Daniel Lifschitz, classe 1937, è un
ebreo convertitosi al cattolicesimo. Ha avuto occasione di entrare nel
Cammino Neocatecumenale nel 1973, diventandone poi "catechista itinerante"
per portare il Cammino in Turchia, in Africa e negli USA.
Dopo aver impiegato
ventitre anni per completare il Cammino, lo lascerà.
Lo stesso Kiko si premurerà
di dichiarare subito che Daniel è "un demonio" che "distruggerà tutto",
mentre Carmen stabilirà che nessun neocatecumenale avrebbe mai più comprato
i suoi libri, e Daniel verrà immediatamente ostracizzato e dimenticato dai
suoi stessi fratelli di comunità.
Niente male come
trattamento per uno che decide di abbandonare. Vogliamo solo far notare che
questo non avviene in nessun altro ambiente cattolico: né nei conventi, né
negli altri movimenti ecclesiali, né nelle comunità monastiche e religiose,
né nelle associazioni cattoliche... Si verificano censure del genere solo
quando uno decide di lasciare il Cammino. Non farà meraviglia, dunque, che
il Cammino venga qualificato come "setta".
Vale la pena commentare
alcuni ricordi di Daniel (citati da: Daniel Lifschitz, "L’immondizia ama
Dio. Dal Battesimo all’itineranza neocatecumenale", edizioni Parva), che
costituiscono l'ennesima testimonianza sui problemi del Cammino
Neocatecumenale, interessante perché proveniente da chi ancora conserva un
po' di simpatia per il Cammino (al punto da raccontare ancora oggi che certi
eventi infausti erano "il Signore che mette alla prova", e quelli fausti
erano "il Signore mi faceva capire che dovevo perseverare").
Carmen interrompe il Papa
L'episodio è noto, ma è
sempre bene averne una testimonianza in più da parte di chi era presente di
persona. Nel 1981 il Papa va a visitare la parrocchia dei Martiri Canadesi a
Roma, che ha il non invidiabile primato dell'essere la prima chiesa italiana
in cui si è impiantato il Cammino (dal 1968).
Nel suo discorso il Papa ci
parlava sempre del “movimento neocatecumenale”. Ma ogni volta che
pronunciava la parola “movimento” Carmen lo interrompeva, gridando: "Padre,
Cammino, non movimento". Questo avvenne per ben cinque volte, finché il
Papa, abbastanza seccato, esclamò: “La donna taccia!”. A mio avviso Giovanni
Paolo II aveva ragione, ma Carmen, purtroppo, l’ebbe vinta.
Il "franchising" religioso
neocatecumenale, in onore all'idolo Kiko
Come in ogni setta, il
culto della personalità del fondatore raggiunge e supera le vette del
ridicolo.
Per poter fare le nostre
celebrazioni, la Liturgia delle ore e l’Eucaristia, dovevamo portare quindi
tutto l’occorrente nascosto in valigie e affittare una stanza in più,
trasformandola in cappella. Per i neocatecumeni non si tratta di poche cose:
la Bibbia con la fodera di Kiko, l’icona della Madonna di Kiko, la Croce a
stile in stile di Kiko, il Cero pasquale con un motivo di Kiko, la Coppa e
la patena progettati da Kiko, il libro dei canti di Kiko, il copri leggio
ideato da Kiko, tappeti, chitarra, tamburello e paramenti non ancora
progettati da Kiko.
Un altro episodio mostra
ancora una volta che le scelte "teologiche" di Kiko non sono basate su
riflessione e ragionamento, ma sono decisioni insindacabili a cui poi
seguono eventualmente "spiegazioni" improvvisate e bislacche.
Un’altra volta cercai di
fargli cambiare idea su un dettaglio liturgico. Durante l’Eucaristia del
Cammino si accende sulla mensa la Chanukkàh, il candeliere a otto braccia
che viene acceso durante gli otto giorni che dura la festa di Chanukkah. Il
nono braccio è nient’altro che un servitore per accendere ogni giorno una
luce, fino all’ottavo giorno della festa. Feci notare a Kiko che un
candelabro a nove braccia, come viene acceso in tutte le Eucaristie del
Cammino, non ha nessun senso liturgico. Infastidito, non mi volle ascoltare:
disse che il numero nove era quello dell’evangelizzazione.
