Nei
giorni scorsi [31 maggio 2005 ndR] si è tenuto a San Gallo, in Svizzera, un incontro dei segretari
generali delle Conferenze Episcopali d’Europa. Diversi i temi in agenda, dalla
bioetica alla situazione africana, ai rapporti tra Europa e islam.
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Per un quadro generale
a consultivo dell’incontro di San Gallo, pubblichiamo l'intervista al segretario del Consiglio delle
Conferenze Episcopali d’Europa, mons. Aldo Giordano, che fa il
punto della situazione in ordine alle tematiche sul tappeto, in
preparazione della prossima tappa significativa: Romania - 2007 |
R. – È emersa, innanzitutto, la persuasione che sulla questione della bioetica
è in gioco la persona umana. Abbiamo affrontato soprattutto due temi: gli
embrioni e lo studio sul cervello, visto che in molti Paesi europei, compresi
l’Italia, c’è un dibattito molto forte e anche delle decisioni legislative
in vista. È emersa la responsabilità della Chiesa di avere una parola chiara,
soprattutto sul tema dell’embrione e per questo di avere un forte dialogo con
la scienza. Abbiamo avuto la presenza di un esperto biologo e medico che ci ha
esposto il punto di vista della scienza. Abbiamo colto che è importante
dialogare con la scienza per spiegare, scientificamente ed eticamente, le
posizioni della Chiesa. L’altra esigenza che è nata è di costituire, in
Europa, una rete di specialisti su questi temi, che sia poi consultabile da
parte delle Chiese e delle Conferenze episcopali, ma anche da parte delle
istituzioni politiche, soprattutto a Bruxelles. Una rete che, in qualche
maniera, possa essere un serbatoio di idee su un tema così delicato, davanti al
quale c’è l’attesa di una parola chiara da parte della Chiesa.
D.
– Mons. Giordano, un’altra problematica piuttosto importante è quella della
presenza musulmana in Europa. Cosa è emerso all’incontro di San Gallo?
R.
– È emerso che il tema del confronto con la religione musulmana sta
diventando sempre di più un tema politico: è il luogo dove si coglie la
valenza politica delle religioni. La politica sta assumendo in sé, in qualche
maniera, il dialogo interreligioso. Da una parte, è interessante che la società
colga l’urgenza di questo tema. Dall’altra, ci ha spinti a dire che il
dialogo vero va fatto con criteri religiosi, non solo con criteri politici.
Allora, la nostra responsabilità, come persone di Chiesa, è di realizzare
questo dialogo. Noi rappresentavamo a San Gallo la rete di tutte le Conferenze
Episcopali abbiamo anche colto come questa rete di tutti i Paesi sia molto
importante per avviare un dialogo con una realtà che non è ancora organizzata
a livello europeo, ma che, a livello locale, può avere già molte esperienze
interessanti.
D.
– Poi, non dobbiamo dimenticare il rapporto dell’Europa con l’Africa, ma
anche con gli altri continenti …
R.
– Ecco, l’Africa, certamente, è un continente privilegiato dal nostro punto
di vista in quanto si ha l’impressione che, a livello mondiale, ci sia un
processo economico, politico che lascia l’Africa ai margini e la Chiesa deve
evitare questo. C’è anche un gruppo di lavoro tra vescovi africani e vescovi
europei che vuole affrontare i problemi di responsabilità comune che abbiamo.
Parlando degli altri continenti, nel nostro dibattito è emerso molto la realtà
dell’Asia, perché crediamo che il futuro del mondo sia legato all’emergere
di Paesi come la Cina e come l’India. Noi ci siamo chiesti cosa voglia dire ciò
per il futuro del cristianesimo, visto che in quelle aree è in assoluta
minoranza. Ci siamo interrogati su come rendere credibile il cristianesimo, come
testimoniare la buona notizia in quelle grandi culture. Questa mi sembra una
sfida molto interessante, molto suggestiva.
D.
– E non dobbiamo dimenticare l’ecumenismo. Ci avviciniamo all’incontro
ecumenico in Romania del 2007…
R.
– Sì, l’ecumenismo è stato un tema molto dibattuto tra di noi perché si
sente l’urgenza, anche alla luce di ciò che il nuovo Papa ci sta dicendo, di
procedere. Dall’altra, dobbiamo anche riconoscere che non c’è una grande
chiarezza su cosa dobbiamo fare. Noi, con questo processo che avrà una tappa
importante in Romania, rileviamo la necessità di avviare un processo in Europa,
soprattutto con le persone che oggi si occupano dell’ecumenismo e capire,
insieme con loro, dove andare. Più che darci un appuntamento solitario in
Romania, abbiamo dunque un processo da sviluppare che avrà in Romania una tappa
importante, ma che forse, in seguito, potrà contare già su altre tappe che
adesso non prevediamo. Ecco, questo è un cammino che vogliamo aprire.
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[Fonte:
Radio Vaticana 31 maggio 2005]