Si fa presto a dire cattolici neoconservatori… In realtà si tratta di un
movimento molto articolato. Benché, qui in Italia, attualmente, il discrimine
sia rappresentato dalla posizione assunta verso il neoconservatorismo americano
di “impronta” cattolica. Semplificando, quello impersonato da Michael Novak e da
Russell Kirk, autore il primo dell’Etica cattolica e lo spirito del capitalismo
(trad. it. Einaudi 1999), in cui si celebrano le nozze tra cattolicesimo e
mercato. Mentre al secondo, Kirk, dobbiamo Le radici dell’ordine americano. La
tradizione europea nei valori del Nuovo Mondo (trad. it. Mondadori 1996), dove
invece convolano a nozze Platone, il cattolicesimo medievale e i padri
costituenti americani.
Ecco, in sintesi, i tre i punti critici che separano, al suo interno, la destra
cattolica italiana. Le cui non folte schiere possono essere divise, a grandi
linee, tra filoamericani e antiamericani.
Il primo è quello dell’identificazione, in nome dell’Occidente, fra Stati Uniti
ed Europa. Sorvolando però, a detta degli antiamericani, su un dettaglio storico
non secondario: quello della Riforma Protestante, profondamente anticattolica.
Il secondo è quello dello scontro di civiltà, sollevato da Huntington, e
rinfocolatosi, in chiave anti-islamica, dopo l’attentato alle Torri Gemelli e
negli anni della Presidenza di Bush jr. Celebrato dai filoamericani il “Nuovo
Crociato”.
Il terzo è quello del capitalismo “globalizzatore”. Per i filoamericani sarebbe
il vero “motore” delle libertà cristiane. Mentre per gli antiamericani solo un
odioso rullo compressore. Di qui il diverso giudizio sul ruolo economico dello
Stato: fonte di sprechi per i primi; sorgente di sostegno sociale per i secondi.
Il lettore si sarà accorto che non abbiamo fatto ancora nomi e cognomi. Per una
ragione molto semplice: perché li fa Luigi Copertino, giornalista pubblicista e
capace studioso del tradizionalismo cattolico italiano. E in un libro
brillantemente prefato da Franco Cardini, il cui sarcastico titolo è tutto un
programma: Spaghetticons. Le deriva neoconservatrice della destra cattolica
italiana (Il Cerchio Iniziative Editoriali, Rimini 2008, pp. 204, euro 18,00).
Va ricordato che Copertino è un “osservatore partecipante”. Nel senso che non
nasconde il suo tradizionalismo e neppure la diffidenza verso il “Crociato Bush”.
Tuttavia il libro non ne risente più di tanto. Come nota Franco Cardini nella
bella prefazione, Luigi Copertino è “andato con pazienza alla ricerca delle
tracce e delle prove” lasciate da certo cattolicesimo a stelle e strisce in
salsa italiana. Aiutandoci a scoprire l’alto prezzo pagato per “questi passaggi
sull’auto del vincitore” le cui “poltroncine e… strapuntini… costano salati”. Il
punto è sapere, conclude Cardini, “se quell’autobus, che attualmente sembra
arrivato a un capolinea. Farà un’altra corsa, e imbarcherà ancora i medesimi
passeggeri , se il manovratore avrà ancora bisogno dei loro consigli
teologico-politici o si rivolgerà ad altri”.
Adesso però bisogna fare qualche nome. Copertino, oltre a tracciare un
esauriente ritratto dei neoconservatori americani, cattolici o meno, già
abbastanza studiati in Italia (e sul quale perciò sorvoliamo), dedica pagine
molto interessanti al cattolicesimo conservatore italiano pro-Bush, ben
incarnato da eruditissimi teologi d’assalto come Gianni Baget Bozzo, e da certo
giornalismo “ateo devoto”, targato Giuliano Ferrara.
Osserva Copertino: “ Certa destra cattolica, da Alleanza Cattolica a Comunione e
Liberazione, dalla Associazione Tradizione Famiglia e Proprietà al Centro
Culturale Lepanto, dai cattolici padani alla Borghezio al variegato mondo del
tradizionalismo legittimista che confonde federalismo transnazionale e
reticolare con la presunta restaurazione dei corpi intermedi dell’antica
Cristianianità, guarda agli Stati Uniti… come al nuovo impero romano che la
Chiesa dovrebbe battezzare come proprio ‘braccio secolare’. Gli Stati Uniti
sarebbero, in tale prospettiva, il Nuovo Cesare provvidenzialmente suscitato da
Dio per il trionfo del cristianesimo nel mondo” .
