REMISSIONE DELLA SCOMUNICA LATAE SENTENTIAE
AI VESCOVI DELLA FRATERNITÀ SACERDOTALE SAN PIO X
24.01.2009
::
Comunicato della Sala Stampa della Santa sede
:: DECRETO della Congregazione per i Vescovi
:: Lettera di S.E. Mons. Bernard Fellay ai fedeli
:: La cifra di un pontificato
Comunicato della Sala Stampa della Santa
Sede
Il Santo Padre, dopo un processo di dialogo tra la Sede Apostolica e la
Fraternità Sacerdotale San Pio X, rappresentata dal suo Superiore Generale, S.E.
Mons. Bernard Fellay, ha accolto la richiesta formulata nuovamente da detto
Presule, con lettera del 15 dicembre 2008, anche a nome degli altri tre Vescovi
della Fraternità, S.E. Mons. Bernard Tissier de Mallerais, S.E. Mons. Richard
Williamson e S.E. Mons. Alfonso del Gallareta, di rimettere la scomunica in cui
erano incorsi vent’anni fa.
A causa, infatti, delle consacrazioni episcopali fatte, in data 30 giugno 1988,
da S.E. Mons. Marcel Lefebvre, senza mandato pontificio, i menzionati quattro
Presuli erano incorsi nella scomunica latae sententiae, dichiarata formalmente
dalla Congregazione per i Vescovi in data 1° luglio 1988.
S.E. Mons. Bernard Fellay, nella citata missiva, manifestava chiaramente al
Santo Padre che: "siamo sempre fermamente determinati nella volontà di rimanere
cattolici e di mettere tutte le nostre forze al servizio della Chiesa di Nostro
Signore Gesù Cristo, che è la Chiesa cattolica romana. Noi accettiamo i suoi
insegnamenti con animo filiale. Noi crediamo fermamente al Primato di Pietro e
alle sue prerogative, e per questo ci fa tanto soffrire l’attuale situazione".
Sua Santità Benedetto XVI, che ha seguito fin dall’inizio questo processo, ha
cercato sempre di ricomporre la frattura con la Fraternità, anche incontrando
personalmente S.E. Mons. Bernard Fellay, il 29 agosto 2005. In quell’occasione,
il Sommo Pontefice ha manifestato la volontà di procedere per gradi e in tempi
ragionevoli in tale cammino ed ora, benignamente, con sollecitudine pastorale e
paterna misericordia, mediante Decreto della Congregazione per i Vescovi del 21
gennaio 2009, rimette la scomunica che gravava sui menzionati Presuli. Il Santo
Padre è stato ispirato in questa decisione dall’auspicio che si giunga al più
presto alla completa riconciliazione e alla piena comunione.
DECRETO della Congregazione per i Vescovi
Con lettera del 15 dicembre 2008 indirizzata a Sua Em.za il Sig. Cardinale Dario
Castrillón Hoyos, Presidente della Pontificia Commissione Ecclesia Dei, Mons.
Bernard Fellay, anche a nome degli altri tre Vescovi consacrati il giorno 30
giugno 1988, sollecitava nuovamente la rimozione della scomunica latae
sententiae formalmente dichiarata con Decreto del Prefetto di questa
Congregazione per i Vescovi in data 1° luglio 1988. Nella menzionata lettera,
Mons. Fellay afferma, tra l'altro: "Siamo sempre fermamente determinati nella
volontà di rimanere cattolici e di mettere tutte le nostre forze al servizio
della Chiesa di Nostro Signore Gesù Cristo, che è la Chiesa cattolica romana.
Noi accettiamo i suoi insegnamenti con animo filiale. Noi crediamo fermamente al
Primato di Pietro e alle sue prerogative, e per questo ci fa tanto soffrire
l'attuale situazione".
Sua Santità Benedetto XVI - paternamente sensibile al disagio spirituale
manifestato dagli interessati a causa della sanzione di scomunica e fiducioso
nell'impegno da loro espresso nella citata lettera di non risparmiare alcuno
sforzo per approfondire nei necessari colloqui con le Autorità della Santa Sede
le questioni ancora aperte, così da poter giungere presto a una piena e
soddisfacente soluzione del problema posto in origine - ha deciso di
riconsiderare la situazione canonica dei Vescovi Bernard Fellay, Bernard Tissier
de Mallerais, Richard Williamson e Alfonso de Galarreta sorta con la loro
consacrazione episcopale.
