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Il Papa alla plenaria del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso

8 giugno 2008. discorso pronunciato da Benedetto XVI nel ricevere questo sabato in udienza i partecipanti alla plenaria del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, incentrata sul tema "Dialogo in veritate et caritate - orientamenti pastorali".

Eminenza,
Cari Fratelli Vescovi,
Signore e Signori,

Sono lieto di avere questa opportunità di incontrarvi alla conclusione della decima Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso. A voi tutti che partecipate a questo importante incontro porgo cordiali saluti. Ringrazio in particolare il Cardinale Jean-Louis Tauran per le sue cortesi parole.

«Dialogo in veritate et caritate: orientamenti pastorali» questo è il tema della vostra Assemblea Plenaria. Apprendo con gioia che in queste giornate avete cercato di pervenire a una comprensione più profonda dell'approccio della Chiesa cattolica verso i membri di altre tradizioni religiose. Avete considerato l'obiettivo più ampio del dialogo, che è scoprire la verità, e la sua motivazione, che è la carità, in ottemperanza alla missione divina affidata alla Chiesa da nostro Signore Gesù Cristo.

All'inizio del mio pontificato ho affermato che «la Chiesa vuole continuare a costruire ponti di amicizia con i seguaci di tutte le religioni, al fine di ricercare il bene autentico di ogni persona e della società nel suo insieme» (Discorso ai Rappresentanti delle Chiese e comunità ecclesiali e di altre Religioni non cristiane, 25 aprile 2005). Mediante il ministero dei Successori di Pietro, inclusa l'opera del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, e gli sforzi degli ordinari locali e del popolo di Dio nel mondo, la Chiesa continua a raggiungere i seguaci di altre religioni. In tal modo esprime un desiderio di incontro e di collaborazione in verità e libertà. Come ha affermato il mio venerato Predecessore, Papa Paolo vi, la responsabilità principale della Chiesa è il servizio alla verità: «verità su Dio, verità sull'uomo e sul suo destino misterioso, verità sul mondo. Verità difficile che ricerchiamo nella Parola di Dio» (Evangelii nuntiandi, n. 78).

Gli esseri umani cercano risposte ad alcune domande esistenziali: qual è l'origine e il destino degli esseri umani? Che cosa sono il bene e il male? Che cosa attende gli esseri umani alla fine della loro esistenza terrena? Tutti hanno il dovere naturale e l'obbligo morale di ricercare la verità. Conosciutala, sono tenuti ad aderire ad essa e a ordinare la propria vita secondo le sue esigenze (cfr Nostra Aetate, 1 e Dignitatis humanae, n. 2).

Cari amici, «Caritas Christi urge nos» (2 Cor 5, 14). È l'amore di Cristo che esorta la Chiesa a raggiungere ogni essere umano senza distinzione, oltre i confini della Chiesa visibile. La fonte della missione della Chiesa è l'amore divino. Questo amore è rivelato in Cristo e reso presente dall'azione dello Spirito Santo. Tutte le attività della Chiesa sono pervase dall'amore (cfr Ad gentes, 2-5; Evangelii nuntiandi, n. 26 e Dialogo e missione, n. 9).

È dunque l'amore che esorta ogni credente ad ascoltare l'altro e a cercare aree di collaborazione. Incoraggia gli interlocutori cristiani nel dialogo con i seguaci di altre religioni a proporre, ma non a imporre, la fede in Cristo che è «la via, la verità e la vita» (Gv 14, 16). Come ho affermato nelle mie recenti Encicliche, la fede cristiana ci ha mostrato che «verità, giustizia, amore non sono semplicemente ideali, ma realtà di grandissima densità» (Spe salvi, n. 39). Per la Chiesa «la carità non è una specie di attività di assistenza sociale che si potrebbe anche lasciare ad altri, ma appartiene alla sua natura, è espressione irrinunciabile della sua stessa essenza» (Deus caritas est, n. 25).

La grande proliferazione di incontri interreligiosi nel mondo di oggi richiede discernimento. A questo proposito, sono lieto di osservare che in queste giornate avete riflettuto sugli orientamenti pastorali per il dialogo interreligioso. A partire dal Concilio Vaticano ii si è prestata attenzione agli elementi spirituali che le diverse tradizioni religiose hanno in comune. In numerosi modi, ciò ha contribuito a edificare ponti di comprensione al di là dei confini religiosi. So che durante i vostri dibattiti avete considerato alcune questioni di interesse pratico nei rapporti interreligiosi: l'identità degli interlocutori del dialogo, l'educazione religiosa nelle scuole, la conversione, il proselitismo, la reciprocità, la libertà religiosa e il ruolo dei responsabili religiosi nella società. Queste sono questioni importanti alle quali i responsabili che vivono e operano in società pluralistiche devono prestare molta attenzione.

È importante evidenziare la necessità di una buona formazione per quanti promuovono il dialogo interreligioso, che per essere autentico deve essere un cammino di fede. Com'è necessario, dunque, per i suoi promotori essere ben formati nelle loro convinzioni e ben informati su quelle degli altri! Per questo motivo incoraggio gli sforzi del Pontifico Consiglio per il Dialogo Interreligioso volti a organizzare corsi di formazione e programmi di dialogo interreligioso per differenti gruppi cristiani, in particolare seminaristi e giovani negli istituti educativi terziari.

La collaborazione interreligiosa offre opportunità di esprimere gli ideali più elevati di ogni tradizione religiosa. Assistere i malati, recare soccorso alle vittime dei disastri naturali o della violenza, prendersi cura degli anziani e dei poveri: queste sono alcune delle aree in cui le persone di differenti religioni collaborano. Incoraggio quanti sono ispirati dall'insegnamento delle loro religioni ad aiutare i membri sofferenti della società.

Cari amici, alla fine della vostra Assemblea Plenaria, vi ringrazio per il lavoro svolto. Vi chiedo di portare il messaggio di buona volontà del Successore di Pietro al vostro gregge cristiano e a tutti i vostri amici di altre religioni. Di cuore vi imparto la mia Benedizione Apostolica quale pegno di grazia e di pace in nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo.


[Traduzione del testo originale in inglese a cura de “L'Osservatore Romano”]

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