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Il vero dialogo

No all'omologazione; sì alla valorizzazione delle diversità. Colloquio internazionale che si chiude domani su "L'identità europea e le sfide del dialogo interculturale".

"Più che mirare ad una comune unità di vedute, l'incontro fra le culture deve tendere a ciò che in termini hegeliani si chiama il riconoscimento", che consente "l'arricchimento reciproco superando le due opposte tentazioni del disprezzo o di una pericolosa assimilazione della cultura altrui". Ne è convinto il padre gesuita PAUL VALADIER , del Centre de Sèvres (Parigi), intervenuto a Lussemburgo al Colloquio internazionale che si chiude domani su "L'identità europea e le sfide del dialogo interculturale". Promosso nella capitale europea 2007 della cultura dall'Istituto internazionale Jacques Maritain di Roma, dall'Istituto Italiano di cultura e dall'Istituto Pierre Werner di Lussemburgo alla vigilia del 2008, "Anno europeo del dialogo interculturale", l'incontro è stato inaugurato questa mattina dal saluto di Jacques Santer, presidente della Fondazione Robert Schuman, e già presidente della Commissione europea. Della necessità che "un'identità europea capace di disegnare le sue frontiere culturali e politiche - un'Europa cosciente del suo patrimonio spirituale e morale - si affermi anche a livello mondiale", ha parlato ROBERTO PAPINI , segretario generale dell'Istituto Maritain, che ha poi sottolineato "l'importante ruolo" che le religioni possono assumere nel dialogo interculturale come "produttrici di senso".

PLURALISMO. "È chiaro che le culture (o le civiltà) si influenzano vicendevolmente - ha osservato padre Valadier -; esse scambiano beni e servizi attraverso il commercio", e "acquistando o vendendo i propri beni, prendono in prestito anche i modi di fare, di vivere, e anche di pensare; su alcuni punti si imitano" ma "per lo più si ignorano, quando addirittura non "si combattono", o "non impongono la propria egemonia in diversi modi". "Quanto all'Europa, benché vista dall'esterno possa apparire caratterizzata da un'identità ben definita, forte ed egemonica, essa è in realtà costituita da una pluralità di apporti" tanto da essere, al tempo stesso, "Gerusalemme, Atene, Roma, cui bisognerebbe aggiungere Wittenberg e Ginevra". Anche la lingua, considerata comunemente un elemento unificatore di una cultura, per padre Valadier "è spesso plurale e non possiede che un'unità problematica, si tratti dell'inglese o dell'arabo".

IL PREZZO DEL DIALOGO. "Il dialogo - chiarisce il gesuita - presuppone due persone o più, capaci di discussione, pronte a portare argomenti per sostenere la propria posizione, eventualmente a rettificarli di fronte alle obiezioni degli interlocutori, pronte a criticare anche se stesse, pur criticando le posizioni altrui. Il dialogo chiama ad esprimere con garbo il proprio punto di vista, a completarlo con quello dell'altro". Un approccio che, secondo il relatore, non è applicabile alle culture, che "praticano scambi a diversi livelli" ma sono "incapaci di dialogo, a meno di adottare una visione irreale o idealistica delle cose". Eppure, se le culture sono di per sé incapaci di dialogo, "esistono al loro interno persone capaci di dialogo tra le culture"; esse "costituiscono ponti e preziose possibilità di comprendere meglio i valori e le tradizioni altrui", pur conoscendo bene "il prezzo del dialogo". "Tentare di penetrare un'altra cultura - spiega infatti Valadier - richiede tempo, un notevole sforzo di conoscenze, l'assimilazione della lingua, la frequentazione paziente delle popolazioni, la familiarità con i loro costumi". Si tratta, allora, non tanto di "un dialogo tra culture, quanto piuttosto di un dialogo tra menti capaci di comunicare, discutere, cercare i punti comuni ma, al tempo stesso, di mettere in evidenza le reali diversità".

UN ARRICCHIMENTO. Mentre la "ricerca di convergenze unificatrici" è auspicabile "nel dialogo tra le persone, lo è altrettanto nel dialogo tra culture?". "No" afferma il gesuita, convinto che essa "andrebbe contro il pluralismo culturale. Il dialogo tra culture non può e non deve condurre ad un livellamento ma, al contrario, alla valorizzazione delle differenze che costituiscono un arricchimento per tutti". Di qui l'importanza dell'hegeliano "riconoscimento". "Riconoscere - spiega il religioso - significa abbandonare la propria sufficienza ammettendo che l'umanità è più vasta e complessa di quanto appaia attraverso la nostra cultura; significa avvicinarsi all'altro con infinito rispetto che, tuttavia, non esclude la capacità di valutare e giudicare".

"L'Europa non deve dimenticare che la Turchia ha acquistato un biglietto di sola andata per la piena appartenenza all'Ue" ha affermato HALUK GUNGUR, presidente del Movimento europeo per la Turchia, intervenendo alla sessione dedicata all'Europa e ai suoi vicini. La Turchia non vuole essere considerata soltanto come "il futuro membro strategicamente insostituibile" o l'oggetto di un "partenariato privilegiato" ha aggiunto. Per Gungur è importante che l'Europa comprenda che "la partecipazione di culture diverse all'integrazione contribuirà all'incontro tra le civiltà e alla riconciliazione".

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