Preghiamo con maggior fervore
per qualcosa a cui teniamo profondamente, che
interessa le persone a noi care, mentre
raramente preghiamo per qualcosa che non ci
tocca da vicino. In ogni caso, la preghiera
espande il cuore dell'uomo. San Isacco di Ninive
(sec. VII) descrive un cuore misericordioso come
un cuore che arde con grande compassione per
tutte le persone e per ogni realtà creata.
Preso da una "forte e veemente
misericordia", una compassione "senza
misura a immagine di Dio", un cuore così
eleva preghiere anche fra le sofferenze, offre
preghiere anche per i "nemici della verità"
(Omelia 81). Oggi il mondo ha bisogno di
cuori così grandi e misericordiosi, ha bisogno
di questa preghiera che sgorga fra i lamenti
dell'umanità, del mondo creato.
La continua richiesta
di pace in medio oriente, portata avanti da
tante persone insieme, in diverse parti del
mondo, costituisce lo scenario della
celebrazione e delle meditazioni per la
Preghiera per l'unità dei cristiani di
quest'anno 2004. La pace in questo mondo sembra
essere inafferrabile, ed è ostacolata in ogni
suo passo: la profonda speranza del suo
conseguimento, perciò, costituisce il motivo
primo delle preghiere che oggi scaturiscono dal
nostro cuore e che eleviamo al cuore
misericordioso di Dio.
Noi
tutti vogliamo la pace. È umano trovare la
pienezza in essa e desiderarla ardentemente dal
profondo del cuore. Nondimeno il sentiero che
conduce alla pace non è lineare e neanche tanto
battuto. La nostra speranza è che il terzo
millennio sia un millennio di pace, un millennio
di ritorno alla fede in Dio. In arabo pace si
dice salaam; nella lingua ebraica, che
appartiene allo stesso ceppo linguistico semita,
si dice shalom. Nel medio oriente, come
in tutti i contesti in cui le diverse religioni
convivono, creare relazioni costruttive fra le
diverse tradizioni religiose — basate sul
dialogo e su una comune ricerca di giustizia e
di pace, e radicate in un comune riconoscimento
della dignità di ogni persona — è requisito
previo essenziale per ricevere in benedizione il
dono della pace. E uno spirito di
riconciliazione e di missione comune fra le
chiese e le comunità cristiane ne è il
fondamento. Il nostro comune impegno per
stabilire la pace diverrà, a sua volta,
strumento per condurci ad una maggiore comunione
gli uni con gli altri.
Il
concetto biblico di pace è riccamente
espressivo, dal momento che suggerisce l'idea di
interezza e benessere, felicità e sicurezza,
integrità e giustizia. La nostra fede cristiana
ci dice che la vera pace ci è data solo se
seguiamo i sentieri del Signore, come indicato
nelle Scritture, e se percorriamo il sentiero
della pace proclamato e incarnato da Gesù
Cristo, poiché Egli "è la nostra
pace" (Ef 2, 14). Come suoi discepoli, la
nostra unità deve essere una riconciliazione in
lui. La testimonianza di pace data da una
chiesa sgretolata è segnata da ambiguità; una
strutturale contraddizione indebolisce la nostra
capacità di diffondere la pace di Cristo. Al
contrario, l'unità fra le chiese dà vigore e
credibilità alla nostra testimonianza, giacché
offre al mondo una visione convincente della
riconciliazione universale in Cristo. La
riconciliazione fra le chiese conduce alla pace
e ne rafforza l'integrità. Noi tutti
condividiamo la responsabilità nella ricerca
dell'unità che ne porterà autentica
testimonianza, essendo stati tutti chiamati —
in diversi modi, ma ispirarti e incoraggiati
dallo stesso Spirito — ad essere, nel mondo,
artefici della sua pace e della sua
riconciliazione.
Le
chiese orientali hanno vissuto circostanze
storiche uniche e assai difficili. Queste
antiche chiese, e le terre culla della
cristianità, sono spesso state private della
pace. Esse l'hanno desiderata ardentemente per
generazioni ed hanno pregato con perseveranza
per ottenerla. La situazione in cui si trovano
attualmente le porta a desiderarla ancora, oggi
più che mai. L'eredità di queste chiese, tutto
il loro patrimonio di tradizioni e riti, le
impegna a pregare per la pace con fervore. Ed è
questo il motivo principe per cui hanno scelto
la pace come tema per la Settimana di preghiera
per l'unità di quest'anno.
Le
chiese del medio oriente, che vivono fianco a
fianco come minoranza all'interno di una cultura
eterogenea (da cui i molti matrimoni misti),
considerano l'impegno ecumenico non un ideale
astratto, bensì una necessità vitale. Infatti
solo incrementando uno spirito ecumenico esse
sono in grado di dare significato alla loro
esistenza. L'unità e la pace sono la priorità
più sentita, il loro più grande sogno che
tutto permea. Una comune battaglia per
realizzare questo anelito le ha avvicinate, una
comune visione del futuro servirà ad unirle. La
pace rappresenta la loro preoccupazione
quotidiana, la loro speranza costante.
