1.
È con particolare gioia che vi saluto in
questo tradizionale incontro che ci vede riuniti per scambiarci
vicendevolmente gli auguri natalizi e per il nuovo anno. Ringrazio
il nuovo Cardinale Decano del Sacro Collegio per le nobili parole
con le quali ha interpretato i sentimenti che suggerisce questo
momento di intimità familiare.
In questi giorni immediatamente precedenti la grande festività
del Natale, nella quale celebriamo e commemoriamo insieme il Verbo
di Dio, vita e luce degli uomini (cfr. Gv 1,4) che per noi «si fece
carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1, 14), il mio animo
spontaneamente rivive insieme con voi, venerabili e cari Fratelli
della Curia Romana, quel che sembra essere stato l'avvenimento
religioso più seguito nel mondo in quest'anno che sta per
concludersi; la Giornata Mondiale di Preghiera per la Pace ad
Assisi, il 27 ottobre scorso.
Infatti, in quella Giornata, e nella preghiera che ne era il
motivo e l'unico contenuto, sembrava per un attimo esprimersi anche
visibilmente l'unità nascosta ma radicale che il Verbo divino,
«nel quale tutto fu creato e nel quale tutto sussiste» (Col 1, 16;
Gv 1, 3), ha stabilito tra gli uomini e le donne di questo mondo,
coloro che adesso condividono insieme le ansie e le gioie di questo
scorcio del secolo ventesimo, ma anche coloro che ci hanno preceduto
nella storia e coloro che prenderanno il nostro posto «finché
venga il Signore» (cfr. 1 Cor 11, 26). Il fatto di essere convenuti
ad Assisi per pregare, digiunare e camminare in silenzio ‑ e
ciò per la pace sempre fragile e sempre minacciata, forse oggi più
che mai ‑ è stato come un limpido segno dell'unità profonda
di coloro che cercano nella religione valori spirituali e
trascendenti in risposta ai grandi interrogativi del cuore umano,
nonostante le divisioni concrete. (cfr. NA, 1).
2. Questo avvenimento mi pare sia di una così grande
portata, da invitarci di per se stesso ad una approfondita
riflessione per chiarirne sempre meglio il significato alla luce
della commemorazione ormai imminente della venuta dell'eterno Figlio
di Dio nella carne.
Perché è ovvio che non possiamo accontentarci del fatto stesso
e della sua riuscita realizzazione. Certamente la Giornata di Assisi
sprona tutti coloro, la cui vita personale e comunitaria è guidata
da una convinzione di fede, a trarne le conseguenze sul piano di una
approfondita concezione della pace e di un nuovo modo di impegnarsi
per essa. Ma, inoltre, e forse principalmente, quella Giornata ci
invita a una «lettura» di ciò che è successo ad Assisi e dei suo
intimo significato, alla luce della nostra fede cristiana e
cattolica. Infatti, la chiave appropriata di lettura per un
avvenimento così grande scaturisce dall'insegnamento del Concilio
Vaticano Secondo, il quale associa in maniera stupenda la rigorosa
fedeltà alla rivelazione biblica e alla tradizione della Chiesa,
con la consapevolezza dei bisogni e delle inquietudini del nostro
tempo, espressi in tanti «segni» eloquenti (cfr. Gaudium et spes,
4).
La missione della Chiesa e l'unità del genere umano
3. Il
Concilio ha messo più d'una volta in rapporto l'identità stessa e
la missione della Chiesa con l'unità del genere umano, in specie
quando ha voluto definire la Chiesa «come sacramento, cioè segno e
strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il
genere umano» (Lumen Gentium, 1; 9; cfr. Gaudium et spes, 42).
Questa unità radicale che appartiene all'identità stessa
dell'essere umano, si fonda sul mistero della creazione divina. Il
Dio uno in cui crediamo, Padre, Figlio e Spirito Santo, Trinità
Santissima, ha creato con una attenzione particolare l'uomo e la
donna, secondo il racconto della Genesi (cfr. Gn 1, 26 ss.; 2, 7, 18‑24);
questa affermazione contiene e comunica una profonda verità:
l'unità dell'origine divina di tutta la famiglia umana, di ogni
uomo e donna, che si riflette nell'unità della immagine divina che
ciascuno porta in sé (cfr Gn 1, 26), ed orienta di per se stessa ad
un fine comune (cfr Nostra aetate, 1). «Tu ci hai fatto, o
Signore» per te, esclama S. Agostino, nel pieno della sua maturità
di pensatore «ed inquieto è il nostro cuore finché non riposi in
te» (Conf. 1). La costituzione dogmatica Dei Verbum dichiara che
«Dio, il quale crea e conserva tutto per mezzo del suo Verbo, offre
agli uomini una perenne testimonianza di sé... ed ebbe assidua cura
del genere umano per dare la vita eterna a tutti quelli che cercano
la salvezza con la perseveranza nella pratica del bene» (Dei Verbum,
3).
