Ha preso il via il 2
ottobre a Vilnius, in Lituania, l'Assemblea plenaria del Ccee (Consiglio
delle Conferenze episcopali d'Europa) alla quale prendono parte i
presidenti degli episcopati del continente. In apertura, la prolusione
del Presidente, il vescovo Amédée Grab, che - riprendendo i numerosi
appelli di Giovanni Paolo II - ha avanzato la possibilità di inviare un
messaggio alla Conferenza UE di Roma del 4 ottobre per ribadire la
necessità storica, etica e religiosa di non rinnegare l'identità
cristiana dell'Europa.
«L'Europa non può rinnegare o tradire le sue radici e la sua identità
cristiana». Non solo per ciò che riguarda le questioni di fede, ma
proprio perché «tacere il significato di questo contributo sarebbe
come rinnegare che il processo di unificazione politica che oggi sta
avvenendo sia stato storicamente preparato e reso possibile da un
processo di unificazione etica, religiosa, culturale che attraverso i
secoli e per l'opera di soggetti e istituzioni diverse è andato
sviluppandosi sul nostro continente».
È stato il presidente
del Consiglio delle Conferenze episcopali europee (Ccee), lo svizzero Amédée
Grab, a ricordare ieri per l'ennesima volta l'importanza del richiamo
alle radici cristiane ai Capi di Stato e di governo, che da domani si
riuniranno a Roma nella Conferenza per la revisione dei Trattati.
L'appello arriva da una
delle capitali dell'Europa a venticinque che verrà dal 2004: Vilnius,
Lituania. Nel piccolo Stato baltico i rappresentanti dei 34 episcopati
continentali sono riuniti da ieri in assemblea plenaria. Oltre a Papa
Wojtyla (che, ricorda Grab, ha finora dedicato all'Europa, in parte o
integralmente, 700 documenti contro i 136 dei suoi predecessori) la
richiesta finora è stata corale ed è venuta anche dai rappresentanti
del Vaticano presso le istituzioni europee, dalla Comece (l'organismo
che raggruppa gli episcopati degli Stati membri dell'Ue), da singoli
vescovi e associazioni di laici. La raccomandazione di Grab è
accompagnata dall'assicurazione ai politici di un sostegno nella
preghiera in questo «momento decisivo».
E l'appello è contenuto
proprio nella prolusione con cui si sono aperti i lavori del consesso di
vescovi. Nel quale si sta discutendo l'opportunità di inviare un
messaggio al summit di Roma. Una riflessione, quella del vescovo di
Coira, incentrata sulla recente esortazione post-sinodale di Giovanni
Paolo II Ecclesia
in Europa.
E l'incontro - che cade
nel decennale della nuova struttura che nel 1993 è stata data al Ccee c
on l'ingresso quali membri dei presidenti della Conferenze episcopali
nazionali - cercherà di sviluppare indicazioni sui compiti riguardanti
la nuova evangelizzazione che spettano alle comunità cristiane
dall'Atlantico agli Urali. Sul rapporto Est-Ovest, sul dialogo ecumenico
per un'Europa "a due polmoni", sui rapporti con le altre
religioni, sull'agire nel versante sociale. Compiti pastorali. Ma non
solo. Il presidente dei vescovi europei ha invitato ad allargare lo
sguardo al di là dei confini di quella che potrebbe a torto finire per
essere considerata e vissuta come "fortezza Europa", chiusa in
se stessa. Pericolo da cui Giovanni Paolo II ha messo più volte in
guardia.
Ed è anche il richiamo
della recente Ecclesia in Europa, che Grab esemplifica continente
per continente. C'è l'America Latina, dove Grab stesso si è di recente
recato con uno dei suoi vice, l'arcivescovo di Zagabria (e cardinale
designato) Josip Bozanic, per incontrare a Medellin il presidente del
corrispettivo organismo continentale dei vescovi latinoamericani (Celam),
allo scopo di delineare linee di collaborazione. Grab si è detto
colpito dalla «tragicità della situazione di questo continente
afflitto da gravi piaghe sociali e difficoltà economiche», nel quale
la Chiesa rappresenta un fattore di speranza. C'è l'Africa che «bussa
ripetutamente alle nostre porte con i suoi conflitti, le sue povertà,
ripetute violazioni dei diritti umani».
I vescovi europei
discuteranno la proposta di un simposio con gli episcopati africani.
Infine, il Medio Oriente, in particolare Iraq e Terra Santa. «Rinnoviamo
- ha detto Grab - il nostro appello alla comunità internazionale
affinché venga compiuto un grande sforzo di responsabilità e di
dialogo per il ristabilimento dei diritti, delle libertà, della pace».
Nell'«ordine globale» l'Europa è chiamata a giocare un ruolo
essenziale. Essa, invece, sottolinea Grab «si è rivelata nei mesi
scorsi divisa in se stessa e incapace di offrire positive soluzioni
politiche a tali gravi tensioni». Mentre, a livello di ong,
associazioni, individui, si sono avuti «gesti significativi di
solidarietà morale e materiale».
Il vescovo elvetico
esprime, infine, la necessità di avviare uno scambio con i confratelli
statunitensi, scambio che durante la crisi irachena «si sarebbe potuto
rivelare positivo per assumere le nostre responsabilità verso la
comunità internazionale».
Gianni Santamaria
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[Fonte: Avvenire del 3 ottobre
2003]