Con questo atto si desidera consolidare le reciproche relazioni di fiducia e
intensificare e dare stabilità ai rapporti della Fraternità San Pio X con questa
Sede Apostolica. Questo dono di pace, al termine delle celebrazioni natalizie,
vuol essere anche un segno per promuovere l'unità nella carità della Chiesa
universale e arrivare a togliere lo scandalo della divisione.
Si auspica che questo passo sia seguito dalla sollecita realizzazione della
piena comunione con la Chiesa di tutta la Fraternità San Pio X, testimoniando
così vera fedeltà e vero riconoscimento del Magistero e dell'autorità del Papa
con la prova dell'unità visibile.
In base alle facoltà espressamente concessemi dal Santo Padre Benedetto XVI, in
virtù del presente Decreto, rimetto ai Vescovi Bernard Fellay, Bernard Tissier
de Mallerais, Richard Williamson e Alfonso de Galarreta la censura di scomunica
latae sententiae dichiarata da questa Congregazione il 1° luglio 1988, mentre
dichiaro privo di effetti giuridici, a partire dall'odierna data, il Decreto a
quel tempo emanato.
Roma, dalla Congregazione per i Vescovi, 21 gennaio 2009.
Card. Giovanni Battista Re
Prefetto della Congregazione per i Vescovi
Bollettino Ufficiale Santa Sede
Lettera di S.E. Mons. Bernard Fellay ai fedeli
Carissimi fedeli,
Come annuncio nel comunicato annesso a questo, “la scomunica dei vescovi
consacrati da Sua Eccellenza Mons. Marcel Lefebvre il 30 giugno 1988, dichiarata
dalla Congregazione dei Vescovi con decreto del 1 luglio 1988 e da noi sempre
contestata, è stata ritirata con un altro decreto della medesima Congregazione
in data 21 gennaio 2009, su mandato del papa Benedetto XVI”.
Si tratta dell’intenzione di preghiera che vi ho affidato a Lourdes, il giorno
della festa di Cristo Re 2008. Voi avete risposto al di là delle nostre
speranze, poiché unmilionesettecentotremila corone del rosario sono state
recitate per ottenere attraverso l’intercessione della Madonna la fine di questo
obbrobrio che pesava, nella persona dei vescovi della Fraternità, su tutti
coloro che in un modo o nell’altro sono attaccati alla Tradizione.
Ringraziamo vivamente la Vergine Santissima che ha ispirato al Santo Padre
questo atto unilaterale, benevolo e coraggioso.
Continuiamo a pregare per lui con fervore.
Grazie a questo gesto, i cattolici del mondo intero attaccati alla Tradizione
non saranno più stigmatizzati e condannati per avere mantenuto la fede dei loro
padri. La Tradizione Cattolica non è più scomunicata. Quantunque non lo sia mai
stata in sé, essa lo è stata molto spesso e crudelmente nei fatti. Esattamente
come la messa tridentina, che non era stata mai abrogata in sé, come ha
giustamente ricordato il Santo Padre attraverso il
Motu Proprio Summorum
pontificum del 7 luglio 2007.
Il decreto del 21 Gennaio cita la lettera al Card. Castrillon Hoyos nella quale
esprimevo il nostro attaccamento “alla Chiesa di Nostro Signore Gesù Cristo che
è la Chiesa Cattolica”, ribadendo la nostra accettazione del suo insegnamento
bimillenario e la nostra fede nel Primato di Pietro.
Ricordavo quanto noi soffriamo della situazione attuale della Chiesa in cui
questo insegnamento e questo primato sono vilipesi, e aggiungevo: “Noi siamo
pronti a scrivere il Credo con il nostro sangue, a firmare il giuramento
antimodernista, la professione di fede di Pio IV, noi accettiamo e facciamo
nostri tutti i concili fino al Vaticano II sul quale noi esprimiamo delle
riserve”. In tutto questo, noi abbiamo la convinzione di restare fedeli alla
linea di condotta tracciata dal nostro fondatore Mons. Marcel Lefebvre di cui
noi speriamo la pronta riabilitazione.
