Cronaca e riflessioni di fine gennaio
Da Radio Vaticana: Aperto oggi (30 gennaio) a Roma il Convegno
su ”Parrocchie e nuova evangelizzazione: l’apporto di movimenti ecclesiali e
nuove comunità”. Mons. Malcolm Ranjith,
segretario della Congregazione per il
Culto Divino, nell'incontro ha detto tra l'altro:
"necessita da parte dei movimenti di un
gesto di umiltà, che li veda mettersi al
servizio delle parrocchie e della comune
missione evangelizzatrice."
Con
tutta probabilità era presente anche il
Cammino neocatecumenale. Ci chiediamo se si può
davvero pensare che quello che esso non
ha fatto in 40 anni, lo faccia adesso,
tanto più che la disobbedienza sembra
portare a blandire piuttosto che a bloccare i
guasti indicibili che sta facendo, dal
momento che non si integra nella realtà
parrocchiale e continua a costituire un
"unicum": strutture, gerarchie, simboli,
metodi, ritualità proprie...
La Chiesa fa appello ai movimenti e "altre
comunità": ma non immaginate di quante comunità non meglio identificate,
sintomo della frantumazione tipica del nostro tempo sia disseminata, non
sempre purtroppo in
senso fecondo, la nostra Chiesa?
"Comunità pluriforme, luogo di comunione tra
movimenti ecclesiali e realtà parrocchiali: questa la risposta alla sfida
dell’evangelizzazione, proposta dai partecipanti al convengo. Un invito a
guardare alla Chiesa nell’eredità del Concilio Vaticano II, seguendo la
strada indicata da Paolo." Questa affermazione, sempre riportata da Radio
Vaticana, manca di realismo perché non esistono movimenti integrati nelle
realtà parrocchiali e ognuno è molto centrato sulla sua peculiarità e ci fa
pensare che coloro che col pretesto del Concilio hanno introdotto storture e
deviazioni dalla retta Fede cristiana custodita dalla Chiesa, possano
continuare a farlo alla grande...
Non siamo più un solo gregge riunito sotto un solo pastore... qui ci sono
troppi lupi travestiti da pastori o loro derivati in giro... noi sappiamo
Chi e quale Fede stiamo difendendo; ma chi - soprattutto delle nuove
generazioni - viene in contatto con questi movimenti (non tutti naturalmente) e
queste cosiddette comunità, alcune delle quali sono emanazioni del Cammino
Neocatecumenale, quale fede riceverà? E, davvero il Signore, al
suo ritorno, troverà ancora la fede nella Sua Chiesa?
In un recente interessante e documentato
articolo su Effdieffe, Arai dice che il modernismo è intrinsecamente
contrario alla fede cattolica. Citiamo da:
http://www.effedieffe.com/interventizeta.php?id=2605¶metro=storia
Poiché difendere la Chiesa è volere di Dio, o se vogliamo usare il
termine giusto, di diritto divino, il cattolico che non la difende,
professando pubblicamente la sua fede, quando essa è in grave pericolo, si
avvia all'apostasia.
Non vi è dubbio che norme giuridiche di diritto ecclesiastico non possano
essere applicate se manca l'autorità competente, il giudice con la sentenza
e la forza per renderle esecutive nella pratica. Ma non vi è nemmeno dubbio
che tale assenza non possa rendere inapplicabile una legge di diritto
divino.
Allora il problema riguarda solo l'ambito della giustizia umana. Eppure,
anche la legge umana condanna il falso ideologico. Uno che si presenta come
medico ma è solo un fattucchiere inganna non meno di chi si presenta come
prete cattolico ma professa il modernismo.
La legge richiede trasparenza di identità religiosa e ideologica per cui
anche agli ebrei è stato ordinato da Paolo IV che si identificassero come
ebrei a scanso di equivoci. Richiedere l'identificarsi per quel che si è e
si professa non significa discriminare.
La legge, che ha per ragione il bene comune, non ammette intenzioni occulte.
Dio non chiederà mai un'impossibile chiaroveggenza agli uomini. Ma una cosa
chiede, ed su ciò saremo vagliati: che non si dica mai, con la scusa di
fedeltà, che un pastore con una falsa fede di ecumenismo massonico, abbia
l'autorità di Dio perché da Lui inviato."
È quel che spesso abbiamo ripetuto anche noi.
