M. e sicuramente come tanti altri. E la
Chiesa - che in alcuni suoi componenti (non tutti per fortuna, ma quei pochi
bastano per complicare le cose) ha perso la retta fede nel Suo Signore - sta
continuando a permetterlo, anche perché il potere e l'abile capacità di
penetrazione fanno il resto... e noi siamo qui a parlarne con profondo
raccapriccio e ad aspettare impotenti, raccogliendo intimidazioni e
contumelie, una parola di chiarezza che non arriva...
posted by mic at 9:18 AM
Pubblichiamo l'intervento di un sacerdote:
Un avvocato sa bene che le parole, a volte, possono avere un significato
ambiguo e quindi anche le norme giuridiche che le esprimono possono essere
variamente interpretate, sia in senso positivo che negativo. È questo il
compito degli avvocati e il campo in cui si dimostra la loro abilità.
Tuttavia, anche gli avvocati sanno bene che le loro discussioni cadono tutte
quando interviene la Corte Costituzionale a stabilire il senso vero della
norme emanate dal codice. Mentre i NC riconoscono queste norme nei riguardi
delle leggi umane, essi non vogliono riconoscere che, anche
nell'interpretazione delle parole che contengono la Rivelazione di Dio, il
soggetto ultimo autorizzato a darne la definitiva interpretazione è la
Chiesa, come ricorda Pietro nella sua II Lettera, in cui molto si dilunga
sui falsi profeti (1, 20): "Sappiate anzitutto questo: nessuna scrittura
profetica va soggetta a privata spiegazione, poiché non da volontà umana fu
ma recata una profezia, ma mossi dallo Spirito Santo parlarono quegli uomini
da parte di Dio".
Ma i Neocatecumenali, pur dichiarandosi cristiani, questa norma rivelata e
quindi norma di fede non l'accettano e si credono autorizzati a interpretare
a loro modo le leggi della Chiesa e la Parola di Dio. Così facendo, danno
una chiarissima testimonianza di non essere più nella Chiesa, nonostante lo
proclamino a gran voce, perché dice Gesù: "Chi non ascolta voi, non ascolta
me". E chi non ascolta Cristo ma Kiko ed altri maestri comunque si chiamino,
formati di Kiko e non dalla Chiesa e che a Lui si oppongono, è fuori
dalla Chiesa. Che la Chiesa lo riconosca apertamente o meno.
Ai fratelli Neocatecumenali, per amore della verità, questo lo dobbiamo dire,
perché è in gioco la loro eterna salvezza...
Considerando la vicenda complessiva che qui si discute, spesso ci si chiede
come mai, a fronte di tante anomalie evidenti e difformità, la Chiesa si
muova con tanta lentezza e cautela nei confronti del Cammino. Tollera e
consente ciò che non avrebbe tollerato e consentito a nessun altro. Molti
qui si chiedono come mai i guardiani e le sentinelle sembrano dormire o
tacciono rispetto alla evidenza di una situazione grave e documentata.
Con la diffusione delle conoscenze attuali sul Cammino, è probabile che
questo silenzio abbia alcune motivazioni fondamentali.
Primo, la Chiesa si è sbilanciata al più alto livello nei confronti del
Cammino e, per quanto edotta delle aberrazioni che lì avvengono, non vuole o
non riesce a smentire se stessa esecrando apertis verbis ciò che prima ha
definito come ricchezza e frutto buono .
Secondo, conoscendo il livello di coinvolgimento emotivo e di controllo
degli adepti del cammino, ha timore che una posizione molto dura e severa
verso di loro possa diffondere sconcerto ed avere conseguenze imprecisabili.
Assodata la legittimità di tali preoccupazioni, va tuttavia fatta qualche
precisazione.
Sul primo punto, non è la prima volta che la Chiesa storicamente si è dovuta
pronunciare smentendo pregressi giudizi su individui ed eventi. Nel caso
specifico, non si tratta di smentire la concezione della Chiesa su massimi
sistemi o teorie grandiose per il genere umano, bensì di rigettare un
progetto bislacco di rifondazione della fede e di riforma della Chiesa
stessa.
Oltretutto, i cambi di posizione ufficiale storicamente sono sempre arrivati
dopo una lunghissima decantazione, confronti, studi e analisi preceduti da
un altrettanto lungo periodo di polemiche e divergenze interpretative (es.:
il ruolo di alcuni Papi rispetto a vicende storiche, il silenzio della
Chiesa su eventi dannosi per l'umanità, la condanna di persone d'intelletto,
il rifiuto di alcuni progressi sociali, ecc.)
Sul secondo punto, è vero altresì che anche i credenti tradizionali hanno
diritto a chiarezza e certezze. La tutela di alcuni non può far passare in
secondo piano quella di altri. Nè vi può essere un calcolo di minor danno,
per cui la tolleranza del cammino, o addirittura la sua approvazione da
parte della Chiesa, sarebbe meno consequenziale di una sua eventuale
condanna, dal punto di vista degli adepti.
Se un punto debole denota il metodo generale in àmbito ecclesiastico, è
proprio il lasciare che controversie e conflitti, soprattutto sulle
questioni dottrinali, non trovino mai espressioni immediate di chiarezza, ma
vengano lasciate evolvere e maturare in tempi lunghi. Insomma, nella
comprensibile (ormai non più, con la consapevolezza di oggi) preoccupazione
di rinnegare qualcosa che si poteva credere anni fa - oggi smentito da molti
fatti - opera provvidenziale sotto una veste talmente nuova da non essere
ancora compresa, si finisce per favorire processi ambigui, distorti e
distruttivi.
Questo è un limite tipico della mentalità possibilista (aperturista,
innovativa, modernista) quando si allontana dalle certezze della strada
maestra e si avventura per sentieri ignoti e pericolosi, lasciando che
prevalga il desiderio di novità, di cambiamento, di 'rovesciare il tavolo'
tradizionale che alberga negli animi più inquieti. Insomma, è la prevalenza
della ratio rispetto alla fides.
Commento:
Il nostro Papa invece sta incarnando e coniugando l'armonioso e
imprescindibile connubio di Fides et Ratio, ma ciò non toglie che siano in
molti coloro che rientrano nella "mentalità possibilista" di cui sopra.
Ma è a tutti noi molto chiaro come questo "possibilismo", "aperturismo" o
comunque lo si voglia chiamare, abbia terreno fertile in coscienze che hanno
perso il Fondamento vero e la fede retta e non riescano, ancora oggi, a
riconoscere la Presenza del Signore nella Sua VERA Chiesa.
E ormai è fin troppo chiaro come nel caso in esame non sia davvero di casa
neppure la ratio, così negata nella formazione di persone che non
sono libere né di pensare con la propria testa né di operare scelte di vita
che esulino dagli schemi e dalle finalità del Cammino in cui si trovano
coinvolti...
E noi stiamo qui a chiederci dov'è la vera Chiesa, perché tace e parla solo
ai politici e agli scienziati (e giustamente) ma non ai credenti, nel senso
di correggere non solo a parole, e rivolgendosi soprattutto ai sacerdoti che
ha ordinato se non formato, ciò che rischia di portare fuori strada molte
persone ancora?