Perciò non c'è che un solo disegno divino per ogni essere umano
che viene a questo mondo (cfr. Gv 1, 9), un unico principio e fine,
qualunque sia il colore della sua pelle, l'orizzonte storico e
geografico in cui gli avviene di vivere ed agire la cultura in cui
è cresciuto e si esprime. Le differenze sono un elemento meno
importante rispetto all'unità che invece è radicale, basilare e
determinante.
La Chiesa: ministra e strumento dell'unità creaturale
4.
Il disegno divino, unico e definitivo, ha il suo centro in Gesù
Cristo, Dio e uomo «nel quale gli uomini trovano la pienezza della
vita religiosa e in cui Dio ha riconciliato a sé tutte le cose»
(Nostra aetate, 2). Come non c'è né uomo né donna che non porti
con sé il segno della sua origine divina, così non c'è nessuno
che possa rimanere al di fuori o ai margini dell'opera di Gesù
Cristo, «morto per tutti», e quindi «Salvatore del mondo» (cfr.
Gv 4, 42). «Perciò dobbiamo ritenere che lo Spirito Santo dia a
tutti la possibilità di venire a contatto, nel modo che Dio solo
conosce, con il mistero pasquale» (Gaudium et spes, 22).
Come si legge nella prima lettera a Timoteo, Dio «vuole che
tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della
verità. Uno solo, infatti, è Dio e uno solo il mediatore fra Dio e
gli uomini» (2, 4‑6).
Questo mistero radioso dell'unità creaturale del genere umano e
dell'unità dell'opera salvifica di Cristo che porta con sé il
sorgere della Chiesa: come ministra e strumento, si è manifestato
chiaramente ad Assisi, nonostante le differenze delle professioni
religiose, per nulla nascoste o attenuate.
Il grandioso disegno che presiede alla creazione
5. Alla
luce di questo mistero infatti le differenze di ogni tipo, e in
primo luogo quelle religiose, nella misura in cui sono riduttive del
disegno di Dio, si rivelano come appartenenti ad un altro ordine. Se
l'ordine dell'unità è quello che risale alla creazione e alla
redenzione ed è quindi, in questo senso, «divino», tali
differenze, e divergenze anche religiose risalgono piuttosto ad un
«fatto umano», e devono essere superate nel progresso verso
l'attuazione del grandioso disegno di unità che presiede alla
creazione. Vi sono, certo, differenze in cui si riflettono il genio
e le «ricchezze» spirituali date da Dio al popoli (cfr Ad gentes,
11). Non è a queste che mi riferisco. Intendo qui alludere alle
differenze nelle quali si manifestano il limite, le evoluzioni e le
cadute dello spirito umano insidiato dallo spirito del male nella
storia (Lumen gentium, 16).
Gli uomini potranno spesso non essere consapevoli di questa loro
radicale unità di origine, di destinazione, e d'inserimento nello
stesso piano divino; e quando professano religioni diverse ed
incompatibili tra loro, potranno anche sentire come insuperabili le
loro divisioni. Ma nonostante queste, essi sono inclusi nel grande
ed unico disegno di Dio, in Gesù Cristo, il quale «si è unito in
certo modo ad ogni uomo» (Gaudium et spes, 22), anche se questi non
ne è consapevole.
