Olanda choc: così crolla
il mito multiculturale
Maurizio Blondet, su
"Avvenire" del 18 novembre 2004
Un Paese nella bufera dopo
l'omicidio Van Gogh
«Matto,
matto», dice il turco picchiandosi il dito sulla fronte. Così «spiega»
il movente dell'assassino di Theo Van Gogh, il giovane marocchino
Mohamed Bouyeri. Davanti alla moschea Arrahman, frequentata da turchi,
è la sola analisi che possiamo chiedere: sono poveri lavoratori che
non parlano inglese. Davanti alle altre moschee è andata peggio:
sguardi sospettosi, ostilità, mutismo. Impossibile contattare l'imam,
spesso saudita, che parla solo arabo e non ha alcuna voglia di
contatti con «infedeli». Con i
giovani indonesiani nati in Olanda è diverso. Uno di loro dice: «Mi
spiace che l'occasione sia un omicidio, ma ora si comincia a parlare
di ciò che si taceva». Straordinaria consonanza con il vescovo di
Amsterdam, monsignor Jozef Punt, barba rossa da olandese
quattrocentesco. «Il trauma della morte di Van Gogh - spiega - sta
portando gli olandesi a discutere questioni fondamentali, di cui si
taceva un po' per discrezione e molto per ipocrisia: la nostra idea
della vita e della morte e del sesso, così diversa dalla loro.
I limiti
del nostro laicismo permissivo - l'eutanasia per esempio - di fronte
all'islam. C'è chi comincia a interrogarsi sulla propria identità
cristiana». Il delitto ha rivelato agli olandesi il pericolo
islamista, ma ancor più rivela la società olandese a se stessa.
Senza male intenzioni (anni fa pagò le spese chirurgiche per un
bambino islamico malato) il regista Theo Van Gogh diceva
pubblicamente, dei musulmani, cose letteralmente irriferibili,
compresi insulti a sfondo sessuale.
E anche
degli ebrei, senza essere un antisemita politico: pesanti doppi sensi
attorno al tema dell'Olocausto. Per le sue frasi antisemite era stato
condannato a 1000 euro di multa. «Fatto raro - spiega Ed Arons,
direttore del giornale «Katholiek Nieuwsblad» - perché i giudici
qui decidono da sempre a favore della libertà d'espressione, anche
delle volgarità insultanti. Persino i gay hanno perso delle cause».
Tempo fa i gay hanno trascinato in tribunale il primate, cardinale
Simonis, colpevole di aver detto che «capiva» chi non gli affittava
le case: assolto. La libertà di pensiero è sacra in Olanda. Sicché
l'assassinio di Van Gogh ha fatto esplodere il dibattito,
sorprendentemente, sulla libertà d'opinione. I democristiani al
governo hanno proposto di definirla «meglio», i socialisti e
liberali sono contro ogni definizione, che significherebbe
limitazione.
Il che
lascia la domanda degli eccessi verbali di Van Gogh, oltre ogni limite
di buon gusto: strano in un artista. «È l'effetto della cultura
finanziata dallo Stato - risponde Franz D'Agostino, un sacerdote dell'Opus
Dei che vive qui da 40 anni - : scultori e pittori che non riescono a
vendere le loro opere le vendono allo Stato, che così li mantiene.
Questo ha creato tutta una fauna di "artisti" il cui unico
scopo è provocare, distruggere gli ultimi tabù». Un musulmano ha
reagito uccidendo, però. Su «RNC» (il giornale «liberal», simile
alla nostra «Repubblica») il sociologo Arie Van der Zwan ha
ragionato, illuministicamente: gli immigrati musulmani non hanno
intellettuali fra loro, non hanno rappresentanti che parlino a loro
nome, non conoscono abbastanza la nostra lingua per polemizzare:
sparano perché gli mancano le parole per dibattere. Ma ciò non è
vero per l'omicida: Mohamed Bouyeri ha frequentato le scuole
superiori, è istruito e integrato, faceva perfino del volontariato
insegnando l'olandese ai figli degli immigrati, passava notti su
Internet a parlare con fondamentalisti di tutto il mondo. «Proprio
questo ha fatto paura», dice Ed Arons: «se un ragazzo cresciuto qui
può diventare islamista e omicida, allora chissà gli altri, meno
integrati». Di qui l'altro dibattito:sul modello d'integrazione
multiculturale troppo ingenuo, sulla scuola troppo neutrale, che dà
cognizioni ma non formazione morale.
Vengono
da lì anche i ragazzotti olandesi che hanno appiccato il fuoco a
diverse moschee: secondo la polizia atti occasionali di teppismo: «Ubriachi
e arrabbia ti, non neonazisti organizzati». Rabbia molta, non c'è
dubbio. I fiori continuano ad accumularsi alla fermata del tram 9 dove
è caduto il regista. A leggere i biglietti, si scopre che piangono la
sua morte associazioni disparate, come «Stormfront per la razza
bianca» (un gruppuscolo neonazista) e «Cannabis Colture», fans
delle droghe leggere. E tanta gente normale. Che collega l'uccisione
di Van Gogh a quella, nel 2002, di Pim Fortuyn, il brillante gay e
politico che rivelò agli olandesi, per primo, che «si poteva parlare»
di argomenti-tabù, come il problema degli immigrati. Fortuyn, ucciso
da un animalista olandese per nulla islamico. «Ma caduto lui, nulla
è cambiato. I nostri politici hanno continuato a trascurare il
problema», mi ha detto più d'uno sul marciapiede pieno di fiori. E
giù recriminazioni: i giovani teppisti marocchini appena immigrati
che rendono insicuri interi quartieri («Un fatto nuovo: i turchi,
loro, non ci hanno mai dato problemi»), le scuole che diventano «nere»
(alle elementari, gli immigrati sono in maggioranza), la polizia che
«non fa nulla e si lascia intimidire».
Ora un
deputato transfuga dal partito liberale, Geert Wilders, ha dato voce a
queste proteste con proposte dure: sbattere fuori tutti gli imam
estremisti, chiudere le frontiere, assimilare a forza gli immigrati
che già ci sono. «Secondo i sondaggi, se si votasse domani Wilders
avrebbe il 26% dei voti», m'informa Wim Peeters, giornalista
cattolico. C'è spazio in Olanda per un partito xenofobo di destra,
tra il Front National di Le Pen e il Vlaamblok del Belgio? Tutti i
miei interlocutori d'accordo dicono di no. Il trauma è profondissimo,
in un'Olanda non abituata alla violenza fisica. Ma proprio dai
cattolici (che hanno attenuto la libertà di culto solo con
l'invasione di Napoleone) si levano voci che invitano alla calma: «Rischiamo
di fare dei musulmani gli ebrei di questo secolo», nota il «Katholiek
Nieuwsblad». Huygen Marten, opinionista del radical-chic «Nieuw
Rotterdamsche C ourant», invita la stampa a non manipolare l'allarme
sociale: «Non siamo ancora sotto occupazione islamica».
Il caso
Buttiglione ha urtato anche esponenti protestanti: il laicismo diventa
una religione «neopagana» europea, anch'essa intollerante?, si
chiede «De Telegraaf», grande giornale moderato. È proprio vero:
l'Olanda comincia a farsi le domande fondamentali, su cui ha tanto a
lungo taciuto.