"Pregate continuamente"
(1 Tessalonicesi, 5, 17)
1.
“Pregate continuamente”. La preghiera, una
manifestazione di spiritualità e misticismo,
dona il coraggio e la forza di lasciarsi
plasmare dall’azione di Dio, il quale ci
purifica e ci adorna della sua grazia e, di
conseguenza, pieni di fede, speranza ed amore,
come anche di uno spirito nuovo, siamo pronti ad
obbedire al suo piano di salvezza.
Ricordiamo la divina parola del profeta
Ezechiele: “Io vi purificherò da tutte le vostre
sozzure e da tutti i vostri idoli; vi darò un
cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito
nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra…” (Ez
36, 26-28), cosa che dimostra il meraviglioso
paterno amore di Dio verso la sua creatura.
Così la preghiera cambia la mentalità ed aiuta i
cristiani a considerare gli altri fratelli,
figli dello stesso Dio Padre. La preghiera educa
ed assiste spiritualmente e moralmente tutti,
propone e trasmette loro la verità, la luce, la
vita, l’amore che è Cristo, Salvatore
dell’umanità.
2. L’Ottavario di preghiera per l’unità dei
cristiani, celebrato per la prima volta dal 18
al 25 gennaio 1908, non soltanto è divenuto oggi
una prassi comune di tutte le confessioni nel
preparare e celebrare la “Settimana di
preghiera”, ma, con l’altro avvenimento del
1968, sessanta anni più tardi, in cui venne
distribuito per la prima volta il materiale per
la “Settimana di preghiera”, sono due storiche
tappe, di grande importanza per la
riconciliazione, la fratellanza e l’unità dei
cristiani, per la realizzazione della volontà di
Dio: “che tutti siano una cosa sola” (Gv 17,
21).
3. Degna di menzione è l’Enciclica Patriarcale e
Sinodale del Patriarca Ecumenico di
Costantinopoli Ioachim III (1902), che è
irenica, indirizzata a tutte le Chiese
ortodosse, e che costituisce un documento
storico per l’unità dei cristiani; e come
afferma il padre Le Guillou, teologo
romano-cattolico e noto ecumenista, “è stata
scritta con spirito del tutto nuovo, pieno di
misura e carità”. L’Enciclica sottolinea: “…è
noto che è pio e profondo desiderio ed oggetto
di continua preghiera e supplica nella nostra
Chiesa e di ogni genuino cristiano,
conformemente alla dottrina evangelica
sull’unità, per la loro unione e di tutti i
credenti in Cristo…”.
4. Mentre il padre Paul Wattson concepiva
l’unità come il ritorno delle varie confessioni
alla Chiesa cattolica di Roma, e, verso la metà
del 1930, l’abate Paul Couturier di Lione diede
un nuovo orientamento all’“Ottavario per l’unità
della Chiesa”, iniziato a diffondersi nella
Chiesa cattolica, come anche in diverse Comunità
anglicane, da una parte un po’ prima, abbiamo
iniziative di preghiera per l’unità dei
cristiani, come il “Manuale di preghiera per
l’unità dei cristiani” e dall’altra, più tardi,
la Conferenza mondiale di Fede e Costituzione
pubblicò il materiale per un “Ottavario di
preghiera per l’unità dei cristiani”. Malgrado
questo progresso, gli sforzi ecumenici non erano
ancora ufficialmente incoraggiati dalla Chiesa
cattolica.
5. Papa Giovanni XXIII, con la sua ricchissima
esperienza in Oriente, convocò il Concilio
Vaticano II, che aprì le porte ad una
collaborazione ufficiale e fraterna tra Fede e
Costituzione del Consiglio ecumenico delle
chiese e il pontificio Segretariato per la
promozione dell’unità dei cristiani, per la
quale ha lavorato con prudenza e saggezza il
Patriarcato Ecumenico, grazie all’imponente ed
instancabile figura del Patriarca Atenagoras.
6. La Settimana di preghiera per l’unità dei
cristiani nel 2008 celebra il centenario dell’
istituzione dell’“Ottavario per l’unità della
Chiesa”. Il testo biblico è tratto dalla Prima
Lettera ai Tessalonicesi (1 Ts 5, 17) e
ribadisce il ruolo essenziale della preghiera
nella comunità cristiana: “pregate
continuamente”: fa crescere la spiritualità e la
fratellanza tra i cristiani ed ancora fa
manifestare la loro unità con Dio e fra di loro.
