SETTIMANA DI PREGHIERA PER L'UNITÀ DEI CRISTIANI
18-25 GENNAIO 2008

 

"Pregate continuamente"

(1 Tessalonicesi, 5, 17)

 1. “Pregate continuamente”. La preghiera, una manifestazione di spiritualità e misticismo, dona il coraggio e la forza di lasciarsi plasmare dall’azione di Dio, il quale ci purifica e ci adorna della sua grazia e, di conseguenza, pieni di fede, speranza ed amore, come anche di uno spirito nuovo, siamo pronti ad obbedire al suo piano di salvezza.
Ricordiamo la divina parola del profeta Ezechiele: “Io vi purificherò da tutte le vostre sozzure e da tutti i vostri idoli; vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra…” (Ez 36, 26-28), cosa che dimostra il meraviglioso paterno amore di Dio verso la sua creatura.
Così la preghiera cambia la mentalità ed aiuta i cristiani a considerare gli altri fratelli, figli dello stesso Dio Padre. La preghiera educa ed assiste spiritualmente e moralmente tutti, propone e trasmette loro la verità, la luce, la vita, l’amore che è Cristo, Salvatore dell’umanità.
2. L’Ottavario di preghiera per l’unità dei cristiani, celebrato per la prima volta dal 18 al 25 gennaio 1908, non soltanto è divenuto oggi una prassi comune di tutte le confessioni nel preparare e celebrare la “Settimana di preghiera”, ma, con l’altro avvenimento del 1968, sessanta anni più tardi, in cui venne distribuito per la prima volta il materiale per la “Settimana di preghiera”, sono due storiche tappe, di grande importanza per la riconciliazione, la fratellanza e l’unità dei cristiani, per la realizzazione della volontà di Dio: “che tutti siano una cosa sola” (Gv 17, 21).
3. Degna di menzione è l’Enciclica Patriarcale e Sinodale del Patriarca Ecumenico di Costantinopoli Ioachim III (1902), che è irenica, indirizzata a tutte le Chiese ortodosse, e che costituisce un documento storico per l’unità dei cristiani; e come afferma il padre Le Guillou, teologo romano-cattolico e noto ecumenista, “è stata scritta con spirito del tutto nuovo, pieno di misura e carità”. L’Enciclica sottolinea: “…è noto che è pio e profondo desiderio ed oggetto di continua preghiera e supplica nella nostra Chiesa e di ogni genuino cristiano, conformemente alla dottrina evangelica sull’unità, per la loro unione e di tutti i credenti in Cristo…”.
4. Mentre il padre Paul Wattson concepiva l’unità come il ritorno delle varie confessioni alla Chiesa cattolica di Roma, e, verso la metà del 1930, l’abate Paul Couturier di Lione diede un nuovo orientamento all’“Ottavario per l’unità della Chiesa”, iniziato a diffondersi nella Chiesa cattolica, come anche in diverse Comunità anglicane, da una parte un po’ prima, abbiamo iniziative di preghiera per l’unità dei cristiani, come il “Manuale di preghiera per l’unità dei cristiani” e dall’altra, più tardi, la Conferenza mondiale di Fede e Costituzione pubblicò il materiale per un “Ottavario di preghiera per l’unità dei cristiani”. Malgrado questo progresso, gli sforzi ecumenici non erano ancora ufficialmente incoraggiati dalla Chiesa cattolica.
5. Papa Giovanni XXIII, con la sua ricchissima esperienza in Oriente, convocò il Concilio Vaticano II, che aprì le porte ad una collaborazione ufficiale e fraterna tra Fede e Costituzione del Consiglio ecumenico delle chiese e il pontificio Segretariato per la promozione dell’unità dei cristiani, per la quale ha lavorato con prudenza e saggezza il Patriarcato Ecumenico, grazie all’imponente ed instancabile figura del Patriarca Atenagoras.
6. La Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani nel 2008 celebra il centenario dell’ istituzione dell’“Ottavario per l’unità della Chiesa”. Il testo biblico è tratto dalla Prima Lettera ai Tessalonicesi (1 Ts 5, 17) e ribadisce il ruolo essenziale della preghiera nella comunità cristiana: “pregate continuamente”: fa crescere la spiritualità e la fratellanza tra i cristiani ed ancora fa manifestare la loro unità con Dio e fra di loro. “Pregate incessantemente”: uno degli imperativi di san Paolo ai Tessalonicesi, sottolinea che la vita della comunità cristiana è realmente esultante e prospera solo attraverso una vita di preghiera. Le esortazioni alla comunità di Tessalonica “vivete in pace”, “aiutate i deboli”, “incoraggiate i timorosi”, “non rendete male per male, ma fate il bene agli altri e a tutti”, “rallegratevi sempre”, sono inestimabili diamanti della preghiera, che contribuisce alla reale fioritura della comunità ed alla sua crescita spirituale, morale, sociale e culturale.
La preghiera costruisce ponti di amore, di pace e di speranza per la realizzazione della volontà di Dio, obbligando così le rispettive comunità a modificare il comportamento nei confronti le une delle altre, ad abbracciare il metodo del dialogo e farle uscire dai propri confini, incontrare le altre chiese e comunità cristiane, comunicare l’una all’altra quale sia la volontà di Dio per la loro unità e testimoniare al mondo i propri sforzi e la loro promessa di collaborazione per l’unità dei cristiani.
La preghiera continua fa vivere la parentela spirituale che abbiamo avuto come cristiani con il battesimo e la fratellanza, godendo così delle parole divine: “Chiunque riconosce che Gesù Cristo è figlio di Dio, Dio dimora in lui ed egli in Dio. Noi abbiamo riconosciuto e creduto all’amore che Dio ha per noi. Dio è amore; chi sta nell’amore dimora in Dio e Dio dimora in lui” (1Gv 4, 15-16).
7. Dunque, l’esortazione: “pregate continuamente” è dono divino e deve costituire “una parte integrante della vita dei cristiani”.
La preghiera è l’unica potenza che può affrontare e vincere la divisione dei cristiani, basta soltanto imparare a pregare, anzi, secondo l’appello di san Paolo: “pregate continuamente”; d’altro canto San Nicodemo l’Aghiorita insegna: “… non pensare mai che, avendo adempiuto alla regola di preghiera, tu abbia terminato ogni cosa in rapporto a Dio”; in verità risveglia la potenza nel profondo che ci eleva verso Dio nella supplica, nella felicità e nell’esultanza spirituale.
La nostra vita deve servire come preparazione alla preghiera che può dare più presto un risultato positivo riguardo la realizzazione della preghiera di Cristo, che sarà un suo dono e come dice san Giacomo: “Ogni dono buono e perfetto viene dall’alto e discende dal Padre della luce” (Gc 1,17).
L’unità verrà nella pienezza dei tempi, quando il Signore lo vorrà, con i mezzi che Egli vorrà; sarà un miracolo! Noi non dobbiamo fare altro che seguire docilmente la volontà di Dio e pregare continuamente.
 

