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    Alla ricerca di una "nuova alleanza" tra cattolici e ortodossi

Di fronte alle tante sfide che minacciano la fede, non ultima l’avanzata di quella parte di Islam più fondamentalista e minacciosa anche verso l’Europa, Benedetto XVI intravede come soluzione una strada che lui stesso ha definito «irrinunciabile» seppure parecchio «impegnativa»: quella della ricerca della piena unità tra le chiese cristiane del vecchio continente e in particolare di una “nuova alleanza” tra cattolici ed ortodossi. Si tratta, in sostanza, della riscoperta delle radici comuni che per secoli hanno tenuto insieme l’Europa, della riscoperta di ciò che è l’Europa, e cioè di quella sua identità cristiana che sola può permettere che al suo interno avvenga una piena comprensione (e successivamente integrazione) delle “altre religioni”, a cominciare dall’Islam.
 
L’altro ieri, nel giorno in cui gli occhi di tutti i media erano concentrati sui due interventi che il Papa aveva rivolto rispettivamente a degli studiosi radunati in Vaticano per riflettere sulle perplessità etiche suscitate dall’utilizzo delle cellule staminali di origine embrionale nella ricerca scientifica e ai giovani di tutto il mondo in vista della XXI Giornata Mondiale della Gioventù (sarà celebrata il 9 aprile 2006 a livello diocesano), Benedetto XVI ha “sfruttato” l’udienza concessa in Vaticano ad un gruppo di sacerdoti e seminaristi residenti presso il Collegio Teologico della “Apostoliki Diakonia” (Chiesa Ortodossa di Grecia) - erano guidati da vescovo di Fanarion, Agathanghelos - per rilanciare con parole importanti la ricerca dell’unità tra i cristiani e in particolare tra cattolici ed ortodossi, unità che, di fatto, viene vista dal Pontefice come la più piena risposta che l’Occidente possa dare ad un mondo sempre più vessato da problemi di integrazione e da scontri tra fazioni di diverse religioni.

Benedetto XVI ha citato sant’Ignazio, «il grande vescovo di Antiochia» e le parole che egli ha rivolto agli Efesini quando chiedeva loro di incontrarsi spesso in modo che la concordia della loro fede potesse sconfiggere le forze del male, e cioè quelle stesse forze che all’inizio del secondo millennio - lo ha detto Ratzinger ieri - hanno disunito l’Europa e la cristianità tutta in una separazione che perdura ancora oggi.

Certo, perché l’alleanza tra i cristiani si attui e «una nuova aurora» nasca in Europa, è necessario ancora precorrere tanta strada e in particolare quella della «conversione personale e comunitaria», dell’«esercizio dell’ascolto dell’altro» e della «preghiera in comune». Eppure - lo ha ricordato l’altro ieri il Papa - urge agire in fretta e «affrontare le sfide che minacciano la fede». Come? Coltivando «l’humus spirituale che ha nutrito per secoli l’Europa», riaffermando «i valori cristiani», promuovendo «la pace e l’incontro anche nelle condizioni più difficili», approfondendo «quegli elementi della fede e della vita ecclesiale» che possono condurre al traguardo della piena comunione nella verità e nella carità, «soprattutto ora che il dialogo teologico ufficiale tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa nel suo insieme riprende il suo cammino con rinnovato vigore».

Intanto, sempre sul fronte dei rapporti con la Chiesa ortodossa, Benedetto XVI continua a mostrarsi propositivo nei confronti di Alessio II, patriarca ortodosso di Mosca, tanto che ha voluto inviare lui una sua lettera personale. A consegnarla é stato il cardinale Roger Etchegaray, presidente emerito del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, che nei giorni scorsi ha partecipato alle celebrazioni per il compleanno e onomastico del Patriarca di Mosca.
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[Fonte: Il Tempo 1 marzo 2006]
   
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