Inoltre noi desideriamo intraprendere questi “colloqui” - che il decreto
definisce “necessari” - sulle questioni dottrinali che si oppongono al magistero
perenne.
Noi non possiamo che constatare la crisi senza precedenti che oggi investe la
Chiesa: crisi di vocazioni, crisi della pratica religiosa, del catechismo e
della frequentazione dei sacramenti… Prima di noi, Paolo VI parlava addirittura
di una infiltrazione del “fumo di Satana” e della “autodemolizione” della
Chiesa. Giovanni Paolo II non ha esitato a dire che il cattolicesimo in Europa
era come in uno stato di “apostasia silenziosa”. Poco tempo prima della sua
elezione al Supremo Pontificato, Benedetto XVI stesso paragonava la Chiesa a una
“barca in cui l’acqua entra da tutte le parti”. Pertanto noi intendiamo, in
questi colloqui con le autorità romane, esaminare le cause profonde della
situazione attuale e, apportandovi il rimedio adeguato, giungere a una vera
restaurazione della Chiesa.
Cari fedeli, la Chiesa è nelle mani di sua Madre, la Santissima Vergine Maria.
In Lei noi confidiamo. Noi Le abbiamo chiesto la libertà della Messa di sempre,
dappertutto e per tutti. Noi Le abbiamo chiesto il ritiro del decreto delle
scomuniche. Noi Le chiediamo nelle nostre preghiere, a Lei che è la Sede della
Sapienza, queste necessarie chiarificazioni dottrinali di cui le anime turbate
hanno tanto bisogno.
Menzingen, il 24 gennaio 2009
+ Bernard Fellay
La cifra di un pontificato
di Gianteo Bordero
Benedetto XVI, con la revoca della scomunica ai vescovi
lefebvriani, scrive un'altra pagina importante del suo
pontificato.
Una pagina destinata a rimanere e, probabilmente, a diventare la
cifra del papato ratzingeriano. Sanare uno scisma, infatti,
significa medicare la ferita più profonda che possa essere
inferta all'unità del corpo mistico di Cristo, la Chiesa: la
divisione tra le sue membra.
Dividere è facile, unire è molto più difficile. Papa Benedetto,
rispondendo all'esortazione di Gesù nel Vangelo di Giovanni
(«Che siano una sola cosa affinché il mondo creda»), si avvia a
chiudere definitivamente una delle vicende più dolorose nella
storia della Chiesa degli ultimi due secoli. «Uno scisma piccolo
- afferma Gianni Baget Bozzo intervistato dal Foglio - ma che ha
avuto un ruolo importante nel post-Concilio».
I segnali di una pacificazione definitiva tra Roma ed Ecône (la
cittadina svizzera nella quale monsignor Lefebvre aveva fondato
il suo seminario alla fine degli anni Sessanta dopo la rottura
definitiva con il Vaticano a causa delle riforme conciliari) si
erano intensificati sin dai primi mesi del pontificato di
Benedetto XVI: già sul finire dell'agosto 2005, infatti,
Ratzinger aveva incontrato a Castel Gandolfo Bernard Fellay,
superiore generale della Fraternità San Pio X.
I comunicati ufficiali scaturiti da quell'incontro - sia quello
della Santa Sede che quello dei lefebvriani - sottolineavano il
desiderio reciproco di procedere gradualmente ad un
riavvicinamento nel nome del comune amore per la Chiesa.
Ma l'evento decisivo è stato senz'altro la promulgazione del
motu proprio «Summorum
pontificum», del 7 luglio 2007, con il quale Benedetto XVI
ha deciso di «liberalizzare» l'uso del messale romano di San Pio
V (nella sua ultima versione risalente al 1962, Giovanni XXIII
regnante) affermando che esso non è stato abrogato dalla riforma
liturgica del 1970 e che il nuovo messale di Paolo VI
rappresenta la forma ordinaria, ma non esclusiva, della liturgia
cattolica.