Un progetto di riforma globale e messianica della Chiesa come quello
promosso dal Cammino neocatecumenale e sponsorizzato da una parte del clero
è di per sé eretico, eversivo e dunque contrario alla missione stessa del
cattolicesimo ed al suo storico depositum fidei.
Questa espressione: "il cattolico che non la difende, professando
pubblicamente la sua fede, quando essa è in grave pericolo, si avvia
all'apostasia." ci suscita una domanda. Un cattolico che la difende, quando
non la difende la Chiesa, a QUALE chiesa può fare riferimento?
E noi, cosa stiamo facendo: i Don Chisciotte? Crediamo però ci sia una differenza: Don Chisciotte
è simbolo di chi combatte una battaglia persa, ma solo perché i suoi nemici
sono immaginari... noi stiamo lottando per una
battaglia forse persa (la guerra la vincerà il Signore), ma i "nemici" non
sono immaginari e il problema è che essi non sono esterni ma anche interni
alla stessa Chiesa!!!
È una domanda che richiama aspetti che vanno oltre la vicenda
neocatecumenale perchè riguardano l'evoluzione stessa della nostra società e
della mentalità comune.
L'avvento dell'epoca moderna, della mentalità globalista e consumista a
partire dagli anni '60, tra le tante trasformazioni e cambiamenti, ha
prodotto anche un marcato relativismo e con esso la perdita del senso del
discrimine, ovvero della capacità di distinguere e separare nettamente ciò
che è bene da ciò che è male. Prima si distingueva chiaramente tale
differenza. In seguito si è detto sempre di più 'questo è relativamente
bene', quest'altro è 'relativamente male'....
Mentre nella società pre-moderna ciascuno era consapevole del proprio ruolo
ed esternava un comportamento conformato ad esso, la globalizzazione ed i
cambiamenti continui ed interrelati hanno ingenerato una mentalità più
duttile ma anche super-pragmatica. Nel discorso che ci interessa, cosa ha
comportato tutto questo?
L'indebolimento della fede, un'eccesso di tolleranza rispetto alle
deviazioni (dal male può nascere anche il bene), una perdita di credibilità
nel bene ontologico, il quale è stato sostituito da beni soggettivi
(molteplicità e diversità dei carìsmi), soprattutto, una deleteria tendenza
alla convivenza nelle persone di un bifrontismo tanto contraddittorio quanto
condiviso e diffuso, dove troviamo ad esempio uomini di cultura che sono
anche gestori di poteri materialistici e talvolta coercitivi, uomini di fede
che predicano il Vangelo e gestiscono contemporaneamente affari leciti e
talvolta illeciti. Di tali esempi sono zeppe le cronache.
Quando la perdita del senso del discrimine riguarda un'intera
organizzazione, accadono disastri come quello del Cammino, per cui nel
momento in cui esso devasta e affossa la Chiesa e la fede in cui dice di
riconoscersi, non solo non si ha percezione di tale opera devastatrice ma si
è convinti di svolgere una missione ispirata da Dio, captando addirittura
simpatie e consensi. L'incoerenza e la contraddittorietà è il dato che
caratterizza l'epoca moderna e relativista, nella società secolare come
nella Chiesa.
Rispetto a tale stato di cose, appare in controtendenza l'azione di un Papa
come Benedetto che non si lascia abbagliare dalle sirene del relativismo e
del multi-soggettivismo, che introduce di nuovo il discrimine, la separazione
tra ciò che è oggettivamente bene e ciò che è intrinsecamente male e la
necessità di mantenere elevata la coscienza di tale differenza.
Papa Benedetto è anticonfusionario e anti-relativista, è un regolatore e
sistematore dogmatico, perciò il suo pontificato inquieta e disturba tutti
quelli che coltivano il progetto di un'orizzontalizzazione della fede
cattolica, allargata agli apporti di mille altri stimoli e suggestioni e a
scapito della antica verticalità gerarchica.
Quanto a noi, più che combattere i mulini a vento, manifestiamo
semplicemente ma con convinzione, in sintonia con il Santo Padre, la necessità di un ritorno
all'ordine, alla coscienza del discrimine, della necessità di separare
chiaramente ed esplicitamente nella vita della nostra fede ciò che è
indubbiamente bene da ciò che si spaccia per tale ma è intrinsecamente
malefico e produce frutti avvelenati.