Eminenza,
Cari Fratelli Vescovi,
Signore e Signori,
Sono lieto di avere questa opportunità di
incontrarvi alla conclusione della decima
Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio
per il Dialogo Interreligioso. A voi tutti
che partecipate a questo importante incontro
porgo cordiali saluti. Ringrazio in
particolare il Cardinale Jean-Louis Tauran
per le sue cortesi parole.
«Dialogo in veritate et caritate: orientamenti pastorali» questo è il
tema della vostra Assemblea Plenaria. Apprendo con gioia che in queste giornate
avete cercato di pervenire a una comprensione più profonda dell'approccio della
Chiesa cattolica verso i membri di altre tradizioni religiose. Avete considerato
l'obiettivo più ampio del dialogo, che è scoprire la verità, e la sua
motivazione, che è la carità, in ottemperanza alla missione divina affidata alla
Chiesa da nostro Signore Gesù Cristo.
All'inizio del mio pontificato ho affermato che «la Chiesa vuole continuare a
costruire ponti di amicizia con i seguaci di tutte le religioni, al fine di
ricercare il bene autentico di ogni persona e della società nel suo insieme» (Discorso
ai Rappresentanti delle Chiese e comunità ecclesiali e di altre Religioni non
cristiane, 25 aprile 2005). Mediante il ministero dei Successori di Pietro,
inclusa l'opera del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, e gli
sforzi degli ordinari locali e del popolo di Dio nel mondo, la Chiesa continua a
raggiungere i seguaci di altre religioni. In tal modo esprime un desiderio di
incontro e di collaborazione in verità e libertà. Come ha affermato il mio
venerato Predecessore, Papa Paolo vi, la responsabilità principale della Chiesa
è il servizio alla verità: «verità su Dio, verità sull'uomo e sul suo destino
misterioso, verità sul mondo. Verità difficile che ricerchiamo nella Parola di
Dio» (Evangelii nuntiandi, n. 78).
Gli esseri umani cercano risposte ad alcune domande esistenziali: qual è
l'origine e il destino degli esseri umani? Che cosa sono il bene e il male? Che
cosa attende gli esseri umani alla fine della loro esistenza terrena? Tutti
hanno il dovere naturale e l'obbligo morale di ricercare la verità.
Conosciutala, sono tenuti ad aderire ad essa e a ordinare la propria vita
secondo le sue esigenze (cfr Nostra Aetate, 1 e Dignitatis humanae,
n. 2).
Cari amici, «Caritas Christi urge nos» (2 Cor 5, 14). È l'amore
di Cristo che esorta la Chiesa a raggiungere ogni essere umano senza
distinzione, oltre i confini della Chiesa visibile. La fonte della missione
della Chiesa è l'amore divino. Questo amore è rivelato in Cristo e reso presente
dall'azione dello Spirito Santo. Tutte le attività della Chiesa sono pervase
dall'amore (cfr Ad gentes, 2-5; Evangelii nuntiandi, n. 26 e
Dialogo e missione, n. 9).
È dunque l'amore che esorta ogni credente ad ascoltare l'altro e a cercare
aree di collaborazione. Incoraggia gli interlocutori cristiani nel dialogo con i
seguaci di altre religioni a proporre, ma non a imporre, la fede in Cristo che è
«la via, la verità e la vita» (Gv 14, 16). Come ho affermato nelle mie
recenti Encicliche, la fede cristiana ci ha mostrato che «verità, giustizia,
amore non sono semplicemente ideali, ma realtà di grandissima densità» (Spe
salvi, n. 39). Per la Chiesa «la carità non è una specie di attività di
assistenza sociale che si potrebbe anche lasciare ad altri, ma appartiene alla
sua natura, è espressione irrinunciabile della sua stessa essenza» (Deus
caritas est, n. 25).
La grande proliferazione di incontri interreligiosi nel mondo di oggi
richiede discernimento. A questo proposito, sono lieto di osservare che in
queste giornate avete riflettuto sugli orientamenti pastorali per il dialogo
interreligioso. A partire dal Concilio Vaticano ii si è prestata attenzione agli
elementi spirituali che le diverse tradizioni religiose hanno in comune. In
numerosi modi, ciò ha contribuito a edificare ponti di comprensione al di là dei
confini religiosi. So che durante i vostri dibattiti avete considerato alcune
questioni di interesse pratico nei rapporti interreligiosi: l'identità degli
interlocutori del dialogo, l'educazione religiosa nelle scuole, la conversione,
il proselitismo, la reciprocità, la libertà religiosa e il ruolo dei
responsabili religiosi nella società. Queste sono questioni importanti alle
quali i responsabili che vivono e operano in società pluralistiche devono
prestare molta attenzione.
È importante evidenziare la necessità di una buona formazione per quanti
promuovono il dialogo interreligioso, che per essere autentico deve essere un
cammino di fede. Com'è necessario, dunque, per i suoi promotori essere ben
formati nelle loro convinzioni e ben informati su quelle degli altri! Per questo
motivo incoraggio gli sforzi del Pontifico Consiglio per il Dialogo
Interreligioso volti a organizzare corsi di formazione e programmi di dialogo
interreligioso per differenti gruppi cristiani, in particolare seminaristi e
giovani negli istituti educativi terziari.
La collaborazione interreligiosa offre opportunità di esprimere gli ideali
più elevati di ogni tradizione religiosa. Assistere i malati, recare soccorso
alle vittime dei disastri naturali o della violenza, prendersi cura degli
anziani e dei poveri: queste sono alcune delle aree in cui le persone di
differenti religioni collaborano. Incoraggio quanti sono ispirati
dall'insegnamento delle loro religioni ad aiutare i membri sofferenti della
società.
Cari amici, alla fine della vostra Assemblea Plenaria, vi ringrazio per il
lavoro svolto. Vi chiedo di portare il messaggio di buona volontà del Successore
di Pietro al vostro gregge cristiano e a tutti i vostri amici di altre
religioni. Di cuore vi imparto la mia Benedizione Apostolica quale pegno di
grazia e di pace in nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo.
[Traduzione del testo originale in inglese a cura de “L'Osservatore
Romano”]