Grande eco ha suscitato
l’omelia pronunciata dal
Santo Padre Benedetto XVI, sabato 12 settembre, nella papale Basilica di San
Pietro, in occasione della Consacrazione episcopale di alcuni prelati.
Un’eco per certi versi ingiustificata, per altri plausibile. È sempre necessario
tenere presente che, quando Pietro parla, si rivolge a tutta la Chiesa ed il suo
magistero ha costantemente un carattere universale, legato alla responsabilità
personale del Papa, ed è quindi improprio attribuire, a questo o quell’intervento,
specifici riferimenti a situazioni o persone, o peggio, a realtà politiche
mondane.
Purtroppo l’informazione pubblica tende, per ragioni di cronaca, ad effettuare
tali passaggi, attribuendo, non di rado, intenzionalità diretta a discorsi
generali.
Altro dato di un certo interesse è la reazione mediatica ad
alcune affermazioni che il Santo Padre, in un’omelia ampia e di grandissimo
spessore teologico, ha fatto, quasi fossero “rivelazioni straordinarie”, mai
prima conosciute da alcuno.
Ha affermato Benedetto XVI: “La fedeltà è altruismo, e proprio
così è liberatrice per il ministro stesso e per quanti gli sono affidati.
Sappiamo come le cose nella società civile e, non di rado, anche nella Chiesa
soffrono per il fatto che molti di coloro, ai quali è stata conferita una
responsabilità, lavorano per se stessi e non per la comunità, per il bene
comune. Il Signore traccia con poche linee un'immagine del servo malvagio, il
quale si mette a gozzovigliare e a percuotere i dipendenti, tradendo così
l'essenza del suo incarico. In greco, la parola che indica ‘fedeltà’ coincide
con quella che indica fede”. La maggior parte dei giornali si è soffermata su
tale periodo, trascurando il fatto che al primo posto è stata messa la “società
civile”, dunque se richiamo c’è stato, esso è davvero da intendere come rivolto
a tutti coloro che sono investiti di responsabilità in ogni ambito.
Successivamente, due indicazioni riguardanti la Chiesa appaiono di un coraggio
straordinario e profetico: “non di rado” e “molti”. Posto che l’aggettivo
“molti” è riferibile sia alla società civile sia alla Chiesa, il “non di rado”
è, senz’ombra di dubbio, un giudizio chiaro ed inequivocabile, una chiamata
forte del Pastore della Chiesa universale alla conversione, per tutti coloro che
sono stati investiti di responsabilità nella Chiesa, in particolare per i
successori degli Apostoli.
È quanto di più naturale e fisiologico possa accadere che un Padre richiami i
propri figli, è segno dell’amore e della carità misericordiosa verso di essi.
Potrebbe stupire una certa ammissione di “imperfezione” all’interno della
gerarchia cattolica, ed infatti ha fatto notizia, ma per un Pontefice che, in
tempi non sospetti, ha pubblicamente denunciato la “sporcizia interna alla
Chiesa” (“Via Crucis” al Colosseo del 2005), non dovrebbe assolutamente stupire.
Il punto è che esercitare il ministero, ma anche qualunque responsabilità
pubblica civile, servendosi degli altri invece che servendo i fratelli, rende
infelice innanzitutto chi, di tale atteggiamento, è responsabile. Sia in termini
psico-antropologici sia in termini evangelici, tutti ben sappiamo come l’egoismo
ed il male soffochino progressivamente coloro che in essi vivono e, del resto,
chi ha ancora bisogno di utilizzare il potere per affermare se stesso è perché
non ha chiara l’esperienza di “essere affermato da Dio”, affermato ed afferrato
da quel Mistero Buono che fa tutte le cose e che, solo, costituisce i Pastori.
La vera preoccupazione, al limite, potrebbe essere quella di avere persone
costituite in responsabilità ma, ancora, incerte dell’amore gratuito di Dio,
tanto da dover cercare gratificazioni e appigli umani, forse troppo umani,
credendo illusoriamente di trovarvi una risposta al proprio bisogno
esistenziale.
La vera libertà, invece, non ha prezzo! Quella che nasce dalla gioiosa certezza
di avere solo in Dio il proprio riferimento e la vera garanzia della propria
piena realizzazione: nel compimento umile e fedele della Sua volontà, l’uomo
trova se stesso e scopre un insperato equilibrio interiore, che diviene capacità
di reale dono gratuito, superando, con l’aiuto della grazia, ogni umano egoismo.
Preghiamo, sempre, il padrone della messe, perché ci dia “pastori secondo il Suo
cuore”, contemplativi della Divina misericordia e, perciò, di grande equilibrio
interiore e pubblico.
© Copyright (Agenzia Fides 17/9/2009)