Confessiamo
la Chiesa una, e sebbene incarnare questa
unità non sia mai stato facile, la chiesa dei
primi secoli rimane eternamente il modello
primario di un insieme di comunità che sapevano
vivere in pace e proclamare la pace in modo
efficace. Oggi non è più così: non siamo più
uniti e perciò non riusciamo a testimoniare la
pace. Chi vuole la pace, perciò, deve pregare e
operare per l'unità, consapevole di questo
binomio, la chiesa è chiamata a pregare per la
pace in unità e per l'unità in pace.
Il
tema di quest'anno per la Settimana di preghiera
per l'unità dei cristiani, scelto dalle chiese
del medio oriente, poggia sulla convinzione che
i cristiani in ogni parte del mondo, pregando
ecumenicamente per questa intenzione,
mostrerebbero di essere solidali con le speranze
e le sofferenze dei popoli di queste regioni. Ciò
richiama alla mente l'apostolo Paolo, che
viaggiava raccogliendo doni per la madre chiesa
in Gerusalemme; il dono che oggi vorremmo
ricevere è la preghiera e il conforto
spirituale di sorelle e fratelli uniti in un
comune desiderio di pace.
Essa
è il riordinamento di ogni realtà secondo il
piano di Dio. Pervade tutte le relazioni e ogni
modello di relazione. Il paradiso è stato
spesso descritto con l'immagine di una vita di
pace fra Dio e il suo popolo, tra le persone e i
loro vicini, fra il genere umano e il mondo
creato. La pace è conseguenza della giustizia,
che unisce, laddove il peccato disperde e causa
la rottura delle relazioni. Le nostre azioni
quotidiane e le scelte che facciamo hanno
ripercussioni, sia nel bene che nel male, e ci
avvicinano o allontanano da Dio e dal prossimo.
Possiamo ottenere e diffondere la pace, o
possiamo invece dissiparla e distruggerla. In
oriente, la gente si saluta augurandosi la pace,
poiché è quanto di meglio si possa desiderare
per l'altro e per se stessi, il miglior legame
che ciascuno possa creare con il proprio vicino,
il diritto umano che ciascuno è pronto a
difendere.
Dio
Padre è il Dio della pace, che ci ha
riconciliati nel sangue del suo unico Figlio,
come ci ricorda la Lettera ai Corinzi (2 Cor 13,
11). Nell'anafora eucaristica delle chiese
orientali, l'assemblea proclama "una
misericordia di pace, un sacrificio di
lode", ricordando in questo modo la
misericordia di Dio che si è rivelato e donato
in Cristo, per renderci partecipi di quella pace
che solo Lui può donare. Per questo Gesù è
venuto sulla terra (Gv 14, 27). Egli chiama la
sua chiesa ad essere pegno dei nuovi cieli,
rendendo universale quella pace da lui donata al
mondo. I riti liturgici, il culto e
l'adorazione, nella loro varietà, tendono tutti
alla riconciliazione degli uomini non soltanto
in se stessi, ma fra loro, con l'universo e
soprattutto con Dio. Pertanto, la preghiera
per la pace comporta una forte dimensione
interiore. Essa, infatti, ci chiama alla
conversione ed apre il nostro cuore, affinché
portiamo in noi la misericordia di Cristo; ci
rafforza nella filiale fiducia che Dio opera in
noi e per noi ciò che noi non potremmo creare
da soli; porta come frutto atti caritatevoli
compiuti in ringraziamento al Signore; ci invita
a perseverare in un atteggiamento ascetico e di
interiore purificazione ed è legato alla
ricerca di unità in tutti gli aspetti della
vita.
Pregare
per la pace ci prepara anche, come singoli
cristiani e come chiese, ad intraprendere la
missione profetica che appartiene
intrinsecamente al corpo di Cristo: quella di
essere strumenti e operatori di pace e di
giustizia, di una nuova umanità in questo mondo
spezzato e travolto dalle guerre. Il nostro
impegno attivo a favore della pace e della
giustizia non è un progetto umano, ma è frutto
dello Spirito Santo, opera di Dio Padre; è,
come le Scritture ci ricordano, la pace di
Cristo. I profeti Isaia (2, 4) e Michea (4, 3)
parlano di un'epoca in cui le nazioni
"trasformeranno le loro spade in aratri e
le lance in falci". La visione in cui gli
strumenti di guerra vengono trasformati in
strumenti di comunione, continua ad essere fonte
di ispirazione per i cristiani nell'usare
strumenti di dialogo e di risoluzione non
violenta dei conflitti per raggiungere la pace
nella giustizia, in maniera coerente con lo
scopo che desideriamo perseguire, e secondo
l'esempio di Gesù stesso. Michea e Geremia
rendono testimonianza nel denunciare l'ipocrisia
e la falsa retorica di pace, inveendo contro
coloro che "dicono: ‘Va tutto bene!' e
invece non va bene niente" (Ger 6, 14),
contro coloro che "promettono la pace"
quando si tratta di salvaguardare i propri
interessi, ma parlano di guerra a coloro che non
danno loro "nulla da mettere sotto i
denti"(Mic 3, 5). Molte comunità cristiane
sono entrate nel dibattito circa i mezzi per
raggiungere la pace, talvolta anche sfidando
schemi politico-ideologici e pseudo-politiche di
pace che si rivelano violente, ingiuste, e
opprimenti. In alcune parti del mondo,
smascherare falsi o riduttivi concetti di pace,
non è possibile se non a costo di grande
pericolo personale e comunitario. Questi luoghi
occupano un posto particolarissimo nella nostra
preghiera.