Chiesa Cattolica


Vincenzo Paglia
Vescovo di Terni-Narni-Amelia
Presidente, Segretariato CEI per l'Ecumenismo e il Dialogo

Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia


Prof. Domenico Maselli
Presidente

Vicariato Ortodosso Romeno d'Italia


Arciprete Traian Valdman
Vicario Eparchiale

Il testo biblico e il tema scelto per il 2008
Il testo biblico per il centenario della Settimana è preso dalla Prima Lettera ai Tessalonicesi. Il testo “pregate continuamente” (1 Ts 5, 17) ribadisce il ruolo essenziale della preghiera nella comunità cristiana per far crescere i fedeli nella loro relazione con Cristo e fra loro. Il testo si snoda in una serie di “imperativi”, affermazioni con cui Paolo incoraggia la comunità a manifestare l’unità data da Dio in Cristo, perché possa essere in concreto ciò che è di principio: l’unico Corpo di Cristo, reso visibilmente uno in quel luogo.


La Lettera ai Tessalonicesi - datata fra il 50 e il 51 d.C. e considerata da molti esegeti una delle più antiche di Paolo - riflette l’intensa relazione dell’apostolo con la comunità cristiana di Tessalonica. Appena scampato dalla persecuzione a Filippi - ove Paolo e i suoi compagni Sila e Timoteo erano stati aggrediti dalla folla, bastonati su ordine dei giudici della città, e gettati in prigione (cf At 17, 1-9) - Paolo aveva fondato la chiesa di Tessalonica in poche settimane di lavoro intenso, prima che altri attacchi lo conducessero a Berèa e da lì ad Atene (cf 17, 10-15). Paolo nutriva grandi speranze per la chiesa in Tessalonica: la sua crescita nella fede, nella speranza e nell’amore, la sua recezione della parola nonostante la sofferenza, e la sua gioia nello Spirito Santo, tutto ciò gli suscitava ammirazione e lode (cf 1 Ts 2, 13-14). Nonostante ciò, tuttavia, egli nutriva anche qualche preoccupazione. La sua partenza repentina non gli aveva dato il tempo di consolidare il lavoro iniziato, e aveva ricevuto notizie che lo preoccupavano. Alcune difficoltà venivano dall’esterno, prima fra tutte la persecuzione della comunità e dei suoi membri (cf 2, 14). Altri problemi venivano dall’interno: alcuni si comportavano secondo la cultura predominante all’epoca più che secondo la nuova vita in Cristo (cf 4, 1-8); altri nella comunità avevano sollevato obiezioni contro chi rivestiva ruoli di leadership e di autorità, fra cui lo stesso Paolo (cf 2, 3-7.10); altri, infine, erano disperati per la sorte di coloro che erano morti prima del ritorno di Cristo: sarebbe forse stato negato loro un posto nel regno di Dio? Forse che la promessa di salvezza per loro e per altri era vana (cf 4, 13)?

