Il cardinale Biffi sulla Resurrezione: 
“Non è una dottrina, ma un fatto”

“La Resurrezione di Cristo è un fatto”. Ha affermato così il cardinale Giacomo Biffi il 23 novembre nel discutere all’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum (APRA) sul tema centrale della Resurrezione.

Come ogni martedì, il porporato ha tenuto un intervento nell’ambito di un ciclo di lezioni sul tema “Chi è Cristo? L’enigma dell’esistenza e l’avvenimento cristiano”.

“A dare il primo impulso alla storia cristiana non c‘è qualcosa che può essere rubricato come soggettivo. Non c’è un intuizione perspicace, una teoria geniale, un’esperienza psicologica, una fantasia estetica, una autosuggestione, una elaborazione consolante, non c’ è niente di tutto questo, c’è un fatto”, ha sottolineato.

L’arcivescovo emerito di Bologna ha spiegato che “solo la saldezza del fatto di ciò che avvenne poteva supportare un ritorno accettato sulla scena di colui che, al cospetto di tutti, era stato sconfitto, umiliato, annientato fino alla morte e alla morte di croce. (…) Solo un ritorno fisico palpabile del corpo vivo poteva vincere il trauma di quel cadavere scrutato con occhi inorriditi”

“Ogni altra forma di ritorno o rinvenimento non avrebbe cambiato niente, un Gesù che sarebbe stato uno spettro non avrebbe raggiunto lo scopo”, ha rilevato il porporato.

A questo proposito il cardinale ha citato lo scrittore Vittorio Messori, il quale sosteneva che: “Per nessun ebreo una Resurrezione senza corpo soltanto spirituale poteva avere alcun significato, era addirittura impensabile, per convincersi eventualmente di un simile fatto un ebreo aveva bisogno di toccare un corpo”.

Coloro che colgono all’origine della fede un equivoco psicologico, una visione, un fantasma non sanno, che un ebreo non è un greco per la quale la sola immortalità è quella dell’anima, un ebreo autentico dice Messori era Tommaso, il quale disse che “se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato non crederò”.

“Questa era la mentalità che poteva essere vinta solo da un fatto concreto”, ha ribadito Biffi.

“Il racconto evangelico è inequivocabile a questo proposito, finché credevano di vedere un fantasma, gli apostoli potevano essere soltanto stupiti e spaventati, non certo credenti e tanto meno testimoni, perciò il risorto è quasi obbligato ad esibire le prove del suo nuovo essere”.

Il cardinale ha indicato il capitolo 24 del vangelo di Luca, dove si legge che “Gesù disse: perché siete turbati e sorgono dubbi nel vostro cuore, guardate le mie mani e i miei piedi, sono proprio io, toccatemi e guardate, un fantasma non ha carne ed ossa come vedete che io ho. Dicendo questo mostrò loro le mani e i piedi”.

Ma ancora non basta, a fugare ogni perplessità Gesù si sottopone ad un secondo esame, è sempre Luca che racconta, “poiché per la grande gioia ancora non credevano ed erano stupefatti disse: Avete qui qualcosa da mangiare. Gli offrirono una porzione di pesce arrostito. Egli lo prese e lo mangiò davanti a loro”.

A questo punto l’arcivescovo emerito di Bologna ha spiegato che: “L’evento pasquale di Cristo è proposta di cambiamento totale, un cambiamento cioè che oltre i pensieri, i sentimenti e le speranze, tocca la sostanza profonda di chi si apre alla sua provocazione”.

A questo proposito Biffi ha citato il filosofo austriaco Ludwig Wittgenstein (1889-1951) il quale pur non essendo credente nel 1937 annotava così: “ Io penso che il cristianesimo non è una dottrina, non è una teoria di ciò che è stato e ciò che sarà negli anni umani, bensì una descrizione di un evento reale”.

Così anche il filosofo e teologo danese Soren Aabye Kierkegaard (1813-1906) “il cristianesimo –egli scrive – non è una dottrina ma una comunicazione di esistenza”. (1)

“Il cristianesimo – ha continuato il cardinale Biffi – sin dal suo contenuto primordiale è qualcosa di unico di decisivo e imparagonabile. Perché il cristianesimo prima ancora di una religione, una morale, un culto, una filosofia è l’avvenimento della Resurrezione di Gesù di Nazareth che si fa principio del rinnovamento degli uomini e delle cose”.

“Questa è la ragione per cui il cristianesimo non potrà mai tramontare perché le dottrine nascono, fanno cultura, incantano per decenni, magari per secoli, poi decadono e muoiono. (...) Il fatto cristiano resta perché, è il fatto, e resta indipendentemente dall’accoglienza e dal numero delle adesioni che riceve”, ha concluso il cardinale.

NOTA

(1) Noi diremmo piuttosto: " Il cristianesimo non è una dottrina, ma una comunicazione di 'vita eterna', che nasce dall'incontro e dal conseguente rapporto con Colui che ce la dona" 

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[Fonte: Zenit 24 novembre 2004]

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