Nel
2004 tutti i cristiani celebreranno la Pasqua
nella stessa data. Il mistero pasquale fonte
della nostra speranza, sorgente della nostra
missione, promessa e speranza di una possibile
pace, ci ricorda che, sebbene la violenza,
l'ingiustizia e l'odio possano imperare per un
certo tempo, ciò che prevarrà alla fine dei
tempi, sarà la potenza di Dio, che trasformerà
la morte in vita e porterà riconciliazione, là
dove è stata infranta. In quest'anno, in cui in
tutto il mondo saremo uniti nella Pasqua,
l'augurio è che le nostre celebrazioni in
questo santo periodo possano essere un incentivo
a condividere in pienezza la speranza, la gioia
e insieme la missione che scaturisce dalla tomba
vuota del Cristo risorto. Il 2004 rientra anche
nella "Decade per vincere la
violenza", promossa dal Consiglio ecumenico
delle chiese, ricorrenza che invita alla
preghiera e chiama ad un impegno concreto a
favore della pace.
La
celebrazione liturgica, i testi biblici ed i
commenti preparati per gli otto giorni offrono
la possibilità di mostrare e approfondire la
visione biblica della pace da diverse
prospettive, nella speranza che i cristiani,
scoprendo i ricchi tesori del nostro patrimonio
religioso, diventino strumenti della pace
trasformante di Cristo nel mondo. Il testo per
la celebrazione liturgica è tratto dal vangelo
di Giovanni 14, 23-31, ed è parte del discorso
di addio che Gesù rivolge ai suoi discepoli
prima di essere messo a morte. In questo
contesto pasquale Gesù assicura quanti lo
seguono che, se essi custodiranno la sua parola,
Lui e il Padre dimoreranno presso di loro. Egli
offre loro il dono e la promessa di pace
"Io vi do la mia pace". Nel congedarsi
dai suoi discepoli, Gesù li istruisce su come
divenire portatori di pace nel mondo, guidati
dallo Spirito Santo.
Lo
stesso testo giovanneo fornisce il punto di
partenza per le riflessioni degli otto giorni
sviluppando e riflettendo sulle implicazioni di
una comprensione cristiana della pace. La pace,
sia all'interno della chiesa che nel mondo, ha
il proprio fondamento nell'amore creativo e
vivificante di Dio per noi (primo giorno, Gv
14, 23). Nel rivelare l'amore del Padre
verso di noi, Gesù promette ai suoi discepoli
la pace e la serenità interiore anche in mezzo
alle prove (secondo giorno, Gv 14, 23).
Coloro che ascoltano la parola del Signore e la
custodiscono nei loro cuori saranno portatori di
pace (terzo giorno, Gv 14, 24). Questa è
l'opera dello Spirito Santo: portare la pace e
il perdono e renderci capaci di orientare le
nostre menti e i nostri cuori a servizio di un
mondo che brama la pace (quarto giorno, Gv
14, 26). Benché il mondo cerchi pace e
sicurezza attraverso la forza e l'esercizio del
potere, la pace di Cristo viene attraverso
l'umiltà e il servizio, cercando di vincere il
male con il bene (quinto giorno, Gv 14, 27).
Procedere nel cammino del discepolato significa
vivere più liberi dalla paura e dall'ansietà,
memori che l'amore di Dio è più grande di
qualsiasi altra realtà possa opporsi a noi (sesto
giorno, Gv 14, 27). La vita cristiana,
confermata dalla fede nella resurrezione di
Cristo e nella sua venuta gloriosa, deve essere
vissuta nella speranza, e nella solidarietà con
coloro le cui vite sono tormentate dal dubbio,
dalla paura, dalla tristezza (settimo giorno,
Gv 14, 28). La vera pace che Dio vuole
donarci porta gioia, e ci esorta a dedicarci
agli altri, cosicché tutti si possa condividere
la pace (ottavo giorno, Gv 14, 31).