Chiamata a formare il nuovo Popolo di Dio
6. In questo
grande disegno di Dio sull'umanità la Chiesa trova la sua identità
e il suo compito di «Sacramento universale di salvezza» appunto
nell'essere «segno e strumento dell'intima unione con Dio e
dell'unità di tutto il genere umano» (Lumen gentium, I); ciò
significa che la Chiesa è chiamata a operare con tutte le forze
(l'evangelizzazione, la preghiera, il dialogo) perché si
ricompongano le fratture e le divisioni degli uomini, che li
allontanano dal loro Principio e Fine e li rendono ostili tra di
loro; significa anche che l'intero genere umano, nell'infinita
complessità della sua storia, con le sue differenti culture, è
«chiamato a formare il nuovo Popolo di Dio» (Lumen gentium, 13)
nel quale si risana, si consolida e si eleva la benedetta unione di
Dio con l'uomo e l'unità della famiglia umana: «Tutti gli uomini
sono quindi chiamati a questa cattolica unità del popolo di Dio,
che prefigura e promuove la pace universale e alla quale in vario
modo appartengono o sono ordinati sia i fedeli cattolici, sia gli
altri credenti in Cristo, sia infine, tutti gli uomini, che dalla
grazia di Dio sono chiamati alla salvezza» (ibid.).
Scoprire e rispettare i germi del Verbo
7. L'universale
unità fondata sull'evento della creazione e della redenzione non
può non lasciare una traccia nella realtà viva degli uomini, anche
appartenenti a religioni diverse.
Per questo il Concilio ha invitato la Chiesa a scoprire e
rispettare i germi del Verbo presenti in tali religioni (Ad gentes,
11) ed ha affermato che tutti coloro che non hanno ancora ricevuto
il Vangelo sono «ordinati» alla suprema unità dell'unico popolo
di Dio alla quale per sua grazia e per il dono della fede e del
battesimo appartengono già tutti i cristiani, con cui i cattolici
«che conservano l'unità della comunione sotto il Successore di
Pietro», sanno di «essere per più ragioni uniti» (cfr. Lumen
gentium, 15).
È precisamente il valore reale e oggettivo di questa
«ordinazione» all'unità dell'unico Popolo di Dio, spesso nascosta
ai nostri occhi, che può essere ravvisato nella Giornata di Assisi,
e nella preghiera, con i rappresentanti cristiani presenti è la
profonda comunione che già esiste tra di noi in Cristo e nello
Spirito, viva e operante, anche se ancora incompleta, che ha avuto
una sua peculiare manifestazione.
L'evento di Assisi può così essere considerato come
un'illustrazione visibile, una lezione dei fatti, una catechesi a
tutti intelligibile, di ciò che presuppone e significa l'impegno
ecumenico e l'impegno per il dialogo interreligioso raccomandato e
promosso dal Concilio Vaticano II.
Rapporto col Popolo Ebraico con i Musulmani e con coloro che
«cercano un Dio ignoto»
8. Come fonte ispiratrice e come
orientamento fondamentale per tale impegno c'è sempre il mistero
dell'unità, sia quella già raggiunta in Cristo per la fede e il
battesimo, sia quella che si esprime nell'«ordinazione» al Popolo
di Dio, e quindi ancora da raggiungere pienamente.
E così, come la prima trova la sua espressione adatta e sempre
valida nel Decreto «Unitatis redintegratio» sull'ecumenismo, la
seconda viene formulata, sul piano del rapporto e del dialogo
interreligioso, nella Dichiarazione «Nostra aetate», ambedue da
leggersi nel contesto della Costituzione Lumen Gentium.
Ed è in questa seconda distensione, ancora assai nuova nei
confronti della prima, che la Giornata di Assisi ci fornisce
preziosi elementi di riflessione che vengono illuminati da una
attenta lettura della menzionata Dichiarazione sulle religioni non
cristiane.
Anche qui si parla della «unica comunità» che formano gli
uomini in questo mondo (n. 1) e la si spiega come frutto
dell'«unica origine» comune, «poiché Dio ha fatto abitare
l'intero genere umano su tutta la faccia della terra» (ibid.),
affinché si incammini verso «un solo fine ultimo, Dio, la cui
provvidenza, testimonianza di bontà e disegno di salvezza si
estendono a tutti, finché gli eletti si riuniscano nella Città
Santa che la gloria di Dio illuminerà e dove le genti cammineranno
nella sua luce» (ibid.).
