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BENEDETTO XVI:
UDIENZA A KOBIA (CEC), "Mio dovere è lavorare in modo instancabile per
l'unità dei cristiani".
"L'impegno della Chiesa cattolica nella ricerca dell'unità dei
cristiani è irreversibile".
Commenti di
Samuel Kobia
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"Una speciale parola di
incoraggiamento", l'assicurazione della propria "salda amicizia",
e l'auspicio di "sempre maggiore comprensione, cooperazione e
progresso ecumenici" sono stati espressi questa mattina da Benedetto
XVI ricevendo in udienza il pastore metodista Samuel Kobia, segretario generale del Consiglio
ecumenico delle Chiese (Cec) accompagnato da una delegazione dell'organismo che, con sede a Ginevra, riunisce 347 Chiese anglicane,
evangeliche ed ortodosse presenti in oltre 120 Paesi del mondo.
Benedetto XVI lo
ha innanzitutto ringraziato per "avere rappresentato il Cec al
funerale" di Giovanni Paolo II e per il messaggio inviatogli "in
occasione della solenne inaugurazione del suo ministero di vescovo di
Roma". Il Papa ha quindi ribadito l'impegno ecumenico assunto fin dai primi
giorni di pontificato: "'Mio compito primario è il dovere di lavorare in
modo instancabile per ricostruire la piena e visibile unità di tutti i seguaci
di Cristo'. Ciò richiede, oltre alle buone intenzioni 'gesti concreti che
entrino nei cuori e scuotano le coscienze… per indicare ad ognuno che la
conversione interiore è il prerequisito di ogni progresso ecumenico". La
Chiesa cattolica, pur non essendo membro del Cec, sviluppa con esso un'ampia e
articolata collaborazione avviata a partire dal Concilio Vaticano II.
Soffermandosi sulle "relazioni
sviluppatesi tra la Chiesa cattolica e il Cec durante il Concilio Vaticano
II", il Papa ha ricordato la nascita del "Gruppo congiunto di
lavoro" nel 1965, "come strumento di ulteriore contatto e
cooperazione" per
“tenere a mente il comune dovere di unità”. "Il prossimo mese di
novembre - ha proseguito Benedetto XVI - si svolgerà un'importante
consultazione sul futuro del Gruppo per segnare il quarantesimo anniversario
della sua fondazione. La mia speranza e la mia preghiera sono affinché i
suoi propositi e la metodologia di lavoro vengano ulteriormente chiariti al
fine di una sempre più effettiva comprensione, cooperazione e di un
maggiore progresso ecumenico". Benedetto
XVI ha quindi richiamato “il compito primario” - assunto nei primi
giorni del pontificato – “di lavorare instancabilmente per ricostituire
la piena e visibile unità di tutti i seguaci di Cristo”, chiarendo anche
in questa occasione che ciò richiede “in aggiunta alle buone intenzioni
concreti gesti che entrino negli animi e smuovano le coscienze”. Il Papa ha quindi espresso l'auspicio
che la visita di Kobia "presso la Santa Sede sia stata fruttuosa e che
abbia rafforzato i legami di comprensione e amicizia tra noi. L'impegno
della Chiesa cattolica nella ricerca dell'unità dei cristiani - ha
proseguito Benedetto XVI - è irreversibile. Desidero pertanto rassicurarla
che essa è desiderosa di proseguire la cooperazione con il Consiglio
mondiale delle Chiese". Infine, "una speciale parola di
incoraggiamento" e l'assicurazione" che lei è nelle mie preghiere
ed ha la mia salda amicizia". ____________________
Commenti di Samuel Kobia
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Parole,
“chiari segnali di speranza”, ha rilevato il reverendo Samuel Kobia, nel
suo saluto al Papa, indicando in particolare “tre aree di capitale
importanza” da approfondire per il bene del movimento ecumenico nel suo
insieme: la spiritualità, la formazione e il dibattito ecclesiologico, che
comporterà quesiti fondamentali e risposte che riguarderanno tra l’altro
– ha detto il dott. Kobia – la capacità o incapacità di riconoscersi
reciprocamente come Chiese. La nostra fede – ha aggiunto – è più
efficace e vibrante quando è vissuta insieme con tutti i fratelli e sorelle
in Cristo”, così come “la nostra testimonianza profetica, la nostra
missione e il nostro servizio sono tanto più efficaci quando possiamo
pregare, confessare, parlare e agire insieme piuttosto che separatamente”.
In
particolare, ha rivelato, “sia il Consiglio Mondiale delle Chiese che la
Chiesa cattolica hanno molto a cuore la formazione ecumenica dei giovani”.
L'Africa
e il riavvicinamento tra cattolici e ortodossi sono ulteriori temi affrontati
questa mattina durante l'udienza. "Nel prossimo secolo - ha detto Kobia -
l'Africa registrerà il più alto numero di cristiani nel mondo, ma che tipo
di cristianesimo sarà?". La preoccupazione comune del Cec e della Chiesa
cattolica, ha spiegato, nasce "dalla proliferazione nel continente
africano di gruppi che si avvicinano al Vangelo per fare soldi annunciando 'il
Vangelo della prosperità'". Ma l'Africa è anche afflitta da Aids,
povertà e violenza: quale può essere, allora, l'impegno comune per
"restituire una vita dignitosa alle popolazioni?". Sulle relazioni
tra cattolici e ortodossi, Kobia ha sottolineato "la profonda conoscenza
della Chiesa ortodossa da parte del Cec" e il suo impegno "nel
portare avanti questo dialogo; alcuni contatti tra le parti - ha rimarcato -
vanno bene, altri meno". Al riguardo ha annunciato per la prossima
settimana "una visita alle autorità della Chiesa ortodossa di Mosca, nel
corso della quale avrò occasione di approfondire questo argomento".
Kobia ha concluso affermando che "dal Concilio Vaticano II rimane aperto
l'invito alla Chiesa cattolica ad aderire al Cec", ed ha reso noto di
aver invitato il Papa nella sede di Ginevra : "Non vi è stata una
risposta diretta, ma mi hanno assicurato che in Vaticano la proposta sarà
presa in considerazione ".
Ad un
giornalista che ha chiesto la sua opinione sulle radici cristiane
dell’Europa, il reverendo africano ha risposto che a suo avviso
“dovrebbero figurare visto che fanno parte dell’eredità della civiltà
europea”, anche se ha precisato che “questo tema non è stato trattato”
nella sua conversazione privata con il Papa, durata quindici minuti.
Questo
il commento del reverendo Kobia, su Radio Vaticana:
Sì,
devo anzitutto dire che ho apprezzato come un caloroso benvenuto le
affermazioni fatte dal Santo Padre Benedetto XVI, per il quale l’ecumenismo
risulta essere una priorità. Inoltre una delle cose che voglio fare è
esprimere il mio più profondo apprezzamento per aver preso questa posizione,
sottolineandogli che siamo pronti veramente a collaborare e lavorare insieme
per il raggiungimento di una grande unità fra Cristianesimo e Chiese del
mondo.
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[Fonte: Agenzia SIR; Radio Vaticana 16 giugno 2005]
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