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La testimonianza di Daniel Lifschitz, un ex "itinerante"

l'autobiografia in due volumi di Daniel Lifschitz (Dio sceglie l'immondizia. Storia di un ebreo cattolico e L'immondizia ama Dio. Storia di un cattolico ebreo, Parva, pp. 240 e pp. 224, Euro 12 al volume).

Daniel Lifschitz, classe 1937, è un ebreo convertitosi al cattolicesimo. Ha avuto occasione di entrare nel Cammino Neocatecumenale nel 1973, diventandone poi "catechista itinerante" per portare il Cammino in Turchia, in Africa e negli USA. 

Dopo aver impiegato ventitre anni per completare il Cammino, lo lascerà. 

Lo stesso Kiko si premurerà di dichiarare subito che Daniel è "un demonio" che "distruggerà tutto", mentre Carmen stabilirà che nessun neocatecumenale avrebbe mai più comprato i suoi libri, e Daniel verrà immediatamente ostracizzato e dimenticato dai suoi stessi fratelli di comunità. 

Niente male come trattamento per uno che decide di abbandonare. Vogliamo solo far notare che questo non avviene in nessun altro ambiente cattolico: né nei conventi, né negli altri movimenti ecclesiali, né nelle comunità monastiche e religiose, né nelle associazioni cattoliche... Si verificano censure del genere solo quando uno decide di lasciare il Cammino. Non farà meraviglia, dunque, che il Cammino venga qualificato come "setta". 

Vale la pena commentare alcuni ricordi di Daniel (citati da: Daniel Lifschitz, "L’immondizia ama Dio. Dal Battesimo all’itineranza neocatecumenale", edizioni Parva), che costituiscono l'ennesima testimonianza sui problemi del Cammino Neocatecumenale, interessante perché proveniente da chi ancora conserva un po' di simpatia per il Cammino (al punto da raccontare ancora oggi che certi eventi infausti erano "il Signore che mette alla prova", e quelli fausti erano "il Signore mi faceva capire che dovevo perseverare"). 

Carmen interrompe il Papa 

L'episodio è noto, ma è sempre bene averne una testimonianza in più da parte di chi era presente di persona. Nel 1981 il Papa va a visitare la parrocchia dei Martiri Canadesi a Roma, che ha il non invidiabile primato dell'essere la prima chiesa italiana in cui si è impiantato il Cammino (dal 1968). 

Nel suo discorso il Papa ci parlava sempre del “movimento neocatecumenale”. Ma ogni volta che pronunciava la parola “movimento” Carmen lo interrompeva, gridando: "Padre, Cammino, non movimento". Questo avvenne per ben cinque volte, finché il Papa, abbastanza seccato, esclamò: “La donna taccia!”. A mio avviso Giovanni Paolo II aveva ragione, ma Carmen, purtroppo, l’ebbe vinta. 

Il "franchising" religioso neocatecumenale, in onore all'idolo Kiko 

Come in ogni setta, il culto della personalità del fondatore raggiunge e supera le vette del ridicolo. 

Per poter fare le nostre celebrazioni, la Liturgia delle ore e l’Eucaristia, dovevamo portare quindi tutto l’occorrente nascosto in valigie e affittare una stanza in più, trasformandola in cappella. Per i neocatecumeni non si tratta di poche cose: la Bibbia con la fodera di Kiko, l’icona della Madonna di Kiko, la Croce a stile in stile di Kiko, il Cero pasquale con un motivo di Kiko, la Coppa e la patena progettati da Kiko, il libro dei canti di Kiko, il copri leggio ideato da Kiko, tappeti, chitarra, tamburello e paramenti non ancora progettati da Kiko. 

Un altro episodio mostra ancora una volta che le scelte "teologiche" di Kiko non sono basate su riflessione e ragionamento, ma sono decisioni insindacabili a cui poi seguono eventualmente "spiegazioni" improvvisate e bislacche. 

Un’altra volta cercai di fargli cambiare idea su un dettaglio liturgico. Durante l’Eucaristia del Cammino si accende sulla mensa la Chanukkàh, il candeliere a otto braccia che viene acceso durante gli otto giorni che dura la festa di Chanukkah. Il nono braccio è nient’altro che un servitore per accendere ogni giorno una luce, fino all’ottavo giorno della festa. Feci notare a Kiko che un candelabro a nove braccia, come viene acceso in tutte le Eucaristie del Cammino, non ha nessun senso liturgico. Infastidito, non mi volle ascoltare: disse che il numero nove era quello dell’evangelizzazione. 