Nei paragrafi seguenti, la Dichiarazione ci insegna ad apprezzare
le varie religioni non cristiane, entro questa generale cornice
della nostra radicale unità, ma anche sottolineando gli autentici
valori che le distinguono nel loro sforzo per rispondere «agli
oscuri enigmi della condizione umana» (ibid.), nel quale sforzo
vuole vedere «un raggio di quella verità che illumina tutti gli
uomini» (n. 2). E così «la Chiesa cattolica nulla rigetta di
quanto è vero e santo in queste religioni», «ed anzi» esorta i
suoi figli affinché con prudenza e carità... sempre dando
testimonianza alla fede e alla vita cristiana, riconoscano,
conservino e facciano progredire i valori spirituali, morali e
sociali che si trovano in esse (ibid.).
Ciò facendo, la Chiesa si propone anzitutto di riconoscere e
rispettare quella «ordinazione» al popolo di Dio di cui parla la
Costituzione «Lumen Gentium» (n. 16) e a cui ho fatto prima
riferimento. Quando agisce in questo modo, essa è quindi
consapevole di seguire una indicazione divina, perché è il
Creatore e Redentore che, nel suo disegno di amore, ha disposto
questo misterioso rapporto tra uomini e donne religiosi e l'unità
del popolo di Dio.
C'è anzitutto un rapporto col Popolo Ebraico: «quel popolo al
quale furono dati i testamenti e le promesse e dal quale è nato
Cristo secondo la carne» (Lumen Gentium, 16), a noi unito con uno
spirituale «legame» (cfr. NE, 2).
Ma c'è altresì un rapporto con «coloro che riconoscono il
Creatore, e tra questi in primo luogo i Musulmani, i quali,
professando di tenere la fede di Abramo, adorano con noi un Dio
unico, misericordioso, che giudicherà gli uomini nel giorno
finale» (Lumen Gentium, 16). E c'è, ancora, un rapporto con coloro
che «cercano un Dio ignoto nelle ombre e nelle immagini» e dai
quali «Dio stesso non è lontano» (cfr. Lumen Gentium, 19).
Identità e coscienza della Chiesa cattolica
9.
Presentando la Chiesa cattolica che tiene per mano i fratelli
cristiani e questi tutti insieme che congiungono la mano con i
fratelli delle altre religioni, la Giornata di Assisi è stata come
un'espressione visibile di queste affermazioni dei Concilio Vaticano
II. Con essa e mediante essa siamo riusciti, per la grazia di Dio, a
mettere in pratica, senza nessuna ombra di confusione e sincretismo,
questa nostra convinzione, inculcata dal Concilio, sull'unità di
principio e di fine della famiglia umana e sul senso e sul valore
delle religioni non cristiane.
E la Giornata non ci ha insegnato a rileggere, a nostra volta,
con occhi più aperti e penetranti il ricco insegnamento conciliare
sul disegno salvifico di Dio, la centralità di esso in Gesù
Cristo, e la profonda unità da cui parte e verso cui tende
attraverso la diaconia della Chiesa? E la Chiesa cattolica si è
manifestata ai suoi figli e al mondo nell'esercizio della sua
funzione di «promuovere l'unità e la carità tra gli uomini, anzi
tra i popoli» (NA, 1).
In questo senso, si deve anche dire che la stessa identità della
Chiesa cattolica e la coscienza che essa ha di se stessa sono state
rafforzate ad Assisi. La Chiesa infatti, cioè noi stessi, abbiamo
meglio capito, alla luce dell'avvenimento, qual è il vero senso del
mistero di unità e di riconciliazione che il Signore ci ha
affidato, e che Egli ha esercitato per primo, quando ha offerto la
sua vita «non soltanto per il popolo, ma anche per unire i figli di
Dio che erano dispersi» (Gv 11, 52).
Essenziale ministero esercitato in vari modi
10. La Chiesa
esercita questo suo essenziale ministero in vari modi: mediante
l'evangelizzazione, l'amministrazione dei Sacramenti e la guida
pastorale da parte del Successore di Pietro e dei Vescovi, mediante
il quotidiano servizio dei Sacerdoti, dei diaconi, dei religiosi e
delle religiose, mediante lo sforzo e la testimonianza dei
missionari e dei catechisti, mediante la silenziosa preghiera dei
contemplativi e la sofferenza degli ammalati, dei poveri e degli
oppressi, e mediante tante forme di dialogo e di collaborazione dei
cristiani per realizzare gli ideali delle Beatitudini e promuovere i
valori del Regno di Dio.
La Chiesa ha esercitato tale ministero anche ad Assisi, in modo
se si vuole inedito, ma non per ciò meno efficace ed impegnativo,
come è stato riconosciuto dai nostri ospiti, i quali esprimevano la
loro gioia e esortavano a continuare per la strada intrapresa.
