stiamo celebrando la
Settimana di Preghiera per l’Unità dei
Cristiani, nella quale tutti i
credenti in Cristo sono invitati ad
unirsi in preghiera per testimoniare il
profondo legame che esiste tra loro e
per invocare il dono della piena
comunione. È provvidenziale il fatto
che, nel cammino per costruire l’unità,
venga posta al centro la preghiera:
questo ci ricorda, ancora una volta, che
l’unità non può essere semplice prodotto
dell’operare umano; essa è anzitutto un
dono di Dio, che comporta una crescita
nella comunione con il Padre, il Figlio
e lo Spirito Santo. Il Concilio Vaticano
II dice: “Queste preghiere in comune
sono senza dubbio un mezzo molto
efficace per impetrare la grazia
dell'unità e costituiscono una
manifestazione autentica dei vincoli con
i quali i cattolici rimangono uniti con
i fratelli separati: «Poiché dove sono
due o tre adunati nel nome mio [dice il
Signore], ci sono io in mezzo a loro»
(Mt 18,20).” (Decr. Unitatis
Redintegratio, 8). Il cammino verso
l’unità visibile tra tutti i cristiani
abita nella preghiera, perché
fondamentalmente l’unità non la
“costruiamo” noi, ma la “costruisce”
Dio, viene da Lui, dal Mistero
trinitario, dall’unità del Padre con il
Figlio nel dialogo d’amore che è lo
Spirito Santo e il nostro impegno
ecumenico deve aprirsi all’azione
divina, deve farsi invocazione
quotidiana dell’aiuto di Dio. La Chiesa
è sua e non nostra.
Il
tema scelto quest’anno per la
Settimana di Preghiera fa riferimento
all’esperienza della prima comunità
cristiana di Gerusalemme, così come è
descritta dagli Atti degli Apostoli;
abbiamo sentito il testo: “Erano assidui
nell'ascoltare l'insegnamento degli
apostoli e nell'unione fraterna, nella
frazione del pane e nelle preghiere” (At
2,42). Dobbiamo considerare che già al
momento della Pentecoste lo Spirito
Santo discende su persone di diversa
lingua e cultura: ciò sta a significare
che la Chiesa abbraccia sin dagli inizi
gente di diversa provenienza e,
tuttavia, proprio a partire da tali
differenze, lo Spirito crea un unico
corpo. La Pentecoste come inizio della
Chiesa segna l’allargamento
dell’Alleanza di Dio a tutte le
creature, a tutti i popoli e a tutti i
tempi, perché l’intera creazione cammini
verso il suo vero obiettivo: essere
luogo di unità e di amore.
Nel brano citato degli Atti degli
Apostoli, quattro caratteristiche
definiscono la prima comunità cristiana
di Gerusalemme come luogo di unità e di
amore e san Luca non vuol solo
descrivere una cosa del passato. Ci
offre questo come modello, come norma
della Chiesa presente, perché queste
quattro caratteristiche devono sempre
costituire la vita della Chiesa. Prima
caratteristica, essere unita e ferma
nell’ascolto dell’insegnamento degli
Apostoli, poi nella comunione fraterna,
nella frazione del pane e nelle
preghiere. Come ho detto, questi quattro
elementi sono ancora oggi i pilastri
della vita di ogni comunità cristiana e
costituiscono anche l’unico solido
fondamento sul quale progredire nella
ricerca dell’unità visibile della
Chiesa.
Anzitutto abbiamo l’ascolto
dell’insegnamento degli Apostoli, ovvero
l’ascolto della testimonianza che essi
rendono alla missione, alla vita, alla
morte e risurrezione del Signore. È ciò
che Paolo chiama semplicemente il
“Vangelo”. I primi cristiani ricevevano
il Vangelo dalla bocca degli Apostoli,
erano uniti dal suo ascolto e dalla sua
proclamazione, poiché il vangelo, come
afferma S. Paolo, “è potenza di Dio per
la salvezza di chiunque crede” (Rm
1,16). Ancora oggi, la comunità dei
credenti riconosce nel riferimento
all’insegnamento degli Apostoli la norma
della propria fede: ogni sforzo per la
costruzione dell’unità tra tutti i
cristiani passa pertanto attraverso
l’approfondimento della fedeltà al
depositum fidei trasmessoci dagli
Apostoli. Fermezza nella fede è il
fondamento della nostra comunione, è il
fondamento dell’unità cristiana.
Il secondo elemento è la comunione
fraterna. Al tempo della prima comunità
cristiana, come pure ai nostri giorni,
questa è l’espressione più tangibile,
soprattutto per il mondo esterno,
dell’unità tra i discepoli del Signore.
Leggiamo negli Atti degli Apostoli che i
primi cristiani tenevano ogni cosa in
comune e chi aveva proprietà e sostanze
le vendeva per farne parte ai bisognosi
(cfr At 2,44-45). Questa condivisione
delle proprie sostanze ha trovato, nella
storia della Chiesa, modalità sempre
nuove di espressione. Una di queste,
peculiare, è quella dei rapporti di
fraternità e di amicizia costruiti tra
cristiani di diverse confessioni. La
storia del movimento ecumenico è segnata
da difficoltà e incertezze, ma è anche
una storia di fraternità, di
cooperazione e di condivisione umana e
spirituale, che ha mutato in misura
significativa le relazioni tra i
credenti nel Signore Gesù: tutti siamo
impegnati a continuare su questa strada.