Un gesto, questo, che ha provocato numerose contestazioni
all'interno della Chiesa, soprattutto da parte di coloro che -
per usare un'espressione dello stesso Papa Ratzinger -
considerano il Vaticano II come un momento di «rottura» rispetto
al passato, una sorta di rifondazione della Chiesa scaturita dal
compromesso con la modernità.
Le contestazioni hanno assunto forme più o meno eclatanti,
soprattutto in Francia (patria di Lefebvre), e lo stesso
Benedetto XVI, durante il suo viaggio a Lourdes dello scorso
anno, ha dovuto richiamare i vescovi transalpini al rispetto del
motu proprio.
Ma le diffuse proteste non hanno fermato Papa Ratzinger. Anzi.
Dopo aver ricevuto lo scorso 15 dicembre fa una lettera di
monsignor Fellay che chiedeva la revoca della scomunica
promulgata da Giovanni Paolo II nel 1988 («Siamo sempre
fermamente determinati nella volontà di rimanere cattolici e di
mettere tutte le nostre forze al servizio della Chiesa di Nostro
Signore Gesù Cristo, che è la Chiesa cattolica romana. Noi
accettiamo i suoi insegnamenti con animo filiale. Noi crediamo
fermamente al Primato di Pietro e alle sue prerogative, e per
questo ci fa tanto soffrire l'attuale situazione» scriveva
Fellay nella missiva) e dopo aver appreso che la Fraternità San
Pio X ha organizzato per il Natale 2008 una preghiera del
rosario volta a «ottenere dalla Madonna il ritiro del decreto»,
ha valutato che i tempi erano maturi per il passo decisivo.
Il
testo della
revoca è stato diffuso questa mattina
dalla sala stampa vaticana.
In esso la Santa Sede afferma che «con questo atto si desidera
consolidare le reciproche relazioni di fiducia e intensificare e
dare stabilità ai rapporti della Fraternità San Pio X con questa
Sede Apostolica. Questo dono di pace, al termine delle
celebrazioni natalizie, vuol essere anche un segno per
promuovere l'unità nella carità della Chiesa universale e
arrivare a togliere lo scandalo della divisione. Si auspica che
questo passo sia seguito dalla sollecita realizzazione della
piena comunione con la Chiesa di tutta la Fraternità San Pio X,
testimoniando così vera fedeltà e vero riconoscimento del
Magistero e dell'autorità del Papa con la prova dell'unità
visibile».
Vedremo ora, dunque, se gli auspici del Vaticano troveranno
rapida realizzazione.
Ma quello che sin d'ora si può dire è che Benedetto XVI, che
già quand'era come cardinale alla guida dell'ex Sant'Uffizio
aveva provato ripetutamente a raggiungere un accordo con i
lefebvriani, ha compiuto un gesto di alto valore storico ed
ecclesiologico.
Riammettendo i vescovi ordinati da Lefebvre alla piena comunione
con Roma, egli chiude definitivamente un'epoca, si lascia alle
spalle la deleteria spaccatura post-conciliare tra
tradizionalisti e progressisti, riconosce che anche i primi
avevano delle ragioni che solo le mode teologiche del momento
hanno impedito di valutare sino in fondo.
Riprendendo un'immagine usata da Jean Guitton in un suo famoso
saggio, potremmo dire che, con la sua decisione, Papa
Ratzinger contribuisce a ricucire la veste di Cristo dilacerata
nella storia dagli scismi e dalla divisione tra i cristiani.
Guitton sostiene che gli strappi, sin dalla grande eresia
ariana, hanno sempre fatto assumere alla Chiesa maggiore
coscienza di sé e della sua missione. Ora che uno di questi
strappi si appresta ad essere sanato, è augurabile che i motivi
che l'hanno causato possano essere finalmente letti alla luce
della ritrovata unità delle membra, e non con le lenti di un
fanatismo ideologico e teologico che ha fatto solo tanto male
alla Chiesa in questi ultimi decenni.
[© Copyright Ragionpolitica, 24 gennaio 2009]