D'altronde, la situazione del mondo, come vediamo, in questa
vigilia di Natale, è in se stessa una chiamata pressante a
ritrovare e mantenere sempre vivo lo spirito di Assisi come motivo
di speranza per il futuro.
Il valore della preghiera di tutti per la pace nel mondo
11.
Là si è scoperto, in modo straordinario, il valore unico che la
preghiera ha per la pace; ed anzi che non si può avere la pace
senza la preghiera, e la preghiera di tutti, ciascuno nella sua
propria identità e nella ricerca della verità. E in questo bisogna
vedere, alla stregua di ciò che abbiamo detto prima, un'altra
manifestazione mirabile di quella unità che ci collega al di là
delle differenze e divisioni a tutti note. Ogni preghiera autentica
si trova sotto l'influsso dello Spirito «che intercede con
insistenza per noi», «perché nemmeno sappiamo che cosa sia
conveniente domandare», ma Egli prega in noi «con gemiti
inesprimibili» e «Colui che scruta i cuori sa quali sono i
desideri dello Spirito» (cfr. Rm 8, 26‑27). Possiamo ritenere
infatti che ogni autentica preghiera è suscitata dallo Spirito
Santo, il quale è misteriosamente presente nel cuore di ogni uomo.
Anche questo si è visto ad Assisi: l'unità che proviene dal
fatto che ogni uomo e donna sono capaci di pregare: cioè di
sottomettersi totalmente a Dio e di riconoscersi poveri davanti a
Lui. La preghiera è uno dei mezzi per realizzare il disegno di Dio
tra gli uomini (cfr. Ad gentes, 3).
In questo modo, si è reso manifesto che il mondo non può dare
la pace (cfr. Gv 14, 27), ma che essa è un dono di Dio e che
bisogna impetrarla da Lui mediante le preghiere di tutti.
Testimonianza davanti al mondo del comune impegno di pace
12.
Nel proporre a voi, Signori Cardinali, Arcivescovi, Vescovi e membri
della Curia Romana, queste riflessioni sullo straordinario
avvenimento che si è svolto ad Assisi, il 27 ottobre scorso, vorrei
anzitutto che ciò fosse di aiuto per meglio prepararci a ricevere
ancora una volta quel Verbo, in cui «tutte le cose sono state
create» (cfr. Gv 1, 3) e per cui tutti gli uomini sono chiamati ad
«avere la vita ed averla in abbondanza» (Gv 10, 10), quel Verbo
divino che ha voluto «abitare in mezzo a noi» (cfr. Gv 1, 14) e
che, con la sua venuta, la sua morte, la sua risurrezione ha voluto
«ricapitolare in sé tutte le cose quelle del cielo e quelle della
terra» (cfr. Ef 1, 10).
A Lui che «con l'incarnazione si è unito in certo modo ad ogni
uomo» (Gaudium et spes, 22) vorrei ancora affidare il seguito da
dare alla Giornata di Assisi e agli impegni che, a questo scopo,
tutti nella Chiesa dovremmo assumere o stiamo già assumendo per
rispondere alla vocazione fondamentale della Chiesa tra gli uomini
di essere «sacramento di redenzione universale» e «germe
validissimo di unità e di speranza per tutta l'umanità» (Lumen
gentium, 9).
Sono certo che tutti voi, Collaboratori della Curia Romana, siete
profondamente consapevoli di questa missione; e di tanto vi
ringrazio, come pure per l'insostituibile aiuto che mi offrite,
giorno dopo giorno, nel servizio della Chiesa Universale, insieme
con i Rappresentanti Pontifici nei vari Paesi dei mondo.
13. E, mentre presento a tutti voi i miei più fervidi auguri
natalizi, vorrei rinnovare l'espressione della mia riconoscenza a
tutti coloro che, accettando il mio invito, non senza difficoltà e
disagi, ci hanno con il loro esempio animati non soltanto a rendere
testimonianza davanti al mondo del comune impegno per la pace, ma
anche a riflettere sul mistero dell'opera di Dio nel mondo, a cui
tutti vogliamo servire ed il cui culmine nella pienezza dei tempi ci
accingiamo a celebrare nella Notte di Natale, sotto lo sguardo
materno di Maria.