Sappiamo di metterla sul complicato, ma il lettore deve sapere che Copertino
ragiona in termini piuttosto alti di teologia e storia delle idee. Il che però
spiega la sua tesi che dietro la scelta del cattolicesimo neoconservatore
italiano di sposare la prospettiva americana vi sia “la sottovalutazione delle
radici protestanti dell’ordine americano”. Un errore madornale che esporrebbe
“l’infatuata destra cattolica alla sostanziale accettazione dell’antropologia
negativa, della sociologia contrattualista e del decisionismo ‘imperiale’ che
caratterizza l’ideologia neocon statunitense, filiazione diretta della linea
Lutero-Calvino-Hobbes-Schmitt che è la linea del pessimismo
cosmico-antropologico”. Una corrente “contrapposta dialetticamente a quella
dell’ottimismo cosmico antropologico Kant-Rousseau-Marx-Popper della quale è
erede al sinistra liberal”.
Due linee ideali, prosegue Copertino, “che nascono certamente in Europa lungo i
secoli del processo di scristianizzazione del vecchio continente, ma come
variabili contrapposte e complementari”, all’interno del “pensiero politico
moderno dell’immanentismo ateo. Ed è in esse che “l’ordine americano sia nella
declinazione conservatrice che il quella liberal ha le sue radici”.
Insomma, semplificando, il neoconservatore cattolico che sposa le ragioni,
dell’unità culturale euro-americana, dello scontro di civiltà e della necessità
di una crescente globalizzazione capitalistica, accetta di muoversi idealmente
in un contesto di tipo non cattolico ma protestante. E soprattutto all’interno
di una visione individualistica in cui è l’uomo, materialmente, a farsi mondo,
relegando Dio nell’ angolo.
Si dirà che l’impostazione di Copertino risale al pensiero controrivoluzionario
dei Bonald, dei de Maistre, eccetera. Dunque nulla di nuovo. Tuttavia, l’autore
applicandola agli “Spaghetticons”, mostra come in certi “atei devoti” alla
Giuliano Ferrara, la religione cattolica sia esclusivamente considerata
strumento di controllo sociale. Secondo una visione - ecco il punto -
completamente secolarizzata del sociale di origine protestante, in cui ordine
sociale religioso e morale sono identificati con le istituzioni esistenti del
capitalismo americano. Il che rivela - facendo un passo ulteriore rispetto alla
lezione controrivoluzionaria - come dietro il “liberalismo cattolico” dell’ateo
devoto del dare a Cesare quel che è di Cesare, si nasconda, in realtà, un
bruciare incenso sull’ara del Cesare americano, come supremo tutore dell’ordine
politico e soprattutto economico.
Venendo infine ai rapporti con l’Islam, le tesi da “colomba” di Copertino sono
condivisibili sotto l’aspetto storico e culturale. Dal momento che è
storicamente giusto sostenere come le affinità culturali tra cristianesimo e
Islam, proprio perché di lunga data, continuino a garantire una migliore
conoscenza reciproca. E di riflesso, pur tra gli alti e bassi della storia, la
possibilità di un’accettabile convivenza tra i due mondi: Cristianesimo e Islam,
avrebbero, insomma, le carte in regola per intendersi, come del resto sostiene
uno storico del calibro di Franco Cardini.
Tuttavia, sul versante politico immediato, potrebbero aver ragione i
catto-conservatori filoamericani. Dal momento che ai cattolici, come Copertino,
che in verità non sono molti ( e ai quali magari si potrebbe dedicare un altro
libro, più piccolo…), è finora mancata una sponda politica “forte”, sia in
Italia e in Europa che nel mondo Islamico. Di qui la necessità di una scelta
“prudenziale”, come sostengono i filoamericani, in favore degli Usa.
In conclusione, i cattolici alla Copertino sperano nella ragioni profonde della
storia, gli “Spaghetticons” in quelle, più a breve termine della politica. E
tutti insieme si appellano a Dio. Che probabilmente è in tutt’altre faccende
affaccendato.