“Pregate incessantemente”: uno degli imperativi
di san Paolo ai Tessalonicesi, sottolinea che la
vita della comunità cristiana è realmente
esultante e prospera solo attraverso una vita di
preghiera. Le esortazioni alla comunità di
Tessalonica “vivete in pace”, “aiutate i
deboli”, “incoraggiate i timorosi”, “non rendete
male per male, ma fate il bene agli altri e a
tutti”, “rallegratevi sempre”, sono inestimabili
diamanti della preghiera, che contribuisce alla
reale fioritura della comunità ed alla sua
crescita spirituale, morale, sociale e
culturale.
La preghiera costruisce ponti di amore, di pace
e di speranza per la realizzazione della volontà
di Dio, obbligando così le rispettive comunità a
modificare il comportamento nei confronti le une
delle altre, ad abbracciare il metodo del
dialogo e farle uscire dai propri confini,
incontrare le altre chiese e comunità cristiane,
comunicare l’una all’altra quale sia la volontà
di Dio per la loro unità e testimoniare al mondo
i propri sforzi e la loro promessa di
collaborazione per l’unità dei cristiani.
La preghiera continua fa vivere la parentela
spirituale che abbiamo avuto come cristiani con
il battesimo e la fratellanza, godendo così
delle parole divine: “Chiunque riconosce che
Gesù Cristo è figlio di Dio, Dio dimora in lui
ed egli in Dio. Noi abbiamo riconosciuto e
creduto all’amore che Dio ha per noi. Dio è
amore; chi sta nell’amore dimora in Dio e Dio
dimora in lui” (1Gv 4, 15-16).
7. Dunque, l’esortazione: “pregate
continuamente” è dono divino e deve costituire
“una parte integrante della vita dei cristiani”.
La preghiera è l’unica potenza che può
affrontare e vincere la divisione dei cristiani,
basta soltanto imparare a pregare, anzi, secondo
l’appello di san Paolo: “pregate continuamente”;
d’altro canto San Nicodemo l’Aghiorita insegna:
“… non pensare mai che, avendo adempiuto alla
regola di preghiera, tu abbia terminato ogni
cosa in rapporto a Dio”; in verità risveglia la
potenza nel profondo che ci eleva verso Dio
nella supplica, nella felicità e nell’esultanza
spirituale.
La nostra vita deve servire come preparazione
alla preghiera che può dare più presto un
risultato positivo riguardo la realizzazione
della preghiera di Cristo, che sarà un suo dono
e come dice san Giacomo: “Ogni dono buono e
perfetto viene dall’alto e discende dal Padre
della luce” (Gc 1,17).
L’unità verrà nella pienezza dei tempi, quando
il Signore lo vorrà, con i mezzi che Egli vorrà;
sarà un miracolo! Noi non dobbiamo fare altro
che seguire docilmente la volontà di Dio e
pregare continuamente.
Chiesa Cattolica
|
Vincenzo Paglia
Vescovo di Terni-Narni-Amelia
Presidente, Segretariato CEI per l'Ecumenismo e il Dialogo
|
Federazione delle Chiese Evangeliche in
Italia
|
Prof.
Domenico
Maselli
Presidente |
Vicariato Ortodosso
Romeno d'Italia
|
Arciprete
Traian Valdman
Vicario Eparchiale |
Il testo biblico e il tema
scelto per il 2008
Il testo biblico per il centenario della
Settimana è preso dalla Prima Lettera ai
Tessalonicesi. Il testo “pregate continuamente”
(1 Ts 5, 17) ribadisce il ruolo essenziale della
preghiera nella comunità cristiana per far
crescere i fedeli nella loro relazione con
Cristo e fra loro. Il testo si snoda in una
serie di “imperativi”, affermazioni con cui
Paolo incoraggia la comunità a manifestare
l’unità data da Dio in Cristo, perché possa
essere in concreto ciò che è di principio:
l’unico Corpo di Cristo, reso visibilmente uno
in quel luogo.
La Lettera ai Tessalonicesi - datata fra il 50 e
il 51 d.C. e considerata da molti esegeti una
delle più antiche di Paolo - riflette l’intensa
relazione dell’apostolo con la comunità
cristiana di Tessalonica. Appena scampato dalla
persecuzione a Filippi - ove Paolo e i suoi
compagni Sila e Timoteo erano stati aggrediti
dalla folla, bastonati su ordine dei giudici
della città, e gettati in prigione (cf At 17,
1-9) - Paolo aveva fondato la chiesa di
Tessalonica in poche settimane di lavoro
intenso, prima che altri attacchi lo
conducessero a Berèa e da lì ad Atene (cf 17,
10-15). Paolo nutriva grandi speranze per la
chiesa in Tessalonica: la sua crescita nella
fede, nella speranza e nell’amore, la sua
recezione della parola nonostante la sofferenza,
e la sua gioia nello Spirito Santo, tutto ciò
gli suscitava ammirazione e lode (cf 1 Ts 2,
13-14). Nonostante ciò, tuttavia, egli nutriva
anche qualche preoccupazione. La sua partenza
repentina non gli aveva dato il tempo di
consolidare il lavoro iniziato, e aveva ricevuto
notizie che lo preoccupavano. Alcune difficoltà
venivano dall’esterno, prima fra tutte la
persecuzione della comunità e dei suoi membri (cf
2, 14). Altri problemi venivano dall’interno:
alcuni si comportavano secondo la cultura
predominante all’epoca più che secondo la nuova
vita in Cristo (cf 4, 1-8); altri nella comunità
avevano sollevato obiezioni contro chi rivestiva
ruoli di leadership e di autorità, fra cui lo
stesso Paolo (cf 2, 3-7.10); altri, infine,
erano disperati per la sorte di coloro che erano
morti prima del ritorno di Cristo: sarebbe forse
stato negato loro un posto nel regno di Dio?