Le catechesi segrete
Ciò che Kiko ha di più caro
sono le sue stesse catechesi, immutabili, intangibili, da ripetere a memoria
per poi recitarle cercando di dare l'apparenza dell'ispirazione "dallo
Spirito".
Nel Cammino è sempre stato
così. Addirittura, fino a pochi anni fa, dei testi delle "catechesi segrete"
(i cosiddetti mamotreti) veniva negata perfino l'esistenza (anche dopo che
mons. Landucci e p. Zoffoli le pubblicarono e commentarono).
Tale menzogna non poteva
durare in eterno, anche a causa di piccoli incidenti come questo occorso a
Daniel.
Una sera, mentre père Elie
faceva visite ai suoi numerosi parrocchiani, preparavamo la catechesi
dell’indomani nel suo salotto e, terminata la lettura – la conoscevamo già
tutti a memoria e per me era diventata una gran noia – nascosi il mio
mamotreto sotto il cuscino di un divano. La mattina, a colazione, père Elie
ci venne incontro tutto pimpante con un ghigno in bocca e in mano il
"vangelo secondo Kiko e Carmen": “Ecco, da dove tirate fuori la vostra
parlantina! Ora ho capito chi siete: siete tutti dei pappagalli!”. Non aveva
tutti i torti.
Ci dispiace notare che di
fronte ad una tale figuraccia, i neocatecumenali presenti non abbiano
riflettuto seriamente su quell'evangelizzare "secondo Kiko e Carmen".
La diffusione del Cammino
consiste nel culto dei fondatori e nella "pappagallesca" ripetizione delle
loro apodittiche affermazioni e delle loro ambiguità dottrinali e
liturgiche. Per di più, i fondatori mostrano una grave mancanza di rispetto
nei confronti del Papa e dei vescovi. Per esempio, Kiko e Carmen il 17
gennaio 2006 scrissero a papa Benedetto XVI: "siamo contentissimi delle
norme" liturgiche (che proibivano tutti gli abusi neocatecumenali), ed il 14
giugno 2008, appena ricevuto lo Statuto, Kiko affermava trionfante in
conferenza stampa che due anni e mezzo prima, appena ricevute le norme, le
aveva considerate "una catastrofe! siamo persi! qui finisce tutto!"
Il Cammino si diffonde
grazie alle divisioni tra i cattolici
Daniel ci racconta un
episodio semplice ma esemplare: anziché interrogarsi sulla fondatezza
dell'accusa del domenicano, i francescani "insorgono". Il commento di Daniel
lascia intendere che a muovere i francescani era l'invidia nei confronti
della parrocchia più grande: è in nome dell'invidia e della vendetta che
favoriscono il Cammino.
Fremendo di rabbia ci
tacciò di sfaccendati che, con il pretesto di servire la Chiesa, facevano a
sbafo “turismo ecclesiale”. Se avesse saggiamente taciuto, avremmo forse
dovuto fare fagotto. Ma una tale arroganza, suscitò la reazione opposta. Gli
altri parroci, tutti Francescani, di fronte a quel prepotente Domenicano,
che nella sua parrocchia regnava su un gregge di mille pecore, mentre, si
dovevano dividere tra di loro trecento pecorelle, insorsero come un sol
uomo.
Il Cammino contro i
vescovi
Un qualunque missionario
cattolico onesto pensa così: se vado in una diocesi e il vescovo di lì non
mi vuole, allora vado via anche se mi sembrasse una decisione ingiusta,
perché di fronte al Signore è meglio obbedire al vescovo piuttosto che
evangelizzare nella sua diocesi contro la sua decisione.
Invece, con l'ambiguo
slogan "siamo approvati dal Papa", i neocatecumenali (perfino quelli in
buona fede) pensano che sia legittimo infischiarsene del parere del Vescovo:
"...nacque una piccola Comunità di 12 fratelli, per la gioia del parroco
p.Sebastiano e per il gran dispiacere del vescovo".
In Turchia, il nuovo
vescovo aveva capito bene che il pessimo lievito avrebbe fermentato
rovinando seriamente l'impasto:
Nel frattempo era arrivato
il nuovo Vescovo di Izmir, Mons. Kalogiras. L’incontro con lui fu
drammatico. Non voleva saperne di Comunità. Secondo lui gettavamo scompiglio
nella sua diocesi. Poco prima del nostro arrivo aveva vietato alle suore di
continuare il Cammino. Decise, senza spiegare il perché, di chiudere anche
la Comunità di p.Domenico. Che male poteva recare una Comunità di appena
dieci persone ad un “grande” diocesi? Ovviamente il Vescovo, fedele al
Vangelo, temeva che un po’ di lievito fermentasse tutta la massa. Poco tempo
prima Giovanni Paolo II era stato ad Efeso, e Mons. Kalogiras l’aveva
salutato come “il dolce Cristo in terra”. Alla nostra obiezione che il
“dolce Cristo in terra” conosceva il Cammino e l’apprezzava, seppe solo
rispondere: “A Izmir il Papa sono io!”.