Le catechesi segrete 

Ciò che Kiko ha di più caro sono le sue stesse catechesi, immutabili, intangibili, da ripetere a memoria per poi recitarle cercando di dare l'apparenza dell'ispirazione "dallo Spirito". 

Nel Cammino è sempre stato così. Addirittura, fino a pochi anni fa, dei testi delle "catechesi segrete" (i cosiddetti mamotreti) veniva negata perfino l'esistenza (anche dopo che mons. Landucci e p. Zoffoli le pubblicarono e commentarono). 

Tale menzogna non poteva durare in eterno, anche a causa di piccoli incidenti come questo occorso a Daniel. 

Una sera, mentre père Elie faceva visite ai suoi numerosi parrocchiani, preparavamo la catechesi dell’indomani nel suo salotto e, terminata la lettura – la conoscevamo già tutti a memoria e per me era diventata una gran noia – nascosi il mio mamotreto sotto il cuscino di un divano. La mattina, a colazione, père Elie ci venne incontro tutto pimpante con un ghigno in bocca e in mano il "vangelo secondo Kiko e Carmen": “Ecco, da dove tirate fuori la vostra parlantina! Ora ho capito chi siete: siete tutti dei pappagalli!”. Non aveva tutti i torti. 

Ci dispiace notare che di fronte ad una tale figuraccia, i neocatecumenali presenti non abbiano riflettuto seriamente su quell'evangelizzare "secondo Kiko e Carmen". 

La diffusione del Cammino consiste nel culto dei fondatori e nella "pappagallesca" ripetizione delle loro apodittiche affermazioni e delle loro ambiguità dottrinali e liturgiche. Per di più, i fondatori mostrano una grave mancanza di rispetto nei confronti del Papa e dei vescovi. Per esempio, Kiko e Carmen il 17 gennaio 2006 scrissero a papa Benedetto XVI: "siamo contentissimi delle norme" liturgiche (che proibivano tutti gli abusi neocatecumenali), ed il 14 giugno 2008, appena ricevuto lo Statuto, Kiko affermava trionfante in conferenza stampa che due anni e mezzo prima, appena ricevute le norme, le aveva considerate "una catastrofe! siamo persi! qui finisce tutto!" 

Il Cammino si diffonde grazie alle divisioni tra i cattolici 

Daniel ci racconta un episodio semplice ma esemplare: anziché interrogarsi sulla fondatezza dell'accusa del domenicano, i francescani "insorgono". Il commento di Daniel lascia intendere che a muovere i francescani era l'invidia nei confronti della parrocchia più grande: è in nome dell'invidia e della vendetta che favoriscono il Cammino. 

Fremendo di rabbia ci tacciò di sfaccendati che, con il pretesto di servire la Chiesa, facevano a sbafo “turismo ecclesiale”. Se avesse saggiamente taciuto, avremmo forse dovuto fare fagotto. Ma una tale arroganza, suscitò la reazione opposta. Gli altri parroci, tutti Francescani, di fronte a quel prepotente Domenicano, che nella sua parrocchia regnava su un gregge di mille pecore, mentre, si dovevano dividere tra di loro trecento pecorelle, insorsero come un sol uomo. 

Il Cammino contro i vescovi 

Un qualunque missionario cattolico onesto pensa così: se vado in una diocesi e il vescovo di lì non mi vuole, allora vado via anche se mi sembrasse una decisione ingiusta, perché di fronte al Signore è meglio obbedire al vescovo piuttosto che evangelizzare nella sua diocesi contro la sua decisione. 

Invece, con l'ambiguo slogan "siamo approvati dal Papa", i neocatecumenali (perfino quelli in buona fede) pensano che sia legittimo infischiarsene del parere del Vescovo: "...nacque una piccola Comunità di 12 fratelli, per la gioia del parroco p.Sebastiano e per il gran dispiacere del vescovo". 