Secondo elemento, quindi, la comunione,
che innanzitutto è comunione con Dio
tramite la fede; ma la comunione con Dio
crea la comunione tra di noi e si
esprime necessariamente in quella
comunione concreta della quale parlano
gli Atti degli Apostoli, cioè la
condivisione. Nessuno nella comunità
cristiana deve avere fame, deve essere
povero: questo è un obbligo
fondamentale. La comunione con Dio,
realizzata come comunione fraterna, si
esprime, in concreto, nell’impegno
sociale, nella carità cristiana, nella
giustizia.
Terzo elemento: nella vita della
prima comunità di Gerusalemme essenziale
era il momento della frazione del pane,
in cui il Signore stesso si rende
presente con l’unico sacrificio della
Croce nel suo donarsi completamente per
la vita dei suoi amici: “Questo è il
mio corpo offerto in sacrificio per voi
… questo è il calice del mio Sangue …
versato per voi”. “La Chiesa vive
dell'Eucaristia. Questa verità non
esprime soltanto un'esperienza
quotidiana di fede, ma racchiude in
sintesi il nucleo del mistero della
Chiesa” (Giovanni Paolo II, Enc.
Ecclesia de Eucharistia, 1). La
comunione al sacrificio di Cristo è il
culmine della nostra unione con Dio e
rappresenta pertanto anche la pienezza
dell’unità dei discepoli di Cristo, la
piena comunione. Durante questa
settimana di preghiera per l’unità è
particolarmente vivo il rammarico per
l’impossibilità di condividere la stessa
mensa eucaristica, segno che siamo
ancora lontani dalla realizzazione di
quell’unità per cui Cristo ha pregato.
Tale dolorosa esperienza, che conferisce
anche una dimensione penitenziale alla
nostra preghiera, deve diventare motivo
di un impegno ancora più generoso da
parte di tutti affinché, rimossi gli
ostacoli alla piena comunione, giunga
quel giorno in cui sarà possibile
riunirsi intorno alla mensa del Signore,
spezzare insieme il pane eucaristico e
bere allo stesso calice.
Infine, la preghiera - o come dice
san Luca le preghiere - è la quarta
caratteristica della Chiesa primitiva di
Gerusalemme descritta nel libro degli
Atti degli Apostoli. La preghiera è da
sempre l’atteggiamento costante dei
discepoli di Cristo, ciò che accompagna
la loro vita quotidiana in obbedienza
alla volontà di Dio, come ci attestano
anche le parole dell’apostolo Paolo, che
scrive ai Tessalonicesi nella sua prima
lettera: “State sempre lieti, pregate
incessantemente, in ogni cosa rendete
grazie: questa infatti è la volontà di
Dio in Cristo Gesù verso di voi” (1Ts 5,
16-18; cfr. Ef 6,18). La preghiera
cristiana, partecipazione alla preghiera
di Gesù, è per eccellenza esperienza
filiale, come ci attestano le parole del
Padre Nostro, preghiera della famiglia -
il “noi” dei figli di Dio, dei fratelli
e sorelle - che parla al Padre comune.
Porsi in atteggiamento di preghiera
significa pertanto anche aprirsi alla
fraternità. Solo nel “noi” possiamo dire
Padre Nostro. Apriamoci dunque alla
fraternità, che deriva dall’essere figli
dell’unico Padre celeste, ed essere
disposti al perdono e alla
riconciliazione.
Cari Fratelli e Sorelle, come
discepoli del Signore abbiamo una comune
responsabilità verso il mondo, dobbiamo
rendere un servizio comune: come la
prima comunità cristiana di Gerusalemme,
partendo da ciò che già condividiamo,
dobbiamo offrire una forte
testimonianza, fondata spiritualmente e
sostenuta dalla ragione, dell’unico Dio
che si è rivelato e ci parla in Cristo,
per essere portatori di un messaggio che
orienti e illumini il cammino dell’uomo
del nostro tempo, spesso privo di chiari
e validi punti di riferimento.
È
importante, allora, crescere ogni giorno
nell’amore reciproco, impegnandosi a
superare quelle barriere che ancora
esistono tra i cristiani; sentire che
esiste una vera unità interiore tra
tutti coloro che seguono il Signore;
collaborare il più possibile, lavorando
assieme sulle questioni ancora aperte; e
soprattutto essere consapevoli che in
questo itinerario il Signore deve
assisterci, deve aiutarci ancora molto,
perché senza di Lui, da soli, senza il
“rimanere in Lui” non possiamo fare
nulla (cfr Gv 15,5).
Cari amici, è ancora una volta nella
preghiera che ci troviamo riuniti -
particolarmente in questa settimana -
insieme a tutti coloro che confessano la
loro fede in Gesù Cristo, Figlio di Dio:
perseveriamo nella preghiera, siamo
uomini della preghiera, implorando da
Dio il dono dell’unità, affinché si
compia per il mondo intero il suo
disegno di salvezza e di
riconciliazione. Grazie.