Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo
Omelia di Giovanni Paolo II
29 giugno 2004

Nel 40° dello storico abbraccio tra Paolo VI e Atenagora - il Patriarca Ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I e il Papa hanno tenuto l'omelia e recitato insieme la professione di fede. Come tradizione hanno concelebrato i nuovi arcivescovi metropoliti, ai quali il Pontefice ha imposto il Pallio realizzato con la lana degli agnelli tosati nella festa di sant'Agnese.

1. “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente” (Mt 16,16). Interrogato dal Signore, Pietro, anche a nome degli altri Apostoli, fa la sua professione di fede.

In essa viene affermato il fondamento sicuro del nostro cammino verso la piena comunione. Se, infatti, vogliamo l'unità dei discepoli di Cristo, dobbiamo ripartire da Cristo. Come a Pietro, anche a noi è chiesto di confessare che Lui è la pietra angolare, il Capo della Chiesa. Ho scritto nella Lettera enciclica Ut unum sint “Credere in Cristo significa volere l'unità; volere l'unità significa volere la Chiesa; volere la Chiesa significa volere la comunione di grazia che corrisponde al disegno del Padre da tutta l'eternità” (n. 9).

2. Ut unum sint! Ecco da dove scaturisce il nostro impegno di comunione, in risposta all’ardente desiderio di Cristo. Non si tratta di un vago rapporto di buon vicinato, ma del legame indissolubile della fede teologale per cui siamo destinati non alla separazione, ma alla comunione.

Ciò che, nell'evolversi della storia, ha infranto il nostro vincolo di unità in Cristo, lo viviamo oggi con dolore. In quest’ottica, il nostro incontro odierno non è solo un gesto di cortesia, ma una risposta al comando del Signore. Cristo è il Capo della Chiesa e noi vogliamo insieme continuare a fare quanto è umanamente possibile per colmare ciò che ancora ci divide e ci impedisce di comunicare allo stesso Corpo e Sangue del Signore.

3. Con questi sentimenti desidero esprimere viva riconoscenza a Lei, Santità, per la Sua presenza e per le riflessioni che ha voluto proporci. Sono anche lieto di celebrare insieme a Lei il ricordo dei Santi Pietro e Paolo, che quest'anno cade nel quarantesimo anniversario dell' incontro benedetto, avvenuto a Gerusalemme, il 5 e 6 gennaio 1964, tra il Papa Paolo VI e il Patriarca Atenagora I 

Santità, desidero ringraziarLa di cuore per aver accolto il mio invito a rendere visibile e riaffermare oggi, con questo nostro incontro, lo spirito che animava quei due singolari pellegrini, i quali diressero i loro passi l'uno verso l'altro, e scelsero di abbracciarsi per la prima volta proprio nel luogo dove nacque la Chiesa.

4. Quell'incontro non può essere soltanto un ricordo. È una sfida per noi! Ci indica il cammino della reciproca riscoperta e riconciliazione. Cammino certamente non facile, né privo di ostacoli. Nel gesto commovente dei nostri predecessori a Gerusalemme, possiamo trovare la forza di superare ogni malinteso e difficoltà, per consacrarci senza sosta a questo impegno di unità.

La Chiesa di Roma si è mossa con ferma volontà e con grande sincerità sulla via della piena riconciliazione, mediante iniziative che si sono rivelate, volta per volta, possibili e utili. Desidero oggi esprimere l’auspicio che tutti i cristiani intensifichino, ciascuno per la propria parte, gli sforzi, affinché si affretti il giorno in cui si realizzerà pienamente il desiderio del Signore: “Che siano una cosa sola” (Gv 17,11.21). Che la coscienza non ci rimproveri di aver omesso dei passi, di aver tralasciato delle opportunità, di non aver tentato tutte le strade!

5. Lo sappiamo bene: l'unità che ricerchiamo è anzitutto dono di Dio. Siamo consci, però, che l'affrettarsi dell’ora della sua piena realizzazione dipende anche da noi, dalla nostra preghiera, dalla nostra conversione a Cristo.

Santità, per quanto mi riguarda, mi preme confessare che sulla strada della ricerca dell'unità mi sono sempre lasciato guidare, come da sicura bussola, dall'insegnamento del Concilio Vaticano II. La Lettera enciclica Ut unum sint , resa pubblica pochi giorni prima della memorabile visita di Vostra Santità a Roma nel 1995, riaffermava proprio quanto il Concilio aveva enunciato nel Decreto sull'ecumenismo Unitatis redintegratio  del quale quest’anno ricorre il quarantesimo anniversario di promulgazione.

Più volte ho avuto modo di sottolineare, in circostanze solenni, e lo ribadisco anche oggi, che l'impegno assunto dalla Chiesa Cattolica con il Concilio Vaticano II è irrevocabile. Ad esso non si può rinunciare!

6. A completare la solennità e la gioia dell’odierna celebrazione, a renderla più ricca di contenuti spirituali ed ecclesiali, contribuisce il rito dell’imposizione dei Palli ai nuovi Metropoliti.

Venerati Fratelli, il Pallio, che oggi riceverete alla presenza del Patriarca Ecumenico, nostro Fratello in Cristo, è segno della comunione che vi unisce a titolo speciale alla testimonianza apostolica di Pietro e di Paolo. Vi lega al Vescovo di Roma, Successore di Pietro, chiamato a svolgere un peculiare servizio ecclesiale nei confronti dell’intero Collegio episcopale. Grazie per la vostra presenza ed auguri per il vostro ministero a favore di Chiese Metropolitane sparse in varie Nazioni. Vi accompagno volentieri con l’affetto e con la preghiera.

7. “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente!”. Quante volte ritornano nella mia quotidiana preghiera queste parole, che costituiscono la professione di fede di Pietro! Nella preziosa icona donata dal Patriarca Atenagora I a Papa Paolo VI il 5 gennaio 1964, i due Santi Apostoli, Pietro il Corifeo e Andrea il Protóclito, si abbracciano, in un eloquente linguaggio d'amore, al di sotto del Cristo glorioso. Andrea è stato il primo a porsi nella sequela del Signore, Pietro è stato chiamato a confermare i suoi fratelli nella fede.

Il loro abbraccio sotto lo sguardo di Cristo è un invito a proseguire nel cammino intrapreso, verso quel traguardo di unità che insieme intendiamo raggiungere.

Nessuna difficoltà ci freni. Ma piuttosto andiamo avanti con speranza, sostenuti dall’intercessione degli Apostoli e dalla materna protezione di Maria, Madre di Cristo, Figlio del Dio vivente.

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