Forse che la promessa di salvezza per loro e per
altri era vana (cf 4, 13)?
Temendo che il suo lavoro fosse stato inutile, e
non più in grado di “sopportare quella
situazione” (3, 1) Paolo, impossibilitato a
tornare, aveva mandato Timoteo a Tessalonica.
Timoteo era tornato con buone notizie circa la
grande fede e l’amore della comunità, e anche
circa la continua fedeltà verso Paolo. La Prima
Lettera ai Tessalonicesi era la risposta di
Paolo a questa buona notizia, ma anche alle
difficoltà che la chiesa nascente doveva
affrontare. Dapprima egli ringraziava la
comunità per la forza dimostrata davanti alle
persecuzioni. In secondo luogo, pur esprimendo
tutto il suo sollievo e la sua gioia per le
notizie ricevute dal resoconto di Timoteo, egli
riconosceva nella comunità i semi della
divisione, e perciò si affrettava ad affrontare
tutte le questioni sorte al suo interno circa il
comportamento personale (cf 4, 9-12), la
leadership (cf 5, 12-13a) e la speranza della
vita eterna in Cristo (cf 4, 14 - 5, 11).
Uno degli scopi centrali di Paolo era di
cementare l’unione nella comunità. Neppure la
morte rompe i legami che ci uniscono come unico
Corpo di Cristo; Cristo è morto e risorto per
tutti noi, cosicché alla venuta di Cristo, sia
coloro che già si sono addormentati, che quelli
ancora vivi possano “vivere con lui” (5, 10).
Questo portò Paolo agli “imperativi” del testo (cf
5, 13b-18), che sono stati scelti da una lista
di esortazioni leggermente più lunga, per
formare il testo base della Settimana dell’unità
quest’anno. Il passaggio inizia con
l’esortazione di Paolo ai membri della comunità:
“vivete in pace tra voi” (5, 13b), una pace che
non è semplicemente assenza di conflitto, ma uno
stato di armonia in cui i doni di tutti, nella
comunità, contribuiscono alla sua fioritura e
alla sua crescita rigogliosa.
Eccezionalmente, l’apostolo Paolo non offre un
insegnamento teologico astratto, e neppure parla
di emozioni e sentimenti. Proprio come nel
famoso testo sulla carità di 1 Corinzi 13, egli
esorta piuttosto ad azioni specifiche, a modi
concreti di comportamento, attraverso cui i
membri della comunità rivelino l’impegno e la
fiducia reciproca all’interno dell’unico Corpo
di Cristo. L’amore deve essere messo in pratica
e divenire visibile.
Gli “imperativi” stessi, “quel che occorre alla
tua pace” (Lc 19, 41), egli li elenca come
segue: assicurare il contributo di tutti e
incoraggiare i timorosi, aiutare i deboli,
essere pazienti con tutti, non rendere male per
male ma fare il bene gli uni agli altri e a
tutti, rallegrarsi sempre, pregare
incessantemente, rendere grazie in ogni
circostanza (cf 1 Ts 5, 14-18a). La sezione
scelta conclude poi con l’affermazione che,
facendo queste cose, la comunità manifesta ciò
che “Dio vuole [...] voi facciate [...] vivendo
uniti a Gesù Cristo” (5, 18b).
L’appello a “pregare continuamente” (5, 17) è
incorporato a questa lista di imperativi. Esso
sottolinea che la vita nella comunità cristiana
è possibile solo attraverso una vita di
preghiera. Inoltre ribadisce che la preghiera è
una parte integrante della vita dei cristiani,
proprio nella misura in cui essi desiderano
manifestare l’unità che è data loro in Cristo,
un’unità non limitata ad accordi dottrinali e
dichiarazioni formali, ma che trova espressione
in “quel che occorre alla tua pace” (Lc 19, 41),
in azioni concrete che esprimono e costruiscono
la loro unità in Cristo e fra loro.
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