In Turchia, il nuovo vescovo aveva capito bene che il pessimo lievito avrebbe fermentato rovinando seriamente l'impasto: 

Nel frattempo era arrivato il nuovo Vescovo di Izmir, Mons. Kalogiras. L’incontro con lui fu drammatico. Non voleva saperne di Comunità. Secondo lui gettavamo scompiglio nella sua diocesi. Poco prima del nostro arrivo aveva vietato alle suore di continuare il Cammino. Decise, senza spiegare il perché, di chiudere anche la Comunità di p.Domenico. Che male poteva recare una Comunità di appena dieci persone ad un “grande” diocesi? Ovviamente il Vescovo, fedele al Vangelo, temeva che un po’ di lievito fermentasse tutta la massa. Poco tempo prima Giovanni Paolo II era stato ad Efeso, e Mons. Kalogiras l’aveva salutato come “il dolce Cristo in terra”. Alla nostra obiezione che il “dolce Cristo in terra” conosceva il Cammino e l’apprezzava, seppe solo rispondere: “A Izmir il Papa sono io!”. 

Purtroppo quel vescovo aveva ragione. A che servono i vescovi, se per aggirare le loro decisioni basta dire ambiguamente "il Papa ci apprezza"? 

In nome dell'ubbidienza al vescovo, disobbediscono al Papa. E poi in nome dell'ubbidienza al Papa disobbediscono al vescovo. Kiko ed i suoi neocatecumenali obbediscono solo a chi fa comodo, solo quando fa comodo, e solo nella misura in cui fa comodo. 

Come sempre, l'ambiguo slogan neocatecumenale "il Papa ci apprezza" serve solo a infischiarsene delle decisioni dei vescovi. Quasi al punto di esultare nel vedere che un vescovo ostile al Cammino è colpito da malattie o da morte.

 La vera forza dei neocatecumenali: il fracasso 

Da allibire: tredici neocatecumenali strimpellano "per ore" dei "canti neocatecumenali". La menzogna giornalistica amplifica i tredici in "trecento", e trasforma la loro fastidiosa operazione di propaganda in "accoglienza al Papa". 

Vale il solito detto: fa più rumore un albero che cade che una foresta che cresce. Sulla stampa fanno più rumore i tredici neocatecumenali solerti nel chiassare, che le preghiere e l'accoglienza (quella vera) della comunità cattolica svizzera che il Papa stava visitando. 

Partimmo, quindi, la domenica del suo arrivo, con il primo treno diretto a Sion, per essere pronti ad accoglierlo in prima fila con striscioni, chitarre, e bongo. Avevamo anche un megafono, perché eravamo in tutto... tredici.

(...)

Quando, dopo la Messa, il Papa si ritirò nella Casa del Vescovo per pranzare con l’episcopato svizzero, ci spostammo nel giardino sottostante, continuando imperterriti per ore con i nostri canti neocatecumenali, finche il segretario del Vescovo, uscendo sul balcone, ci ringraziò, chiedendoci di abbassare il tono, perché il Santo Padre era andato a riposare.

L’indomani i giornali del Vallese, cantone cattolico, uscirono con il titolo: “Trecento giovani entusiasti, con chitarre e tamburi, cantano la loro gioia e il loro amore per il Papa.” 

C'è da notare che i neocatecumenali non potevano avere peggior trattamento dell'indifferenza. 

Il tocco finale è dato dall'avviso del segretario del vescovo (non immaginiamo cosa sarebbe apparso sulla stampa se al balcone si fosse scomodato uno dei vescovi): "Grazie, ma abbassate il volume". 

È facile comprendere il sarcasmo di quel "grazie" di fronte a quell'intrattenimento musicale rumoroso, indesiderato, e composto di soli "canti neocatecumenali". Non canti gregoriani e polifonici, ma canzonette scritte da Kiko, musicate da Kiko, suonate alla maniera di Kiko, accompagnate dai tamburi (immaginate che effetto, nella civilissima Svizzera, sentir tambureggiare per ore intere peggio che nell'Africa nera) e... urlate nel megafono.

Non meno sarcastica è quella richiesta di abbassare il volume. Come a dire: se proprio siete così contenti di cantare quella robaccia, continuate pure all'infinito.

Insomma, i tredici eroi neocatecumenali hanno avuto il peggior trattamento che si possa immaginare. Che però è nulla in confronto all'alternativa del dover relazionare ai propri super-catechisti "abbiamo cantato solo per un'ora" oppure "senza megafono".

Dopotutto sarà la stampa, all'indomani, a trasformare magicamente la fastidiosa chiassata di tredici scalmanati in una (testuali parole) "accoglienza al Papa" da parte di "trecento".

E se i vescovi svizzeri avessero pubblicato una smentita, avrebbero con ciò dato più importanza ai fracassoni di quanta non ne fosse stata già fabbricata.

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