Purtroppo quel vescovo
aveva ragione. A che servono i vescovi, se per aggirare le loro decisioni
basta dire ambiguamente "il Papa ci apprezza"?
In nome dell'ubbidienza al
vescovo, disobbediscono al Papa. E poi in nome dell'ubbidienza al Papa
disobbediscono al vescovo. Kiko ed i suoi neocatecumenali obbediscono solo a
chi fa comodo, solo quando fa comodo, e solo nella misura in cui fa comodo.
Come sempre, l'ambiguo
slogan neocatecumenale "il Papa ci apprezza" serve solo a infischiarsene
delle decisioni dei vescovi. Quasi al punto di esultare nel vedere che un
vescovo ostile al Cammino è colpito da malattie o da morte.
La
vera forza dei neocatecumenali: il fracasso
Da allibire: tredici
neocatecumenali strimpellano "per ore" dei "canti neocatecumenali". La
menzogna giornalistica amplifica i tredici in "trecento", e trasforma la
loro fastidiosa operazione di propaganda in "accoglienza al Papa".
Vale il solito detto: fa
più rumore un albero che cade che una foresta che cresce. Sulla stampa fanno
più rumore i tredici neocatecumenali solerti nel chiassare, che le preghiere
e l'accoglienza (quella vera) della comunità cattolica svizzera che il Papa
stava visitando.
Partimmo, quindi, la
domenica del suo arrivo, con il primo treno diretto a Sion, per essere
pronti ad accoglierlo in prima fila con striscioni, chitarre, e bongo.
Avevamo anche un megafono, perché eravamo in tutto... tredici.
(...)
Quando, dopo la Messa, il
Papa si ritirò nella Casa del Vescovo per pranzare con l’episcopato
svizzero, ci spostammo nel giardino sottostante, continuando imperterriti
per ore con i nostri canti neocatecumenali, finche il segretario del
Vescovo, uscendo sul balcone, ci ringraziò, chiedendoci di abbassare il
tono, perché il Santo Padre era andato a riposare.
L’indomani i giornali del
Vallese, cantone cattolico, uscirono con il titolo: “Trecento giovani
entusiasti, con chitarre e tamburi, cantano la loro gioia e il loro amore
per il Papa.”
C'è da notare che i
neocatecumenali non potevano avere peggior trattamento dell'indifferenza.
Il tocco finale è dato
dall'avviso del segretario del vescovo (non immaginiamo cosa sarebbe apparso
sulla stampa se al balcone si fosse scomodato uno dei vescovi): "Grazie, ma
abbassate il volume".
È facile comprendere il
sarcasmo di quel "grazie" di fronte a quell'intrattenimento musicale
rumoroso, indesiderato, e composto di soli "canti neocatecumenali". Non
canti gregoriani e polifonici, ma canzonette scritte da Kiko, musicate da
Kiko, suonate alla maniera di Kiko, accompagnate dai tamburi (immaginate che
effetto, nella civilissima Svizzera, sentir tambureggiare per ore intere
peggio che nell'Africa nera) e... urlate nel megafono.
Non meno sarcastica è
quella richiesta di abbassare il volume. Come a dire: se proprio siete così
contenti di cantare quella robaccia, continuate pure all'infinito.
Insomma, i tredici eroi
neocatecumenali hanno avuto il peggior trattamento che si possa immaginare.
Che però è nulla in confronto all'alternativa del dover relazionare ai
propri super-catechisti "abbiamo cantato solo per un'ora" oppure "senza
megafono".
Dopotutto sarà la stampa,
all'indomani, a trasformare magicamente la fastidiosa chiassata di tredici
scalmanati in una (testuali parole) "accoglienza al Papa" da parte di
"trecento".
E se i vescovi svizzeri
avessero pubblicato una smentita, avrebbero con ciò dato più importanza ai
fracassoni di quanta non ne fosse stata già fabbricata.