Temendo che il suo lavoro fosse stato inutile, e non più in grado di “sopportare quella situazione” (3, 1) Paolo, impossibilitato a tornare, aveva mandato Timoteo a Tessalonica. Timoteo era tornato con buone notizie circa la grande fede e l’amore della comunità, e anche circa la continua fedeltà verso Paolo. La Prima Lettera ai Tessalonicesi era la risposta di Paolo a questa buona notizia, ma anche alle difficoltà che la chiesa nascente doveva affrontare. Dapprima egli ringraziava la comunità per la forza dimostrata davanti alle persecuzioni. In secondo luogo, pur esprimendo tutto il suo sollievo e la sua gioia per le notizie ricevute dal resoconto di Timoteo, egli riconosceva nella comunità i semi della divisione, e perciò si affrettava ad affrontare tutte le questioni sorte al suo interno circa il comportamento personale (cf 4, 9-12), la leadership (cf 5, 12-13a) e la speranza della vita eterna in Cristo (cf 4, 14 - 5, 11).
Uno degli scopi centrali di Paolo era di cementare l’unione nella comunità. Neppure la morte rompe i legami che ci uniscono come unico Corpo di Cristo; Cristo è morto e risorto per tutti noi, cosicché alla venuta di Cristo, sia coloro che già si sono addormentati, che quelli ancora vivi possano “vivere con lui” (5, 10).

Questo portò Paolo agli “imperativi” del testo (cf 5, 13b-18), che sono stati scelti da una lista di esortazioni leggermente più lunga, per formare il testo base della Settimana dell’unità quest’anno. Il passaggio inizia con l’esortazione di Paolo ai membri della comunità: “vivete in pace tra voi” (5, 13b), una pace che non è semplicemente assenza di conflitto, ma uno stato di armonia in cui i doni di tutti, nella comunità, contribuiscono alla sua fioritura e alla sua crescita rigogliosa.

Eccezionalmente, l’apostolo Paolo non offre un insegnamento teologico astratto, e neppure parla di emozioni e sentimenti. Proprio come nel famoso testo sulla carità di 1 Corinzi 13, egli esorta piuttosto ad azioni specifiche, a modi concreti di comportamento, attraverso cui i membri della comunità rivelino l’impegno e la fiducia reciproca all’interno dell’unico Corpo di Cristo. L’amore deve essere messo in pratica e divenire visibile.
Gli “imperativi” stessi, “quel che occorre alla tua pace” (Lc 19, 41), egli li elenca come segue: assicurare il contributo di tutti e incoraggiare i timorosi, aiutare i deboli, essere pazienti con tutti, non rendere male per male ma fare il bene gli uni agli altri e a tutti, rallegrarsi sempre, pregare incessantemente, rendere grazie in ogni circostanza (cf 1 Ts 5, 14-18a). La sezione scelta conclude poi con l’affermazione che, facendo queste cose, la comunità manifesta ciò che “Dio vuole [...] voi facciate [...] vivendo uniti a Gesù Cristo” (5, 18b).

L’appello a “pregare continuamente” (5, 17) è incorporato a questa lista di imperativi. Esso sottolinea che la vita nella comunità cristiana è possibile solo attraverso una vita di preghiera. Inoltre ribadisce che la preghiera è una parte integrante della vita dei cristiani, proprio nella misura in cui essi desiderano manifestare l’unità che è data loro in Cristo, un’unità non limitata ad accordi dottrinali e dichiarazioni formali, ma che trova espressione in “quel che occorre alla tua pace” (Lc 19, 41), in azioni concrete che esprimono e costruiscono la loro unità in Cristo e fra loro.


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